L’ultimo messaggio di Mohamed Bouazizi sul muro del suo Facebook

Me ne vado, mamma, perdonami, i rimproveri sono inutili, mi sono perduto lungo un cammino che non riesco a controllare, perdonami se ti ho disobbedito, rivolgi i tuoi rimproveri alla nostra epoca, non a me, io me ne vado e la mia partenza è senza ritorno, io non ne posso più di piangere senza lacrime, i rimproveri sono inutili in quest’epoca crudele, su questa terra degli uomini, io sono stanco e non mi ricordo niente del passato, me ne vado chiedendomi se la partenza mi aiuterà a dimenticare.

Venerdì 17 dicembre, a Mohammed Bouazizi, 26 anni, venditore ambulante di frutta e legumi, è stata confiscata la merce dalla polizia municipale, perché sprovvisto delle necessarie autorizzazioni. “Di fronte all’impossibilità di recuperare i suoi beni, ha deciso di immolarsi col fuoco davanti alla Prefettura. Gravemente ferito, è stato ricoverato in un ospedale di Tunisi”. (Indymedia Lille)




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Testimonianze della famiglia di Mohamed Bou Azizi


Mohamed Bou Azizi, un nome diventato oggi celebre. E’ stato dal fuoco che l’ha ustionato al terzo grado che sono scaturiti gli avvenimenti di Sidi Bouzid. E se la calma ritorna a poco a poco nelle strade di questa città del centro tunisino, Mohamed resta ancora in ospedale, dove un’equipe medica cerca di salvarlo.
Siamo andati a visitare la famiglia di questo giovane e abbiamo potuto incontrare solo le due sorelle, Samia e Basma. Sua madre e suo marito, che è anche zio di Mohamed, sono al suo capezzale, nell’ospedale dei grandi ustionati di Ben Arous.
Samia, una delle due sorelle, ci ha ricevuto, il viso pallido per la paura e l’amarezza. Mohamed aveva 26 anni e aveva abbandonato la scuola al settimo anno delle secondarie (contrariamente a quanto si è detto a proposito del fatto che avesse acquisito un titolo universitario). Egli non era solo suo fratello, era anche colui che aiutava la famiglia. I singhiozzi interrompono le sue parole e lo shock è ancora percettibile nel suo sguardo.
Nonostante tutto ci parla apertamente.
“Mio fratello, che ha abbandonato gli studi al settimo anno, ha sempre lavorato, fin da quando era piccolo, per aiutarci. Al mercato tutti lo conoscevano e i venditori gli vendevano i prodotti anche a credito. Era conosciuto per la sua onestà e la sua correttezza”. Qualità che, d’altronde, ci vengono confermate dai vicini e dagli amici, come Majed, il suo amico più intimo.
“Il giorno della tragedia, il vigile urbano – una donna – gli ha elevato un verbale. E’ intervenuto nostro zio per parlare con lui e cercare di calmare gli animi. Poco dopo il vigile è tornato per reclamare da mio fratello la somma di dieci dinari, come stabilisce il regolamento municipale. Mio fratello l’ha supplicata di lasciarlo lavorare, ma lei gli ha sequestrato la bilancia, lo ha schiaffeggiato e gli ha sputato in faccia davanti a tutte le persone presenti. Vinto dalla rabbia, Mohamed si è diretto verso la sede del governatorato, volendo incontrare il governatore per denunciare il fatto. Invano, perché non è stato ricevuto da nessuno.
Non avendo trovato ascolto, in un momento di disperazione e di rabbia, Mohamed ha comprato della benzina, con la quale si asperso e si è immolato. I passanti hanno cercato di spegnere il fuoco con un estintore che si è rivelato non funzionante. Presi dal panico, hanno fatto quello che non avrebbero dovuto fare: gli hanno versato dell’acqua addosso, la qual cosa ha alimentato il fuco! C’è stato bisogno che una donna incinta si levasse il soprabito e lo coprisse con esso. I primi soccorsi hanno tardato a venire… poi hanno trasportato mio fratello a Sfax. L’ambulanza, sprovvista degli strumenti necessari, a dovuto fermarsi lungo la strada per munirsi di una maschera di ossigeno… Le condizioni critiche di mio fratello hanno poi reso necessario il trasporto all’ospedale per grandi ustionati di Ben Arous”.
Samia ha proseguito il suo racconto, esprimendo il suo sgomento alla vista del fratello: “E’ stato un vicino che ci ha portato la notizia. All’inizio io non volevo crederci, ma mi sono dovuta ricredere quando l’ho visto, tutto affumicato, con la pelle strappata, che giaceva e soffriva… Sono svenuta e mi hanno dovuto applicare tre volte le flebo per lo shock. Mia madre non sta in migliori condizioni. Non ha voluto lasciare il capezzale di mio fratello, io invece sono tornata a Sidi Bouzid; i miei nervi non reggevano e il dolore si riacutizzava ogni volta che guardavo mio fratello. Pregate per lui, perché si ristabilisca! E’ sempre stato attento ad ogni nostro bisogno. Col poco che guadagnava, mandava anche dei soldi a mia sorella, studentessa. Paga i corsi di un’altra nostra sorella e aiuta tutta la famiglia. Il mio patrigno non ha un lavoro stabile. E’ operaio giornaliero. “Nelle belle giornate mia madre esce alle cinque del mattino per lavorare nei campi e guadagna solo cinque dinari al giorno. E nonostante ciò siamo contenti!!
Abbiamo ricevuto la visita di qualche pezzo grosso che ci ha promesso aiuto. Oggi non desideriamo niente altro se non la guarigione di mio fratello e che lui ritorni…”




Esapace Manager – 23.12.2010


E c’è anche Houcine Neji


Secondo l’agenzia tunisina TAP, il giovane è rimasto fulminato al contatto con cavi elettrici della potenza di 30.000 volt, quando si è arrampicato fino alla cima del palo. L’agenzia aggiunge che è stata aperta un’inchiesta sulla vicenda.
Se il comunicato governativo non precisa le ragioni che hanno spinto il giovane ad arrampicarsi sul palo, l’agenzia AFP ne spiega i dettagli. Citando fonti sindacali, l’agenzia francese rende noto che si tratta di Houcine Naji, un giovane di 24 anni che si è arrampicato su un palo dell’alta tensione gridando che non voleva più “miseria e disoccupazione”.   

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