Entrefilets, 26 ottobre 2016 (trad. ossin)
 
E se l’Impero crollasse il 9 novembre?
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Se nessuna «sorpresa» del tipo guerra totale o remake dell’11 Settembre verrà a turbarne lo svolgimento, le elezioni presidenziali statunitensi dovrebbero rispettare tutte le loro promesse sismiche. Qualsiasi sia l’esito della farsa, sembra improbabile che non si risolva in una grave crisi, potenzialmente fatale per l’Impero. Che vinca Trump il sovversivo, o che conceda la vittoria al Partito della guerra Hillary, o che la contesti in caso di imbrogli malaccorti: tutti gli scenari possibili sono potenzialmente caratterizzati da una carica esplosiva devastatrice che potrebbe fare del 9 novembre il giorno del crollo dell’Impero, o almeno quello nel quale i primi pezzi dell’edificio cominciano a crollare. E diciamo subito la nostra convinzione che, siccome gli Stati Uniti sono oramai un potenza in via di dissoluzione e responsabile delle peggiori guerre e atrocità che hanno insanguinato il mondo negli ultimi decenni, un tale crollo rappresenterebbe una forma di pacificazione, e per dirla tutta una vera occasione di salvezza per The Rest of the World.
Tre principali ragioni ci inducono a ritenere che il crollo dell’Impero sia diventato una necessità.
 
Un esempio del livello di volgarità toccato dalla campagna presidenziale
 
1. Farla finita con un Impero criminale
Grazie a un budget militare che supera la metà di quelle del resto del mondo, gli Stati Uniti allungano i loro tentacoli in quasi 80 paesi, dove hanno imposto più di 800 basi che ospitano armamentario pesante e centinaia di migliaia di soldati. Questa rete militare su scala planetaria corrisponde al 95% delle basi militari straniere nel mondo (2), e caratterizza già da sola gli USA come un Impero.
In Europa, dove centinaia di basi talvolta dotate di lancia missili a capacità nucleare presidiano interamente il Vecchio Continente, 180 delle quali con più di 50.000 soldati solo in Germania (1), non si tratta più di una «presenza» ma di qualche altra cosa che assomiglia sempre di più a una vera e propria forza di occupazione.
Questo dispositivo serve a ricordare agli amministrati che, in caso di resistenza al suo dominio, i cannoni dell’Impero sono sempre pronti a fare il loro lavoro sanguinoso, cosa che peraltro fanno quasi in permanenza.
Di fatto, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Impero ha bombardato più di 20 paesi, accampando i più vari pretesti, e sempre nel suo solo e unico interesse.
 
Solo in Iraq, in Afghanistan e in Pakistan, l’Impero USA ha infatti direttamente massacrato più di 2 milioni di civili, secondo una stima recente, mentre il numero totale delle vittime delle guerre occidentali decise e guidate dagli Stati Uniti negli ultimi 25 anni supera i 4 milioni di morti (3). Cifre evidentemente tenute nascoste dai servizi stampa dell’Impero, che comprendono la quasi totalità dei media occidentali.
In materia di crimini di guerra, di crimini contro l’umanità, di negazione della democrazia, di torture, di massacri di massa e omicidi mirati, l’Impero USA sopravanza dunque di molto tutti gli Stati canaglia e le dittature del pianeta messi insieme.
Dire questo non vuol dire essere anti-imperialisti o anti-statunitensi, ma solo enunciare una serie di cifre reali.
Salvo che, al contrario degli (altri) Stati canaglia e delle dittature del pianeta, gli Stati Uniti controllano un sistema di disinformazione su scala mondiale, e possono contare su Hollywood e i suoi maghi per lavare e strofinare i cervelli alle spalle dei loro atti di violenza.
Una macchina propagandistica che sanno utilizzare in modo sublime e che consente, prima di tutto, di imporre la loro cultura violenta a tutto il mondo facendo credere che si tratti proprio di quello che i popoli desiderano più ardentemente, e poi di apparire, tra una guerra e l’altra, sempre angelici e virtuosi, nonostante la loro bandiera e i loro scarponi siano lordi di materia celebrale di bambini (4).
 
Ma dietro la facciata della propaganda di massa, l’Impero esercita la sua violenza e la sua crudeltà nel mondo per mantenere il proprio dominio, distrugge paesi interi, assassina in tutta impunità, tortura nelle sue cantine, rovescia governi, smembra nazioni, crea e sostiene gruppi terroristi, scatena e poi alimenta guerre civili come in Siria. Ultimo esempio in ordine di tempo: gli Stati Uniti cercano oramai di utilizzare la conquista di Mosul in Iraq per organizzare la ritirata di Daesh verso l’est della Siria, dove il gruppo terrorista potrà sopravvivere e continuare ad essere utile alla strategia del caos dell’Impero (5).  
La prima ragione che rende auspicabile il crollo dell’Impero USA è che esso è la principale forza di disequilibrio del mondo, che è il primo responsabile dei peggiori massacri perpetrati nel pianeta negli ultimi anni.
 
2. Liberare l’Europa
La seconda ragione che rende necessario il crollo dell’Impero deriva dalla prima, perché si tratta di permettere all’Europa di emanciparsi dalla tutela USA, che ci porta oggi vicini ad una guerra con la Russia e la Cina, eventualmente nucleare (6).
I popoli europei sono infatti prigionieri di una mafia dirigente totalmente sottomessa all’Impero USA, una vera assemblea di proconsoli che gli obbedisce, supporta le sue guerre, tenta di imporre il suo modello, le sue leggi, i suoi Trattati, il suo «modo di vita» e ci ingabbia in questa terribile dipendenza che ci rende assolutamente corresponsabili di tutti i crimini dell’Impero.
 
La caduta dell’Impero sarebbe già da sola una liberazione per l’Europa.
Concretamente, essa porterebbe con sé immediatamente la fine di quella organizzazione criminale che è la NATO, organizzazione sistematicamente mobilitata per aprire il fuoco contro tutti i nemici dell’Impero o quelli che contrastano i suoi interessi.
Il crollo USA porterebbe immancabilmente con sé anche la disgregazione del progetto statunitense di quella Unione Europea «sovietica» che oggi conosciamo. Exit dunque per tutta questa casta di servili piccoli funzionari non eletti e superpagati, di tecnocrati atlantisti in guerra contro i popoli, fautori del libero scambio, venduti a Goldmann Sachs, a Wall Street e al neoliberalismo più oltranzista.
Alla guerra economica di tutti contro tutti che la UE impone oggi ai suoi membri, potrà così succedere il ritorno alle sovranità nazionali, alle barriere doganali che proteggono i cittadini e le loro economie, e ad una fruttuosa cooperazione tra Stati sovrani, nell’interesse di tutti.
Infine lo spettro di una guerra contro la Russia e la Cina, quasi garantito con una Hillary-Strangelove eterodiretta, si allontanerebbe per lasciare spazio ad una Europa che potrebbe infine diventare forte «dall’Atlantico agli Urali».
 
3. Rovesciare il disordine costituito
Infine la caduta dell’Impero è necessaria perché porterà rapidamente con sé la rapida fine anche degli strumenti di dominazione economica che sono l’OMC, la Banca Mondiale o il FMI, che operano esclusivamente a profitto degli Stati Uniti e dei loro protettorati. Ma soprattutto la caduta dell’Impero provocherà un sisma tale da produrre un crollo economico mondiale che, per quanto in un primo momento doloroso, potrà anche offrire l’opportunità storica di farla finita con questo Sistema neoliberale e la sua meccanica fondata sulla predazione, la speculazione, il saccheggio, la schiavitù, l’ingiustizia, la distruzione del tessuto sociale e del vivente, l’abolizione dell’Uomo.
Contrariamente a quanto racconta la narrativa propagandata dal Sistema americanista, secondo cui non vi sarebbe alternativa agli eccessi scientisti e capitalistici, il crollo di cui parliamo darebbe ai popoli l’opportunità di riprendere nelle loro mani il loro destino e sviluppare altri modelli. Sul piano politico, prima di tutto, imponendo per via rivoluzionaria se necessario, una democrazia reale per uscire dalla farsa di una democrazia rappresentativa che perpetua l’alternanza tra due candidati dello stesso partito neoliberale unico. Sul piano socio-economico, sviluppando nuovi modelli fondati, per esempio, sulla collaborazione, la cooperazione, lo scambio, la decrescita ragionevole e la felice sobrietà.
 
Insomma, il crollo dell’Impero dovrebbe agire come un denotatore che porti con sé la caduta del Sistema neoliberale tutto intero, offrendo così l’opportunità di inventare una nuova forma di vita, per passare dall’attuale contro-civiltà giuridico-mercantile, ad una società nuovamente umana e davvero libera, egualitaria e decente.
Si tratta con tutta evidenza di una opzione alta che imporrà una rivoluzione copernicana, un rovesciamento totale del disordine costituito da un pensiero neoliberale nihilista, il cui trionfo ha portato il mondo alla rovina (7).
Questa visione sembrerà utopica a molti, ma sono quelli che dimenticano che veramente utopico è pensare che l’umanità possa sopravvivere ancora alle distruzioni provocate dal capitalismo militarizzato e bellicoso sotto comando USA che conosciamo ai giorni nostri.
 
Tre scenari di implosione e uno scenario catastrofico
Oggi, con due candidati, ciascuno dei quali odiato dalla metà della popolazione; due candidati, uno dei quali è una furia ai limiti della demenza e l’altro un miliardario, la cui unica virtù, ma comunque importante, è di essere in qualche modo antisistema senza nemmeno volerlo, le presidenziali USA 2016 potrebbero essere il momento in cui succederà qualcosa di importante, qualcosa che potrebbe davvero significare l’inizio della fine per l’Impero.
Si delineano dunque tre scenari di implosione.
 
Primo scenario: se vince Trump, è tutto lo Stato profondo costruito attorno a Wall Street e al complesso militare-industriale che vacillerà. Con lo slogan «America first», Trump ha infatti dichiarato di volere rendere pacifiche le relazioni con la Russia e la Cina e ridurre in tal modo la velatura militare dell’Impero nel mondo.
Sarebbe la versione soft di un Impero che accetta in qualche modo di morire nel suo letto, per tornare al realismo di un mondo multipolare.
Ma c’è una incognita importante. Come vuole la tradizione statunitense, il Presidente appena eletto assumerà le funzioni solo il 20 gennaio 2017. Fino ad allora al comando resterà Obama il pagliaccio e, se Trump fosse eletto e si mostrasse inflessibile di fronte alle pressioni che si eserciteranno immediatamente su di lui perché rientri nei ranghi, è grande il rischio di vedere lo Stato profondo approfittare di questo intervallo per scatenare una guerra ad alta intensità con la Russia e rovesciare così il tavolo. E’ la prima possibilità del nostro scenario catastrofico.
 
 
Secondo scenario: se lo Stato profondo manca il colpo e ottiene solo una vittoria scippata con gli imbrogli accertati del suo pulcino Killary, è l’attesa contestazione di Trump che potrebbe allora dare fuoco alle polveri, con disordini sociali e perfino una guerra civile in palio.
Gli Stati Uniti sono oggi spaccati in modo assolutamente radicali. Il risentimento verso Washington e la sua corruzione è tale che alcuni Stati come il Texas o la California parlano apertamente di secessione. Anche orizzontalmente, la stessa popolazione non è mai stata così divisa in una società minata da tutta una serie di crisi economiche, sociali e anche neo-razziali.
Una elezione rubata da un personaggio tanto odiato come Clinton scatenerebbe senza dubbio dei gravi disordini che potrebbero a loro volta trascendere in una guerra civile o nell’implosione del paese.
 
Terzo scenario: anche se il lavaggio del cervello funzionasse nelle urne e Clinton trionfasse in modo incontestabile, ella esploderà probabilmente in volo già nei primi mesi del suo mandato, a causa di tutte le bugie che ha detto e/o delle sue malattie. Lo scandalo dell’emailgate che avrebbe già dovuto condurla in prigione; quello della sua Fondazione Clinton invischiata in rivelazioni di corruzioni di alto livello; o le sue malattie nascoste; tutte queste bombe a scoppio ritardato esploderanno rapidamente una volta che la bolla protettrice della campagna presidenziale si sarà sgonfiata, con lei in mezzo, trascinando di nuovo l’Impero in una spirale centrifuga senza fine.
Ma ecco che qui può emergere la stessa importante incognita, che delinea la seconda possibilità di scenario catastrofico. Perché, di fronte alla prospettiva di una esplosione in volo quasi certa, Hillary-Strangelove sceglierà assai probabilmente di impegnare immediatamente l’Impero in iniziative militari, sia in Iran, come ha già annunciato, sia molto più pesantemente questa volta in Siria, due paesi dove è certa di ritrovarsi la Russia di fronte, con la garanzia in tal caso di un crescendo che potrebbe concludersi con una guerra totale.
 
Conclusioni
Lo stato di decomposizione del sistema di Washington ha toccato una soglia inedita, tanto avanzata quanto irreversibile, che coincide con una crisi interna dovuta al fallimento del modello economico darwinista degli Stati Uniti. La precarietà e l’ingiustizia sono infatti diventati la regola e il mugugno sociale ha già raggiunto un livello critico capace di mettere in pericolo la coesione nazionale.
Sul piano geopolitico, la resistenza dei paesi del BRIC di fronte ai maneggi degli Stati Uniti, con alla testa una Russia diventata una vera nazione antisistema, dimostra anch’essa l’indebolimento di un Impero che sembra avere il fiato grosso.
 
Più in generale, dovunque nel mondo la percezione degli Stati Uniti è radicalmente cambiata. Oltre Hollywood e le colonne della stampa ovviamente allineata (che si confondono), i popoli vedono sempre di più questo agglomerato di interessi privati abusivamente chiamata nazione come davvero è: un Impero malefico che rappresenta contemporaneamente la principale minaccia per la pace mondiale, e anche il principale vettore di questo Sistema neoliberale globalizzato di cui i popoli sfiniti non vogliono più saperne e del quale dovunque cominciano a rinnegare i rappresentanti e la follia. Infatti, tutto considerato, mai il Sistema e la sua direzione statunitense sono stati a questo punto messi a nudo, mai hanno incontrato una opposizione così formidabile, così strutturata, una resistenza così massiccia.
 
E’ in questo contesto globale esplosivo che si iscrivono le Presidenziali USA, mettendo in competizione due personaggi sbalorditivi: un sovversivo miliardario la cui unica virtù conosciuta è di essere antisistema, e il cadavere politico di una Hillary-Strangelove divorata da una ambizione malsana e che puzza di corruzione e menzogne, insomma fabbricata su misura dal Sistema per farlo perdurare.
Giunge quindi il momento in cui i tempi e le circostanze sembrano favorire immensi rivolgimenti.
 
Questo 9 novembre, il giorno dopo l’elezione, sarà davvero il giorno in cui l’Impero comincerà a crollare? Sarebbe azzardato affermarlo, tanto il male può mostrarsi duro a morire e perché v’è un rischio elevato di scivolamento verso l’incendio globalizzato. Ma, per la prima volta dal dopoguerra, si può senz’altro dire che sì, la cosa è davvero possibile.
Qualsiasi cosa accada, quel che per contro è certo è che l’Impero, il Sistema neoliberale e la nostra contro-civiltà seguono una stessa traiettoria, che porta al baratro.
 
 
 
 
 
 
4 Al di là delle parole, al di là delle immagini, al di là dei fatti, un modo di guardare la bestia negli occhi, di contemplare l’anima dannata dell’Impero è quello di riascoltare l’interpretazione magistrale dell’inno nazionale statunitense che fece nel 1969 Jimi Hendrix. Nella grandiosità di questa improvvisazione, evidentemente ispirata dal martirio del Vietnam, cresce uno scatenarsi di gemiti e di odio metallici di una modernità assoluta, dove si ode l'eco sia delle urla dei suppliziati dall’Impero, che delle sue stesse crisi di terrore per l'incapacità a liberarsi del suo istinto di morte, della sua propria follia distruttrice
 
 
 
 
 
 
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