Pravda statunitense. La natura dell'antisemitismo
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Le schede di ossin, 19 ottobre 2019 - In particolare ho detto quale shock era stato per me scoprire, una dozzina o più di anni fa, che alcune delle accuse antisemite più apparentemente assurde, e che avevo sempre respinto senza prenderle in alcuna considerazione, erano probabilmente vere...
Unz Review, 30 luglio 2018 (trad.ossin)
Pravda statunitense. La natura dell'antisemitismo
Ron Unz
Di recente ho pubblicato un paio di lunghi saggi e, sebbene riguardassero principalmente altre questioni, il tema dell'antisemitismo vi ha occupato uno spazio importante. In particolare ho detto quale shock era stato per me scoprire, una dozzina o più di anni fa, che alcune delle accuse antisemite più apparentemente assurde, e che avevo sempre respinto senza prenderle in alcuna considerazione, erano probabilmente vere. Sembra infatti probabile che un numero significativo di ebrei tradizionalisti abbia effettivamente commesso occasionalmente l'omicidio rituale di bambini cristiani per usare il loro sangue in certe cerimonie religiose, e anche che potenti banchieri ebrei internazionali abbiano svolto un ruolo importante nel finanziamento dell'establishment della Russia bolscevica.
Quando si scopre che circostanze di così grande importanza, non solo sembra che si siano davvero verificate, ma che sono state accuratamente nascoste dalla storiografia e dai media per la maggior parte degli ultimi cento anni, ci vuole un po’ di tempo per digerirne tutte le implicazioni. Se le "bufale antisemite" più estreme fossero in realtà vere, allora sicuramente l'intera nozione di antisemitismo meriterebbe un attento riesame.
Tutti noi conosciamo le cose del mondo attraverso due canali diversi. Alcune le scopriamo attraverso le nostre esperienze personali e l'evidenza diretta dei nostri sensi, ma la maggior parte delle informazioni ci arrivano attraverso fonti esterne come libri e media, e cadiamo in crisi quando scopriamo che le informazioni che ci provengono dai due diversi canali sono in contraddizione tra di loro. I media ufficiali della vecchia Unione Sovietica esaltavano incessantemente gli straordinari traguardi della produzione agricola collettivizzata, ma quando i cittadini notarono che non c'era mai carne nei loro negozi, "Pravda" divenne sinonimo di "Bugia" anziché di "Verità".
Consideriamo adesso la nozione di "antisemitismo". La ricerca in Google di questa parola e delle sue varianti più prossime rivela oltre 24 milioni di visite e, nel corso degli anni, sono sicuro di averla letta decine di migliaia di volte nei miei libri e giornali, e di averla ascoltata all'infinito nei miei media elettronici e di intrattenimento. Ma, ripensandoci, non sono sicuro di poter ricordare un solo caso di vita reale che sia personalmente capitato a me o ai miei amici o conoscenti. In realtà, le uniche persone che ho visto manifestare odio verso gli ebrei erano individui che presentavano segni inconfondibili di grave squilibrio psicologico. Quando i quotidiani sono pieni del racconto spaventoso di orribili demoni che camminano tra di noi e attaccano le persone ad ogni angolo di strada, ma tu stesso non ne hai mai visto uno, piano piano cominci a nutrire dei sospetti.
In effetti, nel corso degli anni, alcune mie personali ricerche hanno messo in evidenza un netto contrasto tra immagine e realtà. Fino alla fine degli anni '90, i principali media come il New York Times denunciavano ancora una delle migliori scuole di Ivy League come Princeton per il presunto antisemitismo della sua politica di ammissione al college ma, alcuni anni fa, quando ho indagato attentamente il problema in termini quantitativi per la mia lunga analisi sulla meritocrazia, sono rimasto molto sorpreso di dover giungere ad una conclusione polarmente opposta. Secondo le migliori prove disponibili, i Gentili bianchi hanno oltre il 90% in meno di probabilità di riuscire ad iscriversi ad Harvard e alle altre scuole della Ivy League, rispetto agli ebrei con risultati accademici simili, una scoperta davvero notevole. Se la situazione fosse invertita, e gli ebrei avessero il 90% in meno di probabilità di iscriversi ad Harvard a parità di punteggio nei test, sicuramente questo fatto sarebbe citato all'infinito come la prova definitiva dell'orrendo antisemitismo degli Stati Uniti di oggi.
È anche diventato evidente che una parte considerevole di ciò che passa oggi per "antisemitismo" va molto al di là del ragionevole. Qualche settimana fa, una sconosciuta socialdemocratica di 28 anni, di nome Alexandria Ocasio-Cortez, ha ottenuto una straordinaria vittoria alle primarie contro un democratico molto noto a New York City e, di conseguenza, ha ricevuto grandissima attenzione mediatica. Tuttavia, quando è venuto fuori che aveva criticato il governo israeliano per il suo recente massacro di oltre 140 manifestanti palestinesi disarmati a Gaza, si sono subito levate grida di "antisemita", e secondo Google, ora ci sono oltre 180.000 di questi accessi che collegano il suo nome a quel duro termine accusatorio. Allo stesso modo, solo pochi giorni fa il New York Times ha pubblicato una storia importante a proposito dell’accusa "senza precedenti" che tutti i giornali ebrei britannici hanno rivolto al partito laburista di Jeremy Corbyn, descrivendolo come una "minaccia esistenziale" per la comunità ebraica, a causa dell'antisemitismo che stava promuovendo; ma si trattava in realtà solo delle aspre critiche rivolte al governo israeliano per il prolungato maltrattamento dei palestinesi.
Una spiegazione plausibile di questo strano contrasto tra l’attenzione mediatica e la realtà potrebbe essere che l'antisemitismo, un tempo diffuso nella vita reale, è sparito molti decenni fa, mentre le organizzazioni e gli attivisti specializzatisi nella rilevazione e la lotta contro quel pernicioso problema sono rimasti attivi, e devono necessariamente concentrare la propria attenzione su episodi sempre più marginali, con gli zelanti attivisti ebrei della Lega anti-diffamazione (ADL) che rappresentano un perfetto esempio di questa situazione. Altro esempio assai interessante, la Seconda Guerra mondiale si è conclusa oltre settant'anni fa, ma ciò che lo storico Norman Finkelstein ha così giustamente definito "l'industria dell'Olocausto" si è andata sempre più allargando e radicando negli ambienti accademici e mediatici, cosicché non passa quasi giorno senza che uno o più articoli su quel tema compaiano sui miei principali quotidiani del mattino. Data questa situazione, una seria esplorazione della vera natura dell'antisemitismo dovrebbe probabilmente mettere da parte i fantasmi mediatici di oggi, e concentrarsi sul passato, quando il fenomeno era ancora probabilmente diffuso nella vita quotidiana.
Molti osservatori hanno rilevato che la Seconda Guerra mondiale ha segnato un enorme spartiacque nell'accettabilità pubblica dell'antisemitismo sia in America che in Europa, quindi una corretta valutazione di quel fenomeno culturale dovrebbe probabilmente concentrarsi sugli anni precedenti il conflitto. Negli anni intercorsi tra le due grandi guerre, però, il ruolo schiacciante degli ebrei nella Rivoluzione bolscevica e nell’espandersi del comunismo facevano di questi ultimi il bersaglio naturale di paure e odio, quindi la strada più sicura potrebbe essere quella di spingere un po' più indietro quel confine e concentrare l’analisi al periodo precedente allo scoppio della Prima Guerra mondiale. Vengono quindi subito in mente i pogrom della Russia zarista, l'affare Dreyfus in Francia e il linciaggio di Leo Frank nel sud degli Stati Uniti, come alcuni degli esempi più noti di quel periodo.
Nel 1991 la Cambridge University Press ha pubblicato The Jew Accused di Albert Lindemann, noto studioso di movimenti ideologici europei, e il suo libro si concentrava esattamente su quell'epoca e su quel tipo di incidenti. Sebbene il testo sia piuttosto breve, meno di 300 pagine, Lindemann ha basato la sua argomentazione su un'enorme base di letteratura secondaria, con note tratte dalle 200 opere incluse nella sua ampia bibliografia. Per quanto ne so, sembra uno studioso molto scrupoloso, che in genere esamina i diversi, e spesso contrastanti, punti di vista, e giunge alle sue conclusioni con notevole esitazione.
E’ un approccio che si trova nel primo dei casi esaminati, il famigerato affare Dreyfus della Francia del tardo XIX secolo, probabilmente uno dei più famosi episodi antisemiti della storia. Anche se l’autore ritiene che il capitano Alfred Dreyfus fosse probabilmente innocente rispetto all’accusa di spionaggio, enumera tuttavia le prove apparentemente forti che inizialmente avevano portato al suo arresto e rileva - contrariamente ai miti creati da numerosi scrittori – che non esiste alcuna indicazione che il suo essere ebreo abbia avuto un qualche ruolo nelle vicenda.
Evidenzia, però, il contesto sociale nel quale quest’ultima si è sviluppata. Sebbene solo un francese su mille fosse ebreo, pochi anni prima un gruppo di ebrei era stato il principale responsabile di numerosi enormi scandali finanziari che avevano impoverito un gran numero di piccoli investitori e, in seguito, questi truffatori sfuggirono a qualsiasi punizione servendosi della loro influenza politica e ricorrendo alla corruzione. Data questa premessa, gran parte dell'indignazione degli anti-Dreyfusard probabilmente derivava dal timore che una spia militare ebrea di una famiglia molto ricca potesse essere in grado di farla franca, ricorrendo agli stessi sistemi, e la voce corrente, secondo cui il fratello di Dreyfus stava offrendo enormi tangenti per ottenere il rilascio di suo fratello, ha sicuramente rafforzato questa preoccupazione.
La ricostruzione fatta da Lindemann della vicenda del 1913 di Leo Frank, un ricco ebreo del Nord che lavorava ad Atlanta e che venne accusato di avere aggredito e ucciso una ragazza, è ancora più interessante. Anche in questo caso, l’autore giunge alla conclusione che, contrariamente alla narrativa tradizionale, non sembra in alcun modo che le origini ebraiche di Frank abbiano avuto un qualche ruolo nel suo arresto. In effetti, nel corso del processo, furono piuttosto i suoi avvocati pagati profumatamente che cercarono senza successo di "giocare sui pregiudizi razziali" con i giurati, tentando crudamente di deviare il sospetto su un lavoratore nero, con accuse intrise di invettive razziste.
Sebbene Lindemann consideri Frank come probabilmente innocente, la lettura delle prove a carico che lo stesso Lindemann ha riportato mi fanno pensare che dimostrino in modo schiacciante la sua colpevolezza. Nel frattempo, sembra innegabile che il montare della rabbia popolare contro Frank sia stata una reazione al mare di denaro ebraico raccolto in giro - almeno $ 15 milioni o più in dollari attuali – e utilizzato nel tentativo di far assolvere qualcuno unanimemente considerato un brutale assassino. Vi sono forti indicazioni che siano stati impiegati anche mezzi molto più impropri, come la corruzione e il traffico di influenza, Successe infatti che, nonostante Frank fosse stato condannato da una giuria in cui erano presenti diversi ebrei, e fossero stati respinti tredici diversi ricorsi, un governatore con forti legami personali con gli avvocati della difesa e gli interessi ebraici decise di risparmiare la vita a Frank, solo qualche mese prima di lasciare l'incarico. In queste circostanze, il linciaggio di Frank venne considerato dalla comunità come una semplice esecuzione di una pena di morte perfettamente legale, effettuata con modalità extragiudiziarie.
Ho anche scoperto che le figure di spicco del movimento anti-Frank propugnavano opinioni molto più sfumate di quanto mi aspettassi. Ad esempio, lo scrittore populista Tom Watson era stato in precedenza un vigoroso difensore dell'anarchica ebrea Emma Goldman, mentre denunciava ferocemente i Rockefeller, Morgan e Gould come i "veri distruttori" della democrazia Jeffersoniana, E la sua indignazione per la possibilità che Frank potesse sfuggire alla punizione per omicidio sembrava motivata dall'estrema ricchezza della famiglia di Frank e dei suoi sostenitori, piuttosto che da eventuali sentimenti antisemiti preesistenti.
La conclusione evidente dell'analisi di Lindemann è che, se gli imputati nei casi di Dreyfus e Frank non fossero stati ebrei, avrebbero subito identici arresti e si sarebbe affermata un’identica opinione avversa alle loro posizioni, ma non si sarebbe vista una ricca comunità ebraica mobilitarsi politicamente per sostenerne le ragioni. Essi avrebbero subito la punizione che fosse stata loro inflitta, giusta o ingiusta che fosse, e tutti li avrebbero presto dimenticati. Invece Theodor Herzl, il padre fondatore del sionismo, in seguito affermò che l'enorme diffusione dell’antisemitismo rivelato dall'affare Dreyfus era stata la scintilla del suo risveglio ideologico personale, mentre l'affare Frank portò all'istituzione della Lega anti-diffamazione statunitense. Ed entrambi questi casi sono entrati nei nostri libri di storia come gli esempi più noti di antisemitismo anteriori alla Prima Guerra mondiale.
Anche la parte in cui Lindemann tratta il tema delle relazioni spesso difficili tra la minoranza ebraica russa e l’enorme maggioranza slava è piuttosto interessante. Vi si legge che numerosi casi di incidenti importanti, considerati quali manifestazione di feroce antisemitismo, si erano in realtà svolti in modo molto diverso da come sono stati tramandati dalla leggenda ufficiale. Il famoso Kishinev Pogrom del 1903 fu ovviamente il risultato di una forte tensione etnica esistente in quella città ma, al contrario di quanto hanno scritto scrittori successivi, non sembrano assolutamente esserci prove del coinvolgimento ad alto livello del governo, e le stime diffuse di 700 vittime, che fecero inorridire il mondo intero, sono enormemente esagerate, potendosi il numero dei morti calcolare in 45. Chaim Weizmann, il futuro presidente di Israele, in seguito diffuse la storiella che lui stesso e alcune altre coraggiose anime ebraiche avevano difeso personalmente il loro popolo con i revolver in mano, mentre sotto i loro occhi sfilavano le immagini dei corpi mutilati di 80 vittime ebree. Questo racconto è del tutto inventato, perché Weizmann si trovava a centinaia di miglia di distanza quando si verificarono i disordini.
Anche se la tendenza a mentire ed esagerare non è solo dei sostenitori politici degli ebrei russi, l'esistenza di una potente rete internazionale di giornalisti ebrei e di organi di informazione influenzati dagli ebrei ha fatto in modo che tali invenzioni propagandistiche abbiano ricevuto un'enorme diffusione mondiale, mentre la verità restava nascosta, se non del tutto sepolta.
Per analoghe ragioni, si è sviluppato un sentimento di sdegno mondiale nei confronti della concentrazione – perfettamente legale - della maggior parte degli ebrei russi nel "Pale of Settlement", come se si trattasse di una forma di detenzione. In realtà quella zona era l’area di insediamento tradizionale della popolazione ebraica e aveva un’estensione territoriale grande quasi quanto la Francia e la Spagna messe insieme. Il crescente impoverimento degli ebrei dell'Europa orientale in quell'epoca era spesso considerato una conseguenza dell’ostilità politica del governo, ma la causa più ovvia era piuttosto la straordinaria fecondità ebraica, che superava di gran lunga quella dei loro concittadini slavi, ed esaurì ben presto la disponibilità di occupazione in quello che era il loro settore privilegiato di "intermediazione", situazione aggravata dalla loro totale indisponibilità a dedicarsi all'agricoltura o ad altre attività di produzione primaria. Le comunità ebraiche esprimevano inoltre un vero e proprio orrore nei confronti della leva militare, ma questa era il rovescio naturale della completa cittadinanza russa che era stata loro accordata, e li accomunava a tutti gli altri cittadini non ebrei.
E’ senz’altro vero che gli ebrei della Russia sono stati il bersaglio di rivolte diffuse e attacchi popolari nella generazione precedente alla Prima Guerra mondiale, e ciò soprattutto a causa dell’importante ruolo da essi svolto nella Rivoluzione del 1905. Ma non va dimenticato che alcuni ministri ebrei e altri funzionari governativi ebrei erano stati coinvolti nel complotto che ha portato all’assassinio zar Alessandro II. Se negli ultimi due o tre decenni alcuni musulmani statunitensi avessero assassinato un presidente in carica, vari membri del governo e una schiera di altri nostri funzionari eletti e nominati, sicuramente la posizione dei musulmani in questo paese sarebbe diventata molto scomoda.
Se Lindemann descrive con franchezza la tensione tra la popolazione ebraica in rapida crescita della Russia e le sue autorità governative, non può nemmeno evitare di menzionare la famigerata reputazione ebraica in materia di abuso di ufficio, corruzione e disonestà in generale, e il fatto che molti esponenti politici denunciavano come la rilevante propensione ebraica a giurare il falso nel corso dei processi determinasse gravi problemi all’amministrazione della Giustizia. L'eminente sociologo americano EA Ross, scrivendo nel 1913, ha descritto il comportamento abituale degli ebrei dell'Europa orientale in termini molto simili.
Lindemann dedica anche un breve capitolo alla vicenda Beilis del 1911, che vide un ebreo ucraino accusato dell'omicidio rituale di un giovane ragazzo gentile, e che suscitò molto interesse e polemiche a livello internazionale. Sulla base delle prove presentate, l'imputato sembra essere stato innocente, sebbene le ripetute bugie raccontate durante gli interrogatori della polizia non abbiano contribuito a fornire una simile impressione. Tuttavia "il sistema ha funzionato", perché alla fine è stato assolto all’esito di un regolare processo. Ma l’autore dedica alcune pagine anche ad un caso di omicidio rituale molto meno noto, verificatosi nell'Ungheria della fine del XIX secolo, nel quale le prove della colpa ebraica sembrano ben più consistenti, per quanto l’autore trovi difficile accettare la possibilità di un crimine così bizzarro. Tanto scetticismo è d’altronde comprensibile, dal momento che solo una dozzina di anni dopo sarebbe stato pubblicato l’importantissimo studio di Ariel Toaff sull'argomento.
Lindemann ha successivamente ampliato la sua analisi dell'antisemitismo storico in uno studio molto più ampio, Esau's Tears, pubblicato nel 1997. In questo volume, ha aggiunto anche studi comparativi del panorama sociale in Germania, in Gran Bretagna, in Italia e in molti altri paesi europei, dimostrando che il rapporto tra ebrei e non ebrei variava notevolmente a seconda dei luoghi e dei periodi. Ma, sebbene abbia trovato la sua analisi abbastanza utile e interessante, gli attacchi straordinariamente duri che il suo testo ha suscitato, da parte di alcuni accademici ebrei che si sono sentiti oltraggiati, mi sono sembrati ancora più intriganti.
Ad esempio, Judith Laikin Elkin ha iniziato la sua recensione in The American Historical Review descrivendo il libro come una "polemica di 545 pagine", che è uno strano giudizio considerando che è un libro tutto basato sui fatti e rimarchevolmente imparziale. Scrivendo su Commentary, Robert Wistrich è stato ancora più duro, affermando che la sola lettura del libro era stata per lui un'esperienza dolorosa, e che il libro era pieno di rabbia schiumante. A meno che queste persone non abbiano letto un altro libro, ho trovato i loro commenti semplicemente sorprendenti.
Non sono stato il solo a pensarla così. Richard S. Levy dell'Università dell'Illinois, noto studioso di antisemitismo, ha manifestato stupore per lo sfogo apparentemente irrazionale di Wistrich, mentre Paul Gottfried, scrivendo in Chronicles, ha sommessamente rilevato che Lindemann aveva “toccato nervi scoperti”. Da parte sua, Gottfried ha abbastanza ragionevolmente criticato Lindemann per essere stato forse un po' troppo equilibrato, a volte presentando numerose analisi contrastanti senza scegliere tra di loro. Per chi fosse interessato, una buona recensione del libro a firma di Alan Steinweis, uno studioso più giovane specializzato nello stesso argomento, è comodamente disponibile online.
La notevole ferocia con cui alcuni scrittori ebrei hanno criticato il meticoloso tentativo di Lindemann di fornire un'accurata storia dell’antisemitismo può avere più significato più ampio di una semplice polemica confinata in pubblicazioni accademiche a bassa diffusione. Se i nostri media mainstream forgiano la nostra percezione della realtà, sono però i libri accademici e gli articoli basati su di essi che tracciano i contorni di quella copertura mediatica. E la capacità di un numero relativamente piccolo di ebrei agitati ed energici di fissare i confini “accettabili” delle ricerche storiche può produrre enormi conseguenze per la società nel suo insieme, dissuadendo gli studiosi dal riferire obiettivamente i fatti storici e impedire agli studenti di scoprirli.
La verità innegabile è che, per molti secoli, gli ebrei hanno generalmente costituito un segmento ricco e privilegiato della popolazione in quasi tutti i paesi europei in cui risiedevano, e abbastanza spesso hanno tratto le loro ricchezze dallo sfruttamento estremo dei contadini oppressi. Anche quando non vi è differenza di etnia, lingua o religione, una simile situazione provoca quasi invariabilmente forte ostilità. La vittoria delle forze comuniste di Mao in Cina fu rapidamente seguita dal brutale massacro di un milione o più proprietari terrieri cinesi Han da parte dei poveri contadini cinesi Han che li consideravano crudeli oppressori, e l’ormai classico “Fanshen” di William Hinton descrive la dolorosa storia di un particolare villaggio. Quando circostanze simili hanno portato a violenti scontri nell'Europa orientale tra slavi ed ebrei, ha davvero senso logico impiegare un termine specifico come "antisemitismo" per descrivere quella situazione?
Inoltre, parte del materiale presentato nel testo piuttosto innocuo di Lindemann potrebbe anche suscitare idee potenzialmente minacciose. Si considerino, ad esempio, i famigerati Protocolli dei Dotti Anziani di Sion, quasi certamente immaginari, ma estremamente popolari e influenti negli anni successivi alla Prima Guerra mondiale e alla Rivoluzione bolscevica. La caduta di così tante dinastie gentili di lunga data e la loro sostituzione con nuovi regimi come la Russia sovietica e la Germania di Weimar, che furono pesantemente dominate dalle loro minuscole minoranze ebraiche, alimentarono in modo abbastanza naturale i sospetti di un complotto ebraico mondiale, così come il ruolo ampiamente noto degli ebrei banchieri internazionali nel finanziare questi sconvolgimenti politici.
Nel corso dei decenni, si sono fatte varie ipotesi a proposito di chi abbia ispirato i Protocolli ma, sebbene Lindemann non faccia assolutamente riferimento a quel documento, fornisce un profilo del suo ispiratore che ci pare molto intrigante. Il primo ministro britannico ebreo Benjamin Disraeli è certamente una delle figure più influenti della fine del XIX secolo e, nel suo romanzo Coningsby, colloca un personaggio che rappresenta Lord Lionel Rothschild e che si vanta dell'esistenza di una vasta e segreta rete di potenti ebrei internazionali, vicini ai capi di quasi tutte le principali nazioni, che controllano silenziosamente i loro governi da dietro le quinte. Se uno degli ebrei più politicamente ben informati promuoveva ardentemente tali nozioni, Henry Ford era davvero così irragionevole nel fare lo stesso?
Lindemann rileva inoltre che Disraeli pone l’accento sull'estrema importanza della razza e delle origini razziali, un aspetto centrale della tradizionale dottrina religiosa ebraica. Suggerisce ragionevolmente che ciò abbia sicuramente avuto un'enorme influenza sull'affermarsi di quelle idee politiche, dato che il profilo pubblico e la statura di Disraeli erano molto più grandi dei semplici scrittori o attivisti che i nostri libri di storia di solito pongono al centro della scena. In effetti, Houston Stewart Chamberlain, un importante teorico della razza, ha citato Disraeli come fonte chiave delle sue idee. Gli intellettuali ebrei come Max Nordau e Cesare Lombroso sono già ampiamente riconosciuti come figure di spicco nell'affermarsi della scienza razziale di quell'epoca, ma il ruolo sottovalutato di Disraeli potrebbe essere stato in realtà molto più grande.
Uno dei duri critici ebrei di Esau's Tears ha denunciato la Cambridge University Press addirittura per aver permesso la pubblicazione del libro. E, sebbene questa opera sia facilmente disponibile in inglese, ci sono numerosi altri casi in cui non è stata consentita la pubblicazione in inglese di opere storiche non conformiste. Per decenni, la maggior parte degli Statunitensi ha considerato il premio Nobel Alexander Solgenitsin come una delle più grandi figure letterarie del mondo, e il suo “Arcipelago Gulag” ha, da solo, venduto oltre 10 milioni di copie. E tuttavia, il suo ultimo lavoro che ricostruisce in due volumi gli ultimi tragici 200 anni di storia condivisa tra russi ed ebrei, nonostante sia uscito nel 2002 in russo e in numerose altre lingue del mondo, non ha avuto ancora una traduzione inglese autorizzata, sebbene siano circolate in internet varie edizioni parziali in forma di samizdat.
A un certo punto, una versione inglese completa è stata per breve tempo disponibile per la vendita su Amazon.com, e l'ho acquistata. Dandole un'occhiata, il lavoro mi è sembrato abbastanza equilibrato e innocuo, ma fornisce un resoconto molto più dettagliato e senza censure rispetto a qualsiasi altro lavoro precedente, e questo era –ovviamente – il problema. La Rivoluzione bolscevica provocò la morte di molte decine di milioni di persone in tutto il mondo e il travolgente ruolo dirigente che vi hanno avuto gli ebrei sarebbe più difficile da cancellare dalla memoria storica se il lavoro di Solgenitsin fosse facilmente disponibile. Inoltre, la sua sincera analisi dei comportamenti economici e politici degli ebrei russi nei periodi pre-rivoluzionari è in radicale conflitto con l'agiografia ampiamente promossa da Hollywood e dai media popolari. Il pluripremiato libro del 2004 dello storico Yuri Slezkine, The Jewish Century, racconta molti fatti simili, ma è stato considerato con maggiore superficialità e la statura pubblica dell’autore non era la stessa.
Verso la fine della sua vita, Solgenitsin diede la sua benedizione politica al presidente russo Vladimir Putin, e i leader russi lo onorarono alla sua morte, mentre i suoi volumi sui Gulag sono libri di testo nelle scuole superiori della odierna Russia cristiana. Ma, mentre la sua stella resuscitava in patria, sembra si sia bruscamente offuscata nel nostro paese.
Un paio di anni dopo l'uscita dell’ultimo saggio di Solgenitsin, una scrittrice statunitense di nome Anne Applebaum pubblicò una voluminosa storia con lo stesso titolo Gulag, e il suo lavoro ricevette una copertura mediatica enormemente favorevole e vinse un Premio Pulitzer. Ho perfino sentito dire che il suo libro ha frequentemente sostituito il precedente Gulag in molte liste di lettura del college. Ma, sebbene gli ebrei abbiano costituito un'enorme percentuale dell’alta direzione del sistema sovietico dei Gulag nei suoi primi decenni, come anche di quella del temibile NKVD che forniva i detenuti, ella attribuisce al suo gruppo etnico quasi esclusivamente il ruolo di vittima piuttosto che di torturatore. E, per grande ironia della sorte, ella ha il cognome di uno dei massimi leader bolscevichi, Hirsch Apfelbaum, che ha nascosto la sua identità ebraica chiamandosi Grigory Zinoviev.
Il notevole declino della fama letteraria di Solgenitsin in Occidente si è consumato solo un decennio o due dopo il crollo ancora più precipitoso della reputazione di David Irving, e per lo stesso motivo. Probabilmente Irving si era classificato come lo storico britannico di maggior successo a livello internazionale degli ultimi cento anni e come un noto studioso della Seconda Guerra mondiale, ma il fatto che ricorresse troppo ampiamente a prove documentali di origine primaria rappresentava un'ovvia minaccia per la narrativa ufficiale promossa da Hollywood e dalla propaganda di guerra. Quando pubblicò la sua magistrale Hitler's War, questo conflitto tra mito e realtà si aprì e un'enorme ondata di attacchi e diffamazioni si scatenò, portando gradualmente al crollo della sua reputazione e, infine, anche alla sua prigionia.
Allo stesso modo, l'accademico israeliano Ariel Toaff, figlio del rabbino capo di Roma, era considerato una delle principali autorità accademiche mondiali sull'ebraismo medievale. Ma, quando ha pubblicato la sua straordinaria analisi del 2004, che dimostrava la reale possibilità che effettivamente gli ebrei siano ricorsi nella loro storia a omicidi rituali ebraici di bambini cristiani, la tempesta di fuoco scatenata dai media ha impedito la pubblicazione del libro, e il lavoro sopravvive solo in forma di samizdat, mentre si sono levate anche richieste di condanna e arresto del suo autore.
In altri casi, la pressione dell'ADL e simili gruppi di attivisti ebrei ha portato Amazon ad eliminare completamente intere categorie di studi storici e a escludere gli editori che producono tali opere, il che riduce drasticamente la loro disponibilità al pubblico di lettori.
Tutti questi casi riguardano personaggi di alto profilo, ma sicuramente ci devono essere stati molti altri casi che hanno coinvolto autori molto meno importanti, che non hanno mai ricevuto una copertura mediatica significativa, e ancora più casi in cui gli stessi autori si sono autocensurati per evitare tali controversie. Nel corso dei decenni, ho scoperto gradualmente, attraverso la triste esperienza, che devo esercitare estrema cautela ogni volta che leggo qualcosa che riguarda argomenti di ebrei, ebraismo o Israele.
Questi importanti esempi possono aiutare a spiegare il contrasto sconcertante tra il comportamento degli ebrei come gruppo e gli ebrei come individui. Gli osservatori hanno notato che anche minoranze ebraiche abbastanza piccole possono avere notevole influenza sulle società molto più grandi che le ospitano. D'altra parte, almeno nella mia esperienza, una grande maggioranza di singoli ebrei non sembra essere o comportarsi in maniera diversa dai loro simili non ebrei. Come è possibile quindi che una comunità formata da individui che si comportano in modo non insolito sia così sorprendentemente diversa nei comportamenti collettivi? Penso che ciò dipende dalla presenza di strozzature informative e dalla capacità di un numero relativamente piccolo di ebrei particolarmente zelanti e agitati di influenzarle e controllarle.
Viviamo costantemente immersi nelle narrazioni dei media e sono queste che ci fanno decidere chi ha ragione e chi ha torto. La stragrande maggioranza delle persone, sia ebrei che gentili, si sente più forte se pensa che la sua causa sia giusta. E’ il concetto base della propaganda in tempo di guerra.
Supponiamo ora che un numero relativamente piccolo di ebrei zelanti sia noto per attaccare e denunciare sistematicamente i giornalisti o gli autori che descrivano con accuratezza i comportamenti scorretti degli ebrei. Via via nel corso del tempo, questa campagna di intimidazione potrebbe far sì che molti fatti importanti rimangano sul pavimento della sala di censura o addirittura che, gradualmente, coloro che si rifiutano di conformarsi a simili pressioni vengano esclusi dal novero delle persone rispettate. Supponiamo ancora che, contemporaneamente, quello stesso piccolo numero di ebrei zelanti esageri o gonfi sistematicamente gli atti commessi contro gli ebrei, aggiungendo le recenti esagerazioni a quelle passate già prodotte da un precedente gruppo di analoghi zelanti.
E’ possibile che queste due azioni combinate possano stravolgere la complessità di una storia molto eterogenea e trasformarla in un elementare gioco di moralità, dove gli ebrei innocenti sono sempre terribilmente vittime di malvagi odiatori di ebrei. E mano a mano che si afferma questo elementare gioco di moralità, si rafforza l’intensità con cui i successivi attivisti ebrei formulano le loro richieste, soprattutto quella i media “smettano di diffamare gli ebrei” e di nascondere i presunti mali che vengono loro inflitti. Un circolo vizioso di distorsioni provocate dall’esagerazione che a sua volta deriva da distorsioni e che, alla fine, può portare ad una Storia ufficiale che assomiglia poco alla realtà di ciò che è realmente accaduto.
Di conseguenza, la stragrande maggioranza degli ebrei ordinari, che in condizioni ordinarie si comporterebbero come tutti gli altri non ebrei, sono fuorviati da questa storia in gran parte immaginaria, e comprensibilmente si indignano grandemente per tutte le cose orribili che hanno fatto soffrire la loro gente, alcune delle quali vere e altre no, restando loro del tutto sconosciuta l’altra faccia della medaglia.
Inoltre, questa situazione è aggravata dalla tendenza comune degli ebrei a "raggrupparsi" insieme, rappresentando forse solo l'1% o il 2% della popolazione totale, ma spesso costituendo il 20% o il 40% o il 60% del gruppo professionale cui appartengono, specie in specifici settori. In tali condizioni, le idee o l'agitazione emotiva di alcuni ebrei probabilmente influenzano gli altri intorno a loro, provocando spesso ulteriori ondate di indignazione.
Per fare un'analogia approssimativa, una piccola quantità di uranio è relativamente inerte e innocua, e lo è del tutto se distribuita all'interno di minerali a bassa densità. Ma se una quantità significativa di uranio di qualità militare viene sufficientemente compressa, i neutroni rilasciati dagli atomi di fissione causeranno rapidamente la fissione di ulteriori atomi, e il risultato finale di questa reazione a catena è un'esplosione nucleare. Allo stesso modo, un ebreo anche molto agitato, da solo, non può avere alcun impatto negativo, ma se l’insieme di tali ebrei agitati diventa troppo numerosa e si raggruppa troppo da vicino, il rischio è che si trascinino l’un l’atro in una terribile frenesia, forse con conseguenze disastrose per se stessi e per gli altri. Ciò è particolarmente vero se questi ebrei agitati acquisiscono posizioni dominanti in certi snodi-chiave, come le organizzazioni politiche o i media.
Mentre la maggior parte delle organizzazioni viventi esiste esclusivamente nella realtà fisica, gli esseri umani occupano anche uno spazio ideativo, dove l'interazione della coscienza umana con la realtà percepita ha un’influenza determinante nel modellare il comportamento. Proprio come i feromoni rilasciati dai mammiferi o dagli insetti possono influenzare fortemente le reazioni dei loro familiari o compagni di nido, le idee emanate dagli individui o diffuse dei media possono avere un impatto enorme sui loro simili.
Un gruppo organizzato e coeso generalmente offre enormi vantaggi rispetto a una massa brulicante di individui atomizzati, proprio come una falange macedone potrebbe facilmente sconfiggere un corpo molto più grande di fanteria disorganizzata. Molti anni fa, su qualche sito web, mi sono imbattuto in un commento molto perspicace riguardo all'ovvia connessione tra "antisemitismo" e "razzismo", che i nostri organi mediatici tradizionali presentano come due dei più grandi mali del mondo. In questa prospettiva, l '"antisemitismo" rappresenta la tendenza a criticare o resistere alla coesione sociale ebraica, mentre il "razzismo" rappresenta il tentativo dei gentili bianchi di mantenere una simile coesione sociale propria. Nella misura in cui le emissioni ideologiche dei nostri media mainstream mirano a rafforzare e proteggere la coesione ebraica, mentre criticano e tendono a dissolvere una coesione simile da parte dei Gentili, i primi acquisteranno indiscutibili vantaggi in termini di concorrenza tra gruppi etnici.
La religione costituisce ovviamente un importante fattore unificante nei gruppi sociali umani e non possiamo ignorare il ruolo dell'ebraismo in questo senso. La dottrina religiosa ebraica tradizionale sembra considerare gli ebrei come in uno stato di ostilità permanente nei confronti di tutti i non ebrei, e il ricorso alla propaganda disonesta è una conseguenza quasi inevitabile di questo tipo di conflitto. Inoltre, dal momento che gli ebrei sono sempre stati una piccola minoranza politica, il mantenimento di principi così controversi ha richiesto l'impiego di un vasto sistema di sotterfugi e dissimulazioni per nasconderne la natura alla società più grande che li circondava. Si dice spesso che la verità è la prima vittima della guerra, e sicuramente le influenze culturali di oltre mille anni di ostilità religiosa così intensa possono continuare a influenzare tranquillamente il pensiero di molti ebrei moderni, anche quelli che hanno in gran parte abbandonato le loro credenze religiose.
La famigerata tendenza ebraica a mentire spudoratamente o esagerare selvaggiamente ha avuto a volte orribili conseguenze umane. Di recente ho scoperto un affascinante passaggio del libro di Peter Moreira del 2014 The Jew Who Defeated Hitler: Henry Morgenthau Jr., FDR, e How We Won the War , incentrato sull'importante ruolo politico di quel potente Segretario al Tesoro.
" Una svolta nella relazione di Henry Morgenthau Jr. con la comunità ebraica avvenne nel novembre 1942, quando il rabbino Stephen Wise giunse nel suo ufficio per dire al segretario cosa stava succedendo in Europa. Quando Morgenthau cominciò a sentire dei milioni di morti e dei paralumi fatti con la pelle delle vittime, pregò Wise di non entrare in dettagli eccessivi. Ma Wise continuò raccontando della barbarie dei nazisti, di come fabbricassero le saponette con la carne ebraica. Morgenthau, diventando più pallido, lo implorò, "Per favore, Stephen, non darmi i dettagli cruenti." Wise proseguì con la sua lista di orrori e Morgenthau ribadì ripetutamente la sua richiesta. Henrietta Klotz temeva che il suo capo potesse svenire. Morgenthau in seguito disse che l'incontro gli aveva cambiato la vita ".
È facile immaginare che l'accettazione ingenua da parte di Morgenthau di storie di atrocità così chiaramente ridicole abbia avuto un ruolo importante quando in seguito egli prestò il suo nome e il suo sostegno a politiche di occupazione statunitensi straordinariamente brutali, che probabilmente portarono alla morte, nel dopoguerra, di molti milioni di innocenti civili tedeschi .
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