La Grecia non è un protettorato tedesco
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Le grand soir, 14 luglio 2014 (trad, ossin)
La Grecia non è un protettorato tedesco
Eric Coquerel (*)
Ma cosa è successo nel corso della notte tra domenica 11 luglio e lunedì 12? Cosa è stato che, alla fine, ha spinto Alexis Tsipras a firmare un accordo che prevede condizioni “ancora più dure di quelle negoziate prima del referendum del 5 luglio”, come ha scritto Mediapart?
La paura del salto nel vuoto dopo lo spudorato ricatto della Grexit da parte di Berlino? La volontà di porre termine ad un blocco finanziario che stava strangolando il paese? Fino a quel momento Alexis Tsipras e il suo governo si erano comportati in modo quasi perfetto. Hanno saputo accrescere il consenso, Sapevano, per averle precedentemente combattute con argomenti che condividiamo, che le misure di austerità senza contropartite, contenute in questi accordi, non sono in grado di rilanciare l’economia greca. Al contrario… I liberali di ogni sorta strombazzano in tutte le trasmissioni televisive: Tsipras sarebbe semplicemente passato dal rango di sinistrorso inveterato a quello di statista… Come se solo il sottomettersi al liberalismo possa venire apprezzato da coloro che gli si sono votati corpo e beni.
Io ritengo che non sia stato minore il ruolo di François Hollande. Da settimane il presidente della Repubblica proclama di stare al fianco della Grecia. Ci ha perfino ricevuti il 22 giugno all’Eliseo (io facevo parte di una delegazione dell’altra sinistra) per dircelo esplicitamente, fino al punto di apprezzare, parlando con noi, il rifiuto opposto da Tsipras alla riforma delle pensioni, dell’IVA e del mercato del lavoro (“è accettabile”, ci ha spiegato). E’ forse riuscito a guadagnarsi la fiducia di Alexis, fino a poter giocare il ruolo del Poliziotto buono e accompagnarlo passo dopo passo verso la firma di un vero e proprio memorandum 3? Il ruolo del Poliziotto cattivo era chiaramente attribuito alla signora Merkel, che ha agitato il ricatto della Grexit (una sorta di uscita dall’euro che – occorre ricordare – non è prevista dai trattati), come ultimo spauracchio. Quello di fronte al quale era preferibile un accordo qualsiasi che nessun accordo.
E’ vero che il margine di manovra della Grecia, un paese che ha una popolazione inferiore a quella della regione dell’Ile de France e che dipende tragicamente dalle importazioni, non è lo stesso della Francia. In una situazione identica, governando la Francia, avremmo potuto disporre di un piano B realistico, perché basato sul peso della 2° potenza economica del continente. Non è la stessa cosa per la Grecia.
Non ho alcun desiderio di unirmi a coloro che, nel nostro campo, gridano al tradimento a proposito di Alexis Tsipras, Essi non si rendono conto che confondono in questo modo le loro voci a quelle di Le Pen e di quei sarkozisti troppo felici di poter parlare male dell’entusiasmo che Tsipras aveva sollevato. Non è Alexis Tsipras il problema. Dire questo sarebbe come confondere il torturatore con la vittima. Il problema è la signora Merkel e quelli che le hanno mantenuto il braccio mentre puntava il revolver sulla tempia di Tsipras. Il signor Hollande in testa. Il governo di Tsipras ha resistito, lottando per mesi, come nessun altro governo ha fatto, e in un rapporto di forze assolutamente sfavorevole. A tal punto, che ancora mi aspetto qualche sorpresa da parte sua nei giorni che verranno.
Se spetta ai Greci e al loro Parlamento decidere ciò che è bene per loro, spetta a noi farlo per ciò che concerne gli interessi della Francia e della UE, dal momento che i nostri deputati sono chiamati al voto per mercoledì. Ecco perché è legittimo esprimere la nostra posizione sul testo di questo accordo. Cosa che faremo senza ambiguità. Sostenere questo accordo sarebbe come approvare un memorandum n. 3 il cui rigetto ha consentito a Syriza di vincere le elezioni del gennaio scorso.
Passiamo dunque all’analisi del testo.
La Grecia aveva posto come condizione di escludere l’intervento del FMI. Fin dal preambolo le viene invece imposto: “Si tratta di una condizione pregiudiziale perché l’Eurogruppo approvi un nuovo programma del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), La Grecia chiederà dunque che il FMI prosegua la sua azione (sorveglianza e finanziamento), a partire dal marzo 2016”.
A pagina 2 comincia l’enumerazione delle misure di austerità che la Grecia deve applicare nel giro di una settimana per confermare l’accordo.
Prima del 15 luglio (mercoledì!): una riforma delle pensioni, dell’IVA e di una “riduzione quasi automatica delle spese”, per rientrare negli obbiettivi di eccedenza primaria.
Per il 22 luglio (una settimana dunque) si esige soprattutto una riforma del sistema della giustizia civile con l’obiettivo, evidentemente, di ridurre “i coti”. In una settimana…
A pagina 3 si tratta della regolamentazione del mercato del lavoro: “apertura dei negozi la domenica” e deregolamentazione di diverse professioni (farmacie, latte e drogherie, trasporti navali…), “modernizzazione” (che vuol dire nel nuovo dizionario liberale: meno protezioni per i salariati) della contrattazione collettiva, dell’attività sindacale, delle procedure di licenziamento collettivo. Non bisogna dimenticare le privatizzazioni, a cominciare dall’elettricità.
En passant, occorre rilevare che in questo testo si dicono delle cose, ma se ne omettono delle altre. Se si descrivono analiticamente le misure liberali da adottare, non si dice quasi nulla sulle riforme dello Stato, che pure sono rivendicate da tempo da Syriza e sono state accantonate dall’Eurogruppo: lotta contro la corruzione, tassazione delle ricchezze anche degli armatori… Manifestamente non era questo ciò che interessava a quelli che tenevano la penna in mano. Anche se non la smettono di criticare l’assenza dello Stato In Grecia.
Il peggio sta evidentemente nella perdita di sovranità della Grecia. E’ la ragione principale della vittoria di Syriza in gennaio: respingere il controllo della Troika (chiamata “istituzione” nel testo). Essa torna in forze,
Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfang Schäuble
Spetta anche alla Commissione Europea di supervisionare un “programma di rafforzamento delle capacità e di spoliticizzazione dell’amministrazione pubblica in Grecia”, sempre con l’obiettivo di ridurre i costi. Detto in altri termini, essa passa sotto il controllo europeo e attendiamo con inquietudine di capire che cosa voglia dire “spoliticizzazione”. Se tutto ciò verrà applicato, non sarà divertente fare il funzionario dell’amministrazione greca negli anni che verranno.
Si può parlare senza esagerazione di messa sotto tutela: “Il governo deve consultare le istituzioni (la troika) e concordare tutti i progetti di legge nei campi di interesse in un termine appropriato, prima di sottoporla alla consultazione pubblica e al Parlamento”.
Quanto al Fondo che dovranno garantire i prestiti concessi alla Grecia, si trova sì in Grecia, e non più in Lussemburgo con la presidenza di Schauble (questo annuncio è sembrata una tale provocazione da apparire oggi come un’esca servita per fare ingoiare tutto il resto) ma sotto la “supervisione” della Troika. Dunque non cambia nulla.
Vengono poi le disposizioni e le frasi che potremmo definire gratuitamente vessatorie:
Tutte le leggi votate dopo febbraio, ad eccezione delle misure umanitarie, dovranno essere annullate.
Se si chiede alla Grecia di impegnarsi fermamente ad applicare l’accordo, non si pretende una analogo impegno dall’altra parte. Si dice infatti che: “Gli impegni più sopra enumerati costituiscono il minimo richiesto per avviare negoziati con le autorità greche. Tuttavia il summit della zona euro ha chiarito che il fatto di cominciare dei negoziati non esclude la possibilità di un accordo finale su un nuovo programma del MES, che dovrà fondarsi una decisione relativa all’insieme del pacchetto”. In altri termini potrà essere peggiorato unilateralmente da parte della Troika.
Infine l’accordo costringe anche il governo greco ad una autocritica, che ha una funzione esclusiva di umiliazione. L’accordo spiega infatti che “ciò (la situazione) è dovuta al rilassamento delle politiche adottate nel corso degli ultimi dodici mesi, che hanno comportato il peggioramento recente della situazione macroeconomica e finanziaria del paese”.
Al contrario si descrive l’Eurogruppo come se avesse agito sempre con saggezza: “Il summit della zona euro ricorda che gli Stati membri della zona euro hanno, durante tutti questi ultimi mesi, adottato una serie impressionante di misure per sostenere la sostenibilità del debito greco…”
Le contropartite?
Niente cambia dal lato del finanziamento accordato ai Greci. Si sa che, dal 2010, i prestiti accordati alla Grecia sono serviti, per l’80%, a rimborsare gli interessi di quelli che hanno speculato sul suo debito sovrano, e solo per il 20% agli stessi Greci. Anche adesso è più o meno così.
In quanto, se l’accordo si limita a “prendere atto” del bisogno di finanziamenti a medio termine della Grecia, stimati tra gli 82 e gli 86 miliardi di euro e a breve termine (“prende atto” e nulla di più per il momento), è preciso invece sui 50 miliardi di prestiti del MES: “una somma totale fissata a 50 miliardi i euro, 25 dei quali serviranno al rimborso per la ricapitalizzazione delle banche e di altri attivi, e il 50% del resto (vale a dire il 50% dei 25 miliardi) serviranno a diminuire il tasso del debito, e l’altro 50% sarà utilizzato per investimenti”. Dunque solo un quarto del prestito sarà utilizzato per gli investimenti, tutto i resto andrà ai creditori.
E lo scaglionamento del prestito? Si entra qui tra l’ipotetico e il condizionato: “L’Eurogruppo è pronto a prendere in considerazione, se necessario, eventuali misure supplementari (un eventuale allungamento del periodo di tolleranza del rimborso) in modo portarlo ad un livello di sostenibilità. Queste misure saranno subordinate alla realizzazione integrale delle misure da convenire nell’ambito di un nuovo eventuale programma e saranno prese in considerazione dopo il primo riesame che avrà registrato un risultato concludente”. Detto in altri termini, per sperare in uno scaglionamento, la Grecia dovrà, non solo applicare le misure contenute nell’accordo, ma anche quelle di un nuovo programma che si immagina ancora più drastico.
Ecco il nuovo diktat imposto alla Grecia. La condanna ad una austerità a durata determinata dalla sola buona volontà della Troika. La colloca al ruolo di protettorato. Tutti sanno che questo accordo non sarà più sostenibile dei precedenti memorandum. Si tratta dunque di imporre una sconfitta politica a un governo e ad un popolo che hanno osato ribellarsi al giogo austeritario. Non è certo però che questo popolo si confessi vinto così rapidamente. Esso ha saputo nel passato, durante l’occupazione tedesca, contro i “suoi” colonnelli, dopo gennaio scorso, ricordare che la democrazia è nata ad Atene e che sa resistere per conservarla. Più che mai occorre dunque sostenere il popolo greco. E bisogna cominciare col votare NO all’assemblea nazionale mercoledì.
(*) Segretario generale del Parti de la gauche (PG) in Francia