Dalla "primaverizzazione" degli Arabi alla innocenza dei mussulmani
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Dalla “primaverizzazione” degli Arabi alla innocenza dei mussulmani
Ahmed Bensaada
Nelle scienze sperimentali, l’analisi delle proprietà di un materiale viene spesso effettuata sottoponendone un campione alle sollecitazioni di un certo segnale. L’analisi della reazione del campione permette di determinare le caratteristiche spesso insospettabili del materiale.
Per quanto la cosa possa sorprendere, accade lo stesso nelle scienze umane. Da questo punto di vista, le reazioni politiche e sociali suscitate dalla porcheria islamofoba intitolata “L’innocenza dei mussulmani” sono istruttive per più di una ragione. Infatti, benché di pessima qualità, questo “segnale perturbatore” ha permesso di mettere in luce delle interessanti informazioni relative sia ai paesi “democratizzatori” che ai paesi arabi “democratizzati” in virtù di una recente primavera.
Prima di tutto, e come preambolo, precisiamo che è inaccettabile che una persona, qualsiasi cosa abbia fatto, qualsiasi siano le sue funzioni o l’appartenenza ideologica, sia abbandonata alla vendetta popolare sulla pubblica piazza o linciata da folle isteriche. Notiamo inoltre che non vi è nulla di più degradante del rallegrarsi per la morte di un essere umano, bearsi delle scene sordide della sua tortura o compiacersi nell’ avvilire, profanare o schernire il suo cadavere.
Bisogna affidarsi solo alla Giustizia, che deve seguire il suo corso in conformità delle leggi e dei trattati internazionali vigenti.
Torture, assassini e behaviorismo
L’aspetto triste sinceramente esibito dalla signora Clinton a seguito dell’abominevole esecuzione del suo ambasciatore in Libia contrasta nettamente con l’impudente (e altrettanto sincera) risatina di piacere all’annuncio dell’atroce linciaggio di Gheddafi. Si è anche lasciata andare ad una indecente tirata dal sapore cesariano “We came, we saw, he died” (Siamo venuti, abbiamo visto, è morto), che di fatto ricorda più il film “Gostbusters” (1) che la celebre frase di Giulio Cesare (2).
Più ancora, e contrariamente a quelle del diplomatico USA, le odiosi immagini dell’ex guida libica, massacrato e poi esposto come un trofeo di caccia al fianco dei suoi figli, hanno spopolato nella rete e riempito le prime pagine dei telegiornali di tutto il pianeta. Due ignobili avvenimenti simili, ma due trattamenti mediatici agli antipodi.
D’altra parte occorre anche dire che l’esposizione dei cadaveri di due membri della famiglia Gheddafi è non contraddice solo le basilari regole della giustizia, ma anche i principi fondamentali della religione mussulmana e il rispetto della dignità umana.
Dal punto di vista della giustizia, le persone che hanno torturato e selvaggiamente trucidato Gheddafi sono identificabili, perché appaiono a viso scoperto sui video postati su Youtube e alcuni di essi hanno perfino rivendicato la loro azione. Cionondimeno nessuno di loro è stato inquisito da una qualsiasi giurisdizione e il fatto non ha turbato nessuno, né in Libia, né in Occidente, né altrove.
Un’altra ricostruzione della esecuzione di Gheddafi è stata appena fornita dall’ex primo ministro libico Mahmoud Jibril. Questi ha dichiarato a Dream TV (Egitto) che l’autore del tiro mortale “era un agente straniero che si era unito alle brigate rivoluzionarie”. Secondo il giornale italiano “Corriere della Sera”, si tratterebbe probabilmente di un agente di nazionalità francese (3), cosa che coinvolgerebbe direttamente la Francia nell’assassinio di Gheddafi oltre all’aiuto militare fornito da questo paese a quegli stessi insorti che hanno torturato l’ex leader libico.
Nel caso del diplomatico USA, la condanna internazionale è stata unanime, cosa del tutto naturale e conforme a buon senso, al contrario di quelli che sono stati i comportamenti della “comunità internazionale” nei confronti di Gheddafi e della sua orribile fine.
Inoltre lo sdegno degli Stati Uniti è stato recepito dalle autorità libiche che si sono premurate di cercare i colpevoli (4) e a rendere pubblico omaggio all’ambasciatore statunitense defunto, nel corso di una cerimonia ufficiale (5).
Ma al di là di questo paragone macabro tra i diversi comportamenti nei confronti di due persone entrambe barbaramente assassinate, ciò che rileva in questa vicenda è qualcosa di più profondo. Primo, la reazione della piazza nei confronti del film islamofobo è stata assai più virulenta nei paesi arabi “primaverizzati” che in quelli che non lo sono stati. Secondo, i classici e virulenti slogan anti USA hanno rifatto la loro apparizione nei paesi arabi “democratizzati”, laddove erano completamente spariti in questi paesi dall’avvio della “primavera” araba.
La Libia
Questo brusco capovolgimento della situazione in questo paese che avrebbe dovuto essere “tanto riconoscente” verso quelli che lo hanno “democratizzato” ha sorpreso più d’uno, in particolare la segretaria di Stato Hillary Clinton che, come si sa, si è molto impegnata in questa impresa (6). “Molti nostri concittadini si chiedono oggi, me lo sono chiesta anche io, come sia potuto succedere ciò. Come sia potuto succedere in un paese che noi abbiamo aiutato a liberarsi, in una città che noi abbiamo aiutato a sfuggire alla distruzione?” ha dichiarato a proposito della Libia (7). Ciò che l’ha spinta a chiedere specificamente alle “nazioni della primavera araba” di proteggere gli ambasciatore USA e di porre fine alle violenze (8).
Si è lontani dalle dichiarazioni ditirambiche del senatore McCain che, in visita a Bengasi nell’aprile 2011, aveva espresso la sua opinione sugli insorti libici: “Ho incontrato questi bravi combattenti, che non sono di Al Qaida.
Al contrario: sono patrioti libici che vogliono liberare la loro nazione. Noi dobbiamo aiutarli a farlo” (9).
Siamo ancora più lontani dalla posizione di Benranrd-Henry Levy (BHL), difensore supremo della causa libica, del quale Natalie Nouagauréde diceva: “E poco importava, ai suoi occhi, il passato gheddafista di taluni membri del CNT, le menzioni della Charia o ancora la presenza tra i ribelli di ex sostenitori di Al Qaida. Nonostante qualche inquietudine, niente ha scoraggiato il filosofo, grande combattente contro l’islamo-fascismo, dall’innalzare in blocco gli insorti a combattenti della libertà” (10).
In effetti, e checché ne dicano McCain e BHL, era noto a tutto che ex membri di Al Qaida erano non solo attivissimi nella ribellione libica, ma vi occupavano dei posti di comando (11).
Alcuni di loro erano membri influenti del Gruppo islamico combattente (GIC) libico che, quando venne riconosciuto da Ayman Al-Zawahiri in persona (n.2 di Al Qaida all’epoca), invitò i Libici a ribellarsi contro, cito, “Gheddafi, gli Stati Uniti e gli infedeli” (12).
Forse sta qui un elemento di risposta alla domanda che si è posta la signora Clinton.
La Tunisia
Anche in Tunisia la reazione della piazza è stata molto violenta. Nessun diplomatico straniero è stato ucciso, ma alcuni manifestanti hanno perso la vita e alcuni interessi USA sono stati saccheggiati a Tunisi.
Come in Libia, il disappunto dell’amministrazione USA si è fatto sentire e la risposta delle autorità tunisine non si è fatta attendere.
Moncef Marzouki, il presidente tunisino, ha denunciato l’attacco dell’ambasciata USA a Tunisi, definendola un atto “inaccettabile” contro un “paese amico”. Nel corso di un colloquio con la segretaria di Stato USA, ha dichiarato che “Noi non facciamo confusione tra quanto quest’uomo (il realizzatore del film) ha fatto e l’amministrazione e il popolo statunitense” (13).
Il primo ministro tunisino, Hamadi Jebali, ha da parte sua promesso di arrestare tutti i salafisti convolti nell’assalto all’ambasciata USA. “Abbiamo le prove, abbiamo la legittimità e la forza pubblica, le utilizzeremo per imporre l’ordine”, si è premurato di segnalare (14).
In una dichiarazione al giornale “Al Hayet” di Londra, il presidente del partito Ennahda, Rached Ghannouchi, ha da parte sua dichiarato che gli attacchi alle ambasciate USA nei paesi arabi miravano a interrompere il dialogo istaurato tra gli USA e gli islamisti (15).
E’ interessante notare che la fermezza e l’unanimità delle posizioni assunte dalle più alte personalità politiche della “nuova” Tunisia nei confronti dei salafisti contrastano in modo singolare con la relativa tolleranza con la quale queste stesse persone sono state trattate in numerosi episodi di violenza che hanno contrassegnato la vita politica tunisina dopo la caduta di Ben Ali. E’ ciò che ha suggerito all’editorialista Abdellatif Ghorbal l’osservazione (sul fatto che Ghannouchi incoraggi i salafisti) “da un lato spingendo i suoi figli (con la sua compiacenza, le sue parole e i suoi silenzi) a prendersela con le donne che non portano il velo, con gli artisti, coi giornalisti, con gli universitari, gli intellettuali, i teologi, e dall’altro invitando i predicatori dell’odio che non hanno niente da invidiare ai loro omologhi islamofobi occidentali, impedendo con tutte le sue forze che la minima sanzione sia comminata alla sua discendenza salafista. Quando il pompiere è un piromane è normale e prevedibile che il paese bruci” (16)
L’Egitto
In Egitto le violenze hanno ricordato le peggiori giornate di piazza Tahrir. I dintorni dell’ambasciata degli Stati Uniti al Cairo sono stati testimoni di scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine che avevano bloccato l’accesso all’edificio con delle recinzioni di cemento. Come negli altri paesi, sono stati i salfisti ad essere considerati responsabili delle violenze. Dal canto loro, alcune emittenti televisive hanno mostrato i volti delle persone arrestate, accusandole di essere dei teppisti al soldo di non so quale potere occulto. Il presidente egiziano Mohamed Morsi, appartenente alla influente confraternita dei Fratelli Mussulmani, ha in un primo tempo appoggiato le manifestazioni pacifiche contro il film anti-islamico per cambiare poi d’avviso quando le manifestazioni hanno infiammato le piazze cairote. Ha a quel punto condannato fermamente gli attacchi brutali contro l’ambasciata degli Stati Uniti al Cairo (17).
Nel corso di una telefonata col presidente USA, Mohamed Morsi gli ha detto: “che bisognava assumere misure giuridiche di dissuasione nei confronti di tutti quelli che intendono nuocere alle relazioni tra i popoli, e soprattutto quelle tra il popolo egiziano e quello degli Stati Uniti” (18).
Come si può notare, questa dichiarazione del presidente Morsi assomiglia stranamente a quella di Rached Ghannouchi precedentemente citata.
Dal canto loro, i Fratelli Mussulmani avevano inizialmente invitato a manifestare pacificamente in tutto l’Egitto il 14 settembre 2012, dopo la preghiera del venerdì, per denunciare il film islamofobo. Il giorno prima, Khairat El-Chater, il numero 2 ed eminenza grigia della confraternita, è stato accusato dal portavoce dell’ambasciata USA al Cairo di fare il doppio gioco. In un sottile scambio di tweet, il diplomatico ha segnalato all’islamista che egli predicava la moderazione nei messaggini in inglese, ma invitava a manifestare in quelli redatti in arabo (19). Una vera e propria umiliazione per Khairat El-Chater, che avrebbe dovuto essere il “vero” presidente civile dell’Egitto.
La confraternita a quel punto ha allora ritirato l’invito a manifestare pacificamente. Una seconda umiliazione per quelli che si consideravano i “difensori” dell’islam e del suo profeta e che hanno scoperto, una volta al potere, che i principi religiosi e la ragion di Stato non sono sempre conciliabili.
Per risultare gradito all’amministrazione USA e allo stesso tempo per restare nell’atmosfera dell’islamismo post-primavera, Khairat El-Chater ha firmato un articolo sul New York Times per presentare le condoglianze della confraternita al popolo statunitense per la perdita del suo ambasciatore in Libia e dei suoi collaboratori. Ha anche sottolineato che “la violazione dei locali dell’ambasciata degli Stati Uniti da parte di manifestanti egiziani è illegale secondo il diritto internazionale” e che “la inefficacia dell’azione di contrasto posta in essere dalla polizia (egiziana) deve essere oggetto di analisi”, o ancora: “nonostante la nostra disapprovazione per la continua apparizione di produzioni come il film anti-mussulmano che ha generato le attuali violenze, noi non consideriamo il governo USA né i suoi cittadini responsabili degli atti di qualcuno che viola le leggi che proteggono la libertà di espressione” (20).
Bisogna dire che il presidente egiziano e la confraternita di cui è espressione rischiano molto in questa vicenda. Si tratta effettivamente di un primo test su larga scala del mantenimento dell’ordine e della protezione degli interessi USA nel paese. In cambio del sostegno e degli aiuti forniti dall’amministrazione USA alla confraternita al potere nel paese (21), gli Stati Uniti si aspettano (almeno) che venga assicurata la sicurezza del loro personale e dei loro rappresentanti diplomatici. E’ d’altro canto lo stesso per tutti i paesi arabi coinvolti nella famosa “primavera”, le cui manifestazioni intempestive, inattese ed anti-USA, hanno provocato sconcerto nel dipartimento di Stato e nella sua segretaria.
Nel caso dell’Egitto, il timing di questi disordini ha fatto nascere delle preoccupazioni supplementari.
Infatti, in un articolo pubblicato sul Washington Post, A.Gearan e M. Bimbaum sostengono che “le violente manifestazioni provocate dal video anti-islam e la risposta inizialmente maldestra dell’Egitto hanno temporaneamente interrotto i negoziati (tra gli Stati Uniti e l’Egitto) su una riduzione del debito egiziano di un miliardo di dollari e sull’accelerazione nella concessione di altri milioni in aiuti di diversi tipo” (22).
Inoltre la capitale egiziana aveva ospitato, dall’8 all’11 settembre 2012, una importantissima delegazione, composta di non meno di 118 uomini di affari statunitensi in rappresentanza di una cinquantina di grandi compagnie statunitensi tra cui IBM, Pepsi, Coca-Cola, Chrysler, Google, Microsoft, Visa ecc. (23)
Questa delegazione USA, la più importante ad avere visitato un paese del Medio Oriente fino ad oggi, è stata ricevuta dal presidente Morsi il 9 settembre. Nondimeno le manifestazioni anti USA in Egitto sono cominciate l’11 settembre, vale a dire il medesimo giorno in cui si chiudevano i lavori della missione commerciale, cosa che non deve aver fornito una immagine attraente del paese ospite a questi decisori che sembravano interessati al mercato egiziano.
La “lucidità” di un celebre telepredicatore
Il quadro della situazione sarebbe certamente incompleto senza l’opinione di Youssef Al-Qardaoui, predicatore-vedette dell’emittente Al Jazeera e presidente dell’Unione Mondiale degli Ulema mussulmani. Membro influente della confraternita dei Fratelli Mussulmani, Al-Qardaoui ha dedicato il suo sermone di venerdì 14 settembre 2012, pronunciato in una moschea di Doha, alla rabbia dei mussulmani nel mondo. Ed ha “consigliato” ai fedeli che volevano protestare contro il film che offende l’islam prodotto negli Stati Uniti di “evitare la violenza e non assediare le ambasciate USA” (24).
Tale posizione molto “civile” e così benevolente verso gli interessi USA è in forte discontinuità coi suoi appelli all’uccisione di Gheddafi o con le sue esortazioni alla Jihad contro il regime di Bachar Al-Assad.
Ricordiamo che Al-Qardaoui, di origine egiziana, ha un passaporto diplomatico del Qatar, che gli è stato applicato un divieto di soggiorno in Francia da Sarkozy in persona nel marzo 2012 (25), che gli è stato rifiutato il visto per la Gran Bretagna nel 2008 (26) e che è considerata persona non grata negli Stati Uniti (27).
In conclusione si può dire che la provocazione cinematografica “L’innocenza dei mussulmani” ha consentito di rendere chiaro a tutti che il rispetto della dignità umana è un concetto molto relativo, al contrario di quanto viene tanto spesso declamato nelle cerimonie pompose, in Occidente e altrove. D’altra parte ha mostrato che i governi islamisti che sono attualmente al potere nei paesi toccati dalla “primavera” araba si comportano come vassalli del “grande amico” USA per restare nelle sue buone grazie e non provocare la sua ira. Questo sembra significare che la “primavera” araba non ha cambiato nulla in realtà nell’infeudamento dei leader di questi paesi agli Stati Uniti.
Tuttavia vi è un aspetto importante del problema posto dal film islamofobo che gli Occidentali ( e gli Statunitensi soprattutto) non sembrano voler comprendere: non sono stati solo i salafisti ad essere insultati da questa schifezza. Lo è stata la stragrande maggioranza dei mussulmani nel mondo, anche se questa maggioranza non ha manifestato, né urlato, né spaccato tutto.
Note:
1- « We came. We saw. We kicked its ass. » (Siamo venuti. Abbiamo visto. Gli abbiamo dato un calcio nel sedere). Espressione tratta dal dialogo del film Ghostbusters. Vedi il sito: Dedefensa, « We came, we saw, he died » (ma, “Abbastanza, è abbastanza”…) », 21 ottobre 2011, http://dedefensa.org/article-_we_came_we_saw_he_died_mais_assez_c_est_assez__21_10_2011.html
2- « Veni, Vidi, Vici » (Venni, Vidi, Vinsi). Famosa frase pronunciata da Giulio Cesare
3- Lorenzo Cremonesi, « Un agente francese dietro la morte di Gheddafi », Corriere Della Sera, 29 settembre 2012, http://www.corriere.it/esteri/12_settembre_29/gheddafi-morte-servizi-segreti-francesi-libia_155ed6f2-0a07-11e2-a442-48fbd27c0e44.shtml
4- AFP, « Libye : cinquante arrestations après la mort de l'ambassadeur américain », Jeune Afrique, 16 settembre 2012, http://www.jeuneafrique.com/Article/DEPAFP20120916160719/al-qaida-innocence-of-muslims-mohammed-al-megaryef-abou-yahya-al-libilibye-cinquante-arrestations-apres-la-mort-de-l-ambassadeur-americain.html
5- RFI, « La Libye rend hommage à l'ambassadeur américain tué à Benghazi », 21 settembre 2012, http://www.rfi.fr/afrique/20120921-libye-rend-hommage-ambassadeur-americain-tue-benghazi
6- Ahmed Bensaada, « Arabesque américaine : Le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe », Éditions Michel Brûlé, Montréal (2011); Éditons Synergie, Alger (2012)
7- IIP Digital, « Déclaration de Mme Clinton sur la mort d'Américains en Libye », 16 settembre 2012, http://translations.state.gov/st/french/texttrans/2012/09/20120912135851.html#axzz27vpD3aFo
8- Joe Sterling and Greg Botelho, « Clinton demands Arab Spring nations protect embassies, halt violence », CNN, 14 settembre 2012, http://articles.cnn.com/2012-09-14/middleeast/world_meast_embassy-attacks-main_1_el-abidine-ben-ali-street-vendor-anti-islam
9- John McCain, « Statement by Senator McCain in Benghazi, Libya », U.S. Senate, 22 aprile 2011, http://www.mccain.senate.gov/public/index.cfm?FuseAction=PressOffice.PressReleases&ContentRecord_id=7e95d18f-a9eb-80ef-e599-95754897384e&Region_id=&Issue_id=1bd7f3a7-a52b-4ad0-a338-646c6a780d65
10- Natalie Nougayrède, « BHL, porte-étendard libyen », Le Monde.fr, 8 novembre 2011, http://www.bernard-henri-levy.com/bhl-porte-etendard-libyen-le-monde-fr-le-8-novembre-2011-article-de-natalie-nougayrede-24407.html
11- Jean-Pierre Perrin, « Abdelhakim Belhaj, le retour d’Al-Qaeda », Libération, 26 agosto 2011, http://www.liberation.fr/monde/01012356209-abdelhakim-belhaj-le-retour-d-al-qaeda
12- Ibid
13- AFP, « Film anti-islam : le monde arabe a vécu un vendredi sanglant », LeParisien.fr, 14 settembre 2012, http://www.leparisien.fr/international/direct-film-anti-islam-une-journee-a-hauts-risques-au-moyen-orient-14-09-2012-2164602.php
14- Tunisie Numérique, « Tunisie: Jebali promet d’arrêter un à un les salafistes impliqués dans les événements de l’ambassade US », 28 settembre 2012, http://www.tunisienumerique.com/tunisie-jebali-promet-darreter-un-a-un-les-salafistes-impliques-dans-les-evenements-de-lamabassade-us/147147
15- Bissane El-Cheikh, « Ghannouchi à al-Hayat: attaquer les ambassades est un complot visant à stopper le dialogue de l'Amérique avec les islamistes », Al Hayat, 30 settembre 2012, http://alhayat.com/Details/439628
16- Abdellatif Ghorbal, « Les enfants de Ghannouchi ne sont pas Tunisiens », Leaders, 19 settembre 2012, http://www.leaders.com.tn/article/les-enfants-de-ghannouchi-ne-sont-pas-tunisiens?id=9325
17- Catherine Le Brech, « L’attitude mouvante de Mohamed Morsi après les violences », FranceTV.fr, 14 settembre 2012, http://www.francetv.fr/geopolis/lattitude-mouvante-de-mohamed-morsi-apres-les-violences-8516
18- Le Nouvel Observateur, « Mohamed Morsi condamne l'attaque contre la mission US au Caire », 13 settembre 2012, http://tempsreel.nouvelobs.com/monde/20120913.REU5821/mohamed-morsi-condamne-l-attaque-contre-la-mission-us-au-caire.html
19- Benjamin Barthe, « Prise de bec sur Twitter entre l'ambassade américaine et les Frères musulmans égyptiens », Le Monde.fr, 13 settembre 2012, http://www.lemonde.fr/afrique/article/2012/09/13/prise-de-bec-sur-twitter-entre-l-ambassade-americaine-et-les-freres-musulmans-egyptiens_1760063_3212.html
20- Khairat al-Chater , « ‘Our Condolences,’ the Muslim Brotherhood Says », The New York Times, 13 settembre 2012, http://www.nytimes.com/2012/09/14/opinion/our-condolences-the-muslim-brotherhood-says.html?_r=1&partner=rssnyt&emc=rss
21- Ahmed Bensaada, « Egitto : elezioni presidenziali molto influenzate », www.ossin.org, luglio 2012, http://www.ossin.org/egitto/elezion-egitto-mohamed-morsi-ira-ned-mccain.html
22- Anne Gearan and Michael Birnbaum, « U.S. aid to Egypt stalled », The Washington Post, 17 settembre 2012, http://www.washingtonpost.com/world/national-security/us-aid-to-egypt-stalled/2012/09/17/36ef0402-00e0-11e2-9367-4e1bafb958db_story.html?hpid=z2
23- American Chamber of Commerce, « U.S. Business Mission to Egypt. List of Participating U.S. Companies », http://www.amcham.org.eg/us_delegation/list.asp
24- AFP, « Al-Qardaoui : sont dans l’erreur ceux qui tuent les ambassadeurs et répondent par la violence aux insultes contre l’islam », Elaph, 14 settembre 2012, http://www.elaph.com/Web/news/2012/9/761750.html?entry=arab
25- Georges Malbrunot, « Sarkozy contre la venue de Youssef Al-Qaradawi », Le Figaro.fr, 26 marzo 2012, http://www.lefigaro.fr/international/2012/03/26/01003-20120326ARTFIG00427-sarkozy-contre-la-venue-de-youssef-al-qaradawi.php
26- BBC News, « Muslim cleric not allowed into UK », 7 febbraio 2008, http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/7232398.stm
27- Middle East Online, « Qaradawi ‘persona non grata’ in France », 26 marzo 2012, http://www.middle-east-online.com/english/?id=51397