Storia ebraica e giudaismo - 2
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Le Schede di ossin, 29 agosto 2020 - Pubblichiamo un secondo estratto del lavoro di Israel Shahak “Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni”. Centro Librario Sodalitium, 1997. Estratto dal secondo capitolo (nella foto, l'edizione italiana)
Storia ebraica e giudaismo - 2
Israel Shahak
Pubblichiamo un estratto del lavoro di Israel Shahak “Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni”. Centro Librario Sodalitium, 1997. Potete acquistarlo qui.
Israel Shahak è un ebreo israeliano nato in Polonia (a Varsavia, il 23 aprile 1933) ed emigrato in Palestina nel 1945. Sopravvissuto dell’Olocausto, professore di chimica organica all’Università ebraica di Gerusalemme, ha combattuto tutta la vita per i diritti umani, scrivendo in ebraico e in inglese sui vari aspetti del giudaismo. E’ morto a Gerusalemme il 2 luglio 2001
Capitolo secondo (estratto)
Pregiudizio e prevaricazione
(Secondo l’autore, la prima difficoltà nell’affrontare il tema dell’ebraismo sta nel fatto che il termine “ebreo”, nel corso degli ultimi centocinquanta anni è stato usato con due significati diversi. Uno prettamente religioso collegata alla identità religiosa, l’unica concepita da un ebreo fino al 1870)
Il rovesciamento di quella situazione avvenne grazie a due processi storici paralleli che ebbero inizio in Olanda e in Inghilterra, e poi raggiunsero la massima tensione in Francia con la Rivoluzione e nei paesi che seguirono il suo esempio e, successivamente, nel secolo scorso, nelle monarchie moderne. Gli ebrei ottennero in larga misura i diritti individuali, e in molti casi la più completa eguaglianza legale, e il potere giuridico che le comunità ebraiche esercitavano su tutti i loro membri fu distrutto. Ricordiamo che questi due processi avvennero simultaneamente e che, dei due, l fine del potere legale del rabbinato fu di gran lunga il più importante.
(…)
Il fatto sociale più importante della presenza storica ebraica prima dell’avvento dello Stato moderno è che l’osservanza delle leggi giudaiche, inculcate nei giovani dalla istruzione rabbinica, era imposta agli ebrei con la coercizione fisica (…) Nella storiografia ebraica corrente questi problemi sono taciuti perché si vuole perpetuare il mito secondo cui gli ebrei hanno conservato miracolosamente, grazie a qualche eccezionale qualità mistica, la loro fede.
Comunque, con l’affermarsi dello Stato moderno, la comunità ebraica perse il suo potere di punire e di intimidire i singoli ebrei. Furono spezzati i lacci di una delle più chiuse “società chiuse”, di una delle società più totalitarie di tutta la storia dell’umanità. Questo atto di liberazione venne in massima parte dall’esterno dato che gli ebrei che operarono in questo senso dall’interno, all’inizio, erano pochissimi. La liberazione realizzata così ebbe pesanti conseguenze per il futuro.
(…)
In tutta l’enorme produzione letteraria di Hannah Arendt, sia nei suoi scritti sul totalitarismo che sugli ebrei, non c’è il minimo cenno a quello che la società ebraica tedesca era realmente nel XVIII secolo: falò di libri, persecuzioni degli scrittori, dispute sui poteri magici degli amuleti, proibizione anche delle forme più elementari di istruzione non ebraica, come l’insegnamento della vera lingua tedesca e del tedesco in alfabeto latino. Prima della fine del XVIII secolo, i rabbini imponevano agli ebrei tedeschi di scrivere la lingua in lettere ebraiche, pena la scomunica, la fustigazione, l’espulsione, la morte civile.
Nelle numerose storie ebraiche in lingua inglese, in certi ambienti ora così di moda, gli aspetti più elementari dell’atteggiamento del misticismo ebraico nei confronti dei non ebrei sono del tutto assenti. I Gentili sono considerati, alla lettera, “membra di Satana” e i pochi tra loro che non sono satanici, ossia quelli che si convertono al Giudaismo, vengono visti come “anime ebraiche” che andarono perdute quando Satana violentò, nella sua dimora celeste, la Santa Madre, Shekhinah o Matronit, un delle componenti femminili del principio divino, sorella e moglie del giovane dio maschio, secondo la Cabala.
(Dunque la liberazione degli ebrei avvenne dall’esterno. Per la prima volta, alla fine del XVIII secolo, dall’anno 200 dell’era volgare, gli ebrei furono libri di leggere libri in tutte le lingue, leggere e scrivere libri in ebraico senza l’approvazione dei rabbini, mangiare cibi non kosher, ignorare gli assurdi tabù sessuali imposti dai rabbini)
Liberazione dall’esterno
(Negli ultimi centocinquant’anni il termine “ebreo” ha avuto un doppio significato, disorientando i non ebrei. Nei paesi dell’est Europa e in quelli arabi, gli ebrei furono liberati dalla tirannia della loro religione e della loro comunità da forze esterne. Troppo tardi e in circostanze troppo sfavorevoli perché questa liberazione si traducesse in una liberazione anche interiore. In gran parte dei casi, e anche in Israele, resta intatta la identica concezione falsificata della storia. E ciò vale anche per alcuni ebrei di sinistra, posto che molti di loro militano nelle organizzazioni progressiste “nell’interesse degli ebrei”.)
Se vogliamo evitare stereotipi fondati sull’ignoranza o l’ipocrisia, vediamo che la parola “ebraismo” definisce due gruppi sociali diversi e in contrasto tra loro ma, grazie all’attuale politica israeliana, la loro contiguità è in via di estinzione. Da una parte c’è il tradizionale totalitarismo di cui abbiamo parlato prima e, dall’altra, gli ebrei che hanno interiorizzato i principi della società aperta e, particolarmente negli Stati Uniti, ci sono tanti che hanno interiorizzato il laicismo ma poi fanno mostra di accettare l’esclusivismo ebraico.
Va osservato che tutte le cosiddette “caratteristiche ebraiche” – quei tratti che i cosiddetti intellettuali dell’Occidente attribuiscono ai loro cosiddetti “ebrei” – sono caratteristiche moderne, sconosciute alla storia ebraica e apparse quando la comunità totalitaria cominciò a perdere il suo potere di vita e di morte. Prendiamo, per esempio, il famoso senso dell’umorismo ebraico. Prima del XIX secolo, è assai raro trovarne qualche esempio nella letteratura ebraica e, solo in certi periodi e in paesi come l’Italia del XVII secolo o la Spagna musulmana, relativamente liberi dal giogo rabbinico. In realtà la religione ebraica proibisce l’umorismo e la satira, salvo naturalmente la derisione delle altre religioni. La satira nei confronti dei rabbini e dei leader della comunità non fu mai interiorizzata dal giudaismo, come invece avvenne, nel mondo latino, per il cristianesimo. Non c’erano commedie ebraiche, per le stesse ragioni per cui non c’erano commedie a Sparta.
Prendiamo, per esempio, l’amore del sapere, il desiderio di imparare. Prima del 1780 in Europa, se si fa eccezione per una cultura strettamente religiosa, degradata e degenerata rispetto ai secoli precedenti, tra gli ebrei dominava un profondo disprezzo e odio per ogni forma di sapere, escluso il Talmud e il misticismo ebraico. Non si dovevano leggere numerosi parti del Vecchio Testamento, tutta la poesia ebraica non liturgica, quasi tutti i testi della filosofia ebraica e spesso era considerato anatema persino citarne i titoli. Lo studio di tutte le lingue e quello della matematica e delle scienze era severamente proibito.
Sconosciuto era lo studio della storia, della stessa storia ebraica, e della geografia, compresa la Palestina che non si sapeva neppure dove fosse. Ciò è dimostrato dall’orientamento di tutte le sinagoghe in paesi come la Russia e la Polonia. Gli ebrei pregano con la faccia in direzione di Gerusalemme ma gli ebrei europei che ne avevano soltanto una vaga idea, credevano che Gerusalemme fosse a est mentre, per loro, era in realtà più in direzione sud.
Il senso critico, che si suppone caratteristico degli ebrei, era bandito e niente era proibito, temuto e perseguitato più di una modesta innovazione o di una critica innocente.
Quello delle comunità ebraiche era un mondo immerso nelle più abiette superstizioni, ignoranza e fanatismo, un mondo in cui, nella prefazione alla prima pubblicazione geografica in lingua ebraica, uscita in Russia nel 1803, si lamentava che moltissimi rabbini negavano l’esistenza del continente americano con l’argomento che si trattava di una “cosa impossibile”. Tra quel mondo di oscurantismo fanatico e le “caratteristiche” attribuite agli ebrei dalla cultura occidentale non c’è nulla in comune al di fuori dell’uso arbitrario del nome.
Comunque oggi molti ebrei hanno nostalgia di quel mondo, il loro paradiso perduto, una comoda società chiusa da cui, a suo tempo, non furono liberati ma espulsi. Un vasto settore del movimento sionista ha sempre sognato di ricostruire quel mondo ed è questo il settore che ha avuto l’egemonia, Le motivazioni della politica israeliana, che spesso lasciano perplessi i poveri “amici di Israele” dell’Occidente, si spiegano perfettamente come la reazione politica che quel mondo ha portato avanti durante gli ultimi due secoli: il ritorno forzato, per molti aspetti utopistico e quindi illusorio, alla società chiusa del passato ebraico.
Ostacoli alla conoscenza
(Una società chiusa non ha interesse a descriversi, anzi avverte il pericolo di ogni approfondimento. Il mantenimento della società chiusa indice oggi i suoi seguaci a utilizzare le scienze, la storia, ma anche la sociologia come strumenti di una costruzione di una storia fondata sull’inganno e la deformazione interessata)
Una storia totalitaria
(Lo strumento tradizionalmente utilizzato dalle comunità ebraiche, a partire dal XIII secolo, per difendersi dagli attacchi cristiani al Talmud, fu la corruzione e la ricerca di un appoggio delle autorità)
Bisogna dire subito che il Talmud e la letteratura talmudica, indipendentemente dall’antagonismo verso i Gentili che è sempre presente e che discuterò in dettaglio nel capitolo quinto, contengono affermazioni e precetti molto offensivi diretti specificamente contro il cristianesimo. Per esempio, oltre a una serie di scurrili accuse sessuali contro Gesù, nel Talmud si afferma che proprio Gesù sarà punito nell’Inferno dove rimarrà in eterno immerso negli escrementi bollenti. C’è un precetto che impone agli ebrei di bruciare, in pubblico se possibile, tutte le copie del Nuovo Testamento che capitano tra le loro mani. Questo precetto non solo è sempre in vigore, ma è addirittura rispettato anche oggi: il 23 marzo 1980 centinaia di copie del Nuovo testamento furono bruciate pubblicamente a Gerusalemme, nel corso di una cerimonia sotto gli auspici del Yad Le’akhim, un’organizzazione religiosa ebraica finanziata dal Ministero delle religioni dello Stato di Israele.
(A partire dal XIII secolo, si sviluppò in Europa un grande attacco contro il giudaismo talmudico. Shahak definisce “calunnie degli ignoranti” le storie sugli ebrei che bevevano il sangue dei bambini gentili, ma non poteva evidentemente conoscere lo studio di Ariel Toaf, pubblicato nel 2007, che rivela la fondatezza storica di simili rituali.
La risposta rabbinica fu imperniata sulla corruzione e la ricerca dell’appoggio delle Autorità, oltre a mettere in campo un’altra serie di meccanismi di difesa)
Meccanismo di difesa
Precisamente quali, oltre alla corruzione, erano i meccanismi di cui si servivano le comunità ebraiche, in collaborazione con le forze esterne, per limitare o far cessare gli attacchi al Talmud e ad altri testi religiosi? Tutti i diversi metodi seguiti nel corso del tempo ebbero conseguenze politiche che, oggi, si riflettono sulla politica israeliana (…)
Il primo meccanismo era la “sfida tenuta occulta, a fondamento della deferenza esteriore”. Come si è accennato prima, molti dei passi talmudici contrari al cristianesimo, o comunque ostili ai non ebrei, dovettero essere soppressi o modificati. La pressione era troppo forte e così alcuni dei passi più offensivi furono tolti da tutte le edizioni stampate in Europa dopo la metà del XVI secolo. Tra questi, anche i passi che, da un punto di vista teologico, sono assurdi, come per esempio dove si diceva che Dio prega per se stesso o adempie a certe pratiche fisicamente né più né meno di come fa qualsiasi ebreo. Furono tolti anche quei passi che celebravano troppo trionfalisticamente le prodezze sessuali dei rabbini del passato. In tutti gli altri passi, le espressioni “gentile”, “non ebreo”, “straniero” (goy, eino yehudi, nokhry) che si trovavano in tutti i primi manoscritti e nelle opere a stampa e nelle edizioni pubblicate nei paesi musulmani, furono sostituiti con “idolatri”, “pagani” o canaaniti”, “samaritani”, termini che potevano essere fatti accettare ma che il lettore ebreo riconosceva subito come eufemismi che avevano preso il posto dei vecchi termini.
(…)
Contemporaneamente a queste modifiche, venivano fatte circolare le “Omissioni talmudiche”, manoscritti in cui si spiegavano dettagliatamente i nuovi termini e si indicavano le corrispondenze con le omissioni.
(…)
Inutile dire che tutti questo era un’oculata menzogna dal principio fino alla fine. Dopo la creazione dello Stato di Israele, quando i rabbini si sentirono sicuri, tutti i passi e le espressioni offensive e scurrili furono ripristinati in ognuna delle nuove edizioni. A causa dell’enorme costo di una nuova edizione della letteratura talmudica, una parte considerevole, compreso lo stesso Talmud, è ancora ristampato dalle vecchie edizioni. Le “Omissioni talmudiche”, per esempio, vengono ristampate in Israele i edizione economica, con il titolo “Hesrenot Shas”. Passi come quello in cui si prescrive a tutti gli ebrei di recitare una preghiera di benedizione quando passano davanti a un cimitero ebraico e, invece, di recitare una preghiera di maledizione alle madri dei morti se si tratta di un cimitero non ebraico sono oggi, non solo diffusi liberamente, ma addirittura insegnati ai ragazzi nelle scuole.
Nelle vecchie edizioni era stata omessa la maledizione oppure il termine “gentile” era stato sostituito da qualche eufemismo. Ma nella nuova edizione pubblicata in Israele dal rabbino Adin Steinsalz, completa dei commenti ebraici e delle glosse alle parti di testo scritte in aramaico, per togliere ogni dubbio agli studenti, sono stati ripristinati i termini “gentile” e “stranieri”, senza nessuna ambiguità.
Costretti dalle pressioni esterne, i rabbini eliminarono o modificarono certi passi ma non certo le prescrizioni che contenevano. Non bisogna mai dimenticare che, per secoli, la nostra società totalitaria si è servita di costumi barbarici e disumani per avvelenare le menti dei suoi membri e che questo continua ancora oggi. Tali costumi disumani non si spiegano come reazione all’antisemitismo o alla persecuzione degli ebrei: sono forme gratuite di barbarie rivolte contro tutti gli esseri umani.
(…)
L’inganno continua
Gli studiosi moderni del giudaismo non soltanto hanno perpetuato l’inganno ma, rispetto ai vecchi metodi rabbinici, ne hanno addirittura raffinato l’impudenza e la menzogna. Ometto le numerose storie messe in circolazione dagli antisemiti perché indegne di essere prese in considerazione e mi limito a tre esempi specifici ed uno più generale degli inganni dei “dotti” più moderni.
Nel 1962, una parte del Codice di Maimonide, il cosiddetto Libro della Conoscenza, in cui sono esposte le regole fondamentali della fede e dei rituali ebraici, fu pubblicato a Gerusalemme in edizione bilingue, con la traduzione inglese a fronte del testo ebraico.
Il testo era stato reintegrato, eliminando tutte le omissioni e le modifiche apportate in edizioni precedenti, e ricondotto alla sua originaria purezza. L’ordine di sterminare gli ebrei infedeli vi è riportato integralmente:
“E’ dovere di ogni credente sterminarli con le proprie mani”.
Nella traduzione inglese, si nota un lieve ammorbidimento: “E’ dovere prendere tutte le misure necessarie per distruggerli”.
Il testo ebraico prosegue con l’elenco di quelli che debbono essere sterminati: “Gesù di Nazareth e i suoi discepoli, Tzadog e Baitos (che si suppone, tradizionalmente, siano i fondatori della setta dei Sadducei) e tutti i loro discepoli, possa il loro nome malvagio essere estinto”.
Sulla pagina a fronte (78a), della traduzione inglese, non c’è una sola parola di questo testo e, quel che è più significativo anche in considerazione del fatto che questo libro è largamente diffuso tra gli studiosi nei paesi di lingua inglese, nessuno, che io sappia, ha mai protestato contro questo inganno così plateale.
Il secondo esempio viene dagli Stati Uniti, sempre dalla traduzione di un libro di Maimonide. Oltre alla codificazione del Talmud, Maimonide era anche l’autore della famosa Guida per i Dubbiosi, che è giustamente considerata come l’opera massima della filosofia religiosa ebraica, letta e commentata anche oggi. Purtroppo, oltre alla sua ostilità nei confronti dei non ebrei in generale e dei cristiani in particolare, Maimonide era anche un vero e proprio razzista quando si trattava dei negri. Verso la fine della Guida, in un contesto fondamentale (Libro III, capitolo quinto), si discute come i vari popoli che formano l’umanità possono attingere al supremo valore religioso, la vera adorazione di Dio. Ecco chi c’è tra quelli che saranno sempre incapaci di questa teodicea:
“Una parte dei Turchi (la razza mongolica) e i nomadi del Nord, i negri e i nomadi del Sud e tutti quelli che, nei nostri climi, gli rassomigliano. La loro natura è come quella degli animali muti e sono convinto che non sono al livello degli esseri umani e che, nella scala dei viventi, siano al di sotto dell’uomo e al di sopra delle scimmie, visto che rassomigliano di più all’uomo di quanto si possa dire delle scimmie”.
Ora, come si deve intendere un passo di questo genere in una delle più importanti, e necessarie, opere del giudaismo? Siamo disponibili a far fronte alla verità e alle sue conseguenze? Nient’affatto. Facciamo come hanno fatto tanti studiosi cristiani in simili circostanze. E se invece riconoscessimo che una delle massime autorità religiose ebraiche era un rabbioso razzista anti-negro, quest’ammissione non servirebbe a insegnarci cos’è la vera umanità? Neanche da parlarne. M’immagino come gli studiosi ebraici degli Stati Uniti si consultano tra loro appena si profila la possibilità che queste cose diventino di dominio pubblico.
Cosa fare? Visto che il libro doveva essere tradotto, considerato il declino della conoscenza dell’ebraico tra gli ebrei statunitensi. La soluzione fu trovata, sia tramite consultazioni, sia grazie all’spirazione individuale. Nella traduzione statunitense della Guida, pubblicata nel 1925 a cura di un certo Friedlander e ristampata in molte edizioni, anche paperback, la parola ebraica “Kushim”, che vuole dire negro, appare traslitterata come “Kushites”, che non vuole dire nulla per chi non conosce l’ebraico o per chi non ha il privilegio di una spiegazione orale da parte di un rabbino.
Durante tutti questi anni, non si è mai detta una parola sull’inganno originario o sulla dinamica sociale che ne ha permesso la continuità. Neanche al tempo delle lotte per i diritti civili, quando tanti rabbini e personalità ebraiche che ben sapevano come il razzismo anti-negro sia parte della loro tradizione, appoggiarono con entusiasmo Martin Luther King.
Alla luce di questi fatti, nasce spontanea l’ipotesi che molti dei rabbini che appoggiavano Martin Luther King Jr o erano razzisti che lo facevano per ragioni tattiche, per assicurarsi l’alleanza dei neri statunitensi in difesa della politica di Israele e degli interessi ebraici, oppure erano solo dei perfetti ipocriti, al limite della schizofrenia, capaci di passare, dal rabbioso razzismo nascosto nei loro testi fondamentali e nel loro insegnamento, all’adesione alla lotta antirazzista, avanti e indietro senza problemi.
Il terzo esempio è un lavoro di minor impegno culturale, ma non per questo meno popolare: Le Gioie dell’Yiddish di Leo Rosten, Pubblicato nel 1968 negli Stati Uniti, e ristampato in numerose edizioni, anche paperback, dalla Penguin, è una specie di glossario delle parole yiddish, spesso usato da ebrei e non ebrei nei paesi di lingua inglese. Per ognuna, oltre a una definizione dettagliata e a qualche aneddoto più o meno divertente legato all’uso, viene data l’etimologia della lingua di origine, con il suo significato, La parola Shaygets, che significa “un giovane, un ragazzo gentile”, fa eccezione: l’etimologia afferma cripticamente “l’origine non ebraica”, senza dare la forma o il significato della parola ebraica originale. Comunque, alla parola Shiksa, il femminile di Shaygets, vien dato il termine originario ebraico, Shequets, o nella traslitterazione Sheques il cui significato, in ebraico, è definito “biasimevole”. Chiunque parli la lingua ebraica sa che questa è una spudorata menzogna. Il dizionario Megiddo ebraico-inglese, pubblicato in Israele, dà i seguenti significati per Shegets:
“animale, impuro, creatura spregevole, abominio (dialettale – pron. Shaygets), mascalzone, anche ragazzo indisciplinato, giovane gentile”.
L’ultimo, e più generale, esempio è, se possibile, ancora più sconvolgente degli altri: riguarda l’atteggiamento del movimento cassidico nei confronti dei non ebrei. Il Cassidismo, erede degenerato del misticismo ebraico, è ancora oggi vitale con centinaia di migliaia di aderenti, fanatici devoti ai loro “santi rabbini”, alcuni dei quali esercitano una forte influenza politica, in Israele, tra i leader di quasi tutti i partiti e, in misura molto maggiore, tra gli alti gradi delle forze armate.
Come si pongono gli aderenti a questo movimento nei confronti dei non ebrei? Prendiamo il famoso Hatanya, libro fondamentale del movimento Habad, uno dei rami più importanti del Cassidismo. Secondo questo testo chiave, tutti i non ebrei sono creature assolutamente sataniche “che non hanno nulla di buono” e persino i loro embrioni sono qualitativamente diversi da quelli ebraici. L’esistenza dei non ebrei è “inessenziale”, visto che tutto il creato è destinato “in funzione degli ebrei”.
(…)
In Israele, le idee dell’Hatanya hanno una diffusione di massa, sono insegnate nelle scuole e hanno un grande seguito nelle forze armate. Secondo la testimonianza di Shulamit Aloni, membro del Knesset, la propaganda di Habad si scatenò in modo particolare prima dell’invasione del Libano nel marzo del 1978, allo scopo di persuadere medici e infermieri a non occuparsi dei “feriti gentili”. Questa esortazione nazista non si riferiva specificamente agli Arabi e ai Palestinesi, ma semplicemente ai gentili, ai goyim tutti.
(…)
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