Analisi, gennaio 2015 - Io non sono Charlie, perché la tragedia di Charlie Hebdo non è solo frutto del fanatismo sanguinario della setta wahhabita, ma anche dell’incosciente (e in qualche caso criminale) stupidità dell’Occidente



 

Perché NON sono Charlie

Nicola Quatrano


Sta per cominciare a Parigi una delle più grandi manifestazioni degli ultimi decenni “contro il terrore e per la libertà”, come titola Le Monde di oggi (1). La maggior parte dei partecipanti esibiranno la scritta “Je suis Charlie” (Sono Charlie), in segno di omaggio ai caduti del settimanale satirico che è stato l’obiettivo primo della fanatica furia omicida dei fratelli Kouachi, e della orrenda pretesa di vendicare col sangue il dileggio al profeta Maometto del 2006 (2).

L’orrore senza fine suscitato dalla spietata esecuzione dei redattori e caricaturisti del settimanale, il gratuito colpo di grazia col quale è stato finito in rue Richard Lenoir il poliziotto di origine araba Ahmed Merabet, la presa di ostaggi e la morte di quattro ignari clienti della boulangerie kocher alla Porte de Vincennes, sono tutte ottime ragioni per partecipare oggi alla manifestazione di Parigi, e dire BASTA alla sanguinaria spietatezza di fanatici che insanguinano oggi l’Europa, dopo avere seminato morte e terrore in Medio Oriente e altrove.

Tutto ciò non mi impedisce, però, di dire che “Io non sono Charlie” e di tentare di spiegarne le ragioni.

L’espressione “Io sono Charlie” non ha solo l’ovvio significato di schierarsi con le vittime, di manifestare solidarietà alle famiglie e condanna verso ogni manifestazione di violenza. O almeno, se è nata così, nella spontanea iniziativa di migliaia di persone commosse e incredule (gran parte delle quali sono oggi tra i manifestati di Parigi), si è poi trasformata, distorta e strumentalizzata, in qualcosa di altro: una sorta di chiamata alle armi del “migliore dei mondi possibili” (quello occidentale), contro i suoi nemici, che disprezzano e combattono la libertà.

Manuel Valls, il primo ministro francese ha dichiarato: «On a voulu assassiner l'esprit français, la liberté, la démocratie, la tolérance. La réponse de tous les Français qui disent Je suis Charlie, de la presse internationale, la seule réponse possible est bien celle de la liberté» (« Si è inteso assassinare lo spirito francese, la libertà, la democrazia, la tolleranza. La risposta di tutti i Francesi che dicono ‘Je suis Charlie’, della stampa internazionale, la sola risposta possibile è quella della libertà”) (3).

E così via di seguito, fino all’Ambasciata statunitense di Parigi, che ha cambiato la sua icona Twitter in #JeSuisCharlie (4), e alla partecipazione alla manifestazione di Parigi di personaggi del calibro del primo ministro turco Ahmet Davutoglue (dirigente di un paese finanziatore e sostenitore dell’ISIS) e del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (responsabile dei massacri di Gaza), nonché del  ministro dell’economia israeliano, Naftali Bennet, che si vantava di avere ucciso “molti Arabi” (5). Sono peraltro moltissime le assenze importanti, da quelle dei paesi del Sud America, a quella della Cina, nonché di coloro che sono davvero in prima linea contro il terrorismo wahhabita, dal presidente siriano Bachar el-Assad, a quello iraniano e a Hezbollah libanese.


Lo spirito francese, le nostre libertà

Parliamo un poco dello spirito francese invocato da Manuel Valls, quello della libertà di espressione attaccata dai fanatici terroristi islamici. Se lo andate a raccontare ai miei amici del Sahara Occidentale, rischiate di farvi ridere in faccia. Nessuno, ma proprio nessuno, dei grandi media francesi ha mai parlato delle quotidiane violazioni dei diritti umani in Marocco, paese strategicamente amico della Francia, come non aveva mai parlato delle ruberie di Ben Ali in Tunisia.

Ma, a parte questo, la Francia è anche il paese in cui vige il divieto per legge di esprimere valutazioni diverse da quelle ufficiali a proposito dell’Olocausto. Si tratta della legge Gayssot-Fabious del 13 luglio 1990 n. 615, che punisce la negazione dei crimini contro l’umanità nei termini in cui essi sono stati definiti dal Tribunale di Norimberga. Un tentativo di estendere tale divieto di opinione anche al cd sterminio degli Armeni, è stato poi dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale.

Non è solo la Francia a prevedere questo reato, presente nella legislazione di altri paesi europei. Anche in Italia, il progetto di legge “Mancino/Modigliani/Taradash” ha ricevuto molti consensi, compreso quello autorevole della presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

In Francia però questa legge ha avuto molte applicazioni, non solo nei confronti del povero bottegaio un po’ suonato, che è stato condannato a sei mesi di prigione per avere inviato 300 lettere che negavano l’Olocausto, ma anche nei confronti di Vincent Reynouard, condannato a un anno di reclusione (9 mesi realmente scontati) (6), o del più noto Roger Garaudy, condannato a 9 mesi per avere posto in dubbio la versione ufficiale sull’Olocausto (7).

Cosa c’entri tutto ciò con la “libertà di espressione” è difficile dire, come è difficile sostenere che un paese che contenga nel suo ordinamento una siffatta legge sia “la patria dei diritti umani”. Ma veniamo più da vicino alla drammatica vicenda delle vignette di Maometto, all’origine dell’odierna tragedia.



Le vignette blasfeme

 

Si tratta di vignette stupide e volgari, che ritraggono Maometto mentre mostra compiaciuto le sue chiappe o mortificato con una stella sull’ano. Vero è che la libertà di espressione è sacra, come dice Manuel Valls, ma egli stesso è la dimostrazione vivente che, in Francia, questo non è sempre vero (e non solo a causa della legge Gayssot/Fabious).

Fu proprio Manuel Valls, infatti, allora ministro dell’interno che, l’anno scorso, diede ordine alla polizia di impedire uno spettacolo del comico Dieudonné M’Bala, autore di una caricatura sull’Olocausto (8). Si trattava di uno spettacolo in qualche modo stupido e volgare, non più tuttavia delle vignette pubblicate da Charlie Hebdo che, non solo non vennero mai vietate, ma sono oggi presentate come manifestazioni dello spirito francese e della libertà di espressione.




Lo skech di Dieudonné

Il risultato di questa politica dei “due pesi e delle due misure”, considerare cioè come una manifestazione della libertà di espressione la pubblicazione di vignette stupidamente (e inutilmente) irriverenti verso il sentimento di milioni di mussulmani, e bollare di “incitamento all’odio razziale” uno sketch stupidello sulla shoah, ha prodotto risentimento e rancore nelle banlieue francesi, tra quei giovani figli di immigrati maghrebini, che già si sentono il bersaglio dell’odio dei seguaci (in crescita) di Le Pen, ma anche dei vari dandy che compongono la gauche francese.

La Giustizia francese, tanto prodiga di condanne nei confronti dei negatori dell’Olocausto, è del tutto tiepida, infatti, nei confronti di altre forme di “incitamento all’odio religioso o razziale”. Lo scrittore Michel Houellbecq è stato completamente assolto dopo avere dichiarato nel 2001 al magazine Lire: “La religione più stupida è l’islam”; e Alain Finkielkraut, “filosofo” di una certa sinistra francese, ha dichiarato al quotidiano israeliano Haaretz (18 novembre 2005), senza essere poi oggetto di alcuna sanzione: “Nonostante tutto quello che la Francia ha fatto per loro, i figli degli immigrati la odiano. E’ così nella loro cultura … ll problema è che la maggior parte di questi ragazzi sono neri o arabi e si identificano nell’islam” (9).   

E così la politica dei “Due pesi e delle due misure”, oltre che all’endemica compiacenza verso l’occupazione israeliana della Palestina, contribuisce a indirizzare il rancore degli esclusi francesi di origine araba verso l’adesione alle correnti più estremiste dell’islam politico, quelle correnti che peraltro sono da sempre state corteggiate e finanziate dall’Occidente.


Il terrorismo islamico alimentato dall’Occidente

Il quotidiano inglese The Telegraph ha dimostrato come Cherif Kouachi, uno dei due assassini di Charlie Hebdo, sia stato amico e discepolo di Djamel Beghal, a sua volta discepolo di Abou Hamza, il tristemente noto predicatore wahhabita della moschea londinese di Finsbury Park. Un uomo che, oltre a predicare l’odio fanatico e reclutare terroristi, collaborava con il MI5 (il servizio di informazione interno inglese) (10).

La ragione di tale collaborazione stava, da un lato, nella assicurazione fornita al governo inglese, che non sarebbe stato “versato sangue” sul suo territorio, ma anche in più complessi equilibri geostrategici.

E’ abbastanza noto che i migliori alleati dell’Occidente in Medio Oriente sono da sempre stati quei paesi, come il Qatar e l’Arabia Saudita, che più sono coinvolti nell’attività terroristica internazionale. Il predicatore Abou Hamza era wahhabita, vale a dire esponente di quella corrente ultraconservatrice dell’islam, di cui proprio l’Arabia Saudita è il paese depositario e quello che stanzia milioni di dollari per la sua diffusione nel mondo.

E’ anche noto che Al Qaeda è stata in qualche modo “creata” dall’Occidente, quando se ne è servita contro l’URSS in Afghanistan. E, più recentemente, quante “anime belle” nostrane si sono battute a favore delle attività terroristiche cecene (11), che erano espressione proprio di quella cultura wahabita finanziata dall’Arabia Saudita, o delle attività, oramai apertamente terroriste, dell’irredentismo uiguri (12). E ciò solo perché si tratta di gente che combatte contro i “nemici” dell’occidente, Russia e Cina.

Ma proprio la Francia ha avuto un ruolo di primo piano nella sconsiderata “primavera libica”, che tanti danni ha provocato in termini di espansione delle attività terroristiche e nella creazione di milizie armate, dopo il saccheggio degli arsenali di Gheddafi (13).  L’allora Primo Ministro Nicolas Sarkozy, divenuto per l’occasione seguace delle tesi sioniste del “filosofo dandy” Bernard Henry-Levi, vi si è buttato a capofitto, sperando di rinverdire gli splendori di una potenza francese più che in declino. E, nello stesso tempo, per assicurarsi qualche contratto milionario con il ricco Qatar, finanziatore del terrorismo salafita (14).

L’indecente atteggiamento dell’Occidente nei confronti della tragedia libica sta tutta, però, nel risolino con il quale Hillary Clinton, allora Sottosegretaria alla Difesa  USA, accolse l’annuncio della lapidazione di Gheddafi, sodomizzato e finito dai “ribelli” libici, considerati dall’Occidente come combattenti per la libertà (15)  “We came, we saw, he died” (Siamo venuti, abbiamo visto, è morto), ha detto ridendo la (forse) prossima presidente degli Stati Uniti, parafrasando il più celebre "Veni, vidi, vici" di Giulio Cesare. Il risultato è stato un atteggiamento non dissimile da quello dei disgraziati che hanno festeggiato l’assassinio dei redattori di Charlie Hebdo.

 
 

Hillary Clinton: We came, We saw, he died


La guerra di Siria non è stata da meno. Anche qui la stampa occidentale, e il governo francese (oltre al solito Bernard Henry-Levi), hanno insistito per anni a presentare i “ribelli” siriani come difensori della libertà, solo perché la caduta di Bachar el-Assad era congeniale agli interessi geostrategici dell’occidente e di Israele. A lungo, la stampa mainstream è rimasta sorda alle denunce dei massacri per perpetrati dalle forze ribelli contro i soldati di Bachar el-Assad, contro le comunità cristiane di Siria, fingendo di vedere un film diverso, fino a quando la comparsa dell’ISIS e la diffusione dei video con la decapitazione dei giornalisti occidentali non li ha costretti a prendere atto che i loro beniamini altro non erano, se non orridi assassini, della stessa razza di quelli che hanno massacrato i redattori di Charlie Hebdo (16).

Ciononostante, prosegue ancora oggi la rottura delle relazioni diplomatiche con il legittimo governo di Bachar el-Assad e il riconoscimento della fantomatica “Coalizione Nazionale” siriana (17), Né è stata fatta alcuna autocritica per la sconsiderata fiducia attribuita dal governo francese a ignobili mestatori come Bernard Henry-Levi (18).



E’ per questo che non mi sento di dire “Je suis Charlie”, perché l’orrido assassinio è stato il frutto di un fanatismo omicida a lungo tollerato (e favorito) dall’occidente. Perché non si può consentire oggi a un leader in declino come François Hollande di cercare facili consensi invocando un fronte comune contro mostri che egli stesso ha contribuito a creare. Perché non si può permettere che uno dei massimi dirigenti di quel governo turco, che è ancora oggi il più attivo sostenitore dello Stato Islamico (ISIS), sfili contro il terrore e per la libertà, a braccetto con Netanyahu, massimo propugnatore della colonizzazione ebraica della Palestina.
Perché non si può difendere una presunta “libertà di espressione” che, in Francia, funziona a doppia velocità. Perché non si può operare una distinzione tra un noi (buoni) e un loro (cattivi). Perché la tragedia di Charlie Hebdo non è solo frutto del fanatismo sanguinario della setta wahhabita, ma anche dell’incosciente (e in qualche caso criminale) stupidità dell’Occidente.
   
 

Note:

(1) http://www.lemonde.fr/societe/article/2015/01/11/un-dimanche-pour-dire-non-a-la-terreur-et-oui-a-la-liberte_4553607_3224.html

(2) “Attentato a Charlie Hebdo: tutto è cominciato così”, in www.ossin.org, gennaio 2015 http://www.ossin.org/documenti/attentato-a-charlie-hebdo-tutto-e-cominciato-cosi.html

(3) http://www.leparisien.fr/charlie-hebdo/attentat-a-charlie-hebdo-manuel-valls-appelle-a-une-union-nationale-durable-08-01-2015-4428349.php#xtref=https%3A%2F%2Fwww.google.it%2F

(4) “Charlie Hebdo, l’immagine con la scritta “Je suis Charlie” diventa virale di8 twitter”, Il Messagero, 7 gennaio 2015 http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/ESTERI/charlie_hebdo_immagine_scritta_je_suis_charlie_twitter/notizie/1106293.shtml

(5) “A la marche républicaine, des dirigeants peu attachés à la liberté de la presse », in Le Monde, 11.1.2015, http://www.lemonde.fr/societe/article/2015/01/11/a-la-marche-republicaine-des-dirigeants-peu-attaches-a-la-liberte-de-la-presse_4553626_3224.html

(6) http://fr.wikipedia.org/wiki/Vincent_Reynouard

(7) « Garaudy condannato a nove mesi per le sue tesi sull’Olocausto », in Corriere della Sera, 17 dicembre 1998 http://archiviostorico.corriere.it/1998/dicembre/17/Garaudy_condannato_nove_mesi_per_co_0_98121712471.shtml

(8) “Il tentativo di mettere a tacere Dieudonné M’Bala, la bestia nera dell’establishment francese”, in www.ossin.org, gennaio 2014 http://www.ossin.org/francia/il-tentativo-di-mettere-a-tacere-dieudonne-m-bala-la-bestia-nera-dell-establishment-francese.html

(9) “Attentato a Charlie Hebdo: tutto è cominciato così”, in www.ossin.org, gennaio 2015 http://www.ossin.org/documenti/attentato-a-charlie-hebdo-tutto-e-cominciato-cosi.html

(10) “Charlie Hebdo e i figli del Londonistan”, in www.ossin.org, gennaio 2015 http://www.ossin.org/francia/charlie-hebdo-e-i-figli-del-londonistan.html

(11) Adriano Sofri: “Se fossi nato in Cecenia”, in L’Unità del 23 febbraio 2004 http://www.ildialogo.org/noguerra/ceceniasofri23022004.htm

(12) “Uiguri, verità e propaganda”, in www.ossin.org, luglio 2009 http://www.ossin.org/cina/uiguri-cina-xinjiang.html

(13) “La Libia da Gheddafi ad Al Qaeda: terrorismo, CIA e militarizzazione dell’Africa”, in www.ossin.org, ottobre 2013 http://www.ossin.org/inchieste/la-libia-da-gheddafi-ad-al-qaida-terrorismo-cia-e-militarizzazione-dell-africa.html

(14) “Sarkozy e BHL hanno trascinato la Francia in una guerra voluta dal Qatar”, in www.ossin.org, gennaio 2013 http://www.ossin.org/francia/sarkozy-bhl-hanno-trascinato-la-francia-in-una-guerra-voluta-dal-qatar.html

(15) “Dalla primaverizzazione degli Arabi alla innocenza dei mussulmani”, in www.ossin.org, ottobre 2012 http://www.ossin.org/analisi-e-interventi/innocenza-mussulmani-uccisione-gheddafi-ambasciatore-usa.html

(16) “La guerra di Siria tra realtà e finzione”, in www.ossin.org, gennaio 2015 http://www.ossin.org/crisi-siriana/la-guerra-di-siria-tra-realta-e-finzione.html

(17) “In Siria la Francia gioca col fuoco più che spegnere l’incendio”, in www.ossin.org, novembre 2012 http://www.ossin.org/crisi-siriana/coalizione-nazionale-ahmad-al-khatib-monzir-makhous.html

(18) “Siria: il dandy e i falchi”, in www.ossin.org, settembre 2013 http://www.ossin.org/crisi-siriana/il-dandy-e-i-falchi-bernard-henri-levy-intervento-siria-neocons.html









 
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