La guerra in Afghanistan: un ineluttabile rapido ritiro?
Djerrad Amar

La guerra in Afghanistan è stata per gli USA una guerra di logoramento durata più di 11 anni e senza risultati evidenti. Con una coalizione raggruppata nella Forza internazionale di assistenza e sicurezza (FIAS), composta da più di 130.000 uomini al comando della NATO, non è mai riuscita ad avere ragione della guerriglia talebana, alleatasi dopo la caduta del loro regime con Al Qaida di Ben Laden. Il motivo dichiarato dell’invasione essendo quello di catturare Ben Laden, il loro ex alleato contro l’Urss, accusato di essere l’autore dell’attentato dell’11 settembre 2001. Nonostante la costituzione del nuovo governo di Hamid Karzai, dopo l’accordo di Bonn del 2001, la guerra va per le lunghe, il popolo resta diviso, il paese destrutturato,  gli esiliati si contano a milioni (3,6 milioni), soprattutto verso il Pakistan e l’Iran (2,7 milioni), l’insicurezza resta un dato costante e il rischio di morte è costante per tutti gli Afghani, anche dopo l’eliminazione di Ben Laden. Karzai, il Pashtun, era consulente di una società californiana, quando questa negoziava coi Talebani la costruzione di un gasdotto. La sua nomina a presidente la deve a Khalilzad Zalmay, uno statunitense di origine afghana, neo-conservatore e diplomatico USA.

Le perdite militari della coalizione sono di 3100 morti, di cui oltre 2100 statunitensi; si contano inoltre più di 17.600 feriti USA. Come sempre i numeri veri non sono mai rivelati al pubblico USA, ma finiscono comunque per essere poi conosciuti. Durante la guerra dell’Iraq le cifre ufficiali contavano 4486 morti statunitensi e 32.230 feriti. Ma le associazioni di ex combattenti USA, soprattutto il “Departement of Veterans Affairs” ha rivelato cifre 23 volte superiori, affermando che 73.846 soldati sono stati uccisi in Iraq, di cui 17.847 tra quelli inviati, a partire dall’invasione del 2003. Si calcola che il 36% dei militari hanno depositato istanze di invalidità. Attendiamo dunque per l’Afghanistan.

Quanto ai costi, sarebbero colossali. Il sito “Cost of war” li calcola, a oggi, in 573 miliardi di dollari in Afghanistan e 807 miliardi di dollari in Iraq. La stima delle spese attuali è di circa 10 miliardi di dollari al mese, il 93% delle quali per il solo Afghanistan.

Ovviamente le cifre ufficiali USA riguardano solo le loro perdite, anche se truccate, evitando di fare soprattutto cenno a quelle degli Afghani. Pierre Dortiguier nel suo “Le perdite afghane provocate dagli interventisti” si è avventurato a fare una stima dei morti afghani, basandosi su fonti “umanitarie”. “E’ una domanda che non viene posta a quelli che fanno troppo soffrire gli altri, per ragioni che è più facile ascoltare che comprendere. Bisogna che diventiamo delle società umaniste”, ha detto. Secondo Dortiguer, vi sarebbero stati circa 5,6 milioni di morti afghani in 11 anni, che egli ripartisce in “morti violente” (1,4 milioni), provocate dalla guerra e “morti non violente” (4,2 milioni), che imputa alle conseguenze della guerra, in particolare nella mancanza di cibo e di cure sanitarie. Nei 4,2 milioni egli calcola 2,9 di bambini di età inferiore ai 5 anni (sui 237.000 bambini che muoiono ogni anno, i rapporti precisano che il 90% si sarebbe potuto evitare , in quanto si tratta di morti dovute solo a privazioni). Aggiunge a questo quadro i 3,6 milioni di rifugiati.

E’ a causa di questo fallimento nel pantano afghano che gli Stati Uniti pensano ad un ritiro rapido o anticipato dall’Afghanistan, mentre era previsto solo per il 2014? Certamente! Anche il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, lo ha riconosciuto in una intervista a The Guardian. “Sconfitta amara, fuga vergognosa: hanno creato l’uomo talebano per sconfiggere i Russi, l’uomo talebano ha sconfitto loro”, dice Allain Jules. Infatti l’orgoglio, l’arroganza, la cupidigia non hanno mai prodotto atti e comportamenti portatori di benessere, anche con la forza. L’Occidente giudaico-cristiano, che si considera depositario della virtù, ha una storia segnata da fatti immorali. Nonostante che la Bibbia abbia bene insegnato ai credenti che “Dio distruggerà la casa dei superbi. Ma renderà stabili i confini della vedova” (Proverbi 15.25) o ancora: “La cupidigia perde chi vi si abbandona” (Proverbi 1.19) e ancora: “Non parlate più con tanta alterigia, che non esca più arroganza dalla vostra bocca; perché l’Eterno è un Dio che sa tutto; e pesa tutte le nostre azioni” (Samuele, 2.3). Questo Occidente ha perso i riferimenti morali fornitigli dal suo Libro, soprattutto per ciò che riguarda lo spirito: “Ma il frutto dello Spirito è l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, la bontà, la benignità, la fedeltà, la dolcezza, la temperanza; La legge non è contro questo” (Galati 5.22,23).

Si parla di “mondializzazione della cupidigia” ricordando l’elenco dei segni dell’apostolo Paolo che annunciano il tempo della fine: “Negli ultimi giorni vi saranno tempi difficili. Perché gli uomini saranno egoisti, desiderosi di denaro, fanfaroni, altezzosi (…) insensibili (…) ameranno il piacere più di Dio” (2 Timoteo 3.1-5). Poi l’avvertimento dell’apostolo Pietro: “Vi saranno (…) tra voi dei falsi dottori (…) hanno il cuore aduso alla cupidigia: sono i figli della maledizione. Dopo avere smarrito la retta via, si sono persi” (2 Pietro 2.1, 14-15).

Non si potrebbe meglio convincere i mussulmani con quelli che essi definiscono “segni intermedi”, con – tra le altre cose – “l’impudicizia e la diffusione del vizio; i legami familiari si romperanno; i sapienti saranno corrotti; aumenteranno le uccisioni e gli assassini; le cose vietate saranno considerate lecite; il tempo si ridurrà, ecc”. Bisogna anche aggiungere “i mussulmani che fanno la guerra al proprio paese o a un paese mussulmano, con il loro danaro, incoraggiati da uomini di culto per conto dei loro nemici di sempre, non mussulmani”, ovvero le “monarchie arabo-mussulmane retrograde, medioevali e dispotiche che si alleano alle democrazie occidentali per imporre alle repubbliche arabe la ‘democrazia’ e le ‘libertà”. Non potrebbe questo mondo che procede al contrario essere uno sei segni della fine del Tempo? Andiamo oltre!

L’idea di un ritiro anticipato è stata lanciata da François Hollande durante la sua campagna presidenziale. Si è pronunciato per una partenza alla fine del 2012. Nicolas Sarkozy considerava questo un “disonore”: “Considero totalmente irresponsabile e anche pericoloso, l’idea di un ritiro precipitoso di tutte le nostre forze di qui alla fine del 2012. Non c’è nessun esperto militare a sostenere questa strategia che metterebbe in pericolo i nostri soldati e che ci isolerebbe dai nostri alleati. Chi potrebbe augurarsi un simile disonore per il nostro esercito?”, mentre il ministro inglese, Philip Hammond, trovava che l’idea di un ritiro francese “in un termine ragionevole” non avrebbe dovuto avere conseguenze: “I paesi membri della NATO sono andati in Afghanistan insieme e abbiamo sempre detto che ce ne partiremo insieme, cosa che è importante per la coesione dell’alleanza”.

Questo ritiro anticipato è coerente con la logica dell’assurdo che ha spinto per l’entrata in guerra contro l’Afghanistan. Gli USA, nel loro esclusivo interesse, coinvolgono sempre i loro alleati nell’assurdo. Fanno infatti sempre il contrario di quello che dicono di fare. Un ex consigliere militare di François Mitterand, Jean Fleury, aveva spiegato che i Francesi non combattevano più e che vi sarebbero state altre soluzioni, ma che gli USA avevano annientato ogni possibile soluzione di pace: “Hanno urinato sui cadaveri dei Talebani, hanno bruciato il Corano e si sono avvicinati all’India con grande rabbia dei Talebani. Siamo dunque costretti a richiamare i nostri soldati sperando che quando le forze della NATO se ne saranno andate, i Talebani non trasformino un’altra volta l’Afghanistan in un campo di terroristi”.

I dispacci riferiscono che i soldati USA vivono un incubo, minacciati senza tregua nel pantano afghano, che vedono nemici dappertutto al punto da essere vittima di turbe psichiche. Si constata una forte degenerazione del clima morale delle truppe USA e dei sucidi anche. Si accettano oramai nell’esercito reclute con precedenti penali. Si prolunga anche il periodo del contratto. Per l’esercito afghano si parla di un tasso di diserzione del 30% e si dice che i disertori si uniscono ai Talebani dopo essere stati addestrati dalla NATO. Gli Statunitensi definiscono questa situazione dicendo che è come “allevare dei gatti selvaggi”. Secondo un rapporto pubblicato da Los Angeles Times molti militari hanno subito delle amputazioni e il tasso di malattie mentali è quasi raddoppiato da quando sono iniziate le guerra in Iraq e in Afghanistan. Bisogna inoltre considerare le enormi spese che tutto questo comporta nel mezzo di una crisi finanziaria mondiale senza precedenti.

I segnali del fallimento sono molteplici, ed è ciò che spiega l’impazienza degli occidentali di ritirarsi da questo conflitto, soprattutto quando considerano le promesse fatte agli afghani e non mantenute. Nemmeno i “piani di pace” annunciati hanno trovato qualche riscontro da parte dei Talebani, che prevedono evidentemente un ritiro “senza condizioni” degli occidentali per rabbia e logoramento. La disillusione raddoppia quando anche i soldati e i poliziotti afghani si rivoltano contro i loro “protettori”. Si rileva che il 15% dei sodati stranieri morti nel 2012 sono stati uccisi dai loro alleati afghani. Sono state spese somme considerevoli (si parla di 50 miliardi di dollari, erogati 90% da paesi stranieri) per la formazione delle forze di sicurezza afghane con un risultato mediocre che non consente in alcun modo di organizzare delle istituzioni forti.

Questo ritiro anticipato dall’Afghanistan è assai probabile per la Francia, la Gran Bretagna, ma soprattutto per gli Stati Uniti. Alcuni sostengono che sarebbe impossibile, nell’immediato, ritirare le truppe per ragioni materiali e pratiche, perché, da un laro, ci vorranno diversi mesi (da uno a due anni) per evacuare le decine di migliaia di tonnellate di equipaggiamento con un costo di miliardi di dollari (la Francia stima in 600 milioni di euro i suoi). Dall’altro, ciò significherebbe anche cedere totalmente il potere ai Talebani – sempre più appoggiati dalla popolazione – perché l’esercito afghano non è assolutamente pronto a garantire da solo la sicurezza del paese, e dunque si lascerebbe il paese in uno stato di caos, rovinando di conseguenza gli undici anni di sforzi. 11 anni per niente? Un vero rompicapo in effetti!

Una dichiarazione di sfida dei Talebani, fatta recentemente il giorno dell’anniversario dell’occupazione, annuncia la prossima vittoria, così (essi) “lasciano l’Afghanistan coperti di obbrobrio e di umiliazione, avendo grandi difficoltà ad inventare delle giustificazioni”. Secondo un rapporto segreto USA consegnato alla NATO, di cui parlano la BBC e Times, i Talebani si preparerebbero a prendere il potere con l’aiuto dei Pachistani. Questo rapporto afferma che “La forza, le motivazioni, il finanziamento e i successi tattici dei Talebani sono rimasti intatti”, pur sottolineando il grado di corruzione e connivenza elevato “tra i Talebani e le pubbliche autorità”. Pone anche in evidenza la “sconfitta strategica degli occidentali” nella loro pretesa di instaurare uno “Stato democratico” al posto di un regime retrogrado che era stato riconosciuto, fin dalla sua nascita, dal Pakistan, dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti. La metà della popolazione afghana resterà peraltro ostile al loro ritorno, con le zone Tagiche, Uzbeche, sciite Hazara e Kabul, che potrebbero appoggiarsi alla Russia, all’India e all’Iran, a seconda della propria visione dell’Afghanistan.

La decisione finale ritorna soprattutto agli USA, i padroni del gioco in questa lotta di influenza, in funzione dei loro interessi immediati e strategici.  

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