The vineyard of the saker, 14 novembre 2014 (trad. Ossin)


Putin ha un piano segreto per battere la NATO

Jean-Jacques Hector


L’11 e 12 settembre scorso si è tenuta, in una certa città, il summit di una organizzazione della quale la maggior parte degli Statunitensi non ha mai sentito parlare. La copertura mediatica è stata pressoché inesistente…

La città? Douchanbé, la capitale del Tagikistan, un paese che pochi Occidentali saprebbero localizzare sulla carta geografica.





Ma potreste tranquillamente scommettere il vostro ultimo rublo che Vladimir Putin sa esattamente dove si trova il Tagikistan. Perché il gruppo che si è riunito è figlio proprio del presidente russo. Si tratta dell’Organizzazione di cooperazione di Shangai (OCS), composta da sei Stati membri: la Russia, la Cina, il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan.

L’OCS è stata fondata nel 2001, col pretesto di cooperare contro l’estremismo e di rafforzare la sicurezza alle frontiere. Ma la sua vera ragion d’essere ha motivazioni più ambiziose. Putin vede l’OCS in un contesto più ampio, come contrappeso della NATO (una funzione che, d’altronde, l’OCS non nega). La linea ufficiale sembra essere quella del non-allineamento e la non ingerenza negli affari interni degli altri paesi, ma i suoi membri procedono alla luce del sole ad esercitazioni militari congiunte.

Perché dovremmo preoccuparci di questa riunione tenutasi al confine del nulla? Ebbene, tutto ciò che la Russia e la Cina si propongono di fare insieme è già di per sé meritevole della nostra attenzione. Ma in questa storia c’è molto di più.

Dopo la creazione dell’OCS, la Russia ha proceduto con prudenza, volendo evitare che il gruppo diventasse un potenziale cavallo di Troia per un’espansione cinese in quello che essa considera il proprio retroterra strategico, vale a dire l’Asia Centrale. Ma nello stesso tempo Putin si è fatto dei nuovi amici nel mondo intero, più in fretta che ha potuto. Se vuole sfidare l’egemonia USA, un’ipotesi globale che ho esaminato più dettagliatamente nel mio nuovo libro “La guerra più fredda”, egli ha bisogno di più alleati possibile.

Numerosi osservatori avevano previsto che la riunione di Douchanbé sarebbe stata storica. L’idea era che l’organizzazione si sarebbe aperta a nuovi membri. Però il problema dell’allargamento è stato messo da parte per concentrarsi sulla situazione in Ucraina. Come previsto, tutti hanno appoggiato la posizione della Russia e hanno anche espresso il loro sostegno alla prosecuzione dei negoziati. Hanno apprezzato l’accordo di cessate il fuoco di Minsk e lodato il presidente russo per la riuscita della sua iniziativa di pace.

Tuttavia l’idea di accogliere nuovi membri non è stata del tutto dimenticata. Vi sono altri paesi che, da anni, chiedono attivamente di aderire. Al momento, con la presidenza di turno dell’organizzazione affidata a Mosca e il prossimo summit previsto per luglio 2015 a Ufa in Russia, vi sono tutte le condizioni per favorire il processo di espansione che potrebbe effettivamente prendere forma da qui alla prossima estate, dice Putin.

A tal fine, i partecipanti hanno firmato dei documenti pertinenti alla questione: un “protocollo sugli obblighi degli Stati candidati all’ottenimento dello statuto di Stato membro dell’OCS” e “sulla procedura di concessione dello statuto di Stato membro dell’OCS”.

Ciò è estremamente importante, sia per la Russia che per l’Occidente, in quanto due dei paesi che hanno chiesto di aderire occupano un ruolo geopolitico di grande importanza: l’India e il Pakistan. E, in attesa in panchina, vi è ancora un altro grande giocatore: l’Iran.

Parlando dell’ammissione di questi paesi, l’assistente presidenziale di Putin, Yuri Ouchakov, è stato assai franco. Ha dichiarato ai media russi che l’espansione in questo momento è ancora prematura, a cagione delle potenziali difficoltà che deriverebbero dall’acrimonia che caratterizza gli attuali rapporti tra India e Cina e tra India e Pakistan, nonché dalle sanzioni occidentali contro l’Iran. Tali conflitti potrebbero avere l’effetto di indebolire l’alleanza, cosa che la Russia intende evitare.

Per riunire antagonisti di lunga data alla stessa tavola, occorre avviare qualche manovra diplomatica delicata, ma non è una ragione sufficiente a scoraggiare Putin (Chi d’altronde è riuscito a mantenere relazioni cordiali con l’Iran e Israele… nello stesso tempo?)

Come sempre, Putin pensa in grande. Tra le priorità da lui enunciate per la presidenza russa vi sono: il rafforzamento del ruolo dell’OCS in materia di sicurezza regionale; il lancio di grandi progetti economici multilaterali; il consolidamento dei legami culturali e umanitari tra i paesi membri; e la concezione di un approccio globale ai problemi mondiali attuali. Egli prepara anche una strategia di sviluppo dell’OCS per il periodo 2015-2025, e ritiene che essa sarà pronta per il prossimo summit.

Noi dovremmo preoccuparci di quanto accade nell’OCS. Una volta che l’India e il Pakistan avranno ottenuto l’adesione, e l’Iran seguirà di lì a poco, questo produrrà un cambiamento del gioco geopolitico.

Putin gioco il ruolo di capofila nella creazione di un’alleanza internazionale tra quattro dei dieci paesi più popolosi del pianeta: la sua popolazione totale rappresenta più del 40% della popolazione mondiale, poco meno di 3 miliardi di persone. Ingloba le due economie mondiali più dinamiche. Aggiungervi l’Iran significherebbe aggiungere il controllo di più della metà di tutte le riserve di gas naturale. Lo sviluppo di reti di gasdotti in Asia aumenterebbe il dinamismo dei paesi della regione sul piano economico e li legherebbe più strettamente insieme.

Se Putin realizzerà i suoi fini, l’OCS potrebbe non solo rivaleggiare con la NATO, ma potrebbe anche costituire una nuova struttura finanziaria in diretta concorrenza con il FMI e la Banca Mondiale. La Nuova Banca di sviluppo (FKA, la Banca dei BRICS), fondata l’estate scorsa in Brasile, è stato un primo passo in questa direzione. E tutto questo potrebbe portare a detronizzare il dollaro USA come moneta di riserva del mondo, con conseguenze disastrose per l’economia statunitense.

Come dimostro nel “La guerra più fredda”, credo che sia questo l’obiettivo vero di Putin: organizzare una attacco sul dollaro che trascini gli Stati Uniti al livello di una ordinaria nazione tra le altre… sollevando la sua patria al più alto livello possibile.

Quanto accaduto in Tagikistan quest’anno e quello che accadrà a Ufa, in Russia, la prossima estate sono cose importanti. Importantissime.

Nessuno sa forse fino a che punto Vladimir Putin sia pericoloso e quanto controlli il flusso di capitali nel commercio mondiale dell’energia, più di Marin Katusa, l’autore di “La guerra più fredda”.
Marin sposta milioni in base alla sua approfondita conoscenza dell’energia e della politica. Di conseguenza i suoi hedge funds hanno superato l’indice di crescita TSX di un fattore 6 negli ultimi cinque anni.   

     


 

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