Tibet: manifestazioni pacifiche o sollevamento armato?
Dossier redatto da Peter Franssen. Sul suo blog dedicato alla Cina si trovano i documenti in lingua originale, con introduzione in olandese:
http://www.bloggen.be/nieuwsbriefchina/

James Miles (The Economist): Non si è trattato di una manifestazione pacifica
Le informazioni sugli avvenimenti di questo week-end in Tibet riferiscono che vi sono stati da 80 a 100 morti nel corso di manifestazioni contro l’occupazione cinese. Ci raccontano che i monaci in tunica arancione manifestano per la libertà e la democrazia e che la polizia cinese spara e uccide questi manifestanti senza alcuna pietà.
Ma testimoni occidentali sul posto raccontano un’altra verità. Il primo testimone è il giornalista James Miles, del quotidiano d’affari The Economist. E’ il solo giornalista accreditato nella capitale tibetana Lhasa. Scrive che non si è trattato affatto di manifestazioni pacifiche, ma di sommosse violente. Sono cominciate venerdì, poco dopo mezzogiorno, quando piccoli gruppi di giovani tibetani armati di sciabole, di bottiglie molotov e di randelli si sono diretti verso magazzini di HUI, li hanno saccheggiati e vi hanno appiccato il fuoco. Gli HUI sono un gruppo mussulmano minoritario che abita nella regione già da secoli. La sommossa aveva natura etnica, razzista. La polizia cinese, scrive ancora il giornalista, ha dato prova di grande prudenza e non è per così dire intervenuta. Durante tutto il pomeriggio di venerdì, il testimone non ha visto un solo poliziotto armato. Solo il sabato a mezzogiorno sono comparsi i primi agenti armati.

Fire on the roof of the world, James Miles, The Economist, 14 marzo 2008 http://www.economist.com/daily/news/displaystory.cfm?story_id=10870258

Lhasa under siege, James Miles, The Economist, 16 marzo 2008
http://www.economist.com/daily/news/displaystory.cfm?story_id=10871821&top_story=1

Un turista danese: “I monaci e i giovani infuriati erano scatenati”
Il secondo testimone è un turista danese a Lhasa. La sua testimonianza concorda con quella del giornalista di The Economist. Il suo racconto è stato pubblicato sabato nel giornale Politiken. Dice il testimone che “monaci e ragazzi di 15-16 anni hanno assalito i magazzini cinesi, sfondando porte e finestre e appiccando il fuoco e picchiando i cinesi che si trovavano davanti. Ho assistito ad aggressioni molto brutali. Ho visto come due cinesi sono stati trascinati via e ho potuto rendermi conto che sono stati picchiati a morte. All’inizio la polizia è stata molto prudente. I monaci ed i giovani infuriati erano scatenati. Gli scontri con la polizia, i militari ed i mezzi dell’esercito sui quali vi erano delle armi ci sono stati solo quando i manifestanti si sono avvicinati al Palazzo d’inverno. Tutto intorno a noi era stato dato alle fiamme, ivi comprese le macchine della polizia, quelle dei pompieri e i negozi e i magazzini cinesi. La situazione era assolutamente fuori controllo. Gli attacchi ai magazzini cinesi sono proseguiti senza tregua…

L’articolo è in danese, ma se ne può leggere un brano qui in inglese…
http://www.guardian.co.uk/world/feedarticle/7386817

Pechino: “La polizia non ha usato armi da fuoco. La sollevazione era pianificata”.
Quanto riferito dai testimoni citati concorda con quanto hanno dichiarato le autorità cinesi. Anche ora la narrazione dei fatti fornita dalle fonti cinesi si dimostra ben più affidabile di quella che ci danno a intendere le agenzie di stampa internazionali. Il presidente del governo della Regione autonoma del Tibet dice che, alla fine, 13 civili innocenti hanno perso la vita. I manifestanti li hanno bruciati vivi o picchiati a morte. Gli stessi manifestanti hanno anche ferito una sessantina di agenti, cinque o sei dei quali versano in gravi condizioni, addirittura gravissime. E’ stato appiccato il fuoco a 300 edifici, tra cui 214 magazzini e negozi. 56 veicoli sono stati parzialmente o completamente distrutti. Il presidente del governo dice anche, in sintonia coi due testimoni, che le forze dell’ordine si sono mostrate molto poco inclini a intervenire. Ha detto esplicitamente: “Noi non abbiamo utilizzato armi da fuoco”.
Le autorità sono convinte che la sollevazione armata era già pianificata e che era stata organizzata. Le autorità indicano nel dalai-lama il colpevole e l’organizzatore dei moti

Governement chief ensures safety in Tibet, Xinhua, 17 marzo 2008-03-22 http://www.chinadaily.com.cn/cndy/2007-11/14/content_6252509.htm

Un turista spagnolo: “Picchiavano la gente con pietre, coltelli da macellaio e machete…”
Il giornalista Benjamin Morgan, che lavora soprattutto per l’Agenzia France Presse, ha intervistato diversi turisti di ritorno dal Tibet. Tra cui lo spagnolo Juan Carlos Alonso (46 anni), che ha soggiornato a Lhasa da mercoledì a domenica: “I giovani volevano distruggere tutto quello che di cinese trovavano sul loro cammino, avevano coltelli, pietre, machete, coltelli da macellaio. Molti cinesi scappavano per salvarsi la vita. Io ho visto almeno 35 cinesi feriti. Ho visto anche i manifestanti strappare una ragazza dalla sua casa e picchiarla con pietre. Lei gridava: “Aiuto…”

Tibetan youths rampaged through Lhasa against Chinese: witness
The Straits Times (via AFP), 17 marzo 2008
http://www.straitstimes.com/Latest%2BNews/Asia/STIStory_217614.html
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