Crisi Siriana
La riconquista di Palmira cambia la narrazione occidentale
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Crisi siriana, aprile 2016 - La liberazione di Palmira segna una svolta decisiva nella guerra contro la Siria. Essa pone in parte fine alle menzogne che hanno accompagnato il conflitto (nella foto, la riconquista di Palmira)
Moon of Alabama, 28 marzo 2016 (trad. ossin)
La riconquista di Palmira cambia la narrazione occidentale
Richard Galustian
La liberazione di Palmira segna una svolta decisiva nella guerra contro la Siria. Benché l’Esercito Arabo Siriano e i suoi alleati abbiano riportato anche altri successi militari, la pubblicità che ha accompagnato la ripresa delle celebri rovine romane di Palmira ha un valore ben superiore rispetto a tutte le precedenti vittorie. Essa pone in parte fine alle menzogne che hanno accompagnato il conflitto
Il governo siriano non è più il “regime di Assad” e l’esercito arabo siriano non viene più indicato con l’appellativo di “forze di Assad”. Lo stesso Ban Ki-moon, il capo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, si è felicitato col governo siriano per il successo ottenuto:
Nel corso di una conferenza stampa in Giordania, Ban ha detto che si sentiva “incoraggiato” dal fatto che il sito del patrimonio mondiale dell’UNESCO non era più nelle mani degli estremisti e che il governo siriano “fosse attualmente in grado di preservare e proteggere questo patrimonio culturale comune dell’umanità”.
Le apparecchiature di guerra elettroniche russe, capaci di disturbare i segnali elettromagnetici intorno a Palmira, hanno giocato un grande ruolo nella sua liberazione. Lo Stato Islamico aveva minato le rovine con congegni esplosivi improvvisati, ma non è stato in grado di farli esplodere a distanza.
La fantasiosa idea che i governi siriani e russo fossero in combutta con lo Stato Islamico, diffusa da diversi propagandisti oltre che dai governi britannico e statunitense, non regge più. Ciononostante si continuano a leggere altre menzogne:
“Celebrandone la liberazione, si è colta l’occasione per discutere delle ragioni per cui a suo tempo Palmira era caduta. Si è detto che lo Stato Islamico, quando se ne era impadronito in maggio, aveva incontrato scarsa resistenza da parte delle truppe siriane. E che, all’epoca, gli abitanti dicevano che gli ufficiali e i miliziani se ne erano scappati tra gli uliveti fuori città, lasciando gli abitanti e i coscritti solI contro il nemico”.
Si tratta di un racconto totalmente privo di senso. L’offensiva che ha permesso allo Stato Islamico di impadronirsi di Palmira è durata tredici giorni, dal 13 al 26 maggio 2015. Ha comportato intensi combattimenti, con molte controffensive dell’esercito siriano nel corso di quei giorni. Quando, alla fine, lo Stato Islamico conquistò la città, l’esercito siriano si impegnò immediatamente un’operazione più importante per riprenderla. Essa venne lanciata con successo nel luglio 2015 ma, in assenza di appoggio aereo, le conquiste territoriali vennero nuovamente perdute dopo una settimana.
Durante tutti i combattimenti intorno a Palmira dell’anno 2015, l’aviazione USA, che sosteneva di combattere contro lo Stato Islamico in Iraq e in Siria, non è in alcun modo intervenuta. ISIS era libera di rifornirsi attraverso il deserto aperto dell’est della Siria.
Se lo Stato Islamico è riuscito a prendere Palmira, ciò è accaduto solo perché le forze del governo siriano dovevano, contemporaneamente, fronteggiare un pesante attacco di Al Qaeda e delle forze jihadiste mercenarie della CIA, nel governatorato di Idlib. L’esercito siriano fu costretto a ritirare delle truppe da Palmira per difendere Idlib e Laodicea, e le forze lasciate a presidiare il sito storico non erano abbastanza forti per poter respingere l’attacco dello Stato Islamico.
L’offensiva su Idlib, nella quale la CIA ha consentito ai suoi mercenari di collaborare direttamente con Al Qaeda, venne appoggiata dalla guerra elettronica della Turchia che interferì nelle comunicazioni militari siriane. Questo attacco nel quale si è manifestata la collaborazione tra jihadisti e servizi segreti turchi e statunitensi, fu proprio quello che convinse la Russia e l’Iran ad intervenire nel conflitto con proprie forze. Secondo questi due paesi, la linea rossa era stata superata.
Hanno quindi cominciato a scremare tutti i ribelli che costituivano un pericolo immediato per il governo siriano. Dopo l’imboscata tesa dalla Turchia ad un jet russo, tutte le forze ribelli sostenute dalla Turchia sono diventate dei bersagli prioritari. Quando poi si fu consolidato il successo di queste ampie offensive a Laodicea e intorno ad Aleppo, la Russia impose un cessate il fuoco alle forze sostenute dagli Stati Uniti e al governo siriano. Esso ha liberato le forze siriane, iraniane e russe che erano necessarie per riprendere Palmira. Di là l’attacco prosegue verso Deir Ezzor, a est, e poi verso Raqqa.
La vittoria di Palmira costituisce la più grande disfatta dello Stato Islamico fino ad oggi. Ciò pone un problema all’amministrazione Obama:
Washington sostiene che obiettivo degli Stati Uniti e dei loro alleati è la guerra contro lo Stato Islamico, sostenendo che invece Mosca attacca i ribelli moderati al posto degli estremisti. Palmira dimostra una verità completamente diversa.
Felicitazioni, per quanto sempre cariche della obbligatoria retorica anti-Assad, giungono adesso dagli orizzonti meno attesi, come il sindaco conservatore di Londra (Boris Johnson, nella foto a destra):
“Non posso nascondere la mia gioia alla notizia che Palmira è stata ripresa e che l’esercito siriano ha veramente ripreso il controllo di tutto il sito dell’UNESCO.
Le rovine sono state forse minate, ma i terroristi sono in fuga. Allora dico Hurrà! Bravo! Continuate così!”
Io mi unisco a lui.