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Intervista esclusiva a Mohamed Addelaziz:

L’intervista si svolge nella sede della segreteria generale del Fronte Polisario, nel campo di Rabouni, “capitale amministrativa” della RASD. Siamo in una grande sala di ricevimento spartana, illuminata al neon, arredata con una ventina di poltrone. Solo per decorazione qualche pianta e delle bandiere saharaoui. Mentre noi ci aspettavamo una intervista ridotta, per la quale Mohamed Abdelaziz sarebbe stato assistito, al massimo, da uno o due consiglieri…. con nostra grande sorpresa, sono una buona ventina di persone che entrano con lui nella sala! Ce li presenta uno ad uno ed insiste sulla presenza di giornalisti saharaoui tra loro.
Mohamed Abdelaziz ci chiede notizie del Marocco, che non ha più rivisto dall’inizio degli anni ’70. Vuole sapere quanti abitanti ha Casablanca oggi, se lo sviluppo urbanistico le ha fatto raggiungere Mohammedia o non ancora… la conversazione passa all’annata agricola, poi, letteralmente, alla pioggia e al bel tempo.
Quando cacciamo i nostri taccuini e i nostri registratori per cominciare l’intervista, Mohamed Abdelaziz ci dice di preferire un’intervista aperta, alla quale possano partecipare tutti i presenti. Poi, senza lasciarci il tempo di reagire… dà la parola ad uno dei giornalisti che l’accompagnano! Il  giornalista vuole sapere se noi avremo “problemi”, quando saremo tornati in Marocco, per avere visitato i campi del Polisario ed avere incontrato il presidente. Rispondiamo che, visto che bisogna rischiare dei “problemi”, tanto vale intervistare direttamente il presidente, come era previsto. Altri due giornalisti ci rivolgono domande dello stesso genere. Due volte ancora noi torniamo su Mohamed Abdelaziz. Alla fine l’intervista comincia…

 

D: Quattro rounds di negoziati a Manhasset ed ancora nessun passo in avanti tra il Marocco e il Polisario…. Siamo all’impasse?
R: No, non direi questo. I colloqui sono ancora in corso, e tutte le parti sono d’accordo a continuare il processo. In sé, si tratta di una buona cosa. Questi negoziati, insisto su questo, sono molto importanti. Un conflitto come questo, durato tanti anni, non può trovare soluzione se non attorno ad un tavolo di negoziato. Comunque noi del Polisario siamo convinti che non esiste una via di uscita militare a questo conflitto, che ciò sia a favore dei Marocchini o dei Saharaoui.

 

D: Tuttavia avete minacciato più di una volta di riprendere la guerra. Avete cambiato posizione?
R: Non abbiamo cambiato idea. Ma il Fronte Polisario non ha mai detto che voleva risolvere il conflitto militarmente. Non è questa la sua ambizione. Il popolo saharaoui preferisce la strada della pace, vale a dire dei negoziati. Ma se malauguratamente l’altra parte ci mettesse di fronte al fatto compiuto, come ha già fatto per il passato, saremmo obbligati a rispondere con le armi per difendere il nostro diritto all’autodeterminazione. Un diritto che, lo ricordo, ci è riconosciuto dalla comunità internazionale.

 

D: Peter Van Walsum, l’inviato personale del Segretario generale dell’ONU, ha dichiarato che l’indipendenza del Sahara sarebbe “fuori portata” e che il Polisario “dovrebbe diventare realista”. Il Consiglio di sicurezza, come d’altronde gli Stati Uniti, la Francia e la Spagna, hanno salutato il piano di autonomia marocchino e l’hanno giudicato “serio e credibile”. Sul piano diplomatico siete sempre più isolati…
R: Niente affatto.  Il discorso di Walsum, che viene fatto – è il caso di ricordarlo – a titolo personale, è pieno di contraddizioni. Da un lato dice che è legittima la lotta del popolo sahraoui, e dall’altra dice che è irrealistica. E’ una cosa insensata. Con questa uscita, Walsum ha perso ogni credibilità come mediatore, si è escluso da solo dal processo negoziale. Per quello che concerne il Consiglio di sicurezza, ha sempre affermato tre cose essenziali nelle sue risoluzioni: primo, che il conflitto del Sahara occidentale è una questione di decolonizzazione. Secondo, che le due parti coinvolte sono il Marocco ed il Fronte Polisario. E terzo, qualsiasi esito deve garantire al popolo saharaoui il diritto all’autodeterminazione. Queste risoluzioni sono state adottate da tutti i membri del Consiglio di sicurezza, tra cui la Francia, la Spagna e gli Stati Uniti, che d’altronde non rappresentano affatto la comunità internazionale. Vi sono altri paesi importanti come l’Africa del Sud, Panama, Costa Rica, la Cina o la Russia che hanno avuto anche loro qualcosa da dire in questa storia. Dunque non sono d’accordo con quelli che sostengono che il popolo saharaoui è isolato. Si trova al contrario in una situazione confortevole, molto confortevole.
 

 

D: Non pensate che, proponendo l’autonomia, il Marocco abbia fatto un passo in avanti?
R: In conseguenza di questa proposta il Consiglio di sicurezza ha invitato a dei negoziati senza condizioni per arrivare ad una soluzione politica che garantisca il diritto all’autodeterminazione del popolo saharaoui. Il progetto marocchino si pone in contraddizione con questa richiesta della comunità internazionale. Esigendo che la soluzione si situi nell’ambito dell’autonomia, il Marocco non ci lascia alcuna scelta e cerca di imporci le sue condizioni. Da parte nostra, noi lasciamo la porta aperta all’autonomia, all’integrazione o all’indipendenza. Liberi i saharaoui di scegliere.

 

D: Supponga che il referendum un giorno si tenga e che vinca il Marocco. Accettereste di integrarvi?
R: La domanda non dovrebbe essere posta a me, ma piuttosto al popolo saharaoui. Se passa l’opzione dell’integrazione o dell’autonomia, questo vorrà dire che la maggioranza dei saharaoui l’avranno scelta. In tal caso, naturalmente se il referendum si svolgerà in modo libero e democratico, il Fronte Polisario si adeguerà alla scelta della maggioranza.

 

D: Cosa pensa dei saharaoui che hanno scelto di aderire al Marocco?
R: Non voglio dilungarmi su questa questione. A paragone nostro, il Regno del Marocco dispone di mezzi considerevoli, sia sul piano finanziario, militare, umano, psicologico… Li usa come crede ed è tanto meglio per lui…

 

D: Voci, dal seno stesso del Fronte Polisario, come il movimento Khat Achahid, si sono recentemente levate per denunciare l’assenza di democrazia nel movimento. Cosa risponde? Soprattutto a proposito del fatto che la vostra Costituzione stabilisce che il fronte Polisario è il solo ambito nel quale il popolo saharaoui ha il diritto di esprimersi…
R:  Oggi nei campi non c’è una sola persona che vi dirà che gli è stato impedito qualche volta di esprimersi. Il movimento Khat Achahid, al quale vi riferite, semplicemente non esiste. Potete verificarlo voi stessi tra il popolo saharaoui. Il Fronte Polisario, dalla sua nascita, è un movimento democratico e popolare. Prova ne sono i nostri congressi, che hanno luogo ogni tre o quattro anni, che sono un’occasione perché ciascuno dica liberamente ciò che pensa del nostro movimento, un’occasione di contestare le istituzioni, i nostri programmi…

 

D: Tuttavia la Costituzione della RASD le concede prerogative quasi assolute. Lei nomina i giudici, se il Parlamento non è d’accordo col governo, lei può scioglierlo…
R: Prima di tutto sia il Segretario generale, che la Segreteria generale che è composta di 29 membri e che è la direzione collegiale del Fronte Polisario, sono democraticamente eletti ogni tre o quattro anni da un congresso popolare, al quale partecipano 2000 congressisti, essi stessi democraticamente eletti. Allora quelli che dicono che i nostri congressi sono delle mascherate sono dei mentitori. Inoltre il Segretario Generale non nomina i giudici. Firma i decreti di nomina, come è normale, come in molti paesi del mondo. Per quello che riguarda il governo, è sotto il controllo del Parlamento che può farlo cadere in ogni momento. E’ d’altra parte quello che è successo nel 1999, un fatto che non si è mai vista in Marocco, né in alcun altro paese della regione.

 

D: Ma per diventare parlamentare, bisogna essere stati prima nominati ad un posto di responsabilità pubblica. Da lei…
R: Questa disposizione ha l’unico obiettivo di garantirci dei parlamentari di un certo livello

 

D: L’Algeria vi sostiene dall’inizio del conflitto. Non avete l’impressione di essere una carta che utilizza contro il Marocco, nell’ambito di un conflitto per la leadership regionale?
R: Sinceramente non lo penso. Dal tempo del protettorato spagnolo, l’Algeria ha rifiutato di essere associata alla spartizione del Sahara occidentale. Ha preferito schierarsi dalla parte della legalità internazionale, sostenendo il nostro diritto all’autodeterminazione, e non ha mai cambiato posizione. Quando siamo stati cacciati dalla nostra terra, l’Algeria ci ha accolto e per questo noi le saremo sempre debitori. Ma contrariamente a ciò che alcuni dicono in giro, l’Algeria non ci ha mai imposto né chiesto nulla. Quando noi recupereremo la nostra terra, vedrete che l’Algeria non avrà alcuna presenza nel Sahara, né in alcun passaggio verso l’Atlantico. Se lo avesse voluto, avrebbe potuto chiederlo al Marocco, che certamente non glielo avrebbe rifiutato. D’altronde il Marocco lo ha già fatto, permettendo al gas algerino di attraversare il suo territorio.

 

D: Gli ex prigionieri militari marocchini chiedono le scuse del Fronte Polisario per quanto hanno subito nei campi. Sareste pronti a farle?
R: Io non vedo perché dovremmo. Nonostante siano venuti da noi per uccidere i nostri figli coi loro aerei e i loro tanks, noi li abbiamo trattati quanto meno come fratelli. Non li avremmo potuti trattare altrimenti, noi siamo mussulmani, sarebbe stato contro i nostri valori. Godevano anche di vantaggi che il popolo saharaoui non aveva. Mangiavano quando avevano fame, mentre noi non avevamo niente da mettere sotto i denti, erano ben vestiti mentre noi non portavamo quasi niente addosso… Tutto quelli che oggi dicono il contrario sono manipolati dalle autorità marocchine

 

D: Cosa ha da dire sul rapporto della Fondazione France Libertés che ha accusato il Polisario, nel 2003, di attentati ai diritti umani dei prigionieri?
R: Questo rapporto era semplicemente commissionato dal Makhzen, come quello che aveva redatto Claude Moniquet. Questa ONG ha approfittato della nostra ingenuità, le abbiamo aperto tutte le porte e, alla fine, ha prodotto un documento totalmente menzognero.

 

D: Alcuni militari marocchini sono morti nei campi durante la prigionia. Le famiglie ne reclamano le spoglie. Sareste disposti a renderle?
R: Queste spoglie sono sepolte in un cimitero a loro riservato. Tutte le tombe sono identificate, e sorvegliate 24 ore su 24. Se le autorità marocchine desiderano riaverle, noi non abbiamo niente in contrario. Sarà sufficiente rivolgersi al Comitato Internazionale della Croce Rossa, che è abilitato a trattare queste questioni.

 

D: Nel suo ultimo rapporto, Amnesty International ha chiesto la fine dell’impunità di cui ancora beneficiano i responsabili del Polisario accusati di attentati ai diritti dell’uomo negli anni ’70 e ’80. Accoglierete questa richiesta?
R: Durante questo periodo è vero che vi sono stati degli eccessi. Eravamo in guerra contro un nemico che utilizzava dei metodi barbari, seppellendo vivi i nostri combattenti, bruciandoli vivi… Noi non eravamo del tutto pronti a questo genere di cose e ci siamo adattati come abbiamo potuto per assicurare la sicurezza del nostro popolo. E’ vero che qualche volta ci siamo sbagliati, ma non è proprio della natura umana di sbagliare qualche volta? Alla fine degli anni ’80 abbiamo deciso di voltare questa pagina, assumendoci le nostre responsabilità. Abbiamo creato delle commissioni di inchiesta, ci siamo scusati con tutte le vittime e le abbiamo indennizzate per chiudere definitivamente questo dossier. C’è stato un consenso nazionale intorno a queste iniziative.

 

D: Suo padre è vicino al regime marocchino ed ha pubblicamente rinnegato la sua causa. Che cosa ne pensa? Desidererebbe incontrarlo, parlarne con lui?
R: Ognuno ha il diritto di avere le idee che vuole.

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