Crisi Siriana
Imbroglio: Infosyrie era al meeting “pro-siriano” di Bernard Henri-Levy
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Infosyrie – 5 luglio 2011
Imbroglio: Infosyrie era al meeting “pro-siriano” di Bernard Henri-Levy
Louis Denghien
E’ nella cornice elegante ed eminentemente bobo(*) del cinema Saint Germain de Près, a un tiro di tappo di champagne dal celebre caffè dei Deux Magots, che il dandy, lobbista, atlanto-sionista e impostore letterario Bernard Henri-Levy, lunedì 4 luglio (giorno dell’Independence Day USA, a proposito), ha organizzato la manifestazione di presentazione della sua associazione-gadget SOS Syrie, alla presenza di personalità ben conosciute per il loro impegno filo-palestinese e filo-arabo in generale come Laurent Fabius, Bernard Kouchner, André Glucksmann, Frédéric Encel, Fadela Amara, che giocava qui il ruolo di harki (soldato algerino ausiliario nell’esercito francese in Algeria, ndt) e Dominique Sopo, patron di SOS Racisme, quello della politica antirazzista. Naturalmente Infosyrie aveva il dovere di essere presente a questa ultima manipolazione politico-mediatica assai parigina, poco prima delle vacanze. Cose viste e sentite.
(Quasi) più CRS(**) che partecipanti
Per prima cosa si notano una ventina di veicoli del CRS che riempiono il boulevard Saint-Germain e poi la via Bonaparte; sembra che l’iniziativa di BHL e della sua rivista atlantista in lingua francese, La Regle du Jeu, abbia suscitato reazioni contrastanti negli ambienti arabi parigini. Davanti al cinema un centinaio di persone, poliziotti in borghese compresi, alcuni impegnati in discussioni sul Medio oriente. Fin dall’ingresso si ha l’impressione di un evento mondano oltre che politico: vi sono hostess che accolgono il people dell’americano-sionismo parigino e lo accompagnano nel settore VIP della riunione. Ovviamente noi andiamo nella platea; si notano, appoggiati al muro quattro o cinque omoni evidentemente incaricati del servizio di ordine (forse assoldati da SOS Racisme, partner della serata). La sala del cinema contiene 208 posti a sedere. Essi si riempiono a poco a poco tutti, con il rinforzo dei giornalisti, e una cinquantina di persone restano in piedi o sedute sulla moquette. Un’occhiata in giro conferma che gli Arabi sono una netta minoranza in questa platea (come tra i padrini di SOS Syrie, beccati questa!). Compare presto BHL, che ha indossato la sua tenuta regolamentare di intello-combattente: abito grigio di buon taglio, camicia bianca aperta, messa in piega da vecchio ragazzino e aria grave e interessata. Un po’ più lontano, il suo alter ego meno elegante André Clucksmann concede un’intervista ad uno dei tanti microfoni presenti a questo avvenimento minuscolo, ma abbondantemente pubblicizzato. Un giornalista arabo parla interminabilmente davanti alla telecamera di una televisione non identificata. Seduto in ultima fila, il giornalista di France 2 Philippe Rochot, ostaggio in Libano nel 1986, viene intervistato da una signora di RFI: spiega che, seppure non sia disposto a condividere tutto quanto sarà detto nella serata, pure è contento che ci si interessi della Siria; la giornalista gli fa notare che l’iniziativa è stata oggetto di polemiche; Rochot ammette che i suoi organizzatori sono molto connotati, ma insomma…
I lavori cominciano poco prima delle 21, con un film di una quindicina di minuti che ripercorre la storia della Siria indipendente, e si arriva rapidamente all’attualità: scene di manifestazioni, di vittime sanguinanti e poliziotti repressivi si susseguono; ovviamente si parla molto di Hamza, un bambino rimasto ucciso nel corso di una manifestazione a Deraa, il cui cadavere sfigurato viene ritualmente presentato come se recasse tracce di tortura; si ha anche diritto ad una piccola sequenza dedicata al colonnello Harmoush, un disertore dell’esercito siriano che pretendeva, soprattutto davanti alle telecamere della BBC, di aver salvato la popolazione di Jirs al-Choughour sistemando mine anticarro con una ventina dei suoi uomini. Poi è stata la stessa BBC a riconoscere che forse il colonnello è un disertore, ma certamente é un imbroglione: ognuno ha i testimoni che si merita. A proposito di testimoni, l’attrice Angelina Jolie, in visita promozionale in un campo di rifugiati siriani in Turchia, ha diritto a 2 buoni minuti di intervista: è largamente sufficiente per apprezzare tutta la finezza delle sue analisi geopolitiche, ed è assolutamente in sintonia con il tono molto fashion di questa serata di gala SOS Syrie. Ovviamente ci infligge il paragone tra Bachar e Hitler, non costa niente e fa scena…
Incidenti
Finito il film, un collaboratore de La Règle du Jeu annuncia i prossimi festeggiamenti, saluta le personalità presenti, di persona o attraverso un messaggio di adesione: Martine Aubry, Bertrand Delanoe, Laurent Fabious, Bernard Kouchner, François Bayrou, Jane Birkin, Xavier Beauvois. Il “maître-Jacques” (***) della serata spiega che ciò che ha spinto Levy e i suoi amici ad agire è stato il “silenzio assordante della comunità internazionale e delle grandi coscienze” sulla Siria (evidentemente non guardiamo la stessa televisione!). Viene però interrotto da un giovane barbuto che denuncia, a nome dell’opposizione siriana, l’imbroglio politico e morale di questa manifestazione, il cui obiettivo non è veramente quello di sostenere il popolo siriano: il disturbatore viene circondato da due o tre omoni del servizio d’ordine e condotto senza complimenti verso l’uscita, ma continua a urlare la sua indignazione.
Un altro pilastro della rivista di BHL, Bernard Schalscha, interviene poi per raccontare la genesi dell’operazione SOS Syrie. Ma questa volta è una ragazza araba, spalleggiata da un ragazzo, che si alza e grida che gli organizzatori della manifestazione se ne fregano del popolo siriano, e d’altra parte li definisce senza mezzi termini “sionisti”: lei e il suo compagno sono espulsi a loro volta da grosse braccia. Schalscha fa il furbo imperturbabile: “Quando quella gente dice: sionista – spiega – bisogna tradurre: ebreo”. Cosa che gli attira una nuova reazione dal fondo della sala: un tipo si alza a sua volta e dice che “sionista, mi dispiace, vuol dire sionista!”; il tono è meno aggressivo, ma fermo; Schalscha gli chiede, un po’ minaccioso, di tacere o di andarsene. Obbediente o espulso – non siamo riusciti a vedere bene – l’uomo tace. La manifestazione può tranquillamente continuare il suo corso menzognero.
BHL e il suo telefono rosso
Alle 21,10 BHL va al microfono: per un quarto d’ora spiega come, con un pugno di amici, abbia sentito la necessità di fare qualcosa per questo popolo siriano così simpatico, come avevano già fatto André (Glucksmann) e Bernard (Kouchner) per la Bosnia, la Cecenia (un colpetto Putin, sostenitore di Bachar, en passant) e il Darfur. E BHL, bisogna riconoscerlo, non ha paura di niente, nemmeno di ricordare il suo comportamento esemplare nel caso libico: “Ho fatto un colpo di telefono, a un buon numero – dice in sostanza – e tutto è andato veloce!”. Eh sì, un semplice colpo di telefono al suo amico Sarkozy, sopra la testa del ministro Juppé, e subito è scoppiata la guerra in Libia, semplice ma bisognava pensarci! Levy-Botul (****) ricorda anche l’impegno solenne assunto dalla sua rivista di sostenere la rivoluzione siriana fino alla caduta di Bachar al-Assad, e nell’immediato di accogliere gli studenti siriani desiderosi di proseguire gli studi in esilio. L’ex marito di Arielle Dombasle ( ex moglie di BHL, ndt) dice ancora che la Francia è un paese di dibattiti, qualche volta violenti, ma che la buona gente di destra e di sinistra sa unirsi per una buona causa. Se tutti i ragazzi del piccolo mondo di Saint Germain des Près potessero darsi la mano…
L’animatore-moderatore (sic) della manifestazione legge poi i messaggi di sostegno inviati da Martine Aubry e da Bertrand Delanoe, della “buona gente” di sinistra che, su questa come su altre questioni, dicono la stessa cosa della “buona gente” di destra Sarkozy e Bayrou. Comunque, presidenziali oblige, Martine dà un colpetto a Nicolas, colpevole di aver invitato Bachar al-Assad ad una recente sfilata del 14 luglio.
Beccati una Siriana! E’ Lama Atassi, presentata da BHL come proveniente da una grande famiglia siriana e, in ogni caso, membro di questa opposizione sotto influenza USA e sotto la dominazione dei Fratelli Mussulmani, che ha tenuto poco fa il congresso ad Antalya in Turchia. Lama Atassi, giovane donna che parla un buon francese, spiega che il suo discorso è stato scritto con l’aiuto degli scribacchini de La Regle du Jeu, decisamente molto premuroso con gli arabi. Questo discorso è, senza sorprese, massimalista, un invito convinto alla sollevazione contro Bachar; la signora Atassi non parla dei Fratelli Mussulmani, che pure erano presenti in forze ad Antalya, né d’altra parte degli oppositori più moderati riunitisi qualche giorno fa all’hotel Sheraton di Damasco. Forse questo dava fastidio ai co-redattori de La Regle du Jeu…
Poi è il regista compiaciuto del film Des hommes et des dieux, Xavier Beauvois, a salire in tribuna; si capisce subito che parla il francese meno bene di Lama Atassi e comunque farfuglia i luoghi comuni ben pensanti che sembrano costituire la sua visione del mondo e della Siria. Lenin chiamava questo genere di compagni di strada “utili idioti”. Beauvois, “troppo ribelle” come dicono i ragazzi, passa dai manifestanti di Deraa ai sans-papier in Francia, auspicando che molti rifugiati siriani ottengano presto i documenti dal governo francese.
Kouchner: un intervento militare ahimè “impensabile”
Poi il teorico del diritto di ingerenza, Bernard Kouchner in persona, prende la parola: con quel tono grave e “ispirato” – un po’ il registro di Dominque Villepin – che conosciamo, l’ex ministro-fantoccio degli Affari esteri di Sarkozy sputa francamente l’osso: bisogna, rovesciando Bachar, spezzare l’asse Hamas-Hezbollah-Damasco-Teheran, in qualche modo troppo poco “american & israelian friendly”. Ahimè – riconosce – un intervento militare in Siria è impensabile, perché non vi è consenso sul punto all’ONU (nuova perfida allusione alla Russia, altro grande cattivo della serata). Kouchner riconosce anche che il precedente iracheno è piuttosto un “cattivo esempio”, che continua a screditare un po’ il suo concetto di “ingerenza umanitaria”, soprattutto a causa della sorte non invidiabile delle minoranze cristiane abbandonate all’odio degli estremisti mussulmani. Insomma si è cominciato male per poter fare grandi cose contro il regime di Bachar, ma Kouchner reclama almeno, per cominciare, la caduta di Bachar.
E’ il turno di Radwan Badini, professore universitario e presidente di “Syria in change for Democracy” (in americano nel testo), un altro congressista di Antalya. Parla a nome della minoranza curda, da cui proviene. Denuncia soprattutto la politica di immigrazione araba del governo siriano in zona curda che mira a rovesciare l’attuale maggioranza demografica. Cosa pensano BHL e i suoi seguaci di questa denuncia dell’immigrazione-invasione? In ogni caso Radwan Badini si dice a favore di una Siria unita e rifiuta ogni intervento straniero, anche se esso dovesse essere avviato con un semplice colpo di telefono di BHL.
Ed ecco Jane Birkin, idiota non più tanto deliziosa e fedele compagna di tutti gli imbrogli della banda di Levy: con la sua voce di vecchissima ragazzina ingenua ed emozionata, legge un messaggio di un oppositore siriano dell’interno che parla, tra l’altro, delle ragazze violentate davanti alle loro madri, dei bambini uccisi davanti ai loro genitori: un momento di emozione democratica.
A chi tocca? Ad Axel Poniatowski, deputato UMP, incaricato di rappresentare stasera, in ordine decrescente di importanza, la destra, il governo e Jean-François Copé. Si capisce da quel che dice che egli mescola allegramente le situazioni della Tunisia, dell’Egitto, della Libia, dimenticando che i signori Ben Ali e Mubarak erano i migliori amici dei suoi amici americani e israeliani. A un certo punto Axel P. si lascia scappare un lapsus molto rivelatore, denunciando la Russia invece della Siria! Altrimenti il deputato sarkozista lamenta, come il suo amico “Bernard” (Kouchner) che un intervento di tipo NATO sia impossibile in Siria. Si rincresce che la Lega araba non accetti di condannare il regime di Damasco, ma ripone tutte le sue speranze di democratico in severe sanzioni economiche e finanziarie.
Poi c’è un altro oppositore siriano, Ashraf Almmoqdad di Deraa e peraltro – sembra – sia il cugino del giovane Hamza, martire ufficiale dell’opposizione siriana; dirigente di un sindacato studentesco di Damasco, è il solo a parlare in arabo, ma lo fa per dire più o meno le stesse cose di BHL.
Un po’ d’aria!
E’ stato a questo punto che abbiamo deciso di interrompere l’esperienza, perdendoci così un messaggio registrato di François Bayrou ed una predica “in diretta” di André Gluksmann. Cecile Duflot, dei Verdi, e Rama Yade, della sinistra della destra, si sono – sembra – accontentate di mostrarsi. Noi abbiamo in ogni modo capito il messaggio della serata: Viva la Siria sotto l’influenza atlanto-sionista!
Lasciamo il cinema Saint Germain, per una sera punto di cristallizzazione dell’imbroglio intellettuale e della menzogna politica, chiedendoci se BHL e i suoi amici continueranno la loro lotta per una Siria libera al Café de Flore o chez Lipp.
E poi abbiamo avuto un piccolo pensiero triste per gli oppositori siriani sinceri: dal momento in cui la loro causa è stata presa in mano da un Bernard Henri-Levy, essa è evidentemente disonorata, discreditata, in procinto di essere demolita.
(*) Contrazione di bourgeois-bohéme, dal libro di David Brooks “Bobos en Paradise”. Indica il tipo sociale che discende dagli yuppies degli anni ‘80
(**) Compagnie Républicaine de Sécurité, corpo della Police national francese, con funzioni antisommossa e di protezione civile
(***) E’ qualcuno che occupa più ruoli nello stesso tempo. Nell’”Avare” di Molière Maître Jacques era nello stesso tempo il cuoco e il cocchiere di Arpagon.
(****) Jean-Baptiste Botul, personaggio immaginario inventato da Frédéric Pagès, giornalista del Canard Enchainé. Si tratta di un filosofo francese che avrebbe tenuto nel 1946 in Paraguay una conferenza sulla vita sessuale di Immanuel Kant. BHL lo ha scambiato per un personaggio reale, citandolo come uno studioso di Kant nel saggio De la guerre en philosophie del febbraio 2010