Cose Turche


Il presidente turco Erdogan viene contestato dal suo popolo e scatena una terribile repressione. Le manifestazioni sono cominciate per opporsi alla cementificazione di un parco a Istanbul, al cui posto si intende costruire una moschea e un centro commerciale. La ferocia poliziesca ha sollevato un'ondata di proteste in tutto il paese; oramai si contesta l'intera politica del partito islamista al potere, in primo luogo l'allenza coi terroristi siriani che vogliono abbattere Bachar el-Assad



Irib, 2 giugno 2013 (trad. Ossin)



Terzo giorno di scontri in Turchia, bilancio

Manifestanti turchi si sono scontrati, per il terzo giorno consecutivo, con la polizia turca in diversi quartieri di Istanbul e Ankara, nell’ambito delle manifestazioni di protesta contro il governo di Erdogan.

 

La polizia turca ha usato gas lacrimogeni contro i manifestanti nei pressi dell’ufficio di Erdogan a Istanbul, mentre centinaia di manifestanti hanno provocato incendi in diverse zone di Ankara. I manifestanti hanno scandito slogan che chiedevano le dimissioni del governo e la formazione di un fronte unito contro il fascismo,


Secondo i media, le manifestazioni esprimono il malcontento popolare nei confronti delle pratiche e della linea del governo di Erdogan e l’opposizione popolare alla politica governativa nei confronti della crisi siriana.
I manifestanti hanno espresso la loro rabbia nei confronti dell’embargo mediatico cui sono soggette le loro  manifestazioni, attribuendone la responsabilità al governo Erdogan e alla repressione esercitata sui giornalisti.


Ieri i manifestanti hanno dato fuoco alla sede del Partito della giustizia e dello sviluppo (il partito di Erdogan, espressione dei Fratelli mussulmani, ndt) a Izmir.


Le proteste erano scoppiate a causa del progetto della municipalità di Istanbul di sradicare più di 600 alberi nella piazza Taksim per trasformarla in zona commerciale cementificata e di eliminare il giardino che vi è attualmente.


Nel corso della manifestazione, la polizia turca ha arrestato circa 1000 manifestanti in diverse zone del paese. Le manifestazioni sono giunte fino a Bruxelles, dove centinaia di manifestanti si sono raccolti davanti al Parlamento europeo e chiesto le dimissioni del Primo Ministro turco, solidarizzando coi contestatori in Turchia.



Il vice presidente del Partito del Lavoro turco ha affermato, nell’occasione, che quanto sta accadendo in Turchia è una rivoluzione contro la dittatura durata 11 anni e la cattiva politica del Partito della Giustizia e dello Sviluppo.


Ha aggiunto che il popolo turco ha deciso di lottare contro il governo di Erdogan in quanto la Turchia è troppo cresciuta per dovere essere governata dal Partito della giustizia e dello sviluppo.

L’organizzazione Amnesty International, da parte sua, ha espresso la propria preoccupazione per un uso eccessivo della forza da parte della polizia contro manifestazioni che erano cominciate pacificamente.



La maggior parte dei giornali turchi dicono che le manifestazioni in tutto il paese chiedono al governo di dimettersi e si oppongono alle politiche del Partito della Giustizia e dello Sviluppo.

Il giornalista Abbas Jamil ha scritto, in un articolo pubblicato sul sito “Muhalif Gezteg” che Erdogan sta affrontando attualmente quello che tutti i governi repressivi hanno affrontato, aggiungendo che quanto sta accadendo non ha alcun rapporto con il taglio degli alberi, ma si tratta di una rivoluzione contro la repressione e la violenza esercitata dal governo Erdogan.



L’ex parlamentare egiziano Moustapha Bakri ha detto che il primo ministro turco, che ha cospirato contro la Siria in combutta coi suoi padroni statunitensi e sionisti, pagherà il prezzo del suo complotto contro la nazione araba. 

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