Cf2R (Centre Français de Recherche sur le Renseignement), 13 settembre 2014 (trad. ossin)



Siria-Iraq: l’opposizione allo Stato Islamico nella tormenta

Alain Rodier


L’opposizione allo Stato Islamico (1), movimento chiamato peggiorativamente in arabo Daesh, si è molto indebolita in Siria. Infatti, oltre a subire colpi dalle forze di sicurezza fedeli al presidente Bachar el-Assad, perde progressivamente terreno e uomini di fronte alle azioni del “califfo Ibrahim” Abou Bakhr Al-Baghdadi. In Iraq quest’ultimo ha avviato una guerra di posizione che può durare anni


La decapitazione di Ahrar Al Sham


Martedì 9 settembre, nella provincia di Idib in Siria, una bomba è esplosa in prossimità del rifugio in cui erano riuniti i capi del movimento Ahrar Al Sham (Gli uomini liberi del Levante), un movimento della coalizione del Fronte Islamico (FI), coalizione di movimenti islamici formati sotto l’egida dell’Arabia Saudita nel 2013 per opporsi con le armi allo Stato Islamico (IS) di Al-Baghdadi. Almeno quarantasei persone sono morte in questo attentato, tra cui l’emiro del FI, Hassan Aboud, alias Abou Abdallah Al-Hamawi. Si è trattato di un attentato particolarmente bene organizzato, in quanto gli autori hanno potuto sapere esattamente dove e quando si sarebbe tenuta la riunione che raccoglieva quasi tutti i capi di Ahrar Al-Sham. E ciò nonostante che i luoghi fossero particolarmente protetti, ciò che fa pensare ad una complicità interna. Nei giorni seguenti, Hachem Al-Cheikh – alias Abou Jaber – è stato designato come nuovo capo del movimento, e Abou Salem Tahane come comandante militare. Questa rapidità nella sostituzione mostra che l’organizzazione è ben strutturata. Da notare che Abou Jaber è stato comandante di alcune unità dell’Esercito Siriano Libero, ma oggi i suoi legami con Al Qaeda sono evidenti.


Già il 25 febbraio 2014, Abou Khalid Al-Suri (Mohamad Bahaiah), ufficialmente membro dirigente di Ahrar Al-Sham – ma in realtà agente di Al Qaeda designato dal suo capo, Al-Zawahiri, per negoziare con lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) – era stato assassinato dall’ISIS. Questa vera e propria provocazione aveva costituito la dichiarazione di guerra ufficiale tra Al-Baghdadi e Al-Zawahiri, nonostante i tentativi di quest’ultimo di appianare questo scontro fino all’ultimo momento. Occorre dire che Al-Baghdadi si sente in posizione di forza nei confronti di Al Qaeda centrale, che non riesce più da tempo ad avere alcun controllo sui movimenti ad essa affiliati.


Il colpo è stato fortissimo per Al Qaeda centrale che, in modo nascosto, manovra Ahrar Al-Sham (2). Il Fronte Islamico (FI) ne è rimasto coinvolto in quanto Ahrar Al-Sham era la sua componente più forte e meglio organizzata. D’altronde tutte le forze di opposizione che lottano contro IS in Siria sono attualmente in arretramento. Ciò è dovuto al fatto che sono schiacciate tra due fronti e al fatto che le defezioni, soprattutto tra le fila dei combattenti esteri, si fanno sempre più numerose. In questo settembre 2014, gli effettivi dell’IS sono stimati dalla CIA tra i 20.000 e 31.500, dislocati tra Siria e Iraq. E’ più del doppio di quello che era stato calcolato all’inizio dell’estate! E le defezioni dagli altri gruppi non sono l’unica e sola causa di questa crescita. L’IS ha aperto dei veri e propri uffici di reclutamento nelle province di cui si è impossessato in Iraq e i salari promessi sono attraenti.



In Iraq la situazione è bloccata


Il parallelo storico è intrigante: cento anni fa cominciava la Prima Guerra Mondiale. Dopo un primo periodo di movimento, il fronte si è bloccato in una guerra di trincee, nella quale nessuno riusciva a prendere il sopravvento. Certamente in Iraq la situazione e gli uomini (3) sono completamente diversi. Ma il principio resta lo stesso: in Iraq il, o piuttosto i, fronti sono fermi senza grandi speranze di avanzate. Vale a dire che Daesh non potrà avanzare ancora nelle zone curde o sciite in quanto le popolazioni gli sono globalmente ostili.  Ma è vero anche l’inverso. I Curdi si impadroniranno solo delle zone che sono di loro interesse (i pozzi di petrolio del nord) e gli sciiti tenteranno soprattutto di rafforzare le loro posizioni e si preoccuperanno della parte centrale dell’Iraq che costeggia la frontiera iraniana. In questo avranno l’aiuto dei pasdaran iraniani che intervengono direttamente a sostegno delle milizie sciite e dei peshmerga, in quanto Teheran non può tollerare che l’IS stazioni a portata di fucile dalla sua frontiera.

Ovviamente, come nel 1914-18, vi saranno delle offensive, ma saranno molto limitate nel tempo e nello spazio.

La coalizione guidata dagli Stati Uniti intende schiacciare gli attivisti dell’IS sotto le bombe e di utilizzare i Curdi, l’esercito iracheno e l’Esercito Siriano Libero per “fare il lavoro” sul terreno. Infatti una guerra finisce sempre solo quando un fante riesce a stanare con la baionetta il nemico dal suo covo per farlo capitolare.


Come nell’esempio afghano del 2011, non vi saranno truppe al suolo, con l’eccezione delle forze speciali che assicureranno l’addestramento dei destinatari delle forniture di armi (4). Attualmente Washington (da sola o in piccola alleanza) porta avanti la stessa strategia in Somalia e in Yemen. Questi due esempi mostrano cosa potrà accadere in Iraq. Una guerra di lunga durata senza risultati decisivi nell’immediato, ma con episodi terroristi all’estero. In qualche modo dei catalizzatori.


La soluzione sta, in un primo tempo, nel rovesciamento di posizione delle tribù sunnite e degli ex quadri del partito Baas iracheno che hanno accolto la comparsa dell’IS con entusiasmo, tanto si sentivano perseguitati dal governo settario di Al-Maliki. Ma per ottenere questo bisognerà promettere loro di reintegrarli pienamente nelle strutture dello Stato iracheno, ciò che non tanto facile, tanto è forte la diffidenza tra sciiti e sunniti. Altre difficoltà rischiano di sorgere tra l’Iran e l’Arabia Saudita, che continuano ad esercitare la loro influenza in Medio Oriente.


Se per caso l’IS dovesse rifluire sotto la spinta USA, non per questo la guerra sarebbe terminata, essendo assai probabile che gli jihadisti ripiegherebbero sulla vicina Siria. Da notare che l’IS vi ha già trasportato gran parte delle armi abbandonate dall’esercito iracheno in giugno-luglio. In Siria l’equazione è complicatissima perché gli Statunitensi, checché ne dicano (5), non posso fare quello che vogliono. Sicuramente Bachar al-Assad non è fortissimo, ma il suo regime è sostenuto da Mosca e da Teheran (6). Per il momento Washington si sforza, con una costanza impressionante, a continuare ad umiliare Mosca nell’ambito delle sanzioni prese in occasione della crisi ucraina (7). Questo non crea certo le condizioni favorevoli ad una cooperazione per risolvere il problema siriano, come fu possibile per le armi chimiche, nello spazio di un anno. Mosca già definisce ogni attacco in Siria come illegale secondo il diritto internazionale. E’ vero che una delle condizioni per indebolire fortemente l’IS è di tagliare le sue risorse petrolifere. Per fare ciò si raccomanderebbe la distruzione con bombardamento dei pozzi, con tutte le conseguenze ecologiche che questo comporta. Altra possibilità da non escludere: se gli Statunitensi bombardano le posizioni dell’IS, perché non attaccare anche le istallazioni strategiche siriane?  E qui tutti gli incidenti sono possibili.



Note:


(1) Vedi : www.ossin.org, agosto 2104 – Califfato islamico, come funziona? http://www.ossin.org/iraq/califfato-islam-come-funzionare.html
Lo Stato islamico, oggi “Califfato”, si è chiamato prima Stato Islamico dell’Iraq (ISI), poi Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), quando ha esteso la sua jihad anche in Siria

(2) Si ritiene che anche il Fronte al-nosra si sia considerevolmente indebolito, giacché molti suoi attivisti tendono a passare con l’IS, nobilitato dalle sue vittorie

(3) Soprattutto gli effettivi che oggi possono considerarsi un numero trascurabile in confronto ai milioni di uomini impiegati nella guerra 1914-18

(4) La lettura delle istruzioni non è sufficiente. Occorre un servizio di assistenza post vendita. Altre missioni discrete possono anche essere svolte, come il servizio di intelligence e il lancio di missili aria-suolo in prossimità delle linee

(5) Sono folli le dichiarazioni marziali fatte dei leader statunitensi, seguite da fiaschi clamorosi. E’ ancora più folle come gli omologhi europei in generale, e francesi in particolare, sembrino credervi

(6) L’individuo in sé li interessa poco. E’ il regime, loro favorevole, che vogliono preservare. Se per fare questo sarà necessario sacrificarlo, nessun dubbio che ciò non porrà alcun problema alla Russia e all’Iran

(7) Crisi totalmente enfatizzata e scatenata volontariamente sotto banco da Washington, il cui obiettivo è di circoscrivere la volontà di rinascita della “Eterna Russia”. Gli Stati Uniti intendono restare la prima Potenza politica ed economica mondiale. Fanno quello che è necessario per ottenere questo risultato
 

 

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