Le Quotidien d’Oran, 20 ottobre 2013 (trad. ossin)



Premio Nobel per la pace manipolato

K. Habib

Assegnando questa settimana il premio Nobel per la pace  all’Organizzazione Internazionale per l’abolizione delle armi chimiche (OIAC), il comitato di Oslo ha motivato la propria scelta dicendo di aver voluto attribuire un riconoscimento al “notevole” lavoro svolto da questa organizzazione fin dalla sua nascita. Ma assegnandole il prestigioso premio proprio nel momento in cui sta per essere distrutto l’arsenale chimico siriano, il comitato norvegese suscitato dei dubbi sulle vere ragioni della sua scelta.


Infatti le opinioni pubbliche hanno subito fatto un collegamento tra questo riconoscimento e il dossier dell’arsenale chimico siriano, chiedendosi quale ruolo l’OIAC abbia giocato nell’accordo in via di attuazione per la distruzione di questo arsenale. Certo, una volta che l’accordo (del quale ricordiamo che i promotori sono stati i Russi) si è concluso, l’OIAC è incaricato dell’aspetto tecnico dell’operazione, ma questo fatto non la rende per ciò solo l’attore il cui intervento è stato decisivo.


Il sospetto sorge spontaneo dal momento che, in combutta con le grandi potenze occidentali con le quali la Russia ha negoziato il dossier dell’arsenale chimico siriano, il comitato del premio Nobel per la pace ha inteso minimizzare il ruolo di Mosca in questa vicenda. Gli allori intrecciati per l’occasione in onore dell’OIAC lo confermano. Parigi si è spinta anche troppo in là, attribuendo alla sua politica di “fermezza” sul dossier dell’arsenale chimico siriano la “riuscita” che è valsa all’OIAC l’assegnazione del prestigioso premio. Se la distruzione di questo arsenale merita che chi lo ha reso possibile sia laureato del premio Nobel per la pace, allora sono Putin e il suo ministro degli affari esteri Serguei Lavrov che avrebbero dovuto, a voler essere giusti, riceverlo.


Il grande successo diplomatico che è stata l’iniziativa russa di convincere il regime siriano ad accettare la distruzione del suo arsenale, per evitare un intervento militare occidentale dalle conseguenze incalcolabilmente disastrose per la pace nella regione e nel mondo, è rimasto sullo stomaco delle potenze occidentali, che avevano fatto della questione delle armi chimiche la scusa per attaccare la Siria.


Non potendo dunque attribuirsi il merito di avere da sole piegato Damasco, cercano ora di parassitare quello della Russia.


Mettere avanti l’OIAC fa parte di questa operazione alla quale è probabile che il comitato di Oslo abbia coscientemente deciso di contribuire. E’ un segreto di Pulcinella che l’assegnazione del Premio Nobel per la pace obbedisce a considerazioni di ordine politico decise in Occidente, di cui la Norvegia fa parte. Il più recente esempio di ciò è stata l’assegnazione del premio a Barack Obama, sulla base della considerazione che, diventato presidente degli Stati Uniti, avrebbe fatto avanzare la causa della pace nel mondo. Si sa cosa è successo. Obama non ha reciso i rapporti con l’intervenzionismo bellico dei suoi predecessori se non nelle sue manifestazioni più evidenti.


La scelta del comitato di Oslo ha offuscato il prestigio del premio Nobel per la pace. Ciò che si è fatto a favore dell’OIAC, inficiato dal sospetto di cui s’è detto, non contribuirà certamente a risollevarlo. Dicendo questo, non si vuole mettere in discussione il lavoro dell’OIAC, ma prendere atto che il riconoscimento accordato è stato prima di tutto una manovra politica. Chi aveva sentito infatti parlare dell’OIAC prima che esplodesse il problema dell’arsenale chimico siriano? Lo si è sentito a proposito di Israele o delle grandi potenze che ne detengono di più terrificanti e non hanno fatto alcun passo indietro quanto alla loro utilizzazione?

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