Un’invenzione chiamata “popolo ebraico”

 

di Tom Segev


 

La Dichiarazione d’Indipendenza di Israele afferma che il popolo ebraico nacque nel regno di Israele e fu esiliato dalla propria madrepatria. A tutti gli alunni israeliani viene insegnato che tutto ciò accadde sotto i romani, nel 70 D.C. La nazione rimase fedele alla propria patria, alla quale cominciò a ritornare dopo due millenni di esilio. Sbagliato, dice lo storico Shlomo Zand, in uno dei libri più affascinanti e stimolanti qui pubblicati in tanti anni. Non ci fu mai un popolo ebraico, ma soltanto una religione ebraica, e anche l’esilio non avvenne mai – dunque  non ci fu mai un ritorno. Zand rifiuta la maggior parte delle storie sulla formazione dell’identità nazionale raccontate nella Bibbia, incluso l’esodo verso l’Egitto e, per nostra più grande soddisfazione, gli orrori della conquista sotto Giosuè. Afferma Zand che tutto quanto non è altro se non una leggenda e un mito, che sono serviti come pretesto per la fondazione dello Stato di Israele.

Secondo Zand, i romani di solito non esiliavano intere nazioni e, alla maggioranza degli ebrei fu concesso di restare nel paese. Il numero delle persone esiliate fu, al massimo, dell’ordine della decina  di migliaia. Quando il paese venne conquistato dagli arabi, molti ebrei si convertirono all’Islam e vennero assimilati ai conquistatori. Ne consegue che i progenitori degli arabi palestinesi furono ebrei. Questa tesi Zand non se la é inventata; 30 anni prima della Dichiarazione d’Indipendenza , era già stata avallata anche da David Ben-Gurion, Yitzhak Ben-Zvi e altri .

Se non è vero che la maggior parte degli ebrei venne esiliata, com’è possibile che così tanti di loro raggiunsero quasi tutti i paesi della Terra? Zand sostiene che essi emigrarono di loro spontanea volontà oppure, quelli che furono mandati in esilio a Babilonia, vi rimasero per loro decisione. Contrariamente a ciò che normalmente si pensa, la religione ebraica tentò di convincere chi professava altre fedi a convertirsi all’ebraismo, il che spiega perché ci siano milioni di ebrei sparsi per il mondo. Come glossa, ad esempio, il Libro di Ester: “E molta della popolazione di quella terra si convertì all’ebraismo; per paura degli ebrei, si unirono a loro.”

Zand fa riferimento a molti studi esistenti, alcuni dei quali furono scritti in Israele, ma scartati dal discorso centrale. Si dilunga anche nella descrizione del regno israeliano di Himyar, nella Penisola Arabica meridionale, e dei berberi ebrei nel nord Africa. La comunità ebraica in Spagna nacque dagli arabi che si convertirono all’ebraismo e arrivarono con le forze militari che si impadronirono della Spagna, che era nelle mani dei cristiani, e da individui nativi dell’Europa, convertiti anch’essi all’ebraismo.

I primi ebrei di Ashkenaz (Germania) non arrivarono dalla Terra di Israele e non raggiunsero l’Europa dell’est dalla Germania, bensì diventarono ebrei nel Regno dei Khazari, nel Caucaso. Zand spiega le origini della cultura yiddish: non fu un’importazione ebraica dalla Germania, ma il risultato del rapporto tra i figli dei kuzari e dei tedeschi che si spostarono ad est, alcuni di loro in quanto mercanti.

Troviamo, così, che  componenti di razze e popoli più svariati, biondi e neri, mori e gialli, diventarono ebrei in grande numero. Secondo Zand, l’esigenza dei  sionisti di escogitare per loro una etnicità condivisa e una continuità storica ha prodotto una lunga serie di invenzioni e leggende, accompagnate da evocazioni di tesi razziste. Alcune sono state concepite da chi ha ideato il movimento sionista, mentre altre sono state presentate come scoperte di studi genetici condotti in Israele.

Il Prof. Zand insegna all’Università di Tel Aviv. Il suo libro “Quando e come è stato inventato il popolo ebraico?” (pubblicato da Resling, in ebraico), ha lo scopo di promuovere l’idea che Israele debba essere uno “stato per tutti i suoi cittadini", ebrei, arabi ed altri , in contrasto con la sua dichiarata identità di Stato “ebraico e democratico”. Storie personali, una discussione teoretica tirata per le lunghe e numerose e sarcastiche battute di spirito non sono d’ aiuto al libro, ma i capitoli che riguardano la storia sono ben scritti e citano numerosi fatti e punti di vista  che lascerebbero stupiti molti israeliani che li leggessero per la prima volta.

 

La zanzara di Kiryat Yam

Il 27 marzo 1948 a Haifa  si tenne un incontro per discutere del destino dei beduini di Arab al-Ghawarina nell’area di Haifa. “Devono essere mandati via da lì, perché non aumentino ulteriormente i nostri guai”, scrisse nel suo diario personale Yosef Weitz, del Keren Kayemeth (il Fondo Nazionale Ebraico). Due mesi più tardi Weitz disse al direttore dell’oganizzazione: “La nostra baia di Haifa è stata completamente evacuata e non è rimasto quasi più nessuno di quelli che occupavano i nostri confini”. Probabilmente furono cacciati in Giordania; ad alcuni fu permesso di rimanere nel villaggio di Jirs al-Zarqa. La sorte dei beduini di Arab al-Ghawarina ha guadagnato di recente le prime pagine dei giornali grazie a Shmel Sisso, sindaco del sobborgo di Haifa, Kiryat Yam. Questi ha sporto denuncia contro Google. Il motivo è che un visitatore del sito, un abitante di Nablus, ha aggiunto alla foto del satellite mondiale del centro di Kiryat Yam un commento secondo il quale la città sarebbe stata costruita sulle rovine del villaggio Arab al-Ghawarina, distrutto nel 1948. La denuncia del Sig. Sisso qualifica questa affermazione come una calunnia.

La cose stanno così: le terre della Valle di Zevulun furono comprate nel 1920 dal FNE e da varie compagnie edili, tra le quali la Gav Yam. Gli archivi sionisti contengono il piano dello stabilimento di Kiryat Yam, datato 1938, e una lettera del 1945 dimostra che vi erano già state costruite 100 case. Le mappe governative risalenti al periodo del mandato britannico identificano  il territorio sul quale fu costruito Kyriat Yam con due nomi: la Valle di Zevulun e Ghawarina. Così sembra che questo non fosse un insediamento, ma un’area in cui i beduini risiedevano.

Il sito Internet dell’ Organizzazione israeliana Zochrot (Ricordando) sostiene che nel 1948 sul luogo c’erano 720 persone e che l’area era divisa in tre kibbutzim: Ein Hamifratz, Kfar Masaryk e Ein Hayam, che oggi si chiama Ein Carmel.

Questa storia ha fatto il giro su internet e ha scatenato delle reazioni che possono essere sintetizzate così: “Se Sisso sta facendo causa a Google perché hanno sostenuto che lui vive sopra un villaggio arabo distrutto, significa che questa a lui sembra una cosa brutta.” Sisso, un avvocato di 57 anni che fa parte del Likud ed è stato negli anni passati console generale israeliano a New York, dice: “Non penso ci sia nulla di sbagliato in questo, ma altre persone, soprattutto coloro che vivono all’estero potrebbero pensarlo e ciò potrebbe creare dei problemi a Kiryat Yam, perché nessuno vorrà più investire lì. Dato che non siamo seduti su di un villaggio palestinese, perché dovremmo soffrire senza ragione?”.

Nato in Marocco, Sisso arrivò in Israele nel 1955. “Ho vagabondato per tutta la regione e non c’era traccia che qualcuno avesse vissuto lì prima di noi o che qualcuno vi fosse stato presumibilmente cacciato.” Ha chiesto ad un professore di legge americano come, sempre che fosse possibile, Google poteva essere citato per calunnia o per danni. Questo, dice, è il contributo di Kiryat Yam alla lotta contro il diritto di ritorno (dei rifugiati palestinesi).

Potrebbe rivelarsi il processo più avvincente dai tempi in cui Ariel Sharon denunciò il Time Magazine, ma il sindaco Sisso non si fa illusioni: “Mettere me contro Google è come mettere una zanzara contro un elefante”, ha detto questa settimana.

 

A chi appartiene l’America

Questa settimana i due professori Gabi Shefer e Avi Ben-Zvi sono stati ospiti del programma di attualità “International Hour” di Yitzhak Noy che va in onda su Radio Israele. Il conduttore, che sembrava un po’ preoccupato, ha chiesto se i successi di Barak Obama dimostrino che gli Stati Uniti d’America non appartengono più all’uomo bianco. Il Professor Shefer ha confermato: Barak Obama è un immigrato, ha detto. Il Professor Ben-Zvi ha chiesto di aggiungere un appunto: Gabi Shefer ha ragione, ha detto. Sbagliano entrambi. Se Obama fosse un immigrato non sarebbe eleggibile per ricoprire la carica di Presidente. È nato ad Honolulu, alcuni anni dopo che le Hawaii erano diventate il 50esimo stato dell’Unione.

 
  
 
   
 

 

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