Crisi Siriana
Il bombardamento della Siria, un'avventura patrocinata dall'Arabia Saudita
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Crisi siriana, 24 aprile 2018 - Per capire perché il trio delle Potenze occidentali ha attaccato la Siria, dobbiamo guardare alla recente visita del principe ereditario saudita, Mohamed bin Salman, nelle tre capitali (nella foto, un momento dell'attacco contro Damasco)
Middle East Eye, 19 aprile 2018 (trad.ossin)
Il bombardamento della Siria, un'avventura patrocinata dall'Arabia Saudita
Madawi Al-Rasheed
Per capire perché il trio delle Potenze occidentali ha attaccato la Siria, dobbiamo guardare alla recente visita del principe ereditario saudita, Mohamed bin Salman, nelle tre capitali
Nel mondo arabo, anche coloro che hanno approvato gli attacchi militari occidentali contro la Siria restano scettici quanto ai tempi, agli obiettivi e ai risultati. Sia che l’obiettivo fosse quello di punire Assad, di proteggere i civili, o più semplicemente una vendetta, è assai improbabile che gli attacchi riescano a produrre risultati positivi.
Nonostante la decisione presa frettolosamente da Washington, Londra e Parigi di bombardare le forze di Bachar al-Assad, la legalità di tali attacchi resta controversa. Senza l’autorizzazione dell’ONU, e prima che fosse avviata un’inchiesta approfondita da parte degli ispettori delle armi chimiche, gli attacchi di venerdì scorso resteranno sempre sospetti e certamente non riusciranno a realizzare i loro obiettivi dichiarati.
Una iniziativa controversa
Secondo il diritto internazionale, un intervento militare avviato per ragioni umanitarie resta una iniziativa controversa. Tuttavia le tre capitali occidentali si sono lanciate senza un confronto a livello internazionale o nazionale sulla legalità dell’iniziativa, ma anche senza alcuna risoluzione che la autorizzasse. Né gli Stati Uniti, né la Gran Bretagna, né la Francia hanno consultato i loro Parlamenti, né la comunità internazionale in senso ampio.
Nel mondo arabo, gli interventi militari occidentali, a partire dal 1956, hanno una storia infelice, avendo sempre realizzato esattamente l’opposto dei loro obiettivi dichiarati. I bombardamenti in Egitto negli anni 1950, in Libia negli anni 1980, in Iraq negli anni 1990, e adesso in Siria, hanno sempre rafforzato, e non indebolito, le forze che avrebbero dovuto annientare.
Da Nasser in Egitto a Gheddafi in Libia, passando per Saddam in Iraq, le bombe occidentali sganciate una tantum hanno prolungato il regno di questi leader e rafforzato la loro legittimità nazionale, invece di eliminarli.
Quando l’obiettivo è stato invece un regime change, come in Iraq nel 2003 e in Libia nel 2011, gli interventi hanno dato luogo a rivolgimenti ineguagliati nella storia del mondo arabo, eccezion fatta per la cacciata dei Palestinesi dalla loro terra.
E’ una regola empirica che gli interventi militari occidentali rafforzino attori non statali, come le milizie che operano sul campo, in paesi nei quali le autorità centrali si sono disintegrate o sono mortalmente deboli.
Perché adesso ?
Lo scetticismo a proposito del recente episodio di intervento militare in Siria può essere capito nel contesto dei motivi per i quali solo adesso Washington, Londra e Parigi hanno deciso di intervenire in risposta d un conflitto nella Ghuta, nel quale da anni si parla di uso di armi chimiche, e più in generale in Siria, dove sono stati uccisi centinaia di migliaia di civili.
Per capire i tempi, dobbiamo considerare le complesse relazioni tra il trio e la Russia e anche le recenti visite del principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, nelle tre capitali, nel corso delle quali ha promesso fantastici investimenti e acquisti stravaganti di prodotti occidentali.
Durante la visita del principe ereditario negli Stati Uniti, il presidente Trump ha chiarito di essere disposto a lasciare dei soldati USA in Siria, una forza stimata in circa duemila uomini – solo a condizione che qualcuno pagasse.
Il presidente statunitense ha davvero convertito la cosiddetta forza militare della superpotenza in un esercito di mercenari pronto a essere dispiegato dietro pagamento. Il principe ereditario saudita non esiterà a buttare i suoi soldi in un difficile intervento del suo stesso regime in Siria.
L’intervento saudita non è finora servito a niente. Sette anni dopo l’inizio del conflitto siriano, l’Arabia Saudita non è riuscita a tagliare i collegamenti tra l’Iran e le coste orientali del Mediterraneo, né a rovesciare Bachar al-Assad, né a istallare un regime siriano fantoccio.
Con gli scandali russi che imperversano negli Stati Uniti, il presidente Trump deve mostrarsi duro con la Russia; i suoi attacchi militari dimostrano ai suoi connazionali ch’egli è pronto e forte quando si tratta di opporsi all’influenza crescente della Russia in Siria. Se gli attacchi chimici avessero davvero avuto luogo, sarebbero stati autorizzati da un cliente della Russia.
Trump vuole punire la Russia per l’infrazione del suo protetto, cioè Assad, e così dimostrare agli Statunitensi di non essere un alleato di Putin.
Una eccellente opportunità
E che dire della Gran Bretagna, il ragazzo dell’intervento militare? Per capire i recenti attacchi, dobbiamo collocarli nell’attuale contesto politico londinese, dove un governo conservatore cerca disperatamente di sbrogliare le conseguenze delle tensioni con la Russia seguite all’attacco di Salisbury.
Dice che l’espulsione dei diplomatici russi non è bastata a contenere le gravi iniziative russe sul suolo britannico. Ciò che stupisce, è che il Regno Uniti avrebbe chiuso gli occhi su una serie di omicidi legati alla Russia per più di un decennio, e atteso tutto questo tempo per prendere provvedimenti.
Il realtà il governo è alle prese con la complessità di una grande trasformazione legata al Brexit e l’incubo di una economia in declino che perseguita il Primo Ministro britannico Theresa May.
Quest’ultima è saltata sull’occasione di mostrare muscoli indeboliti e flaccidi e rafforzare la propria fragile posizione politica interna. Il bombardamento in Siria è un’eccellente opportunità di dimostrare quanto sia dura Londra con i Russi, che possono seminare il caos nelle strade delle città britanniche quando liberano sostanze tossiche contro i loro detrattori e dissidenti. La Gran Bretagna ha bombardato la Siria per riaffermare la sua sovranità contro una Russia intrusiva e aggressiva.
Per quanto riguarda la Francia, Emmanuel Macron è in conflitto con forze interne che si rivelano ostinatamente refrattarie alle sue nuove politiche economiche. Dai recenti scioperi dei ferrovieri a quelli delle compagnie aeree, I trasporti in Francia sono interrotti da una serie di azioni civili contro le politiche pilota di Macron, tendenti a ridurre il potere dei sindacati.
In un paese in cui è impossibile trovare un ristorante che vi serva il pranzo dopo le 14, dove l’orario di lavoro è il più corto d’Europa e dove le preoccupazioni per le vacanze prevalgono su ogni altra importante questione, Macron deve ringiovanire una nazione afflitta da diverse forze paralizzanti. Tra il razzismo, l’islamofobia, la destra ultra nazionalista e la disoccupazione, Macron deve provare che la Francia è ancora grande, soprattutto nel Levante, la regione storicamente amata. Bombardare la Siria è solo un modo di affermare che la Francia conta ancora.
Il principale problema del mondo arabo
Quale sia stata la precisione con la quale questo bombardamento è stato eseguito, gli attacchi una tantum degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Francia non hanno niente a che vedere col popolo siriano e i suoi sette anni di crisi. Lo spossessamento, gli sfollamenti e la morte non finiranno certo con lo sganciamento di qualche bomba qui e là.
Le bombe sono immediatamente seguite alle visite del principe ereditario saudita nelle tre capitali, nel corso delle quali sono state fatte promesse economiche e sono stati firmati contratti per ulteriori acquisti di armi. Il bombardamento della Siria è un’avventura patrocinata dai Sauditi che non risolverà il conflitto in Siria, né consentirà il ritorno dei rifugiati.
Il mondo arabo ha imparato a prendere con le molle gli impegni assunti dagli Occidentali per salvare le popolazioni. Quando questo Occidente ha contribuito alla longevità dei dittatori, ha venduto loro armi micidiali e ha drenato le loro risorse in cambio di arsenali militari occidentali utili solo a proteggere quegli stessi dittatori, diventa assai difficile prendere sul serio simili impegni da parte degli Occidentali.
Il principale problema del mondo arabo è che ci sono dittatori che continuano ad essere sostenuti da potenze straniere, che poi li bombardano quando cessano di essere utili. Gli interventi discutibili dell’Occidente, quelli passati come quelli presenti, resteranno controversi e pericolosi.
Quando poi sono finanziati dai petrodollari sauditi, essi sono ancora più discutibili perché servono gli interessi di un regime repressivo assassino, piuttosto che quello del popolo siriano sofferente.