Il generale Qasem Soleimani, l'eroe iraniano
Alain Rodier
 
Da quando l'Iran ha cominciato a fornire aiuti concreti ai governi siriano e iracheno nella lotta contro i ribelli salafiti-jihadisti (e altri), la propaganda iraniana ha cominciato a mettere in risalto la figura del generale Qasem Soleimani (1).
 
La locandina del film "Bodyguard" (Itan, 2016), ispirato alla figura di Qasem Soleimani
 
E' stato infatti fotografato, e talvolta filmato, in tutti i punti caldi del fronte siro-iracheno. Da ultimo ad Abu Kamal in Siria, dove si era recato per appoggiare le milizie sciite irachene e afghane (divisione Fatemiyoun), e anche Hezbollah libanese, protagonista di questa battaglia nella quale ha subito perdite severe. Nel Kurdistan iracheno, ha assistito personalmente, lo scorso 6 ottobre, alle esequie di Jajal Talabani, lo storico presidente dell'Unione patriottica del Kurdistan (UPK), il partito curdo considerato molto vicino a Teheran. Era presente anche il ministro iraniano per gli Affari esteri, Mohammad Javad Zarif, per rappresentare l'Iran durante l'ultimo omaggio reso a colui che fu il presidente iracheno dal 2005 al 2014 (2).
 
Questa esposizione mediatica è cosa piuttosto strana per un uomo la cui carriera è sempre stata protetta da grande discrezione. Però, nel campo della guerra segreta, nulla viene fatto per caso. La fisionomia di eroe nazionale che gli è stata attribuita è finalizzata evidentemente a galvanizzare il popolo iraniano nelle guerre in cui Teheran si è impegnata. E tutto ciò serve a legittimare l'intervento dell'Iran contro Daesh. Ma fa anche di lui il nemico numero uno degli avversari di Teheran. Abu Mohamed Al-Adnani, il defunto portavoce del gruppo Stato Islamico gli ha reso un grande servizio dichiarando: « Oh sunniti ! L’alleanza tra ebrei e sciiti oggi si rende evidente. Ecco l'Iran alleata agli USA, distribuirsi i compiti nella loro guerra contro l'Islam e i sunniti. (…). Il leader di questa guerra è l'immondo safavida Soleimani: è lui il loro capo e colui che riceve la loro benedizione ».
 
Una storia notevole
 
Nato l'11 marzo 1957 a Qanat-e Maleh, nel distretto di Rabor (provincia di Kerman), da una modesta famiglia contadina, Qasem Soleimani è dapprima operaio edile, lavoro che concilia con la grande passione per attività sportive come il sollevamento pesi e le arti marziali.
Durante la Rivoluzione del 1979, è una delle prime reclute del nascente Corpo dei Guardiani della Rivoluzione islamica (Sepâh-e-Pasdârân-e Enqelâb-e eslami). Si fa notare per il suo zelo durante la repressione della prima rivolta curda (1979-1982) scoppiata nella provincia dell'Ovest-Azerbaigian, nell'estremo nord-ovest del paese.
 
Il generale Qasem Soleimani
 
L'inizio della guerra (1980-1988) scatenata il 22 settembre da  Saddam Hussein, lo trova al comando di una compagnia formata da elementi provenienti dalla sua provincia natale. Si mette rapidamente in mostra per il suo coraggio e, nonostante la giovane età, gli viene affidato il comando della 41° divisione Tharallah (Sarallah). Ma compie anche missioni dietro le linee nemiche per conto dello « stato maggiore Ramadan », incaricato delle operazioni speciali e che è l'antenato della forza Al-Qods. In tale occasione, fa la conoscenza con dei responsabili curdi iracheni e dell'organizzazione Badr, tutti oppositori del regime di Baghdad. Questi contatti si riveleranno in seguito preziosi.
 
Alla fine della guerra, assume il comando della sua provincia natale di Kerman, posta nel sud-est del paese, dove opera con energia contro il traffico di droga proveniente dall'Afghanistan.
Ufficialmente entra nella forza Al-Qods, il « Servizio azione esterna » dei Pasdaran, alla fine del 1997, prima di assumerne il comando nel 1998. Sembra però probabile che ne sia entrato molto prima, avendo compiuto molte missioni clandestine nel corso della guerra Iran-Iraq. A luglio 1999,  è uno degli ufficiali dei Pasdaran che firmano una lettera inviata al presidente Mohammad Khatami, chiedendogli di reprimere la rivoluzione degli studenti, minacciando in caso contrario di rovesciarne il governo.
 
Durante l'invasione dell'Iraq nel 2003 da parte degli Stati Uniti, poi durante l'occupazione di questo paese, è lui il supervisore delle operazioni sciite anti-statunitensi. I servizi di informazione statunitensi lo individuano rapidamente e, nel maggio 2007, Washington ottiene dall'ONU la sua iscrizione nella lista delle personalità iraniane colpite dalle sanzioni deliberate nella risoluzione 1747. Gli Stati Uniti, seguiti dalla Unione Europea, aggravano le sanzioni contro di lui nel 2011, a causa del suo appoggio a Bachar el-Assad.
 
Il 24 gennaio 2011, Qasem Soleimani viene nominato generale maggiore, il grado più elevato tra i Pasdaran e anche nell'esercito regolare. Da allora prende parte attiva alle guerre civili in corso in Siria e in Iraq. Ma, se la propaganda iraniana tende a enfatizzare il ruolo della forza Al-Qods da lui comandata – e che effettivamente è impegnata nelle operazioni -, sottolinea meno il ruolo dei bassidjis (3) – che pure dipendono dai  Pasdaran – e, in Siria a partire dal 2016, anche di elementi della 65°brigata aerotrasportata dell'esercito regolare.
 
Qasem Soleimani avrebbe effettuato una visita a Mosca nel luglio 2014, in contrasto con la risoluzione 1747 del Consiglio di sicurezza dell'ONU (4). Avrebbe illustrato ai Russi la gravità della situazione sul terreno che all'epoca vi era in Siria. Fu allora che sarebbe stato deciso l'intervento militare russo, in virtù del quale Mosca accettava di fornire una massiccia copertura aerea senza inviare truppe di terra (5), mentre i combattimenti al suolo sarebbero stati realizzati dall'esercito siriano, dalle milizie locali e da quelle inviate da Teheran (milizie irachene, afghane e pakistane).
 
I funerali di sua madre nel 2013, e di suo padre nel 2017, sono stati coperti con ampiezza dalla stampa iraniana e hanno evidenziato la presenza delle più alte cariche dello Stato, a dimostrazione della stima nella quale è tenuto dal regime.
 
Il principale motivo dell'ostilità statunitense
 
Con l'arrivo di Donald Trump al governo, Washington ha adottato un atteggiamento molto aggressivo nei confronti del governo iraniano, definito come « regime fanatico » e « Stato canaglia ». Gli Stati Uniti ritengono soprattutto che gli Iraniani violerebbero lo spirito dell'accordo del 14 luglio 2015 (6) sulla cessazione del programma militare iraniano,  nonostante otto successivi rapporti favorevoli dell’AIEA che affermano che Teheran sta rispettando i suoi impegni. Washington vorrebbe isolare l'Iran con misure politiche e sanzioni più severe, e vorrebbe anche forzare gli Europei a seguirli lungo questa strada.
 
Peraltro gli USA vogliono isolare l’Iran per neutralizzare la sua « influenza destabilizzatrice e contenere la sua aggressione » in Medio Oriente, e tale attività iraniana è simbolizzata dall'opera del generale Qasem Soleimani, diventato il « Dark Vador » dell’« Impero del male », come lo considerano i neoconservatori statunitensi. Per raggiungere questo obiettivo, Washington sostiene con tutto il suo peso la politica bellicista del principe ereditario saudita Mohamed bin Salman.
 
E si spinge anche più lontano: a voler credere a Rex Tillerson, il segretario di Stato statunitense, che dice di « lavorare per sostenere quelle forze all'interno dell'Iran che produrranno una transizione pacifica di questo governo ». In parole chiare, Washington confessa di sostenere tutti i movimenti di opposizione iraniani per una « transizione pacifica ». I loro metodi sono noti dopo le « rivoluzioni colorate » che hanno provocato la disintegrazione della ex Jugoslavia, poi le « primavere arabe »: operare attraverso delle ONG specializzate nelle operazioni di influenza – agli ordini di Washington e finanziate dal contribuente statunitense – e, quando questo non risulti sufficiente, scatenare una rivoluzione passiva... e talvolta attivissima, come in Siria.
 
Conclusioni
 
E' evidente che la personalità emblematica del generale Soleimani viene messa in risalto dall'Iran in concomitanza con la prova di forza oggi avviata in Medio Oriente. Detto ciò, deve anche dirsi che si tratta di una sola delle risorse di Teheran, le cui forze militari sono perfettamente capaci di resistere a qualsiasi attacco contro il loro territorio (7). Un'aggressione contro il paese avrebbe l'unico effetto di rinserrare la popolazione a sostegno del governo.
Certamente Qasem Soleimani potrebbe sparire, gli Israeliani l'avrebbero d'altronde iscritto nella loro Kill List, ma non è per niente insostituibile e anzi questo potrebbe essere per lui la più grande vittoria personale: diventare un martire. Da notare che nelle foto pubblicate, non porta mai armi né particolari protezioni (elmetto, giubbotto anti-proiettile).
Nell'attesa, molti osservatori si interrogano su un suo eventuale futuro politico. Oltre al fatto che non è forse questa la sua aspirazione di « piccolo soldato » – come ama definirsi -, c'è anche da dire che le varie sanzioni internazionali che lo colpiscono intralcerebbero considerevolmente i suoi spostamenti all'estero e nuocerebbero all'efficacia di una politica estera serena.
 
Note:
 
1) Il film di fiction Bodyguard (Iran, 2016) è stato realizzato ispirandosi alla sua figura
2) In realtà fino al dicembre 2012, quando fu vittima di un grave attacco celebrale.
3) Forza di mobilitazione della resistenza (Nirou-ye moghavemat-e Basij). 
4) Mosca non si era opposta a questa risoluzione. 
5) Tuttavia i Russi hanno fornito degli strateghi, degli ufficiali per l'orientamento dei tiri aria-suolo e suolo-suolo, e istruttori per addestrare i combattenti all'uso delle nuove armi fornite. 
6) Chiamato anche accordo P5+1, perché riunisce i cinque paesi membri del Consiglio di Sicurezza, più la Germania nei negoziati con Teheran. 
7) Durante la « Sacra Difesa » dal 1980 al 1988 – nome dato da Teheran alla guerra Iran-Iraq -, gli Iraniani non sono arretrati di un solo millimetro di fronte alle forze irachene, che pure erano logisticamente appoggiate dalle principali potenze planetarie.
 
 
 
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