C’è in Arabia una “primavera” felice?
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C’è in Arabia una “primavera” felice?
Ahmed Besaada
La primavera è una stagione molto amata nel mondo arabo. Tutti i mostri sacri della musica le hanno dedicato meravigliose canzoni che vengono, ancor oggi, canticchiate “dal Golfo all’Atlantico”. Sia gli Egiziani Mohamed Abdelwahab e Oum Kalthoum, che il Siro-Egiziano Farid El-Atrach o la Libanese Fayrouz (e la lista è lungi dall’essere esaustiva), tutte e tutti sono stati ispirati da questa magica stagione.
Tuttavia, tranne l’ultima artista che è ancora in vita per la delizia dei suoi milioni di fan (tra cui anche io), tutti gli altri certamente si rivolterebbero nella tomba sentendo i benpensanti definire “primavera” questi avvenimenti sanguinosi e ampiamente influenzati dall’estero che hanno scosso – e scuotono ancora – le piazze arabe dalla fine del 2010.
Cosa resta infatti del romanticismo rivoluzionario “primaverile” portato come bandiera dai giovani che hanno sfidato gli autocrati nelle piazze di Tunisi, del Cairo o di Sanaa, guidati da un ideale eretto sulla sabbia e mosso dalle teorie di Sharp sulla resistenza non violenta(1)? Cosa resta di quei manifestanti idealizzati dai media mainstream e dai loro analisti catodici superati dagli avvenimenti, oltre che dai politici pronti a glorificare gli evidenti e allettanti principi democratici, di libertà e di progresso, mentre lavoravano per realizzare la loro propria agenda nella regione?
Non molto.
I paesi “primaverizzati”
In Egitto, i leader del Movimento 6 aprile, punta di lancia delle proteste antigovernative, sono attualmente in prigione (2). Dopo la caduta di Mubarak, il paese è scosso da molteplici convulsioni politiche che, non solo hanno provocato migliaia di morti, ma hanno anche portato, dopo le condanne, centinaia di oppositori verso la cella della morte (3). Dopo aver posto termine a un anno di “regno” del presidente Morsi – che pure era stato portato alla presidenza dal voto popolare – e dopo la messa al bando della confraternita dei Fratelli Mussulmani, cui apparteneva (4), l’esercito egiziano ha ripreso il potere attraverso l’elezione del maresciallo Sissi (5). Più di tre anni dopo lo scoppio della rivolta sulle rive del Nilo, l’Egitto torna infine al punto di partenza. Unica differenza: l’importazione e il commercio di cani da guardia batte ogni record a causa della situazione di insicurezza (6).
La Tunisia, che ha ondeggiato tra violenza politica, terrorismo islamista e regressione economica, cerca ancora una via di salvezza. E non è una cosa semplice. Infatti, e per la prima volta dopo la fuga di Ben Ali, Al Qaeda ha ufficialmente rivendicato un attentato contro il ministro dell’interno tunisino, attentato perpetrato nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2014 (7).
La Libia è un paese in via di “somalizzazione”, dove regnano l’anarchia, la violenza e le guerre tribali. Diversi gruppi terroristi islamisti vi si sono stabilmente istallati, minacciando l’integrità dello stesso paese, ma anche la sicurezza di quelli vicini e di tutta la regione del Sahel (8). Perfino un giornale così fondamentalmente mainstream e radicalmente filo-primavere come Le Monde si è reso conto dello stato di fallimento del paese. “La Libia tre anni dopo: un paese alla deriva”, ha recentemente titolato (9).
Con i suoi 162.000 morti e i suoi milioni di rifugiati (10), la Siria è esangue. Culla della civiltà umana, questa terra è diventata il polo di attrazione dello jihadismo mondiale, drenando tanto dei “mangiatori di cuori” (11) che adepti di una jihad libidinosa (12).
Lo Yemen, il paese più povero del Medio Oriente, deve fronteggiare una situazione sociopolitica che è molto peggiorata dall’avvio della “primavera” araba. Rifugio di un gradissimo numero di attivissimi combattenti di Al Qaeda, questo paese è diventato il “paradiso” dei droni statunitensi che, troppo spesso, non fanno differenza tra i terroristi della nebulosa e i semplici cittadini (13). Oltre a ciò, lo Yemen si trova di fronte ad una reale minaccia di divisione (14) che lo riporterebbe alla situazione politica anteriore al 1990, anno della riunificazione nord-sud (15).
Commentando l’attuale situazione del suo paese, la giornalista yemenita Maysaa Shuja Al-Deen ha scritto recentemente: “Oggi la situazione economica si è aggravata e sono aumentati i conflitti armati. La corruzione del governo di propaga in quanto gli impieghi pubblici sono distribuiti in modo clientelare. Ciò delegittima i partiti al potere” (16).
E come non porsi serie domande su questa “primavera” quando si constata che i paesi arabi che hanno subito questa stagione sono tutte delle repubbliche? E’ forse un caso che nessuna monarchia araba è stata toccata da questo tsunami “primaverile”, come se fossero stati santuari della democrazia, della libertà e dei diritti umani? L’unico tentativo di sollevazione antimonarchico, quello del Bahrein, è stato violentemente soffocato con l collaborazione militare del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG), il silenzio complice dei media mainstream e la connivenza dei politici che pure hanno saputo essere tanto loquaci quando analoghe vicende hanno coinvolto alcune repubbliche arabe (17).
E che cosa ha pensato di tutto ciò Hillary Clinton, la segretaria di Stato USA? “Il Bahrein ha il ‘diritto sovrano’ di fare appello ai vicini del Golfo per difendersi”, ha dichiarato (18). Difesa? Contro i manifestanti del Bahrein? Apparentemente la signora Clinton non vedeva allo stesso modo gli attivisti di piazza della Perla e quelli di piazza Tahrir o dell’avenue Bourguiba. E la libertà di espressione, i diritti dell’uomo e la democrazia in tutto questo?
I presidenti “primaverizzati”
Al di là della disastrosa situazione dei paesi “primaverizzati”, è analizzando da vicino la sorte dei loro leader deposti che le disparità “primaverili” saltano agli occhi.
Andiamo a vedere.
Il presidente Ben Ali è fuggito dalla Tunisia il 14 gennaio 2011 rifugiandosi in Arabia Saudita (19) dove si nasconde, ben protetto dalla famiglia regnante che si oppone alla sua estradizione nel suo paese per esservi giudicato. Anche l’attuale presidente, Moncef Marzuki, è convinto che le autorità saudite non abbandoneranno il loro ospite autocrate. “penso che non estraderanno mai Ben Ali, lo sappiamo, abbiamo fatto moltissimi tentativi”. E, invece di adoperarsi perché la Giustizia faccia il suo corso, confessa la sua impotenza: “Hanno le loro tradizioni, le loro leggi e noi non vogliamo problemi con loro a questo proposito. Perché noi abbiamo relazioni sociali ed economiche con l’Arabia Saudita e vogliamo mantenerle” (20).
Gli ideali di giustizia scanditi da tutti quei giovani di avenue Bourguiba sarebbero dunque stati sacrificati sull’altare del mercantilismo?
Ancora peggio, l’Arabia saudita protegge un presidente latitante, ma è attivamente coinvolta nel tentativo di annientamento di altri, come nel caso del Libico Gheddafi (21) o del Siriano Bachar (22).
Cacciato dalla piazza egiziana, il presidente Mubarak ha lasciato il potere l’11 febbraio 2011 per restituirne le redini ai militari. Da allora, è stato inquisito per diverse malversazioni ed è ancora – coi figli – a giudizio dinanzi la Giustizia egiziana (23).
Nelle sue memorie recentemente pubblicate, Hillary Clinton spiega di essere stata in disaccordo con Obama sulla sorte da riservare all’ex presidente egiziano. Lei era piuttosto dell’avviso di costringere Mubarak a passare il potere al suo successore, ma la sua idea venne respinta dal presidente Barack Obama. Giova precisare che, all’epoca, il presidente statunitense era circondato alla Casa Bianca da una giovane generazione di consiglieri “influenzati dal dramma e dall’idealismo del momento” (24). Giovani consiglieri statunitensi in sintonia coi giovani manifestanti arabi. Strano, non vi pare?
La “primavera” è stata meno clemente per la “guida” libica. Come la vittima dell’Orient Express, aveva troppi nemici per uscire indenne da questa stagione bizzarra.
Né speranza di lasciare il paese, né tribunale che lo giudicasse. Gheddafi è stato picchiato selvaggiamente, sodomizzato e poi assassinato tra le urla di una orda di insorgenti isterici, il 20 ottobre 2011. Commentando la notizia della sua morte, Hillary Clinton gridò: “We came, we saw, he died” (Siamo venuti, abbiamo visto, lui è morto), chiocciando di piacere (25).
Hillary Clinton: "We came, we saw, he died"
L’Arabia felice : una « primaverizzazione » singolare
Ali Abdallah Saleh, che ha governato lo Yemen per 33 anni, è allo stato l’unico presidente ad essere sfuggito ai sussulti dell’ondata « primaverile ».
Dopo alcuni mesi di proteste popolari in quest ex « Arabia felice », venne costretto a lasciare il potere. E’ stato ufficialmente sostituito, il 27 febbraio 2012, dal maresciallo Abd Rabo Mansour Hadi, uno dei suoi ex e fedeli collaboratori, che era stato suo vice presidente dal 1994.
Questa transizione « soft », caso unico nelle « primavere » arabe, è stata resa possibile grazie alla « Iniziativa del CCG » (Al-Moubadara Al-Khalijia, in arabo) (26). Questo piano di uscita dalla crisi viene anche chiamato « US-Saudi solution for Yemen » (27) (Soluzione statunitense-saudita per lo Yemen), dato che gli attori stranieri più importanti del paese sono gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, che sono pure i principali artefici di questa « soluzione » (28).
« L’iniziativa del CCG » è un piano di transizione politica in due fasi, proposta il 3 aprile 2011 e firmata il 23 novembre 2011, che prevedeva le dimissioni di Ali Abdalah Saleh e la formazione di un governo di riconciliazione, in cambio di una immunità per il presidente e i suoi familiari (29). Questa legge di immunità, successivamente approvata dal nuovo governo, si applica evidentemente al presidente Salh, ma anche ai suoi « collaboratori », vale a dire un numero indeterminato di componenti della sua famiglia e di funzionari delle amministrazioni civili e militari negli ultimi 34 anni (30).
La prima fase, la cui durata era stata fissata in 90 giorni, comportava l’elezione di un nuovo presidente. Si legge : « Le parti si impegnano a non indicare né sostenere alcun candidato all’elezione presidenziale anticipata a eccezione del candidato consensuale, il vice presidente Abd Rabo Mansour Hadi » (31). La seconda fase, della durata di due anni, riguarda l’organizzazione di una conferenza per il dialogo nazionale finalizzata alla elaborazione di una nuova Costituzione e allo svolgimento di elezioni legislative. Ma questa seconda fase, che doveva concludersi nel febbraio 2014, è stata prolungata col pretesto che erano tutti d’accordo e che questa fase era una « missione » e non un periodo di tempo (32).
Dopo un viaggio di un mese negli Stati Uniti per, secondo lui, « facilitare l’elezione presidenziale anticipata », è rientrato in Yemen il 24 febbraio 2012 « per guidare l’azione politica del suo partito all’opposizione » (33). Occorre dire che, anche dopo la sua deposizione, Ali Abdallah Saleh è restato alla guida dell’ex partito al potere, il Congresso popolare generale (CPG), partito che detiene la metà dei portafogli nel governo di unità nazionale (34). Perfino il parziale rimpasto ministeriale effettuato l’11 giugno 2014 conferma questo equilibrio politico in seno al governo di intesa nazionale (35).
Così, contrariamente alla sorte poco invidiabile di tutti i suoi omologhi nei paesi arabi « primaverizzati », l’ex presidente dello Yemen gode di una totale libertà di movimento e di azione politica. Interviene nel dibattito politico, rilascia interviste ai media nazionali e internazionali e riceve i diplomatici stranieri, mentre i giovani manifestanti « idealizzati » chiedevano che venisse processato.
Tawakkol Karman, la celebre attivista yemenita, insignita del premio Nobel per la pace 2011, ha perfino chiesto, a fine 2011, che fosse deferito dinanzi la Corte Penale Internazionale (CPI) e che fosse processato come criminale di guerra (36).
Ricordiamo nell’occasione che la signora Karman è una militante del partito islamista Al-Islah, vicino alla confraternita dei Fratelli Mussulmani (37). E’ diventata famosa per avere guidato delle manifestazioni durante la “primavera” yemenita. E’ stato dimostrato che ella ha rapporti con l’ambasciata statunitense di Sanaa e la sua ONG, “Women Journlist Without Chains” (Donne giornaliste senza catene), è stata finanziata dalla National Endowment for Democracy (NED), l’illustre organizzazione statunitense di “esportazione” della democrazia, molto coinvolta nelle rivoluzioni colorate e nella “primavera” araba (38).
In una intervista accordata all’agenzia Reuters, diffusa il 2 giugno 2014, Ali Abdallah Saleh ha definito l’attuale governo di transizione come “fallimentare”, accusandolo di “scaricare i suoi errori sugli altri”. E ha aggiunto: “Che cosa hanno fatto di buono negli ultimi tre anni? Attualmente si alimentano delle realizzazioni degli anni precedenti” (39).
Ha poi sfidato le autorità a trovare un solo dollaro ch’egli avrebbe illegalmente intascato o le prove di un qualsiasi reato che egli avrebbe commesso. Quanto alle voci circa una sua aspirazione a tornare a guidare lo Stato, le ha formalmente negate.
Interrogato sulla possibilità che suo figlio maggiore, Ahmed Ali, si presenti candidato a future elezioni, ha risposto che ne avrebbe diritto in quanto cittadino del paese.
Da notare che Ahmed Ali comandava la Guardia Repubblicana del tempo in cui suo padre era presidente e che attualmente è ambasciatore dello Yemen presso gli Emirati Arabi Uniti (40).
E se il figlio accedesse alla Magistratura Suprema attraverso il voto? Sarebbe davvero una ironia della sorte, dal momento che tutti i manifestanti per la democrazia che hanno battuto l’asfalto delle piazze arabe avevano, certamente, scandito “Vai via” contro gli autocrati al potere, ma si erano anche ribellati contro “l’eredità del potere”, la cui minaccia incombeva sulla maggior parte delle repubbliche “primaverizzate”, e particolarmente in Yemen.
In qualità di presidente del Congresso Popolare Generale (CPG), Ali Abdallah Saleh svolge diversi incarichi “diplomatici”. Ha ricevuto per esempio l’ambasciatore turco in Yemen il 2 giugno scorso (41). Cosa che non deve essere affatto piaciuta a Tawakkol Karman, proprio che lei che aveva ricevuto, dalle mani proprio del ministro turco degli Affari Esteri, Ahmet Davutoglu, la cittadinanza turca. “Per me la cittadinanza turca è più importante del Premio Nobel”, aveva pomposamente dichiarato. Ma avrebbe dovuto piuttosto chiedersi se una tale cerimonia sarebbe stata possibile se non avesse ricevuto il Premio Nobel (42).
Ali Abdallah Saleh non ha dimenticato l’elezione del presidente egiziano. Nell’occasione ha inviato le sue felicitazioni “al fratello, il maresciallo Abdelfattah Sissi”, sottolineando “il meritato grande successo alle elezioni presidenziali democratiche, trasparenti e riuscite, che si sono tenute in Egitto” (43).
In materia di comunicazione, la famiglia Saleh possiede i suoi propri media. Creata nel gennaio 2012, l’emittente televisiva Al-Yemen Al-Youm (Lo Yemen oggi) appartiene all’ex presidente (44) ed è diretta da suo figlio Ahmed Ali (45).
L’11 giugno 2014, forze militari governative hanno fatto irruzione nei locali dell’emittente per sequestrare del materiale e ne hanno ordinato la chiusura. Secondo alcune fonti, l’ordine sarebbe stato impartito dal presidente Abd Rabo Mansour Hadi, con l’approvazione del Consiglio dei Ministri.
Commentando tale decisione, il giornale filo governativo Al-Thawra (La Rivoluzione) ha chiarito: “Quando un media si trasforma in uno strumento di incitazione al vandalismo, alla violenza, e all’accensione delle micce della discordia e minaccia la pace sociale… diventa così una minaccia per la sicurezza e la stabilità della patria e della società, oltre che per gli interessi del paese e del popolo” (47).
Da parte sua, Ali Abdallah Saleh ha rapidamente convocato una riunione del suo partito per condannare la decisione: “Essa non è conforme ai principi democratici e alla libertà di informazione, oltre che alla pratica politica pluralista in tutti i paesi democratici” (48).
Ali Abdallah Saleh che impartisce lezioni di pratica democratica al governo di transizione seguito alle manifestazioni “primaverili” filo democratiche? Si sarà tutto visto e tutto inteso nella felice Arabia!
In un paese minato dalla povertà, l’ex presidente yemenita ha costruito un museo a sua gloria che è stato inaugurato nel febbraio 2013. Esso ospita una collezione di oggetti che ha accumulato in più di tre decenni di governo dello Yemen. Oltre a mosaici e ritratti con la sua immagine, vi si trovano zanne di avorio e macerie provenienti da Hiroshima (49). Si possono anche ammirare dei frammenti di proiettili estratti dal suo corpo dopo l’attentato perpetrato contro di lui nel giugno 2011 (50), che troneggiano vicino ai regali che gli sono stati fatti da Bush padre e Tony Blair (51).
In tutto questo, la situazione socioeconomica dello Yemen non è affatto migliorata. Si è addirittura aggravata con la “primaverizzazione” del paese. Il numero di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà sarebbe passata dal 42% della popolazione del 2009 al 54,5% del 2012; non meno del 61% dei bambini soffrono di malnutrizione a paragone del 58% del 2006; l’insicurezza alimentare tocca il 45% della popolazione, mentre non oltrepassava il 32% nel 2009 (52).
Come si possono allora definire una “primavera” o una “rivoluzione” gli avvenimenti che si sono svolti in questa terra, un tempo conosciuta come Arabia felice? E il premio Nobel per la Pace assegnato a Tawakkol Karman non eguaglia forse in assurdità quello “offerto” a Obama due anni dopo?
Al di là della specificità yemenita, che cosa pensare degli altri paesi “primaverizzati”, che non riescono ad assicurare la pace e la sicurezza dei loro cittadini, che fanno fatica a disegnare perfino solo i contorni di un ipotetico avvenire florido per le loro popolazioni e la cui situazione economica è peggiore di quella del 2011?
La primavera è una stagione amatissima nel mondo arabo, ma solo i mostri sacri si interessano ad essa. Nella sua nuova canzone, intitolata “La primavera araba” (53), la giovane cantante libanese Hiba Tawaji canta con voce potente:
“Abbiamo sognato una primavera fiorita,
il cui profumo si spandesse tra la gente.
Ma la primavera si è dimostrata sconcertante:
è fiorita sul sangue dei bambini e della gente”
Riferimenti:
1. Ahmed Bensaada, « Arabesque américaine : Le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe », Éditions Michel Brûlé, Montréal (2011), Éditions Synergie, Alger (2012)
2. AFP, « L'Égypte interdit le mouvement du 6 avril, principal acteur de la révolution de 2011 », The Huffington Post Maghreb, 28 aprile 2014, http://www.huffpostmaghreb.com/2014/04/28/egypte-6-avril_n_5225390.html
3. AFP, « Près de 700 partisans de Morsi condamnés à mort en Égypte », Libération, 28 aprile 2014, http://www.liberation.fr/monde/2014/04/28/egypte-verdict-pour-pres-de-700-pro-morsi-dans-un-nouveau-proces-expeditif_1006104
4. RFI, « La justice égyptienne resserre l'étau autour des Frères musulmans », 23 settembre 2013, http://www.rfi.fr/moyen-orient/20130923-justice-egypte-confrerie-freres-musulmans-interdiction-activites/
5. AFP, « Égypte: Sissi proclamé président, élu avec 96,9% des voix », Le Nouvel Observateur, 3 giugno 2014, http://tempsreel.nouvelobs.com/monde/20140603.AFP8787/egypte-sissi-proclame-president-elu-avec-96-9-des-voix.html
6. Sabri Abdelhafid, « Le manque de sécurité a ravivé le commerce des chiens de garde en Égypte », Elaph, 25 febbraio 2014, http://www.elaph.com/Web/News/2014/2/880364.html
7. AFP, « Tunisie: Al-Qaïda revendique pour la première fois des attaques », Libération, 13 giugno 2014, http://www.liberation.fr/monde/2014/06/13/tunisie-al-qaida-revendique-une-attaque-contre-le-ministre-de-l-interieur_1040157
8. Service canadien du renseignement de sécurité, « Stabilité politique et sécurité en Afrique de l’Ouest et du Nord », Aprile 2014
9. Le Monde, « La Libye, trois ans plus tard : un pays à l'abandon », le 19 marzo 2014, http://www.lemonde.fr/libye/article/2014/03/19/la-libye-trois-ans-plus-tard-un-pays-a-l-abandon_4385568_1496980.html
10. L’Orient Le Jour, « OSDH : Le conflit syrien a fait plus de 162 000 morts », 20 maggio 2014, http://www.lorientlejour.com/article/867977/osdh-le-conflit-syrien-a-fait-plus-de-162-000-morts.html
11. AFP, « En Syrie, un rebelle explique avoir mangé le cœur d'un soldat par vengeance », 14 maggio 2013, Le Monde, http://www.lemonde.fr/proche-orient/article/2013/05/14/l-opposition-syrienne-reagit-apres-la-diffusion-d-une-video-macabre_3200919_3218.html
12. Maghreb Emergent, « Ben Jeddou: des Tunisiennes font le "jihad al-nikah" en Syrie », 20 settembre 2013, http://www.maghrebemergent.com/actualite/maghrebine/item/29662-ben-jeddou-des-tunisiennes-font-le-jihad-al-nikah-en-syrie.html
13. Vivian Salama, « Death From Above: How American Drone Strikes Are Devastating Yemen », 14 aprile 2014, Rolling Stone, http://www.rollingstone.com/politics/news/death-from-above-how-american-drone-strikes-are-devastating-yemen-20140414
14. AFP, « Des milliers de Yéménites manifestent pour réclamer l’indépendance du Sud », Le Devoir, 27 aprile 2014, http://www.ledevoir.com/international/actualites-internationales/406674/des-milliers-de-yemenites-manifestent-pour-reclamer-l-independance-du-sud
15. Raymon Goy, « La réunification du Yémen », Annuaire français de droit International, Vol. 36, n°36 (1990), pp. 249-265, http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/afdi_0066-3085_1990_num_36_1_2960
16. Maysaa Shuja al-Deen, « How Gulf Initiative has worsened Yemen's crisis », Al Monitor, 12 giugno 2014, http://www.al-monitor.com/pulse/contents/authors/maysaa-shuja-al-deen.html
17. Crispin Black, « Bahrain ‘invasion’: why isn’t Cameron bothered? », The Week, 15 marzo 2011, http://www.theweek.co.uk/politics/arab-spring/7057/bahrain-%E2%80%98invasion%E2%80%99-why-isn%E2%80%99t-cameron-bothered
18. Le Nouvel Observateur, « Le Bahreïn a le "droit souverain" de faire appel aux états du Golfe », 20 marzo 2011, http://tempsreel.nouvelobs.com/les-revolutions-arabes/20110320.OBS9952/le-bahrein-a-le-droit-souverain-de-faire-appel-aux-etats-du-golfe.html
19. Le Figaro, « En fuite, Ben Ali se réfugie en Arabie Saoudite », 15 gennaio 2011, http://www.lefigaro.fr/international/2011/01/14/01003-20110114ARTFIG00533-ben-ali-annonce-des-elections-legislatives-anticipees.php
20. AFP, « En fuite, Ben Ali se réfugie en Arabie Saoudite », Le Figaro, 7 marzo 2012, http://www.lefigaro.fr/flash-actu/2012/03/07/97001-20120307FILWWW00615-ben-ali-probablement-jamaisextrade.php
21. Robert Fisk, « America's secret plan to arm Libya's rebels », The Independant, 7 marzo 2011, http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/americas-secret-plan-to-arm-libyas-rebels-2234227.html
22. Meredith Buel, « Saudi Arabia Offers Sophisticated Weapons to Syrian Rebels », 2 marzo 2014, http://www.voanews.com/content/saudi-arabia-offers-sophisticated-weapons-to-syrian-rebels/1861892.html
23. Tribune de Genève, « L'ex-président Moubarak à nouveau condamné », 21 maggio 2014, http://www.tdg.ch/monde/afrique/expresident-moubarak-nouveau-condamne/story/17744103
24. AP, « Clinton describes daylight with Obama on Egypt », Journal Review, 7 giugno 2014, http://www.journalreview.com/news/article_24623661-a756-5071-8a7a-d3fce58ec56b.html
25. Corbett Daly, Clinton on Qaddafi: "We came, we saw, he died" », CBS News, 20 ottobre 2011, http://www.cbsnews.com/news/clinton-on-qaddafi-we-came-we-saw-he-died/
26. Marine Poirier, « L’initiative du Golfe et le processus institutionnel de transition », in « Yémen. Le tournant révolutionnaire », Paris/Sanaa, Karthala/CEFAS (2012), 367 p., http://books.google.ca/books
27. Fawwaz Traboulsi, « "Something Rotten" in Gulf Initiative for Yemen », Al Monitor, 18 gennaio 2012, http://www.al-monitor.com/pulse/politics/2012/01/theres-something-rotten-in-the-y.html#
28. Charles Schmitz, « Yemen's National Dialogue », American Institute of Yemeni Studies, 10 marzo 2014, http://www.mei.edu/content/yemens-national-dialogue
29. AFP, « YEMEN. Le président Saleh s'en remet à la communauté internationale », Le Nouvel Observateur, 11 agosto 2011, http://tempsreel.nouvelobs.com/monde/20110811.OBS8392/yemen-le-president-saleh-s-en-remet-a-la-communaute-internationale.html
30. Fawwaz Traboulsi, « "Something Rotten" in Gulf Initiative for Yemen », Op. cit.
31. Yémen En Transition, « Accord sur le mécanisme de mise en œuvre du processus de transition au Yémen, conformément à l'initiative du Conseil de coopération du Golfe (CCG) »,
http://yemenintransition.com/YetraCpanl/artImge/Accord%20sur%20le%20m%C3%A9canisme.pdf
32. Maysaa Shuja al-Deen, « How Gulf Initiative has worsened Yemen's crisis », Op. cit.
33. L’Orient Le Jour, « Retour au Yémen de l'ancien président Ali Abdallah Saleh », 25 febbraio 2012, http://www.lorientlejour.com/article/746845/Retour_au_Yemen_de_lancien_president_Ali_Abdallah_Saleh.html
34. Anadolu Agency, « Des experts de l'ONU au Yémen », 10 giugno 2014, http://www.aa.com.tr/fr/news/343230--des-experts-de-lonu-au-yemen
35. AFP, « Yémen: remaniement ministériel sur fond de grogne populaire », Romandie, 11 giugno 2014, http://www.romandie.com/news/Yemen-remaniement-ministeriel-sur-fond-de-grogne-populaire/486746.rom
36. AFP, « YEMEN. Le Conseil de sécurité de l'Onu somme Saleh de partir », Le Nouvel Observateur, 22 ottobre 2011, http://tempsreel.nouvelobs.com/monde/20111022.OBS3037/yemen-le-conseil-de-securite-de-l-onu-somme-saleh-de-partir.html
37. Laurent Bonnefoy, « Au Yémen, des Frères musulmans pas comme les autres », Orient XXI, 8 aprile 2014, http://orientxxi.info/magazine/au-yemen-des-freres-musulmans-pas,0561
38. Ahmed Bensaada, « Mais qui est donc Tawakkol Karman, la première femme arabe nobélisée? », Le quotidien d’Oran, 13 ottobre 2011, http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=141:mais-qui-est-donc-tawakkol-karman-
la-premiere-femme-arabe-nobelisee&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119
39. Reuters, « Abdallah Saleh : mes enfants ont le droit de se présenter à la présidence », Jadid Presse, 3 giugno 2014, http://www.jadidpresse.com/info.php?info=12488#.U54ewP8g9hF
40. Yemen Post, « General Ahmed Ali Saleh is sworn in as ambassador », 20 maggio 2013, http://www.yemenpost.net/Detail123456789.aspx?ID=3&SubID=6888
41. Barakish, « Le président Saleh reçoit l’ambassadeur turc », 2 giugno 2014, http://www.barakish.net/news.aspx?cat=12&sub=23&id=118236
42. TRT, « Karman : "La citoyenneté turque est plus importante que le Nobel" », 11 ottobre 2012, http://www.trtfrancais.com/fr/informations/detail/turquie/1/karman-la-citoyennet-turque-est-plus-import/4928
43. Al-Yemen Al-Youm, « Le leader Ali Abdallah Saleh félicite Sissi pour son succès dans les élections », 3 giugno 2014, http://www.yementodaytv.net/details.php?recordID=21751
44. Chris Forrester, « Yemen ‘booms’ with new TV channels », Advanced Television, 17 aprile 2013, http://advanced-television.com/2013/04/17/yemen-booms-with-new-tv-channels/
45. Al Samei 2011, « Les chaînes satellitaires yéménites », 24 dicembre 2012, http://alsamei2011.blogspot.ca/2012/12/blog-post_24.html
46. AFP, « Yémen : fermeture d'une TV et d'un journal de l'ex-président Saleh », L’Orient Le Jour, 11 giugno 2014, http://www.lorientlejour.com/article/871334/yemen-fermeture-dune-tv-et-dun-journal-de-lex-president-saleh.html
47. El Thawra, « C’est pour cela que la chaîne Al-Yemen Al Youm a été fermée », 12 giugno 2014, http://www.althawranews.net/portal/news-85889.htm
48. Youtube, « Le CPG et les partis de coalition dénoncent l’agression contre la chaîne Al-Yemen Al-Youm », 11 giugno 2014, https://www.youtube.com/watch?v=O5RKJ_ZslRI#t=122
49. Tik Root, « Le président destitué du Yémen a un nouveau musée à sa gloire dans une mosquée à son nom », Vice, 11 aprile 2013, http://www.vice.com/fr/read/le-petit-musee-d-ali-abdallah-saleh-yemen
50. Lucy Provan, « Yemen’s former leader opens museum dedicated to himself », The Independant, 20 febbraio 2013, http://blogs.independent.co.uk/2013/02/20/yemen%E2%80%99s-former-leader-opens-museum-dedicated-to-himself/
51. Transterra Media, « Ali Abdullah Saleh Museum », 2 marzo 2013, http://transterramedia.com/collections/833
52. France Diplomatie, « Présentation du Yémen », 17 marzo 2014, http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/dossiers-pays/yemen/presentation-du-yemen/
53. Youtube, « Hiba Tawaji - Al Rabih Al Arabi [Official Music Video] (2014) », 9 giugno 2014, https://www.youtube.com/watch?v=g93Jzxaxp9s#t=40