Unz Review, 2 febbraio 2021 (trad.ossin)
 
Israele schiocca la frusta sul cagnolino Biden
Philip Giraldi
 
Chi si ostina a credere che gli Stati Uniti non siano il barboncino di Israele dovrebbe prestare attenzione alla commedia in corso. Joe Biden era presidente da meno di una settimana, quando il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato che presto avrebbe ricevuto un visitatore forse indesiderato nella persona di Yossi Cohen, capo dei servizi segreti esteri israeliani del Mossad, che volerà a Washington a febbraio per spiegare a Biden che cosa deve fare con l'Iran. E per evitare qualsiasi equivoco, anche il capo di stato maggiore della Forza di difesa israeliana, il tenente generale Aviv Kochavi, ha ammonito che qualsiasi tentativo di Biden di ristabilire contatti con la Repubblica Islamica dovrà soddisfare determinate condizioni, oppure Israele eserciterà altre opzioni. Ha detto: “Alla luce di tali fondamentali considerazioni, ho incaricato le forze di difesa israeliane di preparare una serie di piani operativi, oltre a quelli già in atto. Spetterà alla leadership politica, ovviamente, decidere sull'attuazione, ma questi piani devono essere sul tavolo". Un altro ministro del governo ha chiarito che le opzioni includeranno "un attacco" all'Iran, sebbene non vi sia alcuna indicazione sul ricorso o meno ad armi nucleari tattiche, per prevenire ritorsioni da parte delle forze iraniane.
 
Biden e Netanyahu
 
Non c'è limite all'arroganza israeliana. Un rabbino influente prevede che, dal momento che gli Stati Uniti sono in declino, spetterà allo Stato ebraico di assumere il ruolo di "Guida della civiltà". E sono simili considerazioni a modellare il modo in cui Israele tratta gli Stati Uniti con condiscendenza, comportandosi come uno statista anziano e informato i cui consigli debbono essere rispettati. In questo caso, la soluzione sionista al problema dell'Iran avrà connotati sgradevoli per il governo di Teheran, se intende rimanere sovrano. Per Israele, la politica da adottare con l'Iran è quella di disarmarlo efficacemente e rendere impossibile qualsiasi influenza sui paesi ad esso adiacenti, inclusi Iraq, Siria e Libano. Ciò significherebbe stabilire il dominio israeliano sull'intera regione e, se gli Iraniani non accettassero, il passo successivo sarebbe quello di convincere gli Stati Uniti ad attaccarli con qualche pretesto, ivi compresa qualche operazione di Israele sotto falsa bandiera.
 
Il Times of Israel riassume la posizione ufficiale israeliana nei seguenti termini: “… l'Iran deve fermare l'arricchimento dell'uranio; smettere di produrre centrifughe avanzate; cessare di sostenere i gruppi terroristici, primo fra tutti Hezbollah libanese; porre fine alla sua presenza militare in Iraq, Siria e Yemen; fermare l'attività terroristica contro obiettivi israeliani all'estero; e concedere pieno accesso all'AIEA su tutti gli aspetti del suo programma nucleare ". Il completamento del disarmo dell'Iran includerebbe anche la richiesta a Teheran di abbandonare il suo programma di missili balistici.
 
Il paradosso sta, ovviamente, nel fatto che Israele ha un arsenale nucleare segreto, che ha creato rubando uranio e inneschi dagli Stati Uniti, ed è anche il principale sostenitore regionale dei gruppi terroristici, tra cui al-Qaeda e ISIS. La presenza dell'Iran in Siria è dovuta alla sua assistenza prestata alla resistenza del governo di Damasco alle insurrezioni sostenute da Israele e Stati Uniti. E l'Iran non ha mai preso di mira cittadini e gruppi israeliani all'estero, piuttosto Israele e Stati Uniti hanno assassinato funzionari iraniani e bombardato obiettivi sia governativi che civili in Siria, Iraq e Libano. E il tutto accade in un contesto che vede Israele continuare nella occupazione illegale della Palestina e nella pulizia etnica del popolo palestinese, commettendo ripetutamente crimini di guerra e crimini contro l'umanità.
 
ha detto in un'udienza di conferma la scorsa settimana che la nuova amministrazione si sarebbe "consultata con Israele" prima di ogni possibile ritorno all'accordo nucleare del Piano d'azione globale congiunto (JCPOA) del 2015, e ha anche chiarito che saranno introdotte ulteriori condizioni per l'Iran. Era un commento strano per un funzionario del governo che avrebbe dovuto sostenere gli interessi statunitensi, ma si può scommettere che era quello che il Congresso voleva sentire. Poiché l'Iran ha già indicato che non è disposto ad abbandonare le sue difese e il suo ruolo nella regione, la proposta di Biden sarà in ogni caso un non-avvio, anche se Israele sarà pronto ad applicare il proprio veto se qualche iniziativa del Dipartimento di Stato andasse oltre il consentito.
 
Allo stato attuale, corrono ipotesi credibili, a proposito della intelligence israeliana e del fatto che sarebbe in grado di compromettere la maggior parte, se non tutti i sistemi informativi del governo degli Stati Uniti, nonché quelli delle principali società. Poiché lo Stato ebraico è il più attivo nello spionaggio contro gli Stati Uniti, ciò non dovrebbe sorprendere nessuno. Che Israele interferisca palesemente nella politica o nel governo degli Stati Uniti non è esattamente una novità, sebbene sia raro che qualcuno nei media mainstream o nel governo dica qualcosa in merito. Questo perché la capacità di Israele di fare la guerra contro i suoi critici non è seconda a nessuno, avendo alle sue spalle risorse finanziarie quasi illimitate e un facile accesso ai media, nonché sostenitori attivi tra le quasi seicento organizzazioni ebraiche che esistono negli Stati Uniti.
 
In effetti, Israele ha spesso interferito nella politica degli Stati Uniti, potrebbe addirittura dirsi incessantemente, anche se non ne è mai stato indicato come responsabile. Per citare solo un esempio ben noto, si è detto che il Russiagate fosse in realtà un Israelgate, tenuto conto di quel che è effettivamente avvenuto poco dopo le elezioni del 2016. Il contatto con la Russia è stato stabilito dal primo ministro Benjamin Netanyahu, che all'epoca stava cercando di evitare un voto anti-israeliano alle Nazioni Unite. Ha cercato di farlo facendo pressioni sul genero di Donald Trump, Jared Kushner, poco dopo le elezioni del 2016. Netanyahu era particolarmente vicino alla famiglia Kushner, essendo stato, in almeno un'occasione, ospite nella loro villa a Manhattan.
 
Spinto da Netanyahu, Kushner ha diligentemente contattato Michael Flynn, consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, chiedendogli di chiamare in privato l'ambasciatore russo Sergei Kislyak per fare pressione su Mosca affinché votasse contro la risoluzione. Ci sono state due telefonate, ma Kislyak si è rifiutato di collaborare. Va notato che, mentre tutto questo stava accadendo, Barack Obama era ancora presidente e la sua intenzione di astenersi dal voto sugli insediamenti illegali di Israele è ciò che ha spinto Netanyahu ad agire, quindi Netanyahu-Kushner-Flynn stavano operando contro il governo legittimo degli USA. Flynn è stato successivamente gettato sotto l'autobus dai suoi amici ebrei senza alcuna menzione nei media del ruolo israeliano, diventando così la prima vittima del "Russiagate". Successivamente è stato costretto a dimettersi dal suo incarico nel febbraio 2017.
 
L'intera questione del rapporto USA-Israele costituisce una delle più formidabili “linee rosse” nella politica statunitense, e la sua forza deriva in gran parte dal fatto che i media e le classi politiche fingono che il problema non esista nemmeno. Il potere di Israele era già abbastanza tossico prima dell'elezione di Donald Trump, ma Trump, "consigliato" da un branco di ebrei ortodossi, ha cambiato drasticamente il campo di gioco per favorire Israele in modi che influenzeranno tale rapporto anche negli anni a venire. La squadra di Biden non è affatto migliore, e il presidente prenderà ordini da Gerusalemme finché rimarrà alla Casa Bianca. Questo ci porterà ad una guerra totalmente inutile e impossibile da vincere contro l'Iran? Questo è ciò che Israele richiede soprattutto, e Israele ottiene sempre ciò che vuole.
 
 
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