La psicopatia biblica di Israele
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Unz review, 22 ottobre 2023 (trad.ossin)
La psicopatia biblica di Israele
Laurent Guyénot
Sono stanco di leggere che Netanyahu è uno psicopatico. Sicuramente non lo è. Non vedo alcun motivo per considerare lui, o qualsiasi altro leader israeliano, come psicopatici nel senso psichiatrico. Hanno una psicopatia collettiva, che è una cosa molto diversa
La differenza è la stessa che esiste tra una nevrosi personale e una nevrosi collettiva. Secondo Freud la religione (e intendeva il cristianesimo) è una nevrosi collettiva. Freud non intendeva dire che le persone religiose sono nevrotiche. Al contrario, osservava che la loro nevrosi collettiva tende a immunizzare le persone religiose dalla nevrosi personale.[1]
Non condivido la teoria di Freud, ho solo bisogno del suo sostegno per presentare la mia teoria: i sionisti, anche i più sanguinari tra loro, non sono psicopatici individuali; molti di loro sono persone amorevoli e persino altruiste all'interno della propria comunità. Piuttosto, sono i vettori di una psicopatia collettiva, vale a dire di un modo tutto particolare (potremmo definirlo disumano) con cui vedono e interagiscono collettivamente con le altre comunità umane.
Questo è un punto cruciale, senza il quale non potremo mai capire Israele. Chiamare psicopatici i loro leader non aiuta. Ciò di cui abbiamo bisogno è riconoscere Israele come uno psicopatico collettivo, e studiare l’origine di questo carattere nazionale unico. È una questione di sopravvivenza per il mondo, così come è una questione di sopravvivenza per qualsiasi gruppo riconoscere lo psicopatico che si annida al suo interno e comprendere i suoi modelli di pensiero e di comportamento.
Cos'è uno psicopatico?
La psicopatia è una sindrome dei tratti psicologici classificata tra i disturbi della personalità. Lo psicologo canadese Robert Hare, richiamandosi a The Mask of Sanity (1941) di Hervey Cleckley, ha definito i propri criteri diagnostici sulla base di un modello cognitivo ormai ampiamente adottato, anche se alcuni psichiatri preferiscono il termine “sociopatia” perché in realtà ha a che fare con l’incapacità di socializzare in modo genuino.[2] Nel tentativo di mettere tutti d’accordo, il Manuale diagnostico e statistico sui disturbi mentali ha suggerito l’espressione “disturbo antisociale della personalità”; ma il termine “psicopatia” è ancora il più popolare e solo per questo motivo lo adotterò.
Il tratto più caratteristico dello psicopatico è la completa assenza di empatia e, di conseguenza, di inibizione morale nel nuocere agli altri, unita alla sete di potere. La psicopatia condivide anche alcuni tratti con il narcisismo: gli psicopatici hanno una visione grandiosa della propria importanza. Nella loro mente, tutto gli è dovuto perché sono eccezionali. Non sbagliano mai e i fallimenti sono sempre colpa degli altri.
La verità non ha alcun valore per lo psicopatico; la verità è ciò che gli conviene in un dato momento. È un bugiardo patologico, ma non ne è consapevole. Mentire è così naturale per lui che la questione della sua “sincerità” è quasi irrilevante: lo psicopatico batte la macchina della verità.
Lo psicopatico prova solo emozioni molto superficiali e non prova sentimenti reali per nessuno; ma ha sviluppato una grande capacità di ingannare. Può essere affascinante fino al punto da essere carismatico. Non è in grado di entrare in empatia, ma impara a simularla. Il suo potere sta nella sua straordinaria capacità di fingere, ingannare, intrappolare e catturare. Sebbene lui stesso sia immunizzato contro il senso di colpa, diventa un maestro nel far sentire colpevoli gli altri.
Poiché lo psicopatico non è in grado di mettersi nei panni degli altri, non può guardare se stesso in modo critico. Fiducioso in ogni circostanza nel suo diritto, è sinceramente sorpreso dal rancore delle sue vittime e le punirà per questo. Se ruba la proprietà di qualcuno, considererà il risentimento di chi è stato spogliato come un odio irrazionale.
Sebbene lo psicopatico possa essere giudicato pazzo delirante, non è pazzo in senso medico, poiché non soffre: gli psicopatici non si rivolgono agli psichiatri, a meno che non siano costretti a farlo. In un certo senso, lo psicopatico è super-adattato alla vita sociale, se lo scopo della vita sociale è di riuscire individualmente. Ecco perché il vero mistero, da un punto di vista darwiniano, non è l’esistenza degli psicopatici, ma la loro bassa percentuale nella popolazione.
La stima più ottimistica tra la popolazione occidentale è dell’1%. Non va confuso con il proverbiale 1% che possiede la metà della ricchezza mondiale, anche se uno studio condotto tra i dirigenti senior di grandi aziende ha dimostrato che tra loro sono diffusi tratti psicopatici.[3]
Israele come Stato psicopatico
Il fatto che oggi gli ebrei siano rappresentati in modo sproporzionato tra le élite (costituiscono la metà dei miliardari statunitensi, pur rappresentando solo il 2,4% della popolazione),[4] non significa nemmeno che la psicopatia sia più diffusa tra gli ebrei. In un certo senso è vero il contrario: gli ebrei dimostrano tra loro un alto grado di empatia, o almeno di solidarietà, spesso fino al punto del sacrificio di sé. Ma la natura selettiva di questa empatia suggerisce che essa sia rivolta non tanto all’umanità degli altri quanto alla loro ebraicità.
In effetti, gli ebrei tendono a confondere ebraicità e umanità. Quindi ciò che è bene per gli ebrei deve necessariamente essere bene per l’umanità. Al contrario, un crimine contro gli ebrei è un “crimine contro l’umanità”, un concetto creato nel 1945. Confondere l’ebraicità con l’umanità è un segno di narcisismo collettivo, ma quando si arriva a considerare i non ebrei come meno che umani, ciò diventa un indice di psicopatia collettiva.
Collettivamente, gli ebrei si considerano innocenti rispetto alle accuse mosse contro di loro. Ecco perché il pioniere sionista Leo Pinsker, un medico, considerava la giudeofobia “un’aberrazione psichica. Come aberrazione psichica è ereditaria e come malattia trasmessa per duemila anni è incurabile”. Di conseguenza, gli ebrei sono “il popolo scelto per l’odio universale” (anche gli ebrei atei non possono fare a meno di definire l’ebraicità come elezione).[5]
Israele, lo Stato ebraico, è lo psicopatico tra le nazioni. Agisce nei confronti delle altre nazioni nello stesso modo in cui uno psicopatico agisce nei confronti dei suoi simili. "Solo gli psichiatri possono spiegare il comportamento di Israele", ha scritto il giornalista israeliano Gideon Levy su Haaretz nel 2010. Tuttavia, la sua diagnosi, che era di "paranoia, schizofrenia e megalomania",[6] è sbagliata. Considerando l’assoluta ipocrisia di Israele, la disumanizzazione dei Palestinesi e la sua straordinaria capacità di mentire e manipolare, abbiamo a che fare con uno psicopatico.
Tracciando un parallelo tra la psicopatia e l’atteggiamento di Israele, non intendo esprimere un giudizio negativo sui singoli Israeliani o ebrei come individui. Fanno parte di questa psicopatia collettiva solo nella misura in cui aderiscono all’ideologia nazionale. Possiamo fare un paragone con un altro tipo di entità collettiva. In The Corporation: The Pathological Pursuit of Profit and Power, Joel Bakan osserva che le grandi aziende si comportano come psicopatici, insensibili alla sofferenza di coloro che schiacciano nella ricerca del profitto: “Il comportamento aziendale è molto simile a quello di uno psicopatico”.[7]
La mia analisi di Israele si basa sullo stesso ragionamento. Solo che Israele è molto più pericoloso di qualsiasi gigante aziendale (perfino della Pfizer), perché l’ideologia che causa il suo disturbo della personalità è molto più folle dell’ideologia liberale e social-darwiniana che governa il mercato azionario. L'ideologia di Israele è biblica.
Il virus biblico
La psicopatia collettiva di Israele non è genetica, è culturale, ma si è formata in tempi molto antichi, e quindi è radicata nel subconscio ancestrale (qualunque cosa sia): in ultima analisi, proviene dal dio geloso inventato dai Leviti per tenere sotto controllo le tribù affamate che partirono alla conquista della Palestina circa tremila anni fa. Per nascita, Israele è la nazione del dio psicopatico.
Yahweh, “il dio di Israele”, è un dio vulcano arrabbiato e solitario che manifesta verso tutti gli altri dei un odio implacabile, e finisce per considerarli come non dei, essendo lui, infatti, l’unico vero dio. Questo lo caratterizza molto chiaramente come uno psicopatico tra gli dei. Per gli Egiziani, invece, secondo l’egittologo tedesco Jan Assmann, “gli dei sono esseri sociali” e l’armonia tra loro garantisce l’armonia nel cosmo.[8] Esisteva, inoltre, un certo grado di traducibilità tra i pantheon delle varie civiltà. Ma Yahweh insegnò agli ebrei il disprezzo per le divinità dei loro vicini, rendendoli, agli occhi di questi vicini, una minaccia per l’ordine cosmico e sociale. Yahweh è essenzialmente, dice Assmann, un dio teoclastico: “Devi distruggere completamente tutti i luoghi dove le nazioni che spodesterai hanno servito i loro dei, sulle alte montagne, sulle colline, sotto qualsiasi albero frondoso; dovrai abbattere i loro altari, frantumare le loro pietre sacre, bruciare i loro pali sacri, fare a pezzi le statue dei loro dei e cancellare il loro nome da quel luogo» (Deuteronomio 12:2-3).
Yahweh può essere un personaggio di fantasia, ma la sua presa sulla mente ebraica è comunque reale. "Venerare un padre pazzo e violento, e per tremila anni, questo significa essere un ebreo pazzo!"[9] ha detto Smilesburger in Operazione Shylock di Philip Roth. Agli ebrei è stato insegnato da Yahweh a mantenersi strettamente separati dagli altri popoli. Le proibizioni alimentari servono a impedire ogni socializzazione al di fuori della tribù: “Io ti separerò da tutti questi popoli, affinché tu sia mio” (Levitico 20:26).
La natura del patto non è morale. L'unico modo per ottenere l'approvazione di Yahweh è l'obbedienza alle sue leggi e ai suoi comandi arbitrari. Massacrare a tradimento centinaia di profeti di Baal è bene, perché è la volontà di Yahweh (1 Re 18). Mostrare misericordia al re degli Amalechiti è male, perché quando Yahweh dice: "uccidete tutti", intende "tutti" (1 Samuele 15). Nella storiografia biblica, il destino del popolo ebraico dipende dal fatto che esegua gli ordini di Yahweh, non importa quanto folli. Come ben detto da Kevin MacDonald:
L’idea che la sofferenza ebraica derivi dal fatto che gli ebrei si allontanano dalla propria legge ricorre quasi come un costante rullo di tamburi in tutto il Tanakh, un costante promemoria che la persecuzione degli ebrei non è il risultato del loro comportamento nei confronti dei gentili, ma piuttosto il risultato del loro comportamento nei confronti di Dio.[10]
Se gli ebrei obbediranno ai comandi di Yahweh di alienarsi dal resto dell'umanità, in cambio Yahweh promette di farli governare l’intera umanità: "seguire le sue vie, osservare i suoi statuti, i suoi comandamenti, le sue usanze e ascoltare la sua voce" e Yahweh “ti innalzerà più in alto di ogni altra nazione che ha creato”; “Farai tuoi sudditi molte nazioni, ma non sarai soggetto a nessuno” (Deuteronomio 26:17-19 e 28:12). Questo somiglia molto, in effetti, al patto che Satana propose a Gesù: «il diavolo gli mostrò tutti i regni del mondo e il loro splendore. Ed egli gli disse: 'Io ti darò tutte queste cose, se ti prostrerai ai miei piedi e mi renderai omaggio'” (Matteo 4:8-9).
Se Israele seguirà scrupolosamente la Legge, Yahweh promette di sottomettere tutte le nazioni al dominio di Israele e di distruggere quelle che resistono. “I re si prostreranno davanti a te con la faccia a terra e leccheranno la polvere ai tuoi piedi”, mentre “la nazione e il regno che non ti serviranno periranno” (Isaia 49:23 e 60:12). Le nazioni devono riconoscere la sovranità di Israele o essere distrutte. Yahweh disse a Israele di aver identificato “sette nazioni più grandi e più forti di te”, che “dovevi sottoporre alla maledizione della distruzione” e di non “mostrare loro alcuna pietà”. Quanto ai loro re, «cancellerai i loro nomi sotto il cielo» (Deuteronomio 7:1-2, 24).
Il codice di guerra di Deuteronomio 20 comanda di sterminare “qualsiasi essere vivente” nelle città conquistate di Canaan. In pratica la norma è estesa a tutti i popoli che resistono agli Israeliti nella loro conquista.
Fu applicato da Mosè ai Madianiti, anche se in questo caso Yahweh permise ai suoi guerrieri di tenere le giovani vergini (Numeri 31).
Fu applicato da Giosuè alla città cananea di Gerico, dove gli Israeliti “imposero la maledizione della distruzione su tutti nella città: uomini e donne, giovani e vecchi, compresi i buoi, le pecore e gli asini, massacrandoli tutti” (Giosuè 6:21).
Nella città di Ai furono trucidati tutti gli abitanti, dodicimila, «finché non rimase più nessuno in vita e nessuno che fuggisse. … Quando Israele ebbe finito di uccidere tutti gli abitanti di Ai in aperta campagna e nel deserto dove li avevano inseguiti, e quando tutti furono caduti di spada, tutto Israele tornò ad Ai e massacrò la popolazione rimasta”. Le donne non furono risparmiate. “Israele prese come bottino soltanto il bestiame e le spoglie di questa città” (Giosuè 8:22-27). Poi venne il turno delle città di Makkeda, Libna, Lachis, Eglon, Hebron, Debir e Hazor. In tutto il paese, Giosuè «non lasciò alcun sopravvissuto e sottopose ogni essere vivente sotto la maledizione della distruzione, come il Signore, Dio d'Israele, aveva comandato» (10:40).
Come ha scritto Avigail Abarbanel in “Perché ho lasciato il culto”, i conquistatori sionisti della Palestina “hanno seguito abbastanza da vicino il comando biblico dato a Giosuè di entrare e prendere tutto. … Per un movimento apparentemente non religioso è straordinario quanto il sionismo … abbia seguito da vicino la Bibbia”.[11]
Kim Chernin, un altro dissidente israeliano, ha scritto in “I sette pilastri della negazione ebraica”: “Non riesco a contare il numero di volte in cui ho letto la storia di Giosuè come il racconto del nostro popolo che entra in legittimo possesso della terra promessa, senza smettere di dirmi: 'ma questa è una storia di stupri, saccheggi, massacri, invasioni e distruzione di altri popoli'”.[12]
Yahweh offre solo due possibili percorsi a Israele: il dominio di altre nazioni, se Israele mantiene il patto di separazione di Yahweh, o l'annientamento da parte di queste stesse nazioni, se Israele infrange il patto:
“Se farai amicizia con il resto di queste nazioni che vivono ancora accanto a te, se ti sposerai con loro, se ti mescolerai con loro ed essi con te, allora sappi con certezza che Yahweh, tuo Dio, smetterà di spodestare queste nazioni davanti a te, e per te essi saranno una trappola, un’insidia, spine nei tuoi fianchi e cardi nei tuoi occhi, finché tu non scomparirai da questo bel paese che ti è stato dato dal Signore, tuo Dio». (Giosuè 23:12-14)
Espropriare gli altri o essere espropriato, dominare o essere sterminato: Israele non riesce a concepire altro, al di fuori da questa alternativa.
Il sionismo è biblico
Che cosa ha a che fare con il sionismo, vi chiederete? Il sionismo non è un’ideologia laica? Penso che sia giunto il momento di dissipare questo malinteso. Il sionismo è un prodotto dell’ebraicità, e l’ebraicità è radicata nella Bibbia ebraica, il Tanakh. Che lo abbia letto o meno, che lo giudichi storico o mitico, ogni ebreo in definitiva basa la sua ebraicità sulla Bibbia o su quello che sa della Bibbia. L'ebraicità è l'interiorizzazione del dio psicopatico. Non fa molta differenza se gli ebrei definiscono la loro ebraicità in termini religiosi o in termini etnici. Da un punto di vista religioso, la Bibbia conserva la memoria e l’essenza dell’Alleanza con Dio, mentre da un punto di vista laico, la Bibbia è la narrazione fondativa del popolo ebraico e il modello secondo il quale gli ebrei interpretano tutta la loro storia successiva (la Dispersione, l'Olocausto, la rinascita di Israele, ecc.).
È vero che Theodor Herzl, il profeta del sionismo politico, non si ispirò alla Bibbia. Eppure chiamò la sua ideologia sionismo, usando il nome biblico di Gerusalemme. Per quanto riguarda i sionisti post-Herzl, e gli attuali fondatori del moderno Stato di Israele, erano immersi nella Bibbia. “La Bibbia è il nostro mandato”, dichiarò Chaim Weizmann nel 1919, e nel 1948 offrì a Truman un rotolo della Torah a titolo di ringraziamento per il suo riconoscimento di Israele. Così inizia la Dichiarazione di Costituzione dello Stato di Israele:
ERETZ-ISRAELE [(ebraico) – Terra d'Israele, Palestina] è stata la culla del popolo ebraico. Qui si formò la loro identità spirituale, religiosa e politica. Qui per la prima volta ottennero lo status di Stato, crearono valori culturali di significato nazionale e universale e donarono al mondo l'eterno Libro dei Libri.
Non c’è dubbio che lo Stato di Israele sia stato fondato su pretese bibliche.
David Ben-Gurion, l'autore di questo documento e padre della nazione, aveva una visione biblica del popolo ebraico. Per lui, secondo il suo biografo Dan Kurzman, la rinascita di Israele nel 1948 “è come l’esodo dall’Egitto, la conquista della terra da parte di Giosuè, la rivolta dei Maccabei”. Ben-Gurion non era mai stato in una sinagoga e mangiava carne di maiale a colazione, eppure era immerso nella storia biblica. “Non può esserci una valida istruzione politica o militare a proposito di Israele senza una profonda conoscenza della Bibbia”, era solito dire.[13] Tom Segev scrive nella sua biografia più recente:
Ha sponsorizzato un corso di studio biblico a casa sua e ha promosso due concetti per caratterizzare il carattere morale dello Stato di Israele e il suo destino e dovere verso se stesso e il mondo: il primo era "popolo eletto", un termine derivante dall'alleanza tra Dio e il popolo d'Israele (Esodo 19:5-6); il secondo è stato l'impegno del popolo ebraico verso i principi di giustizia e di pace che lo rendono “luce delle nazioni”, nello spirito dei profeti (Isaia 49,6). Ha parlato e scritto spesso su questi concetti.[14]
La mentalità biblica di Ben-Gurion divenne sempre più evidente man mano che cresceva. Si pensi ad esempio al fatto che, mentre supplicava Kennedy di concedere la Bomba al suo popolo perché gli Egiziani volevano sterminarlo (come avevano fatto sotto Mosè), profetizzò sulla rivista Look (16 gennaio 1962) che entro venticinque anni Gerusalemme “sarà la sede della Corte Suprema dell’umanità, per dirimere tutte le controversie tra i continenti federati, come profetizzato da Isaia”.[15] Ben-Gurion non era pazzo, stava semplicemente pensando in modo biblico.
Quasi tutti i leader israeliani della generazione di Ben-Gurion e di quelli successivi condividono la stessa mentalità biblica. Moshe Dayan, l'eroe militare della Guerra dei Sei Giorni del 1967, giustificò la sua annessione di nuovi territori in un libro intitolato Vivere con la Bibbia (1978). Anche Naftali Bennett, ministro israeliano dell'Istruzione, ha giustificato l'annessione della Cisgiordania con la Bibbia.[16]
I sionisti possono trovare nella Bibbia tutte le giustificazioni di cui hanno bisogno: per Gaza, hanno Giudici 1:18-19: “E Giuda prese Gaza con il suo territorio… Ora Yahweh era con Giuda, ed essi presero possesso della regione montuosa”. Ora ci sono fanatici dichiarati della Bibbia nel governo israeliano, come il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, che ogni giorno riprende citazioni bibliche. “Dio ha dato la terra d’Israele al popolo ebraico” è l’alfa e l’omega del sionismo, non solo per gli Israeliani, ma per i cristiani che, dal 1917, hanno sostenuto le rivendicazioni ebraiche e sostengono Israele oggi.
Ancor più di Ben-Gurion, Benjamin Netanyahu pensa in modo biblico, e questo diventa sempre più chiaro man mano che invecchia. Sa anche che i cristiani non possono discutere seriamente contro l'affermazione biblica. Il 3 marzo 2015, ha drammatizzato davanti al Congresso statunitense la sua fobia dell'Iran facendo riferimento al libro biblico di Ester:
Siamo un popolo antico. Nei nostri quasi 4.000 anni di storia, molti hanno tentato ripetutamente di distruggere il popolo ebraico. Domani sera, nella festa ebraica di Purim, leggeremo il libro di Ester. Leggeremo di un potente viceré persiano di nome Haman, che complottò per distruggere il popolo ebraico circa 2.500 anni fa. Ma una coraggiosa donna ebrea, la regina Ester, smascherò il complotto e diede al popolo ebraico il diritto di difendersi dai nemici. Il complotto è stato sventato. La nostra gente è stata salvata. Oggi il popolo ebraico si trova ad affrontare un altro tentativo da parte di un altro potentato persiano di distruggerci.[17]
Netanyahu ha programmato il suo discorso alla vigilia di Purim, che celebra il lieto finale del Libro di Ester: il massacro di 75.000 uomini, donne e bambini persiani. Nel 2019, Netanyahu pronunciò queste parole durante un tour in Cisgiordania: "Credo nel libro dei libri e lo leggo come un invito all'azione affinché ogni generazione debba fare ciò che può per garantire l'eternità di Israele". La Bibbia occupa una parte così grande del suo cervello che vorrebbe metterne una sulla Luna !
Quindi, per favore, smettetela di definire Netanyahu uno psicopatico. O almeno, chiamatelo psicopatico biblico, adoratore del dio psicopatico. E già che ci siete, imparate a vedere la Bibbia ebraica per quello che è: “una cospirazione contro il resto del mondo”, come ha detto HG Wells. Nei libri della Bibbia “c’è una cospirazione chiara ed evidente… una cospirazione aggressiva e vendicativa. … Non è tolleranza ma stupidità chiudere gli occhi sulla loro qualità”.[18]
Appunti
[1] Freud sviluppò questa teoria in tre libri: Totem e tabù, La civiltà e il suo malcontento e Il futuro di un’illusione.
[2] Robert Hare, Without Conscience: The Disturbing World of the Psychopaths Among Us, The Guilford Press, 1993.
[3] Paul Babiak and Robert Hare, Snakes in Suits: When Psychopaths Go to Work, HarperCollins, 2007.
[4] Benjamin Ginsberg, The Fatal Embrace: Jews and the State, University of Chicago Press, 1993; J.J. Goldberg, Jewish Power: Inside the American Jewish Establishment, Basic Books , 1997.
[5] Leon Pinsker, Auto-Emancipation: An Appeal to His People by a Russian Jew, 1882 , in www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Zionism/pinsker.html
[6] Gideon Levy, “Only psychiatrists can explain Israel’s behavior,” Haaretz, 10 gennaio, 2010, www.haaretz.com/print-edition/opinion/only-psychiatrists-can-explain-israel-s-behavior-1.261115
[7] Joel Bakan, The Corporation: The Pathological Pursuit of Profit and Power, Free Press, 2005. Guarda anche il documentario con lo stesso titolo.
[8] Jan Assmann, Of God and Gods: Egypt, Israel, and the Rise of Monotheism, University of Wisconsin Press, 2008, p. 47.
[9] Philip Roth, Operation Shylock: A Confession, Simon & Schuster, 1993, p. 110.
[10] Kevin MacDonald, Separation and Its Discontents: Toward an Evolutionary Theory of Anti-Semitism, Praeger, 1998, kindle 2013, kindle l. 6187–89.
[11] Avigail Abarbanel, “Why I left the Cult,” 8 ottobre 2016, in https://mondoweiss.net/author/avigail/
[12] Kim Chernin, “The Seven Pillars of Jewish Denial,” Tikkun, Sett. 2002, citato in Kevin MacDonald, Cultural Insurrections: Essays on Western Civilization, Jewish Influence, and Anti-Semitism, Occidental Press, 2007, pp. 27-28.
[13] Dan Kurzman, Ben-Gurion, Prophet of Fire, Touchstone, 1983, pp. 17–18, 22, 26–28.
[14] Tom Segev, A State at Any Cost: The Life of David Ben-Gurion, Apollo, 2019, kindle l. 286.
[15] David Ben-Gurion and Amram Ducovny, David Ben-Gurion, In His Own Words, Fleet Press Corp., 1969, p. 116.
[16] “Israeli minister: The Bible says West Bank is ours” in www.youtube.com/watch?v=Png17wB_omA
[17] “The Complete Transcript of Netanyahu’s Address to Congress,” in www.washingtonpost.com.
[18] Herbert George Wells, The Fate of Homo Sapiens, 1939 (archive.org), p. 128.
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