Gilad Atzmon, 19 novembre 2019 (trad.ossin)
 
Un solo Stato, ma non ebraico
Gilad Atzmon
 
Il segretario di Stato Mike Pompeo ha annunciato ieri che gli Stati Uniti stanno ammorbidendo la loro posizione sulle colonie israeliane in Cisgiordania. Il segretario Pompeo ha ripudiato il parere legale del Dipartimento di Stato del 1978, che giudicava gli insediamenti ebraici nei territori occupati "incompatibili con il diritto internazionale"
 
 
Difficile stabilire se questa mossa tenda a salvare la carriera politica di Benjamin Netanyahu o ad assicurare il sostegno della lobby ebraica al presidente Trump in un momento critico. È ragionevole pensare che si proponga entrambi gli obiettivi.
 
Com’era prevedibile, la dichiarazione di Pompeo è stata accolta con favore dal Primo Ministro Netanyahu, e condannata dalle Autorità palestinesi e da tutti coloro che sostengono l’illusoria soluzione a due Stati. Esattamente come il segretario Pompeo, anch’io sono ben lungi dall'essere un esperto di diritto internazionale, ma sembra che la nozione stessa di diritto internazionale sia abbastanza vaga o elastica da consentire al segretario di (male) interpretarla in modo radicale. Tuttavia, a differenza della maggior parte degli attivisti della causa palestinese, io considero Trump, la sua amministrazione e le ultime novità come uno sviluppo positivo.
 
Infatti, in modo inavvertito, Trump ha finalmente impegnato gli Stati Uniti nella soluzione ad Uno Stato (One State). È difficile negare che l'area tra il "fiume e il mare" sia un unico pezzo di terra. Condivide una rete elettrica, un prefisso (+972) e un sistema fognario. Attualmente, il paese è dominato da un'ideologia razzista, tribale e discriminatoria, praticata da un apparato che si definisce "lo Stato ebraico"; e si dichiara la casa di tutti gli ebrei del mondo; esso però è abusivo, letale e alcuni direbbero genocida nei confronti della popolazione autoctona.
 
La mossa di ieri ha forse fatto guadagnare un po’ di tempo a Netanyahu e potrebbe salvare Trump dall'essere sfrattato dalla sua attuale residenza, ma quello che ha fatto con più chiarezza è di consegnare un messaggio ai Palestinesi: nella lotta per la vostra liberazione siete soli. Gli USA non sono dei negoziatori, non lo sono mai stati. Gli Stati Uniti sono parte del conflitto, e non è la vostra parte.
 
In termini categorici, la dichiarazione di Pompeo ribadisce la precedente decisione di Trump di spostare l'ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme. Il 6 dicembre 2017, il presidente Trump annunciò che gli Stati Uniti avevano riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele e ordinò il trasferimento dell'ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme. Senza dubbio, la mossa garantì il sostegno a Trump da parte della lobby ebraica in USA, e un rafforzamento politico di Netanyahu nello Stato ebraico. Fu anche un messaggio inequivocabile per i Palestinesi: non c'è alcuna prospettiva di una soluzione armoniosa e pacifica del vostro problema.
 
Per i Palestinesi, quella mossa rivelò anche la natura ingannevole e pericolosa del loro movimento di "solidarietà". Le istituzioni ebraiche "anti" sioniste hanno tentato in ogni modo di cancellare “il diritto al ritorno” dei Palestinesi, sostituendolo con alternative annacquate come "Fine dell'occupazione" o "Il diritto al BDS". La mossa di Trump costrinse i Palestinesi a rendersi conto di essere soli nella loro lotta e, infine, ad accettare la realtà che il “diritto al ritorno” è il nucleo e l'essenza della loro difficile situazione. Meno di quattro mesi dopo la decisione di Trump su Gerusalemme, il 30 marzo 2018, migliaia di abitanti di Gaza si ammassarono sul confine israeliano, chiedendo di tornare nella loro terra.
 
 
Quella maldestra decisione, presa da Trump in vista dello scopo politico immediato di assicurarsi il sostegno della lobbie ebraica, ha provocato un risveglio di massa nei Palestinesi. Settimana dopo settimana, per quasi tre anni, gli abitanti di Gaza hanno manifestato lungo la frontiera in migliaia, affrontando coraggiosamente cecchini, carri armati e aviazione. Hamas deve un grande ringraziamento a Trump che è riuscito a alimentare e unire i Palestinesi in un rinnovato spirito di resistenza senza paura. Analisti e comandanti militari israeliani ammettono che la situazione al confine di Gaza è praticamente fuori controllo. Sono d'accordo sul fatto che il potere di deterrenza israeliano sia letteralmente una questione di nostalgia. Di conseguenza, le organizzazioni di resistenza palestinese non esitano a intraprendere azioni di rappresaglia contro Israele. La settimana scorsa, Israele ha subito una pioggia di 400 razzi lanciati in soli due giorni, come risposta all’assassinio da parte di Israele di un attivista del Jihad islamico palestinese.
 
La dichiarazione di Pompeo trasmette un messaggio esplicito e necessario ai Palestinesi in generale, e in particolare a quelli di Cisgiordania. Il conflitto non sta avanzando verso una soluzione pacifica. Quelli tra i Palestinesi che hanno sostenuto la "soluzione a due Stati" devono adesso andare a nascondersi. Pompeo ha affermato che esiste una Terra Santa tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. D'ora in avanti la lotta in questa terra contestata sarà tra chi la vuole sottomessa all'ideologia discriminatoria e razzista implicita nella nozione di "Stato ebraico" e del suo "Disegno di legge nazionale", e chi la vuole trasformare in uno "Stato di tutti i suoi cittadini", come discende dal concetto di Una Sola Palestina.  
 

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