Primo maggio a Nouakchott

di Nicola Quatrano


Il 1 maggio a Nouakchott comincia presto. Già alle otto di mattina il lungo corteo parte dal Ministero del Petrolio, c’è molta gente, si calcolano diecimila persone. Molti operai, coi loro caschi rossi, moltissimi  dipendenti del terziario, quasi tutti indossano una t-shirt con il logo della loro impresa. Un dato fa impressione: sono quasi tutti neri.
In una piccola piazza si svolge anche uno spettacolo: ci sono musicisti e danzatori, poi prendono la parola i leader sindacali. La marcia è organizzata dai sindacati che aderiscono alla CFD (Coordinamento delle forze democratiche), impegnata in questo momento contro la Giunta Militare che il 6 agosto dello scorso anno ha preso il potere con un colpo di Stato, rovesciando il governo costituzionale legittimamente eletto.
Molti dei cartelli dei manifestanti, infatti, recitano: NO AL COLPO DI STATO
Il sindacato più rappresentato è la CLTM (Confédération libre des travailleurs de Mauritanie). Biram Abeid che mi accompagna mi dice che è un sindacato costituito in prevalenza da ex schiavi.
E’ presente la Guardia nazionale in forze. Decine di camionette piene di agenti in tenuta antisommossa,sistemate nei punti strategici. I militari portano un passamontagna sul viso per non essere riconosciuti: ben gli sta! Col caldo che fa è una giusta punizione.
I corteo sfila lungamente, per tutta la mattinata lungo le vie della città. Il sole è implacabile, ma è bello stare qui.

Ieri ci sono stati scontri di piazza durante una manifestazione organizzata dal Fndd (Front National pour la défense de la démocratie) per chiedere la liberazione dei prigionieri politici. Era una manifestazione non autorizzata, che si è svolta davanti al Parlamento. Molti militanti recavano grandi foto dei prigionieri, l’ex primo ministro Yahya Ould Ahmed Waghf d altri, e scandivano slogan contro l’agenda elettorale unilaterale fissata dai militari al potere per legittimare il colpo di Stato agli occhi della comunità internazionale. Verso mezzogiorno la polizia ha attaccato il corteo a colpi di manganello ed esplodendo bombe lacrimogene. Molti i feriti, soprattutto deputati dell’opposizione che marciavano in prima fila: Mint Bih, sindaco di Tidjikja e Marième; i due ex ministri Boidiel Ould Houmeith e Yahya Ould Sid’El Moustaph, l’ex ministro della condizione femminile, Vatimetou Mint Khattri, la deputata Ezza Mint Hamam, e molti altri.
E’ una clamorosa smentita delle dichiarazioni di Nicolas Sarkozy, il 29 marzo scorso, durante una visita in Niger. Il presidente francese, che sembra gareggiare con George Bush in ignoranza delle cose africane, ha detto che nessun parlamentare mauritano si è opposto al colpo di Stato del 6 agosto. Su Le Quotidien de Noukchott, gli ha risposto Messaoud Ould Boulkheir, presidente dell’assemblea nazionale, che ha ricordato come, fin dal giorno successivo al colpo di Stato, si è formato in Parlamento un ampio Fronte di opposizione. E lo smentisce l’identità dei feriti di ieri.
Altre manifestazioni sono programmate per i prossimi giorni.

Parlo della situazione con Mamadou Moctar Sarr, presidente del  Forum National des organisations défenseurs des droits humains (FONADH), una rete che organizza tutte le maggiori associazioni mauritane per i diritti umani.
La Giunta militare al potere – mi dice – non ha alcuna legittimazione costituzionale. Essa ha rovesciato un governo legittimo, eletto all’esito di un processo democratico trasparente, la cui correttezza è stata certificata da centinaia di osservatori internazionali.
Le elezioni presidenziali fissate dalla Giunta per il prossimo giugno sono una farsa, un tentativo di legittimare il colpo di Stato agli occhi della comunità internazionale. La scelta delle forze democratiche mauritane è di non partecipare al voto.
Gli chiedo se sia certo che si tratti di una scelta giusta: il boicottaggio è una opzione estrema, l’ultima spiaggia per chi è sicuro di perdere.
Mi risponde che non ci sono le condizioni minime per poter partecipare: la Giunta ha occupato l’unico canale televisivo e radiofonico nazionale e lo usa senza remore per la campagna elettorale, ha piazzato suoi uomini in tutti i posti chiave dell’amministrazione e anche degli uffici elettorali. Possiede mezzi sproporzionati, utilizzando le casse dello Stato. Partecipare in queste condizioni sarebbe un regalo alla Giunta, un aiuto a legittimarsi.
Obietto sommessamente che anche le elezioni democratiche del 2007 sono state indette da una Giunta militare che aveva fatto un colpo di Stato. E’ vero – risponde – ma ci sono molte e sostanziali differenze.  La prima è che quel colpo di Stato venne fatto contro un  dittatore, poi che il capo della Giunta non si presentò alle elezioni, lasciando campo aperto alle forze democratiche presenti nel paese. Inoltre, esse sono state autenticamente democratiche, cosa che non sarà affatto in questa occasione. Ma infine – conclude - che bisogno c’è di elezioni, quando c’è già un presidente eletto pienamente in grado di riprendere le sue funzioni? C’è un Parlamento, il cui potere legislativo è stato esautorate da un Consiglio militare, ma esso c’è, può funzionare fin da subito, basta che la giunta golpista si levi da mezzo.
Gli chiedo di quali appoggi goda la Giunta militare tra i paesi del Maghreb. Mi risponde che – a parte l’Algeria, che l’ha avversata da sempre – tutti gli altri paesi, in primo luogo Marocco e Tunisia, ma anche la Libia, la hanno appoggiata. Dice che le elezioni libere e trasparenti che c’erano state in Mauritania costituivano un esempio pericoloso per tutti i popoli della regione ed un pericolo per i governi autoritari.

Chiedo a Biram Abeid, di SOS Esclave, ed a Aminetou Mint Moctar, presidente della AFCF (Association des femmes chefs de famille) come mai il fronte contro il colpo di Stato veda così apertamente schierate le associazioni contro la schiavitù.
Mi rispondono che il colpo di Stato ha costituito una reazione anche alla legge del 2007 che, finalmente, aveva criminalizzato la schiavitù. In Mauritania la schiavitù è stata abolita legalmente solo nel 1981, ma fino al 2007 non costituiva un delitto, per cui continuava ad essere largamente praticata. La Giunta Militare – mi dicono – è composta da proprietari di schiavi e figli di proprietari di schiavi. Non a caso, hanno immediatamente interrotto il programma di divulgazione della legge. Si sono riuscite a svolgere solo tre missioni all’interno del paese, per diffondere e pubblicizzare il contenuto della legge. Esse sono state interrotte dalla Giunta al potere e, senza un’adeguata informazione, non è possibile sconfiggere questo fenomeno che è ancora diffusissimo nelle campagne. E non solo: buona parte delle domestiche di Nouakchott sono schiave, quelle che non lo sono, per lo più senegalesi immigrate, sono sottoposte a trattamenti non dissimili. Con il ricatto dell’espulsione dal paese, sono costrette ad accontentarsi di un salario di fame e sopportano violenze e percosse.
Ma sono in generale queste – mi dicono – le condizioni di lavoro nel paese… Penso a Mustapha, il portiere dell’albergo in cui sono alloggiato. Non so quanto guadagni, ma ho visto che è l’unico portiere e copre un turno unico: sempre lui, giorno e notte.

 

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