Gli USA e i Sauditi in soccorso di Daech e di Al Qaeda in Yemen
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InvestigAction, 26 marzo 2015 (trad.ossin)
Gli USA e i Sauditi in soccorso di Daech e di Al Qaeda in Yemen
Bahar Kimyongur
Niente di nuovo nel mondo arabo e mussulmano. Ci si batte tra Arabi e Mussulmani, con infinita gioia dei loro nemici statunitensi e israeliani. Gli USA e i Sauditi sono all’offensiva in tutti i paesi che resistono al loro dominio, soprattutto in Siria, Iraq e Yemen
Tow di provenienza USA
In Siria, le forze saudite attaccano su due fronti: il Nord e il Sud. A Nord, la città lealista e a maggioranza sunnita di Idlib è circondata da milizie legate ad Al Qaeda. Esse usano armi di provenienza statunitense, soprattutto missili TOW, per cercare di vincere la resistenza dell’esercito siriano e delle forze popolari che difendono la loro città e le loro terre. Uno dei comandanti Al Qaeda dell’operazione di Idlib è uno sceicco saudita, di nome Abdallah al Mouhaisni.
A Sud, l’antica città di Bosra al Cham, al centro della quale vi è un anfiteatro romano, è appena caduta nelle mani di una coalizione di gruppi jihadisti guidata dal Fronte Al Nusra, filiale di Al Qaeda in Siria. Mentre il Comando USA si riempie la bocca di discorsi antiterroristi, nessun aereo dell’asse USA/UE/CCG (*) è stato ancora avvistato nel cielo siriano di Idlib o di Bosra al Sham.
Come riferisce il dispaccio Reuters del 23 marzo scorso a firma Tom Perry, gli eserciti occidentali hanno addirittura intensificato le loro forniture di armi ad Al Qaeda sul fronte sud. E’ attraverso la frontiera giordano-siriana che queste armi, per la maggior parte offerte dall’Arabia Saudita – il più grande importatore di armi del mondo – giungono alla coalizione anti-Assad del fronte sud. Nemmeno Israele sta con le mani in mano, e perfino fonti ufficiali riconoscono oramai di fornire aiuti alle forze anti-Assad, anche ad Al Qaeda, nella zona del Monte Bental, sulle alture del Golan (Yaroslav Trofimov, Wall Street Journal, 12 marzo 2015). In tal modo le nostre anime belle dell’occidente, appassionate di arte e di raffinatezza, quelle stesse che lamentano la distruzione dei musei e del patrimonio dell’Oriente da parte dei jihadisti di Daech, hanno regalato ad Al Qaeda Bosra al Sham, una città antica classificata dall’UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità.
In Iraq, gli USA si rendono conto di perdere terreno nello scontro con Daech. Forze curde, sciite e sunnite, sostenute dal vicino e alleato Iran, sono riuscite a forgiare un’alleanza che sta dando i suoi frutti. Diverse città e villaggi delle province di Salaheddine e Anbarsono state così liberate dalla presenza terrorista. Non vedendo di buon occhio questa costituita unità multi-etnica e multi-confessionale, l’aviazione USA ha bombardato stanotte le postazioni di Daech nella città di Tikrit, per riguadagnare posizioni in questo paese diventato alleato dell’Iran. L’azione è stata duramente contestata dalle milizie sciite, che rifiutano ogni tipo di alleanza con Washington. Alcuni miliziani dell’Esercito del Mahdi di Moqtada Sadr e delle Brigate di Hezbollah iracheno hanno addirittura deciso di ritirarsi dai combattimenti.
Sul fronte di Tikrit, vi è dunque una situazione non di alleanza – come lasciano intendere molti analisti mainstream – ma di concorrenza tra Iran e USA, un po’ come quella che vi era tra l’Esercito sovietico e le truppe del generale Patton, di fronte all’Impero hitleriano.
Per ostilità atavica verso l’Iran, la famiglia dei Saud ha appoggia da tempo Daech. Allo stato attuale la dinastia wahhabita coltiva una posizione attendista, condita da crescente apprensione per il prestigio accumulato da Teheran tra le popolazioni della Siria e dell’Iraq che vivono sotto il giogo di Daech. E alla fine è in Yemen, il loro cortile di casa, che i Saud hanno deciso di lanciare i loro bombardieri contro i loro nemici (che sono anche nemici di Daech).
Un tempo terreno di scontro tra marxisti e panarabi, da un lato, e forze reazionarie filo-saudite dall’altro, lo Yemen è oggi teatro di una guerra saudita contro le milizie Houthi di ispirazione sciita. Nei giorni scorsi, le milizie Houthi di Ansar Allah hanno condotto un’avanzata spettacolare verso Aden, la grande città del sud dello Yemen dove si è rifugiato il presidente deposto e agente saudita, Abd Rabbo Mansour Hadi. Contrariamente a quel che affermano i media occidentali, le milizie Houthi non propugnano una politica confessionale, ma si sentono investiti di una missione patriottica.
Bombardamenti sauditi in Yemen
Mentre Daech massacrava quasi 200 sciiti in un quadruplice attacco kamikaze contro le moschee venerdì scorso, mentre Al Qaeda nella Penisola Araba (AQPA) trucidava a tutta forza, stanotte il regime wahhabita ha lanciato un’operazione militare aerea contro le forze ribelli in Yemen.
Non sono stati il ministro saudita della difesa, il principe Mohammed Bin Salman, o il Re dell’Arabia Saudita, Salman Ben Abdel Aziz, ad annunciare l’entrata in guerra del loro paese contro la sovranità dello Yemen, ma l’ambasciatore saudita a Washington. Lo scenario è degno di un film arabo di serie B.
Per ora, i media arabi, soprattutto Al Mayadeen, parlano di una ventina di civili yemeniti massacrati dai bombardamenti sauditi.
Fin dai tempi dell’eroe terzo-mondista egiziano Jamal Abdel Nasser, il regime collaborazionista e decadente dei Saud combatte contro le forze della sinistra araba (marxisti, nazionalisti, panarabi) col sostegno degli USA. Dopo avere distrutto le ultime vestigia del socialismo arabo, i Saud si rivolgono ora contro le uniche forze di resistenza panarabe ancora attive, da Hezbollah libanese a Ansar Allah yemenita, passando per il partito Baas siriano.
In un articolo allarmista apparso nel Washington Post del 23 novembre 2012, la segretaria di Stato USA dell’era Bush, Condoleeza Rice definiva l’Iran come “il Karl Marx di oggi”.
Se l’Iran deve essere paragonato a Marx, come afferma il falco dell’imperialismo USA, il regime dei Saud incarna, dal canto suo, fin dalla sua creazione nel 1744 la contro-rivoluzione e la tirannia di Adolphe Tiers, il becchino della Comune di Parigi.
(*) CCG: Consiglio di cooperazione del Golfo. L’alleanza tra le 6 petro-monarchie del Golfo Persico