Afrique Asie, novembre 2007

 

Tricontinentale- Dove sono i veri combattenti rivoluzionari, quelli di cui Mehdi Ben Barka, eccezionale intellettuale e uomo d’azione, era riuscito a coordinare le strategie per un mondo migliore? Al loro posto, oggi, dei djihadisti seducenti e velenosi che alimentano il terrorismo di Stato. Verrà tuttavia il giorno che la primavera rifiorirà sui tre continenti.



A domani Si-Mehdi

 


di Jean Ziegler


Davanti ai giudici, il 9 termidoro (27 luglio) 1794, Luis Antoine Saint-Just esclamò: “Tra il popolo e i suoi nemici non c’è niente di comune, niente altro se non la spada…” E’ una convinzione comune a tutti quelli che lottano per la giustizia sociale nel pianeta, era anche quella dei partecipanti al seminario afro-asiatico della fine di febbraio 1965 ad Algeri che, sotto il patrocinio di Ahmed Ben Bella, riuniva intorno a Mehdi Ben Barka e Che Guevara militanti antimperialisti  venuti da tutto il mondo.
Era stato alla metà di maggio del 1965 a Wanneba in Ghana, che si era decisa la convocazione a La Havana di una Conferenza tricontinentale dei popoli in lotta. Mehdi Ben Barka era stato nominato presidente del comitato internazionale preparatorio.
Il rifiuto radicale di un ordine mondiale omicida sta alla base di ogni lotta rivoluzionaria. Solo che questo ordine mondiale è profondamente mutato, nella struttura e nell’ideologia, dall’epoca delle riunioni di Algeri e Wanneba.. L’ordine del mondo, come è oggi, è allo stesso tempo omicida e assurdo. Omicida: 1000.000 persone muoiono di fame o per le conseguenze della fame ogni giorno. Nel 2005 ogni cinque secondi è morto di fame un bambino al di sotto dei dieci anni. Ed 854 milioni di esseri umani sono stati gravemente e permanentemente sottoalimentati. Assurdo: perché lo stesso World Food Report della FAO, che fornisce ogni anno le cifre delle vittime, calcola che l’agricoltura mondiale, nell’attuale stato di sviluppo delle forze produttive, è in grado di alimentare senza problemi (2700 calorie per ogni individuo adulto al giorno) 12 miliardi di esseri umani, vale a dire il doppio dell’umanità attuale.


Lucide analisi

Non è dunque frutto di fatalità: un bambino che muore di fame è assassinato.  Le 500 più grandi società transcontinentali private hanno controllato, nel 2005, il 52% del prodotto mondiale lordo (vale a dire tutte le ricchezze, tutti i capitali, le merci, i servizi, i brevetti etc, prodotti in una anno sulla terra). Esse funzionano esclusivamente ispirandosi al principio del massimo profitto nel minor lasso di tempo possibile. I loro dirigenti posseggono un potere che nessun papa, nessun re, nessun imperatore ha mai avuto nella storia dell’uomo.
Le oligarchie del capitale finanziario transcontinentale detengono dunque la maggior parte del potere economico, politico e ideologico sul pianeta. La capacità di legiferare degli Stati nazionali si scioglie come neve al sole. L’apparato politico-militare degli Stati Uniti d’America oggi costituisce il braccio armato, il garante protettore del potere delle oligarchie del capitale finanziario mondializzato.
Thomas Friedman , ex consigliere speciale del segretario di Stato Madeleine Albright sotto l’amministrazione Clinton, scrive: “Perché la mondializzazione funzioni, gli Stati Uniti non devono avere timore di agire come la invincibile superpotenza che in realtà sono (…) La mano invisibile del mercato non funzionerebbe mai se non vi fosse un pugno visibile. McDonald’s non potrebbe diffondersi senza McDonnel Douglas, la fabbrica degli F15. E il pugno visibile, quello che garantisce la sicurezza mondiale della tecnologia della Silicon Valley, si chiama esercito, aviazione, la forza navale e le truppe dei marines degli Stati Uniti”. (New York Times Magazine, 28 marzo 1999)
Tutto l’immenso merito storico di Mehdi Ben Barka all’inizio degli anni ’60 è stato quello di essere riuscito – con la persuasione, le analisi lucide, tanta determinazione, estrema fatica personale ed una fede incrollabile – ad incontrare i principali eserciti di liberazione nazionale dell’emisfero Sud e a coordinare le loro strategie. Come dimostra Otmane Bennai nel suo libro (Otmane Bennati, “Mehdi Ben Barka en héritage de la Tricontinentale à l’altermondialisme”, ed. Syllepse, 180 p., aprile 2007, 20 euro), Ben Barka è riuscito perfino a convincere Mao Zedong, nel corso di una discussione personale a Pechino, che la Tricontinentale non sarebbe stata una conferenza di governi, ma dei popoli di Africa, Asia e America latina e che di conseguenza sarebbe stata necessaria la partecipazione dei rappresentanti dei popoli asiatici e dell’Unione Sovietica.
L’URSS è implosa nell’agosto 1991. La Cina di Mao ha lasciato il passo ad un regime neolibnerale capitalista, dittatoriale e corrotto. I movimenti armati di liberazione non sono più oggi i protagonisti della resistenza all’ordine omicida mondiale. Non vi sono più guerriglieri che si ispirano agli ideali dei Lumi, degli intellettuali e dei leaders della tempra di Mehdi Ben Barka, che incarnano le speranze dei popoli e sono capaci di infliggere duri colpi all’apparato politico-militare imperialista. Quelli che oggi fanno arretrare o, almeno, mettono in difficoltà in qualche angolo strategico del mondo i padroni del capitalismo finanziario mondializzato e i loro cani da guardia sono uomini di una specie del tutto nuova e generalmente poco simpatica: le organizzazioni djihadiste e i gruppuscoli terroristi che attingono la loro ispirazione e la loro forza in un islam retrogrado e dogmatico.
Dall’altro lato, il terrorismo sanguinario praticato da organizzazioni transcontinentali o da gruppuscoli locali, per lo più di origine arabo-mussulmana, provoca in Occidente una perversione di tipo nuovo: il terrorismo di Stato, quello utilizzato dagli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq e da Israele in Palestina e in Libano. La barbarie islamista si riflette nella barbarie di Bush e di Olmert. E viceversa.



Busherie

Regis Debray riassume la situazione: “La scelta è tra un Impero esasperante ed un Medio Evo insopportabile” (Regis Debray, “Les Etats Unis d’Occident, tout va bien…”, Paris, 2004). Qui si impone una precisazione: ricorro al termine “islamista” perché appartiene al linguaggio corrente sia in occidente che nel mondo arabo. E’ inutile sottolineare però che i massacri alla cieca di bambini, donne e uomini, l’ossessione teocratica e il razzismo antiebreo e anticristiano sono totalmente contrari alla fede mussulmana ed agli insegnamenti del Corano.
Nella sua guerra senza limiti di tempo e senza frontiere normative contro il terrorismo, l’attuale governo degli Stati Uniti smantella blocchi interi del diritto internazionale, pratica la guerra preventiva, viola la Carta delle Nazioni Unite e utilizza la tortura su larga scala.
Mi ricordo di un pomeriggio di autunno a New York: il relatore speciale della Commissione dei diritti dell’uomo sulla tortura, Théo Van Bowen ha preso la parola mercoledì 27 ottobre 2004 davanti all’Assemblea Generale dell’ONU. Nel silenzio più assoluto, in una sala attonita, ha meticolosamente enumerato i metodi di tortura applicati dalla potenza occupante in Iraq e in Afghanistan nei confronti dei prigionieri di guerra o di semplici sospetti: lunghi periodi di privazione del sonno, detenzione in gabbie dove il prigioniero non può stare né in piedi, né seduto, né stendersi, trasferimenti di detenuti in prigioni segrete o in paesi dove sono praticati i più atroci metodi di mutilazione, violenze e umiliazioni sessuali, finte esecuzioni, morsi di cani etc…
Sono numerosi i casi nei quali dei semplici sospetti sono stati torturati fino alla morte (cfr anche: Avery F. Gordon, “D’où viennent les tortionnaires d’Abou Ghraib?”, in Le Monde Diplomatique, novembre 2006). Il presidente USA decide oramai liberamente quali tra i detenuti catturati dalle autorità nordamericane debbano beneficiare della protezione delle convenzioni di Ginevra, dei loro protocolli aggiuntivi e dei principi generali del diritto umanitario, e quali saranno liberati “legalmente”, secondo l’arbitrio dei loro carcerieri.
Nell’International Herald Tribune del 19 settembre 2006, Paul Krugman pone una questione interessante: “Perché l’amministrazione Bush è così determinata nel torturare la gente? Per dimostrare che ne ha il diritto. Il carattere saliente dell’amministrazione Bush – più fondamentale di ogni altra politica – è stato quello di rifiutare ogni limite del potere presidenziale. La tortura, credo, rappresenta appunto una trasgressione della legge e della tradizione per il presidente ed il vice presidente. Facendo di una pratica illegale ed immorale un elemento chiave della politica nordamericana, essi rivendicano il diritto a poter fare tutto quello che ritengono essere necessario”. Ancora Krugman: “Bush ha finalmente trovato le cose sulle quali vuole che i nordamericani facciano sacrifici. E queste cose sono i nostri principi ed il rispetto di noi stessi”.
Dalla notte dei tempi i popoli si ribellano. Al-Qaida è un movimento di liberazione, di emancipazione degli uomini? Evidentemente no!


Terrorismo islamista

Michel Warschawski è in Israele uno dei più influenti leader del movimento Pace Now. Ha conosciuto la prigione nel suo paese. Testimonia di un coraggio, di una lucidità impressionanti. La sua opera letteraria – Sur la frontière, Vers l’abîme (Edizioni La Fabrique, Paris), etc. – si diffonde in Europa. Egli è il cofondatore a Gerusalemme dell’Alternative Information Center e della  rivista News From Within. Recentemente, insieme a Leila Shahid, rappresentante della Palestina a Bruxelles, ha tenuto un ciclo di conferenze nelle banlieuses francesi. Al suo ritorno mi ha confidato il suo sgomento: migliaia di giovani mussulmani – ragazzi e ragazze – tra i suoi ascoltatori consideravano i movimenti terroristi islamisti come autentici movimenti di liberazione. L’errore è tragico. Perché cosa hanno da proporre questi movimenti? La charia, la mano mozzata dei ladri, la lapidazione delle donne sospettate di adulterio, la riduzione delle donne ad uno stato di essere subumano, il rifiuto della democrazia, la più abominevole regressione intellettuale, sociale spirituale.
Dal 1967 il popolo martire della Palestina sopporta una occupazione militare particolarmente feroce e cinica. Solo nei mesi di maggio-agosto 2006 e nella sola striscia di Gaza, gli “squadroni della morte israeliani” hanno assassinato 243 persone, in maggioranza donne e bambini (“Squadroni della morte” è una espressione di Michel Warschawski). Chi sono oggi i più tenaci oppositori palestinesi al regime coloniale israeliano fondato sul terrorismo di Stato? Sono i militanti della Djihad islamica, quegli uomini e quelle donne che, se trionfassero definitivamente, sprofonderebbero la magnifica società palestinese, plurireligiosa e plurietnica, nel fondamentalismo più retrogrado.
Dall’inizio della prima aggressione russa, nel 1995, il 17% della popolazione della Cecenia è stato massacrato dagli assassini di Mosca. Nella impunità più assoluta, le truppe russe commettono i crimini più atroci: torture di detenuti fino alla morte, arresti arbitrari ed esecuzioni notturne, sparizioni pure e semplici di ragazzi, estorsioni ai danni delle famiglie che desiderano recuperare i corpi mutilati dei loro ragazzi. Ora, chi sono gli avversari più efficaci degli sbirri di Putin? Ebbene, sono i wahhabiti (giordani, sauditi, turchi, ceceni), gli eredi di Schamil Basajew, comandante della base dei Boiviki, questi resistenti installati nelle montagne del Sud.
Sono dei liberatori i wahhabiti? Se per caso riuscissero a installarsi a Grozny, il popolo ceceno cadrebbe sotto il giogo di una spaventosa teocrazia.
E cosa dire del ricordo lasciato nella memoria collettiva maghrebina ed africana da Nabil Sahraoui, alias Mustapha Abu Ibrahim, da Amara Saif, detto “Abderrezak el-Para”, e da Abdelaziz Abbi, detto “Okada el-Para”, i tre defunti capi del Movimento salafista per la predicazione? Il primo, nato nel 1966 a Costantine, era un teologo erudito, appassionato di informatica, gli altri due dei bruti sanguinari, disertori dell’esercito algerino. Il nome di questi tre uomini è per sempre associato agli assassini, alle torture ed ai saccheggi inflitti ai pastori ed ai contadini dei due lati del Sahara.
Abdelaziz Al-Moukrine era stato il capo di Al Qaida per la penisola arabica. Per una curiosa  coincidenza venne ucciso nel medesimo giorno di Nabil Sahraoui, il 18 giugno 2004. Al-Moukrine è morto in un quartiere chic di Ryad, Sahraoui in una foresta della Kabylie.
Al-Moukrine resterà nelle coscienze come un Che Guevara o un Patrice Lumumba arabo? Certamente no! Il suo solo lascito, sono delle cassette piene di preghiere confuse e astiose, tutti quei corpi maciullati sul selciato delle città saudite dopo l’esplosione di camion carichi di esplosivo e delle bombe artigianali riempite di chiodi.
Il terrorismo islamista alimenta la violenza strutturale e la guerra permanente che sono alla base dell’impero nordamericano. Conforta la sua logica, in qualche modo la legittima.
Anni luce separano i djihadisti da Mehdi Ben Barka e dagli altri combattenti per la giustizia sociale nel mondo. Il sogno della djihad è un sogno di distruzione, di vendetta, di demenza e di morte. Quella di Mehdi Ben Barka e dei suoi compagni, una visione della libertà e del bene comune. La violenza irrazionale dei djihadisti è uno specchio della barbarie dei ricchi del pianeta. Il movimento democratico rivoluzionario è il solo in grado di vincere questa doppia follia.
L’autonomia delle coscienze è la più bella conquista dei Lumi. Unite e coalizzate, queste coscienze sono infatti capaci di creare un’onda che può erodere, addirittura spazzare l’impero della vergogna. Le armi della liberazione sono quelle ereditate dai rivoluzionari nordamericani e francesi della fine del XVIII secolo: i diritti e le libertà dell’uomo e della donna, il suffragio universale, l’esercizio del potere attraverso una delega revocabile, la giustizia sociale, la solidarietà tra i popoli. Queste armi sono disponibili, a portata di mano. Chiunque pensi il mondo in termini di cambiamento e solidarietà deve afferrarle senza indugio.



Risveglio delle coscienze

Mehdi Ben Barka aveva un imperativo morale. Emmanuel Kant lo definisce così: “Agisci sempre secondo la massima che vorresti, attraverso la tua volontà, divenga una legge universale”. Perché Kant sognava “un mondo di una essenza completamente diversa”. E questo mondo non può nascere se non dalla insurrezione delle coscienze autonome coalizzate. Restaurare la sovranità popolare e ritrovare la strada della ricerca del bene comune costituiscono oggi l’imperativo più urgente.
Il mondo è diventato illeggibile. Ma camminare in un tunnel non significa per forza diventare cieco. Io ricordo, come se fosse ieri, le lunghe serate passate nel 1964 e 1965, nel minuscolo appartamento al primo piano di una modesta casa di contadini a Chambésy. Si-Mehdi, come noi lo chiamavamo rispettosamente, era di una ospitalità e di una generosità inesauribili. Noi eravamo alcuni giovani studenti e studentesse che lui riceveva spesso a casa sua, la sera, per delle discussioni appassionanti. Esse mi hanno segnato per sempre. Io provo per Si-Mehdi una ammirazione ed una gratitudine senza limiti. Devo a lui gran parte della mia formazione politica.
Si-Mehdi era un professore generoso, paziente. Molto più tardi ho saputo che nello stesso periodo era stato incaricato – su mandato di Nasser e Ben Bella – dell’organizzazione della logistica, del consiglio strategico dell’insurrezione lumumbista nell’est e nel sud del Congo. Lui naturalmente non ce ne parlava mai.
Al di là del dibattito politico, c’erano i lavori manuali: Si-Mehdi e Widad, la mia moglie di allora, una giovane egiziana, ci cucinavano dei superbi piatti egiziani. Il ricordo può sembrare frivolo, ma testimonia invece dell’estrema attenzione verso gli altri (perfino i piccoli borghesi svizzeri, gli studenti naifs che eravamo) di Si_Mehdi. Più tardi ho appreso anche che durante quegli stessi mesi di inverno 1964/1965, Si-Mehdi era sfuggito a due attentati. Questo grazie all’amicale vigilanza, alla capacità dei militanti del FLN che, all’epoca, occupavano due case a Bellevue, il villaggio più vicino a Chambeésy.



Un esempio da seguire

Jean Jaures è stato assassinato il 31 luglio 1914. Se fosse vissuto, avrebbe potuto preservare l’Internazionale socialista ed  impedire lo slittamento delle classi operaie europee nello sciovinismo più abietto? Se Si-Mehdi avesse potuto, oltre l’ottobre del 1965, proseguire la sua salutare opera di graduale unificazione, di coordinamento istituzionale delle lotte di liberazione popolare, avrebbe potuto risparmiare la perversione djihadista ai popoli dominati?
Nessuno è in grado di dare una risposta.
Otmane Bennati scrive: “In questo modo si è spenta ed è scomparsa la speranza di creare una organizzazione del Terzo mondo progressista e rivoluzionaria, come la sognava e sperava Mehdi Ben Barka nello stesso momento in cui ha raggiunto l’eternità”.
Io non sono d’accordo con questa affermazione pessimista. Pablo Neruda conclude il suo Canto generale con questi versi:

 

“Poden cortar todas las flores
Pero jamas detendran la primavera”.
(I nostri nemici potranno tagliare tutti i fiori
Però mai diventeranno i padroni della primavera)

 

Domani rifiorirà la primavera. Sui tre continenti uomini e donne solidali riprenderanno la lotta per l’emancipazione dei popoli. La visione, l’esempio e la lucidità di Ben Barka, il ricordo del suo sacrificio saranno come una luce. Essa guiderà i passi degli insorgenti”.

 
 
 
  
 
 

   
    
 
   

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