Mondialisation.ca, 9 dicembre 2013 (trad. Ossin)


Perché l'imperialismo piange Mandela?

Bill Van Auken



La morte di Nelson Mandela all'età di 95 anni ha suscitato nel mondo intero un esercizio di lutto ufficiale praticamente senza precedenti


Certamente i lavoratori, in Africa del Sud e in tutto il mondo, rendono omaggio al coraggio e al sacrificio di cui ha dato prova il dirigente del Congresso Nazionale Africano (ANC), come le altre migliaia di militanti che hanno perso la vita e la libertà nei loro lunghi anni di clandestinità e detenzione sotto il regime detestato dell'apartheid.


Ma i governi capitalisti e i media al servizio delle grandi imprese si sono precipitati a presentare le loro condoglianze per ragioni completamente diverse. Tra loro vi sono capi di Stati che, mezzo secolo fa, sostenevano il regime dell'apartheid in Africa del Sud e che hanno contribuito alla cattura e al mantenimento in prigione di Nelson  Mandela come "terrorista".


Barack Obama, che sovrintende agli orrori di Guantanamo ed a un sistema carcerario statunitense che mantiene un milione e mezzo di persone dietro le sbarre, ha emesso un comunicato nel quale si è auto-definito "uno di quei milioni  per i quali" l'uomo che ha tarscorso 27 anni di prigione a Robben Island "è stato un'ispirazione".


Il primo ministro inglese David Cameron, portabandiera del partito di destra Tory, ha ordinato di mettere a mezz'asta la bandiera al n. 10 di Downing Street proclamando che Mandela era "un gigante della nostra epoca, una leggenda in vita e, nella morte, un vero eroe mondiale".


Miliardari come Michael Bloomberg, che ha disposto che a New York fossero poste le bandiere a mezz'asta, e Bill Gates si sono sentiti in dovere di emettere comunicati.


Quello che colpisce delle frottole moraleggianti che ci offrono i media in occasione della morte di Mandela è vedere che l'uomo la cui vita è inestricabilmente legata alla storia e alla politica dell'Africa del Sud venga trasformato in una icona totalmente apolitica, un vero e proprio santo del quale, per riprendere le espressioni usate da Obama, le decisioni (furono) dettate non dall'odio ma dall'amore".


Che cos'è dunque che gli oligarchi capitalisti di un paese dopo l'altro piangono veramente nella morte di Mandela? Non certo la sua volontà di resistere ad un sistema oppressivo. Tutti loro sono infatti sempre pronti a punire una simile volontà con la prigione o l'assassinio a mezzo di drone.


La risposta si trova piuttosto nella crisi sociale e politica che attraversa oggi l'Africa del Sud, oltre che nello storico ruolo giocato da Mandela per preservare gli interessi capitalistici di questi paesi in un contesto tra i più esplosivi.


E' significativo che, alla vigilia della morte di Mandela, l'Istituto per la giustizia e la riconciliazione dell'Africa del sud (Institute for Justice and Reconciliation) abbia pubblicato il rapporto annuale nel quale risulta che le persone intervistate ritengono, in stragrande maggioranza, che le diseguaglianze di classe rappresentino la questione più grave della società africana. Due volte di più (27,9%) gli intervistati fanno riferimento alla classe sociale e non all'origine etnica (14,6%) come "il maggior ostacolo alla riconciliazione nazionale".


Due decenni dopo la fine dell'oppressione razziale legale dell'apartheid, la questione sociale è in prima linea in Africa del Sud, incarnata dalle eroiche lotte di massa dei minatori e altri settori della classe operaia entrati in conflitto con il Congresso Nazionale Africano.


Queste tensioni sono esplose il 15 agosto 2012 col massacro di 34 minatori in sciopero nella miniera di platino del gruppo Lommin di Marikana, una strage le cui sanguinose immagini ricordano i peggiori episodi di repressione dell'apartheid a Shaperville e a Soweto. Questa volta però lo spargimento di sangue è stato ordinato dal governo dell'ANC e dai suoi alleati interni alla federazione sindacale ufficlae COSATU.


L'Africa del Sud è oggi il paese con maggiori diseguaglianze del pianeta. Lo scarto tra ricchi e poveri e il numero dei sud-africani poveri sono tutti e due maggiori di quanto fossero al momento della liberazione di Mandela dalla prigione nel 1990. Un buon 60% delle entrate del paese vanno al 10% più ricco, mentre il 50% dei più poveri vive al di sotto della soglia di povertà, ricevendo collettivamente meno dell'8% del totale dei redditi. Almeno 20 milioni di persone sono senza lavoro, più della metà dei quali sono giovani.


Nel frattempo, nell'ambito di programmi come la "promozione economica dei neri" ("Black economic empowerment"), una cerchia ristretta di ex dirigenti dell'ANC, responsabili sindacali e piccoli imprenditori è diventata ricchissima col favore del loro inserimento nei consigli di amministrazione, degli investimenti in Borsa e dei contratti conclusi col governo. E' per questo che i governi dell'ANC succeduti a quello di Mandela, prima quello di Thabo Mbeki e quello attuale di Jacob Zuma, hanno finito per essere considerati come i rappresentanti corrotti di una ricca élite dirigente.


Mandela, che ha svolto un ruolo sempre meno attivo nella vita politica del paese, è servito però da facciata all'ANC, che ha usato la sua storia di sacrifici e la sua immagine di umile dignitario per nascondere la realtà della propria corruzione. Molto evidentemente, dietro la facciata, anche Mandela e la sua famiglia hanno messo da parte milioni, dal momento che i suoi figli e nipoti hanno interessi in circa 200 società.


Venerdì il New York Times ha pubblicato un articolo dal titolo inquieto "La morte di Mandela lascia l'Africa senza riferimenti morali". E' evidente che temono che la morte di Mandela privi l'ANC di quel poco di credibilità che gli restava, aprendo la strada ad una più forte lotta di classe.


L'inquietudine che regna nei governi capitalisti e tra gli oligarchi circa le conseguenze della morte di Mandela sull'attuale crisi in Africa del Sud si lega alla riconoscenza per i servizi resi dall'ex presidente e dirigente dell'ANC. A metà degli anni 1980, quando la classe dirigente sud-africana aveva avviato i negoziati con Mandela e l'ANC in vista della cessazione dell'apartheid, il paese si trovava in una profonda crisi economica e sull'orlo di una guerra civile. Il governo si sentiva costretto a imporre lo stato di emergenza avendo perso il controllo della classe operaia nera nelle townships.


Le società minerarie, le banche e le altre imprese internazionali e sud-africane, oltre agli elementi più consapevoli del regime dell'apartheid, riconobbero che l'ANC, e Mandela in particolare, erano i soli a poter disinnescare un sollevamento rivoluzionario. E' per questo che lo hanno liberato 23 anni fa.


Usando del prestigio acquisito nella lotta armata e dei suoi ideali socialsiti, l'ANC ha lavorato per contenere la sollevazione di massa che non controllava e non auspicava, privilegiando la via dell'accordo negoziato che ha preservato la ricchezza e le proprietà delle società internazionali e dei dirigenti capitalisti bianchi del paese.


Prima di assumere il governo del paese, Mandela e l'ANC avevano lasciato cadere una gran parte del programma del movimento, soprattutto i punti relativi alla nazionalizazione delle banche, delle miniere e delle industrie più importanti. Firmarono una lettera di intenti segreta col Fondo Monetario internazionale con la quale si impegnavano ad applicare una politica economica liberale, con tagli drastici di bilancio, tassi di interesse elevati e la soppressione di ogni ostacolo agli investimenti del capitale internazionale.


Così facendo, Mandela ha posto in essere un'idea che aveva enunciato quasi tre decenni prima, quando aveva spiegato il programma dell'ANC : "Per la prima volta nella storia del paese, la borghesia non europea avrà l'occasione di possedere a proprio nome e per proprio conto mulini e fabbriche e il commercio e le imprese private prospereranno e cresceranno come mai prima".


Ma questa "crescita" che ha prodotto benefici per le società minerarie internazionali e le banche, creando una sacca di multimilionari neri, è stata possibile grazie ad un maggiore sfruttamento dei lavoratori sud-africani.


L'ignobile strada imboccata dall'ANC non era un fatto isolato. Nello stesso periodo, praticamente tutti i sedicenti movimenti di liberazione, dalla organizzazione per la Liberazione della palestina ai Sandinisti, ha perseguito una politica simile, facendo pace con l'imperialismo e cercando di realizzare la ricchezza  e privilegi per una piccola parte della società.

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