Crisi Siriana
La Francia in guerra contro la Siria
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Stratediplo, 8 settembre 2015 (trad. ossin)
La Francia in guerra contro la Siria
Sembra che attualmente certe sfere governative parigine siano attivamente impegnate nella ricerca di una giustificazione legale o qualche base giuridica ad una aggressione francese contro la Siria. Non le troveranno
Non esiste alcuna possibile giustificazione legale, nel diritto internazionale attuale (ispirato al principio della sacrosanta sovranità degli Stati), ad una aggressione da parte di un paese terzo. Unica eccezione potrebbe essere una autorizzazione all’uso della forza, concesso dall’Organizzazione delle Nazioni Unite in considerazione di un’ imminente minaccia alla pace mondiale, vale a dire l’imminenza di un attacco da parte del paese preso di mira. Ma, non solo la Francia non ha chiesto una simile autorizzazione, ma le sarebbe difficile argomentarla dal momento che la Siria non minaccia alcuno dei suoi vicini. Tuttavia questa aggressione legalmente ingiustificabile, in se stessa, realizzerebbe quella fattispecie giuridica specifica del diritto internazionale che è lo stato di guerra. L’elemento generatore dello stato di guerra può essere sia la dichiarazione, sia l’attuazione manifesta di essa. La stessa espressione “dichiarazione di guerra” ricomprende due ipotesi: quella dell’annuncio rivolto al nemico, sia in termini espliciti (“oramai siamo in guerra”), sia impliciti (“se non ottempererete a questo ultimatum nel termine di 48 ore, saremmo in guerra”), e l’altra che è una semplice constatazione, in questo caso generalmente indirizzata alla propria popolazione piuttosto che al nemico (“da stamattina siamo in guerra”). Il 3 settembre 1939, per esempio, il governo francese annunciò alla popolazione che la Francia era in guerra contro la Germania, mentre la comunicazione ufficiale trasmessa a quest’ultimo paese non menzionava il termine sgradevole di “guerra”.
Si dirà che nel caso di specie non si tratta di attaccare la Siria, ma le posizioni dello Stato Islamico. L’obiezione però non è pertinente, almeno fin quando non si riconoscerà la sovranità dello Stato Islamico, le cui postazioni si trovano sia in Siria che in Iraq. Questo sedicente Stato non è un soggetto di diritto internazionale, l’unico soggetto di diritto internazionale sul suolo siriano è la Siria. Attaccare chicchessia in Siria significherebbe violare la sovranità di questo paese (salvo che fosse esso stesso a chiedere un aiuto militare) e significherebbe aggredire i suoi cittadini e i suoi beni. In quanto coloro che si trovano sotto il controllo del sedicente Stato Islamico, che siano Siriani, Iracheni, Francesi o di qualsiasi altra nazionalità, quando si trovano sul territorio della Siria, devono essere considerati residenti (legali o clandestini) del paese e deve ritenersi che essi siano sottoposti alle leggi dello Stato siriano, l’unico a detenere il monopolio dell’uso della forza contro qualsiasi persona presente sul suo territorio. Vero è che in alcune porzioni del territorio siriano (e per colpa soprattutto della Francia) l’autorità dello Stato non viene più rispettata, i servizi pubblici sono assenti e un altro ordinamento è, di fatto, applicato, ma lo stesso accade per certi versi anche in Francia senza che, per questo, tali enclave debbano considerarsi extraterritoriali: allo stesso modo, tutti i paesi del mondo (salvo l’occupante) riconoscono la sovranità del governo cipriota sull’insieme dell’isola, e questo anche se una buona metà è sottratta al suo controllo da una generazione e mezzo.
Salvo errori, se l’URSS o la Turchia avessero inviato una flotta aerea a bombardare in Francia le posizioni dell’Esercito segreto armeno di liberazione dell’Armenia, la Francia avrebbe considerato ciò (a giusta ragione) come un’aggressione.
Pare che si cerchi un argomento che faccia perno sul diritto di inseguimento. Però lo Stato Islamico non ha commesso alcuna aggressione contro la Francia, che si trova a diverse migliaia di chilometri dalla sua sfera di operatività, e comunque il diritto di inseguimento può opporsi solo in caso di una reazione immediata e senza soluzione di continuità rispetto alla flagranza di un delitto. Cessata la flagranza del delitto e interrotto l’inseguimento, se la Francia ha qualche lagnanza da rivolgere alle bande armate che suppone abbiano trovato rifugio in Siria, dovrà chiederne il processo o l’estradizione adottando le procedure previste in tali casi nelle relazioni tra gli Stati.
In assenza di argomenti giuridici, si ricorrerà a pretesti morali, come le mostruose azioni dello Stato Islamico, pretendendo di dimenticare che la Francia (non certo da sola) ha dato il via libera, con una aggressione militare seguita da una occupazione, a crimini esattamente simili, vale a dire mutilazioni e decapitazioni coi coltelli, stupri sistematici, sterminio di interi villaggi, estrazione e commercializzazione di organi umani (lo Stata Islamico sparge “solo” sangue), riduzione in schiavitù e commercio delle donne, distruzioni di siti archeologici (appartenenti al patrimonio dell’umanità) antecedenti alla islamizzazione, insomma tutti i crimini che vengono oggi imputati allo Stato Islamico, praticati su grande scala in Kosovo e Metochia dal 1999 ad oggi.
Sempre sul piano morale, si sosterrà che non si possono lasciare intere popolazioni sotto quel giogo senza fare niente. Vi sono però altre possibilità di intervento, la prima delle quali è quella di esercitare pressioni sull’alleato della Francia, gli Stati Uniti d’America, perché ritiri l’ingiunzione rivolta qualche giorno fa ai governi greco e bulgaro, di vietare il passaggio degli aiuti umanitari russi: il primo soccorso dovrebbe essere proprio quello di lasciare passare questi aiuti che, come per le popolazioni civili bombardate dall’esercito ex ucraino, nessun paese della NATO si preoccupa di offrire. Un’altra possibilità di azione potrebbe essere l’immediata interruzione degli aiuti militari (materiali e di addestramento) ai nemici della Siria. Quattro anni di pretesi errori dimostrano una indiscutibile evidenza: in Siria non esiste altro se non le forze della Siria e quelle dei suoi nemici; il fatto definire “amici della Siria” dei faziosi estremisti islamisti armati non li rende, per ciò solo, moderati. Come si poteva prevedere, le armi e i guerriglieri dell’Esercito Siriano Libero sono passati al Fronte Al Nusra (Al Qaeda) e allo Stato Islamico: vi potranno pure essere delle scaramucce tra le fazioni, o dei cambiamenti estetici di nomi, ma già si sapeva che il gruppo più potente avrebbe assorbito i più piccoli fino ad essere a sua volta assorbito da qualcuno più potente di lui. Si è addestrata e armata una guerriglia per conquistare la Siria ed essa lo sta facendo. Il solo modo di fermarla, se oggi si giudicano male i metodi che ha usato dal 2011, è da un lato di smettere di armarla e finanziarla, dall’altro, di armare e aiutare il governo del paese.
Al contrario, limitarsi a infastidire (o fare finta, come gli Stati Uniti) ISIS con qualche bombardamento aereo, non seguito da un’azione terrestre che è l’unico modo per poterlo eliminare, da un lato accresce la sua popolarità e rende più facile il reclutamento, dall’altro lo innervosisce. Naturalmente il governo francese probabilmente considera questo come un inconveniente di scarsa importanza se il vero obiettivo della sua aggressione contro la Siria è, come lo è stato fino ad ora, quello di rovesciare il governo siriano e distruggere l’ultima società multiculturale, multiconfessionale e pacifica del Medio Oriente. La riforma costituzionale del 2008 ha conferito tutti i poteri al governo francese per aggredire un paese terzo senza autorizzazione parlamentare per la dichiarazione di guerra, il regime ha posto dunque la Francia in stato di guerra contro la Siria. Ma in questa premeditata escalation, è forse la Russia (che la stampa britannica accusava falsamente la settimana scorsa di intervento militare in Siria) con cui si spera di potersi scontrare nei combattimenti aerei.