Le Grand Soir, 4 luglio 2011


L’Arabia Saudita, un alleato di prima qualità…
Georges Stanechy


Un paese dove non si è mai visto un seggio elettorale. Nemmeno un partito unico!
Un lampo. Uno scintillio.
Una sciabola colpisce. Una testa rotola…
Siamo nel XXI° secolo. Riyadh, Arabia Saudita, il 18 giugno 2011


Ruyati binti Sapubi, una Indonesiana di 54 anni, è stata appena decapitata. In pubblico. Per rendere l’esecuzione più spettacolare, il corpo senza testa è stato appeso ad un elicottero che, a volo basso, ha attraversato la città. Lunghi momenti…
Questa donna lavorava come domestica in una ricca famiglia saudita. Avrebbe ucciso la sua padrona per reagire ai suoi maltrattamenti, inflitti a ripetizione. Questa è la versione ufficiale.

Sottobanco circolano altre versioni. La più insistente: non avrebbe niente a che vedere con quello che è stato solo un regolamento di conti familiare. A causa del suo statuto di immigrata senza protezione e senza diritti, sarebbe stata scelta come capro espiatorio, con delle “confessioni” estorte sotto tortura. Evidentemente, nessun processo in contraddittorio, perché aveva “confessato”.

Perché in questo paese si può maltrattare, violentare e anche ammazzare delle domestiche senza problemi, se si è un ricco saudita. Ma non il contrario, naturalmente. Per punizione, qualche frustata puramente teorica, presto dimenticata. L’oblio essendo, in velocità, proporzionale alla quantità di danaro messo in campo.

Naturalmente i nostri media in occidente, e soprattutto in Francia, non ne hanno minimamente parlato. Raggio d’azione della loro capacità di “analisi”: troppo corto. L’Arabia Saudita non figura sui loro schermi dei Diritti dell’Uomo e della Democrazia… Cuba sì! Arabia Saudita no!

Nessun commento da parte dei nostri specialisti-protettori dei diritti delle donne. Ancor meno campagne mediatiche con T-shirt, gesticolazioni-risoluzioni al Parlamento Europeo, grida-squittii della Comunità Internazionale e delle altre Buone Coscienze. Nemmeno un fischiettio di NPNS (Ni putes ni soumises)…

Normale. L’impero e i suoi vassalli considerano l’Arabia Saudita come un “Alleato” di prima qualità.

Non toccare il mio amico…


 

Questa esecuzione ha provocato una grande emozione in Indonesia. Ma, ancora una volta, l’Indonesia non figura sullo schermo dei nostri “analisti”: e fu il grande silenzio.

Più di un milione di emigrati Indonesiani lavorano in Arabia Saudita. Come domestici, addetti alle pulizie. La maggior parte sono donne (secondo le statistiche tra 1,2 milioni e 1,5 milioni). Questo paese di più di 230 milioni di abitanti, immensamente ricco e immensamente depredato, “esporta” mano d’opera per procurarsi valuta estera. E’ anche il più grande paese mussulmano del mondo. Quanto tutti i paesi arabi messi insieme, se non di più.

Spinto dalla rabbia della sua opinione pubblica, che lo rimprovera di non proteggere i suoi cittadini all’estero, il governo indonesiano ha richiamato il suo ambasciatore ed ha sospeso le autorizzazioni di emigrazione verso l’Arabia Saudita. Scoprendo, con questa esecuzione, che 316 Indonesiani sono detenuti in Arabia Saudita, 28 dei quali condannati a morte con richiesta di esecuzione.

Paradosso più che sorprendente…

Anche in Indonesia, come in tutta la comunità mussulmana nel mondo, il regime dell’Arabia Saudita è disprezzato, detestato. La decapitazione di Ruyati binti Sapubi ha rafforzato tali sentimenti. In Occidente è tutto il contrario: i nostri governi e i loro media adorano l’Arabia Saudita. Le nostre nomenklature sono capaci solo di inchini, genuflessioni, cortigianerie, di fronte a questa tirannia abietta.

I Saud sono un clan di signori della guerra e predoni che si sono impadroniti dell’Arabia Saudita con l’aiuto degli Inglesi, dopo la caduta dell’Impero ottomano. Appoggiati ad una teocrazia delirante, il wahabismo, garantiti dal sostegno degli USA in cambio del petrolio dopo la seconda guerra mondiale. Svendendo le ricchezze di petrolio e gas del loro paese, accettando tutte le imposizioni e condizioni in materia di quantità o di prezzi imposti dalle lobbie del petrolio, pur di conservare il potere.

Vantaggi per i colonizzatori del medio-oriente: l’Arabia Saudita non investe niente localmente, né nella regione. Salvo un minimo di infrastrutture. Né cercando, né auspicando una interazione positiva, dinamica, che favorisca il decollo delle economie regionali e il loro futuro: industrie creatrici di impieghi qualificati ad alto valore aggiunto, ecc. Bloccati dal saccheggio delle loro risorse, mantenuti nel sottosviluppo, i paesi vicini molto popolati, come l’Egitto, vedono passare sotto il loro naso le immense rendite del petrolio e del gas, che vengono investite in occidente.

Il classico modello coloniale, modernizzato in una retorica, un design: “mondializzazione”…

Perché i Saud riciclano quasi tutte le loro rendite e averi del loro paese in occidente: banche centrali e private, partecipazioni accuratamente canalizzate nelle industrie a forte concentrazione di capitali ma di debole contenuto tecnologico (parchi di divertimenti, piuttosto che l’aerospaziale, per esempio), investimenti speculativi nei grandi programmi immobiliari, ostentatori (yacht di lusso, imbarcazioni per jet-set, ecc)

Paradiso per i mercanti di cannoni, costruttori di aerei e ordigni di morte di ogni genere. Dai colossali affari generatori di cascate di commissioni e contro-commissioni, tanto discrete quanto elefantiache nei paradisi fiscali. Per tutti coloro che abbiano un qualche ruolo nella conclusione del contratto. Solo l’ultimo contratto firmato con gli USA è valutato in 90 miliardi di dollari… Immaginiamo le ricadute in “bustarelle” di una simile transazione…

I nostri militari sfaccendati, i servizi speciali, le spie di ogni tipo, tutti apprezzano questa caverna di Ali Babà, dal tesoro inesauribile.  Che, prelevando a piene mani dai suoi depositi pezzi d’oro, finanzia la maggior parte delle operazioni speciali dell’Impero (che, dal canto suo, fornisce solo “specialisti” e supporto tecnico) nel mondo mussulmano. Per lottare contro il comunismo durante la guerra fredda. Adesso per soffocare le rivoluzioni democratiche nei paesi arabi e mussulmani. Come si è visto in Bahrein, dove l’Arabia Saudita ha anche inviato truppe, elicotteri da combattimento e carri d’assalto.

Vantaggio ultimo per i servizi di azione psicologica, di propaganda, di “condizionamento”, degli occidentali: la complicità tacita di un regime che serve da strumento di demonizzazione per alimentare l’islamofobia. Che giustifica, di fronte ad opinioni pubbliche disinformate, fanatizzate in larghi settori, violenze, guerre e spoliazioni nei confronti delle popolazioni. Cosa che non sopporta più la comunità mussulmana nel mondo, caricaturizzata e perseguitata in permanenza, con il pretesto dei comportamenti di questi potenti medioevali.

Naturalmente, nessun media libero: audiovisivi, stampa, edizioni. Di più: l’Arabia Saudita non ha mai visto un seggio elettorale. Nemmeno un partito unico! Inesistente.

Ma in fondo l’Arabia Saudita non rappresenta un sogno?... Il sogno delle nostre caste al potere: l’edificazione di una plutocrazia.
Che dire?...

Ruyati binti Sapubi, Pace all’anima tua…

E che i tiranni, i loro boia, che ordinano, giustiziano, mettono in scena simili ignominie, coi loro complici della Comunità Internazionale, vadano all’inferno!
   

Il video dell'esecuzione su Youtube


Il video dell'esecuzione

 




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