Jeune Afrique, 29 agosto-4 settembre 2010

Dolce Francia...
di Henri Marque


Dal Papa all'ONU, passando per le istituzioni europee, la politica securitaria di Nicolas Sarkozy - soprattutto verso i Rom - suscita la riprovazione internazionale


Nicolas Sarkozy coltiva decisamente la strana specialità di crearsi dei problemi supplementari per il solo fatto di affrontare quelli che già si ritrova. Dopo le virulente polemiche sull'identità nazionale, che gli sono valse contestazioni tanto all'interno della maggioranza che dell'opposizione di sinistra, adesso è venuto il turno delle espulsioni dei Rom e dello smantellamento di tutti i campi illegali. Con le medesime conseguenze, ma triplicate questa volta dalle condanne morali dell'ONU, delle istituzioni europee e della Chiesa, nel fracasso degli editoriali velenosi della stampa straniera sulla "Francia al bando delle nazioni".
"Il Presidente Sarkozy ha dimenticato da dove viene?" chiede crudamente The Guardian di Londra al figlio di immigrati installatosi all'Eliseo. Ma viene dal Vaticano l'ammonizione più pungente, pronunciata dallo stesso Papa, ed eccezionalmente in francese. In nome della fratellanza universale, Benedetto XVI ricorda alla Francia il dovere di "accogliere le legittime diversità umane". Poche parole soltanto, ma che peseranno molto sulle coscienze nell'ambito della comunità cattolica, della cui appartenenza Nicolas Sarkozy è stato il primo capo di Stato francese a fare aperta dichiarazione, oltre ad essere stato eletto sulla base di un programma di restaurazione dei valori. "Che cosa hai fatto ai tuoi fratelli?" gli chiede a sua volta la Federazione protestante. Solo il grande rabbino Gilles Bernheim, di fronte a certi eccessi, ha voluto mettere i puntini sulle "i". Alla domanda su cosa ne pensi dei paragoni fatti tra le espulsioni dei Rom e le retate di ebrei, suggerisce di chiederlo alle migliaia di Zigani che conoscono bene la differenza che passa tra i campi della morte e quello che è successo questa estate.


Malessere tra i cattolici
Lo sanno anche i politici. Ma questa nuova querelle è arrivata al punto nel quale ognuno denuncia le manipolazioni elettorali degli altri per meglio servire le proprie o quelle del suo campo. Con la ripetizione, in più, della pericolosa deriva che aveva già spinto Nicolas Sarkozy a sospendere (in realtà a sotterrare) il dibattito sull'identità nazionale. Tutta una parte della destra fa causa comune con la sinistra. Quando il deputato comunista della Seine-Saint-Denis, Patrick Braouezec, si indigna per una escalation che "assomiglia quasi ad una guerra civile", il suo collega dell'UMP villepinista, Jean-Pierre Grand, protesta all'unisono contro uno smantellamento dei campi "che diventa ignobile"- Ai Verdi, che invitano l'opinione pubblica e i parlamentari ad opporsi alle "espulsioni della vergogna", Dominique de  Villepin stesso fa eco deplorando "questa macchia di vergogna sulla bandiera della Francia", senza dimenticare di chiedere agli elettori della maggioranza di stringersi a lui per preparare l'alternanza repubblicana. Quando, infine, il ministro dell'interno, Brice Hortefeux,   si sforza, secondo una tattica precedentemente sperimentata, di contrapporre alle aspirazioni della Francia profonda le critiche irresponsabile di una "sinistra ben pensante lontana dalla realtà", se la prende involontariamente, ma inevitabilmente, con alcuni dirigenti della destra, come Jean-Pierre Raffarin, Alain Juppé o Christine Boutin, che mettono in dubbio l'efficacia della sua politica e ne criticano i metodi. Tanto più che la maggioranza sarkosiana non potrebbe restare sorda, se così si può dire, al lungo silenzio osservato per tutta l'estate da François Fillon, uno di quei silenzi che Raymond Barre definisce "assordanti". Il Primo Ministro non l'ha rotto se non per condannare allo stesso tempo sia gli eccessi che il lassismo.


8500 espulsioni
Indifferente ai commenti e agli avvertimenti, persuaso una volta di più che l'avvenire gli darà ragione, qualsiasi siano le indicazioni erratiche dei sondaggi  e il disagio della chiesa cattolica, Nicolas Sarkozy, fedele alla sua strategia, si difende contrattaccando e contrattacca accelerando. La parola d'ordine è di sottolineare che la Francia è il secondo paese al mondo per il diritto di asilo, dopo gli Stati Uniti, ma oramai davanti al Canada. E' il paese più aperto agli stranieri di lungo soggiorno, che accetta al ritmo di 170.000 all'anno. A Michel Rocard, che stigmatizza le espulsioni - "non si era mai visto dai tempi di Vichy e del nazismo" -, il segretario generale dell'Eliseo, Claude Guéant, replica con accenti rocardiani che la Francia non è in grado di accogliere tutti i Rom. Circa 8500 sono stati espulsi dall'inizio dell'anno per varie irregolarità e per occupazione illegale di terreno, ogni volta per decisione del giudice, e dopo un esame individuale del dossier. La maggior parte sono partiti accettando l'aiuto di 300 euro per adulto e 100 euro per bambino. Per evitare che questo sussidio si trasformi in un aiuto a ritornare ancora una volta, in virtù della libera circolazione europea, sono stati introdotti nuovi tipi di controlli biometrici alle frontiere (verificazione delle impronte digitali). Tutti i campi illegali dovranno essere smantellati.


"Boomerang"
E siccome la Commissione europea invita la Francia ad un maggior rispetto delle regole, le è stato per contro raccomandato con fermezza di essere più vigilante, per esempio su che fine fanno i miliardi di euro che versa alla Romania per migliorare la situazione dei suoi campi rom, una gran parte dei quali - secondo l'organizzazione Caritas - finisce in tangenti.
"La politica di Sarkozy è un boomerang che gli si ritorcerà contro nel 2012", profetizza Ségolène Royal. E tuttavia molti socialisti sono ben coscienti che, boomerang o meno, la politica securitaria del capo dello Stato rappresenta anche un tranello per la sinistra. Essa governa la maggior parte delle grandi città, ma non ha dato finora prova di un'alternativa credibile che sappia conciliare il bisogno di sicurezza, sentito sempre molto fortemente dall'opinione pubblica, con l'ambizione di una immigrazione più umana.
Ségolène Royal stessa si augura che la nuova linea del PS, che deve essere fissata nel corso di un prossimo forum, "non sia ancora una volta quella del lassismo".
Trappola o boomerang? Alla domanda che si pone in tutti i paesi d'Europa non si può offrire una risposta semplice, a causa dell'influenza demonizzante, nell'inconscio collettivo delle nazioni, delle vecchie diffidenze ataviche verso i Gitani, boemi, zingari, zigani e gli ultimi nomadi di un mondo sempre più mobile e, al tempo stesso, sempre più sedentario, più aperto e più ripiegato su se stesso.
"Siamo sempre considerati come dei ladri di galline", constata amaramente, a loro nome, Marcel Campion, il più abile allestitore di fiere e creatore della grande ruota che illumina alla Concorde le notti fraterne di Natale. In ogni caso sono gli Europei a dover trovare una risposta. Sarà difficile che posa essere unanime.

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