Attentati in Niger: “Gli autori sono venuti dalla Libia”, secondo il presidente Nigeriano Mahamadou Issoufou
Libia, il vaso di Pandora della NATO
Luc Michel

Era la fine di febbraio del 2011, pochi giorni dopo l’avvio del colpo di Stato insurrezionale di Bengasi, organizzato dalla CIA e dalla NATO coi suoi “kollabos” libici. Muammar Gheddafi, che aveva già compreso cosa bolliva in pentola, denunciò la presenza di jihadisti di Al Qaida a Bengasi, Derah e Tripoli, affermando: “O me o il caos islamista”. Provocando l’ilarità di tutti quegli analisti, esperti e giornalisti che oggi – sempre dopo che i fatti sono già accaduti – con due anni di ritardo, cianciano di “guerra al terrorismo” e di “pericolo jihadista”. Gheddafi aveva ragione!


La Libia made in Nato, epicentro della destabilizzazione del Maghreb e del Sahel
L’esempio nigerino, dopo quello della Libia e del Mali, serve nuovamente a dimostrarlo. Gli autori dei due attentati suicida perpetrati giovedì in Niger, contro un accampamento militare a Agadez e contro un sito del gruppo nucleare francese Areva a Arlit, “venivano dalla Libia”, ha infatti affermato sabato il presidente nigerino Mahamadou Issoufou, intervistato da France 24. “Gli assalitori, secondo tutte le informazioni che ci sono pervenute, venivano dalla Libia, dal Sud libico”, ha dichiarato M. Issoufou, confermando le notizie già diffuse da responsabili nigerini subito dopo gli attentati, rivendicati dal Movimento per l’unità e la jihad nell’Africa dell’ovest (Mujao), gruppo islamista armato scacciato dal Mali a causa dell’intervento delle forze militari francesi e africane.


Questi attacchi confermano che “la Libia continua a essere una fonte di destabilizzazione per i paesi del Sahel”, ha aggiunto M. Issoufou, che parlava dopo avere avuto un incontro col patron del gruppo Areva – una delle punte di lancia della Francafrica-, Luc Oursel, che ha avuto un dipendente ucciso e 14 feriti nell’attentato di Arlit.


A Agadez l’attentato ha provocato 24 morti e in totale una decina di jihadisti sono rimasti uccisi, secondo l’ultimo bilancio di Niamey.


“Avevo già avvertito, dopo lo scoppio della crisi libica, (…) che occorreva evitare che le soluzioni dopo la disfatta di Gheddafi fossero peggiori del male e avevo precisato che, se lo Stato libico si fosse somalizzato o fosse caduto nelle mani degli integralisti, la soluzione sarebbe stata peggiore”, ha sottolineato.


“Oggi la situazione è difficilissima, le autorità libiche fanno il massimo per tenerla sotto controllo, ma il fatto è questo: la Libia continua  ad essere una fonte di destabilizzazione per i paesi del Sahel”, ha detto.

Autorità libiche, il cui potere si esercita solo su qualche quartiere di Tripoli o Bengasi. Regioni intere cadute sotto il giogo di milizie islamiste, veri e propri eserciti regionali – Derah, Zlinten, Misurata… - sfuggono completamente al loro debole potere.


Secondo molti esperti – che ci sarebbe piaciuto ascoltare due anni fa – il Sud libico è diventato nel corso degli ultimi mesi uno dei santuari dove si sono ricostituite le cellule di Al Qaida nel Maghreb islamico (AQMI) e altri gruppi islamisti armati, dopo l’offensiva francese in Mali. Vi trovano rifugi, arsenali e santuari, sotto la protezione dei loro epigoni delle milizie islamiste, formatesi all’interno dei “katiba” jihadisti del CNT (Consiglio Nazionale di Transizione). E così fino ai vertici di ciò che resta dello stato libico in via di somalizzazione.


Subito dopo gli attentati, le autorità del Niger avevano già puntato il dito contro la vicina Libia: “I kamikaze vengono effettivamente dalla Libia”, “Un santuario di terroristi”, aveva affermato un alto responsabile civile della regione di Agadez.

Si ricorderà che la Libia era anche direttamente implicata nell’attacco terrorista al sito di gas di Tigantiroune (In Amenas, Algeria)


Il pessimo segnale di USA e NATO
Lo scatenarsi dell’attivismo terrorista degli jihadisti nel Sahel e in Maghreb, come anche in Europa, è in effetti la risposta ad un segnale forte, ed estremamente irresponsabile, dato più di due anni fa dagli USA e dalla NATO: la collaborazione dei servizi speciali della NATO, in particolare della CIA, dei francesi e degli inglesi coi leader di Al Qaida e dell’AQMI (Al Qaida nel Maghreb islamico), la sua branca nordafricana, in Libia, in Siria e in Algeria.


La visione emblematica di un ex prigioniero di Guantanamo, Abdelhakim Belhadj, investito dai generali della NATO, francesi in testa, della carica di “governatore militare di Tripoli” nell’agosto 2011, è stato un pessimo segnale dato a tutti gli jihadisti. Rileggere le deliranti dichiarazioni dei generali francesi della NATO durante la presa di Tripoli nell’agosto 2011…

Lo stesso Abdelhakim Belhadj venne poi incaricato di una missione contro il governo siriano nel novembre 2011, alla testa di una brigata che aveva base in Turchia, e i cui campi di addestramento erano proprio organizzati in Libia con la benedizione del CNT e dei loro protettori della NATO.


Il progetto geopolitico degli USA e lo scenario del diavolo
Gli USA, la NATO e singolarmente la Francia pagano in contanti l’alto prezzo di questa politica avventurista e irresponsabile.

E non è che l’inizio. Gli jihadisti hanno il vento in poppa, dispongono ora di rifugi forti e governi amici in Libia, Egitto, Tunisia e Marocco. Dove i Salafiti e i Fratelli Mussulmani dominano attualmente la vita politica.
Sempre sotto la protezione dei generali “arabi”, protetti dagli USA e dalla NATO.


A questo si aggiunge il saccheggio degli arsenali libici da parte dei “katiba” jihadisti del CNT e la vendita, da parte di dirigenti corrotti dello stesso CNT di un impressionante arsenale ad AQMI, agli inizi del colpo di Stato in Libia, nel marzo-maggio 2011 (soprattutto la vendita di missili già denunciata da Le Canard Enchainé all’epoca).


Senza dimenticare il Centrafrica, dove gli occidentali, evidentemente non scottati dai disastri libico e malieno, hanno rigiocato lo scenario maledetto, lo scenario del diavolo, collocando la potere il partito Seleka e i suoi islamisti, per il tramite di un nuovo CNT. Si capisce meglio allora il nome del governo “di transizione” istallato al potere in Centrafrica – e che Parigi avrebbe potuto spazzar via senza problemi – questo CNT ispirato al CNT libico di Bengasi…


Dietro questo scenario del diavolo, c’è il progetto geopolitico USA, quello dei neocon di Bush riattivato da Obama, detto del “Grande Medio Oriente”. Nel senso di sempre più largo, con l’Africa diventata il cortile posteriore di questo “Grande Medio Oriente” rimodellato e del suo bersaglio geostrategico, il controllo dell’Eurasia, chiave del “XXI secolo americano”.  In questo progetto la tattica è semplice, sempre la stessa: tenere insieme in uno stato debole e diviso un governo militare e delle forze islamiste, tutti e due fautori dell’economia liberale (il carattere peculiare dei Fratelli Mussulmani, per esempio, è la loro ostilità al Socialismo). Per raggiungere questo risultato, occorre evidentemente allearsi al diavolo jihadista.


La schizofrenia degli USA e della NATO
La politica degli USA e della NATO, della quale la Francia di Sarkozy e Hollande – che ha sotterrato la politica del generale De Gaulle sia sul piano europeo che arabo – dopo essere rientrata nella NATO è diventata scolaretto modello servile, può essere definita schizofrenica. Ogni giorno dei giovani soldati vengono sacrificati in Afghanistan, in Iraq o in Mali per combattere gli jihadisti. Gli stessi che sono stati armati e organizzati, come alleati più importanti, in Libia o in Siria. Incoerenza o cinismo…


Schizofrenia che colpisce anche i servizi speciali della NATO. Dove i settori della Sicurezza Interna dei Servizi francesi, inglesi o belgi, che perseguono gli jihadisti e gli altri salafiti in Europa, devono considerare pazzi i loro colleghi dei settori Azione Estera che hanno inquadrato e armato gli stessi islamisti in Libia e fanno lo stesso adesso in Siria. In particolare gli agenti segreti francesi che hanno organizzato la consegna di armi alle Brigate di Zenten e di Tripoli nel giugno 2011, prima di consegnare la capitale libica al loro capo, Abdelhakim Belhadj.
 
La partecipazione della Francia e di molti paesi della NATO al progetto USA del “Grande Medio Oriente”, quello di Bush e dei neocon riesumato da Obama, nell’ambito del quale gli Europei fanno lavori sporchi che perfino i generali del Pentagono si rifiutano di svolgere, ha un prezzo. Che oggi è assai elevato. E ancor più lo sarà domani.


Gli USA che aiutarono Bin Laden a organizzare Al Qaida agli inizi degli anni 1980 in Arabia Saudita e in Afghanistan contro i Sovietici, poi l’identica rete in Bosnia, agli inizi degli anni 1990, contro la Jugoslavia di Milosevic, conoscono bene questo prezzo. Washington lo paga da più di 15 anni.
Le lezioni della Storia sembrano non essere mai comprese dai politici occidentali.


In Libia, l’Occidente – USA, NATO, Francafrica – distruggendo la Jamahiriya di Gheddafi, fattore di stabilità, di pace  e di sicurezza, amico della Grande Europa, ha aperto il vaso di Pandora. Pagherà a lungo per questo, e fino al centro delle capitali dell’Unione Europea…

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