ProfileLe schede di ossin, 9 gennaio 2022 - Nel romanzo di Orwell, 1984, Crimestop significa la facoltà di fermarsi di colpo, come d'istinto, alla soglia di ogni pensiero pericoloso. Include la capacità di non afferrare le analogie, di non percepire gli errori logici, di fraintendere gli argomenti più semplici...     

 

Unz Review, 13 dicembre 2021 (trad.ossin)
 
Pravda statunitense: contrastare il Covid crimestop
Ron Unz
 
 
 
 
Nel classico romanzo distopico di George Orwell 1984, tra i tanti concetti interessanti c’è anche la nozione di "Crimestop", la capacità dei cittadini ben addestrati di autocensurare i propri pensieri prima che prendano a vagare in territori pericolosi e proibiti. Come opportunamente riportato nella voce di Wikipedia, Orwell ha scritto:
 
Crimestop significa la facoltà di fermarsi di colpo, come d'istinto, alla soglia di ogni pensiero pericoloso. Include la capacità di non afferrare le analogie, di non percepire gli errori logici, di fraintendere gli argomenti più semplici se sono ostili a Ingsoc, e di non provare interesse, e respingere qualsiasi tipo di pensiero che possa condurre in una direzione eretica. Crimestop, insomma, significa stupidità protettiva.
 
Dato il sempre screscente numero di argomenti proibiti nella società occidentale contemporanea, questo concetto può essere o meno applicabile. Forse vengono censurati i pensieri o forse semplicemente le parole. In mancanza di occhi nell'animo umano, è ovviamente difficile per noi distinguere tra i due casi.
 
In ogni caso, quel concetto mi è tornato in mente verso la fine di novembre, quando ho iniziato a leggere un'intera pagina di recensione di libri sul Wall Street Journal intitolata "Cosa è successo a Wuhan", con il sottotitolo descrittivo "Quattro libri perseguono teorie sulle possibili origini del virus Covid-19 e la questione del loro insabbiamento”.
 
La catastrofe globale del Covid è probabilmente l'evento storico più importante dalla fine della seconda guerra mondiale e, col secondo anniversario ormai alle porte, cominciano ad apparire dei libri seri che ne analizzano l'origine. Ho scritto ampiamente proprio di questo argomento fin dall'aprile 2020, quindi la recensione del Journal mi ha offerto un'eccellente opportunità di confrontare la mia analisi con quelle dei principali autori mainstream.
 
Fino a poco tempo era possibile ai media potevano relegare qualsiasi discussione del genere sulle origini di Covid nelle "paludi deliranti" delle teorie del complotto. L'establishment scientifico aveva infatti proclamato concordemente che il virus ha origini naturali, e che è stato casualmente trasmesso all’uomo da alcune specie animali alla fine del 2019. Ma poi, all'inizio di maggio, un saggio di 11.000 parole di Nicholas Wade, giornalista scientifico di lunga data, ha rotto la bolla ideologica e ha convinto un ampio e crescente segmento dei media che il virus è il prodotto umano di qualche laboratorio, una possibilità scioccante che ha dato il via ad un animato dibattito pubblico sulle sue origini, compresa la questione di chi potrebbe averlo creato e perché.
 
Did people or nature open Pandora’s box at Wuhan?
Nicholas WadeMedium • 2 maggio 2021 • 11.000 parole
 
Il posto d'onore è stato attribuito dal Journal ad una nuova edizione tascabile del saggio di Wade, cosicché la recensione riguardava in realtà solo tre nuovi libri.
 
Sebbene abbiano adottato una varietà di approcci diversi, tutti e tre i libri condividono la cosiddetta "ipotesi della perdita di laboratorio", alternativa alla teoria del virus naturale. Secondo questa ricostruzione, il Covid potrebbe essere stato rilasciato accidentalmente dall'Istituto di virologia cinese di Wuhan, che deteneva la corrispondenza genetica più vicina al virus Covid e i cui ricercatori si sapeva essere impegnati esattamente in quel tipo di esperimenti di "crescita batterica" che potrebbe averlo prodotto.
 
Si tratta di un ragionamento puramente indiziario, ma sembra comunque abbastanza convincente, e il recensore del Journal pare accettarla. Data l'entità del disastro globale, non sorprende che il governo cinese abbia negato ferocemente che si sia verificata una simile perdita di laboratorio. Secondo la dettagliata analisi mondiale di The Economist sulle "morti in eccesso", l'epidemia di Covid ha già causato fino a venti milioni di vittime e ha ostacolato in maniera rilevantissima le attività di molti altri miliardi di persone, quindi se si dimostrasse la responsabilità del governo cinese, il panorama geopolitico mondiale potrebbe certamente mutare.
 
Uno dei libri esaminati è quello di Jasper Becker, un giornalista britannico che è stato per 18 anni corrispondente da Pechino, e il recensore cita l’affermazione che un'ammissione di responsabilità cinese potrebbe persino portare alla caduta del regime al potere :
 
La vergogna nazionale potrebbe significare la fine dei settant'anni di governo del Partito Comunista Cinese. Inizierebbe un terremoto politico che, dalla Cina, si diffonderebbe in tutto il mondo.
 
Il recensore osserva che Becker attinge alla storia per suggerire che non ci si può fidare delle attuali smentite della Cina, sottolineando che, durante la guerra di Corea, i comunisti cinesi avevano lanciato una grande offensiva di propaganda, affermando falsamente che l'esercito statunitense era ricorso ad "armi batteriologiche" illegali per attaccare la Cina:
 
Questo è uno dei motivi per cui è probabile che le agenzie di intelligence occidentali dubitino, o almeno mettano in discussione i resoconti ufficiali sull'origine del virus e sul ruolo dell'Istituto di virologia di Wuhan... Mentre i governi cinese e sovietico propagandavano una storia completamente falsa sui loro nemici che usavano armi biologiche contro i civili, in segreto perseguivano attivamente i loro programmi di guerra batteriologica.
 
Sia Becker che il recensore sostengono ragionevolmente che, se un governo è stato sorpreso a mentire in passato sulla guerra biologica, non ci si può fidare delle sue attuali affermazioni sull'epidemia di Covid.
 
Sono sicuro che la stragrande maggioranza dei lettori ha semplicemente annuito a tutte queste affermazioni e, all'inizio di quest'anno, io avrei fatto anche io. Ma diversi mesi fa ho studiato attentamente la storia della guerra biologica statunitense e ho scoperto che le cose che avevo sempre letto sui media sono l'esatto opposto della verità storica. Sulla base di documenti governativi declassificati e di altre fonti assolutamente credibili, emergono prove schiaccianti che i Cinesi hanno detto la verità durante la guerra di Corea, mentre false erano le nostre smentite. Gli USA hanno effettivamente fatto ricorso ad armi biologiche illegali durante quel conflitto.
 
Ron UnzThe Unz Review • 9 agosto 2021 • 7.500 parole
 
Non ho dubbi sulla sincerità di Becker, e penso che le sue affermazioni siano semplicemente dovute all’accettazione della narrativa dei media mainstream, piuttosto che a propositi ingannevoli. Ma vediamo adesso cosa succede ad applicare il suo criterio: riconosciuto che la Cina è stata sincera in passato, mentre gli USA hanno impiegato armi biologiche illegali e poi mentito sul loro uso, questi fatti inquietanti devono essere tenuti nella giusta considerazione in un’analisi sull'epidemia di Covid.
 
Forse il Covid era un virus naturale e forse è trapelato accidentalmente da un laboratorio di Wuhan. Ma c'è anche una terza possibilità logica, che il virus sia stato deliberatamente rilasciato in una delle più grandi città della Cina, nell'ambito di un attacco pianificato di guerra biologica. L'epidemia di Covid si è verificata al culmine del conflitto internazionale in corso tra la Cina e gli USA, i membri del nostro governo ostile sono dunque gli ovvi sospetti. Nessuno dei tre libri sembra riconoscere l'esistenza di questa ipotetica possibilità, anche solo per scartarla, ed è un buco enorme che forse si deve ai vincoli dell'industria editoriale statunitense.
 
Il libro di Becker è intitolato Made in China e sembra concentrarsi molto sulle iniquità reali o immaginarie del gigantesco avversario globale degli USA, mentre glissa sugli elementi che contraddicono o contestualizzano le sue tesi.
 
L’errore principale, a proposito della nostra guerra biologica durante la Guerra di Corea, è all’inizio del libro e dà il tono generale. Poco dopo l’autore si cimenta in una critica della dannosa sofisticazione dei prodotti di consumo cinesi, evidenziando la morte di diversi bambini nel famigerato scandalo Melamine, ignorando però completamente il disastro statunitense Vioxx di pochi anni prima, il cui numero di morti dimenticato è stato più di 10.000 volte più grande.
 
Ron Unz • The American Conservative  • 17 aprile 2012 • 1.800 parole
 
 
Becker insiste sui programmi cinesi di guerra biologica ma, seppure essi probabilmente esistano, l'autore non sembra sia stato in grado di fornire prove concrete a dimostrazione di questo fatto. Nel contempo ha del tutto ignorato, a eccezione delle erronee smentite a proposito della guerra di Corea, l'infrastruttura di guerra biologica statunitense, certamente la più grande al mondo. In effetti, ho notato che il suo lungo indice non contiene alcuna menzione della nostra Ft. Detrick, che si classifica certamente come la più antica struttura di guerra biologica al mondo, prossima oramai al suo ottavo decennio di attività.
 
L'autore sembra anche tanto naif da bersi, quali prove a sostegno della tesi di una perdita di laboratorio, ipotesi per nulla plausibili, come quella che a settembre 2019 l'epidemia di Covid a Wuhan aveva già raggiunto dimensioni così enormi da poter essere rilevata dalle immagini satellitari. Ho già dimostrato che una simile ipotesi è probabilmente una bufala dei servizi di intelligence.
 
Ho l’impressione che il mio giudizio negativo su questo libro sia condiviso da altri. Fatta eccezione per questa recensione collettiva del Journal, non mi pare che altri ne abbiano parlato e le classifiche di vendita di Amazon lo collocano a oltre 400 esemplari, sembra quindi che non molte copie siano state acquistate.
 
Altrettanto ostile alla Cina è What Really Happened in Wuhan di Sharri Markson, giornalista australiana della rete Sky TV di Rupert Murdoch e giornale di punta in quel paese.
 
Il recensore del Journal suggerisce che il suo "giallo" con il suo "ritmo narrativo serrato" lo rende adatto ad una trasposizione cinematografica, e la storia raccontata da questa giornalista televisiva assomiglia ad un film di James Bond. Sebbene il libro manchi di note e di un indice, è pieno di elucubrazioni drammatiche intensamente ostili alla Cina. Nel primissimo capitolo, una coppia di esuli cinesi ipotizza che il Covid sia un'arma biologica cinese deliberatamente rilasciata dal loro governo, forse a causa di una lotta di potere interna, un’ipotesi ripetutamente ribadita in altre parti della narrazione; ma essa è talmente implausibile che persino il governo USA e le fonti intransigentemente anticinesi dell'autrice l’hanno unanimemente respinta.
 
Molte delle affermazioni di Markson sembrano provenire da elementi della fazione anti-cinese dell'amministrazione Trump, in primo luogo dal segretario di Stato ed ex direttore della CIA Mike Pompeo e dai suoi consiglieri più importanti. Il che solleva ogni sorta di dubbi.
 
Ad esempio, in occasione del 30° anniversario del famigerato massacro di piazza Tienanmen, Markson ha riportato acriticamente la feroce denuncia di Pompeo di quell'orribile atrocità, ivi compresa l’affermazione che erano stati massacrati quasi 10.000 civili cinesi innocenti. Eppure, come ho più volte notato, più di vent'anni fa l'ex capo dell'ufficio di Pechino del Washington Post, che aveva personalmente seguito l'evento, pubblicò un breve articolo sulla prestigiosa Columbia Journalism Review, ammettendo che il presunto massacro probabilmente non era mai avvenuto e che tutto era una bufala dei media occidentali.
 
La dipendenza dell’autrice da fonti come Pompeo e gli uomini dello staff di quest’ultimo pone problemi ancora più seri. La guerra biologica è un elemento importante del racconto di Markson, che ripete continuamento che il Covid è stato progettato come arma biologica. Ma in alcun modo ha preso in considerazione la possibilità che possa essere stata un'arma biologica statunitense, rilasciata deliberatamente a Wuhan. E, se un tale attacco avesse avuto davvero luogo, Pompeo si troverebbe sicuramente in cima alla lista dei probabili sospetti, quindi non sembra la persona più adatta a fornire informazioni.
 
Sebbene il suo libro fornisca una buona quantità di testimonianze utili che indicano che il Covid è probabilmente un virus artificiale, la sua mancanza di un background scientifico indebolisce la credibilità della trattazione, e si tratta per lo più dello stesso materiale è stato presentato anche nel lavoro di Wade e altri. In presenza di tali e tanti difetti, non mi sorprende che l'unica recensione importante dei media che ho trovato sia una, genericamente negativa, pubblicata sul Guardian.
 
 
Il terzo libro del set ha una portata molto più limitata rispetto agli altri due, ma è anche molto più efficace per lo stesso motivo. Sebbene vi sia ovviamente un mercato per gli attacchi contro il governo e le politiche cinesi, un pubblico di tal genere tende a raggrupparsi in una particolare nicchia ideologica, così che la maggior parte dei lettori probabilmente concorda con le conclusioni prima ancora di aver aperto la prima pagina.
 
Al contrario, Viral, scritto a quattro mani dalla biologa molecolare Alina Chan del Broad Institute e dal giornalista scientifico britannico Matt Ridley, sembra tendere a conquistare i lettori neutrali piuttosto che fornire munizioni aggiuntive ai veri credenti. Pubblicato a metà novembre, il testo è molto più scrupoloso e attento nella selezione del materiale proposto, e si concentra strettamente sulla raccolta di forti argomenti contro il fatto che il virus sia naturale, aggiungendo indicazioni suggestive sul fatto che potrebbe essere stato un prodotto del laboratorio di Wuhan, da cui sarebbe accidentalmente fuoriuscito. C'è stata una notevole copertura del libro e dei suoi autori, specialmente di Chan, sul New York Times, il Washington Post, il Guardian, Reason e altre pubblicazioni, alcune delle quali critiche, altre piuttosto favorevoli. L'attuale classifica delle vendite di Amazon è di circa 1.300, il che difficilmente lo rende un bestseller, ma è comunque meglio piazzato del libro di Markson.
 
La credibilità di un testo può essere gravemente danneggiata da gravi errori di fatto, ma non ne ho notati, piuttosto ho rilevato errori di omissione. A un certo punto, gli autori danno atto delle tante ipotesi apparse in internet, secondo le quali il Covid potrebbe essere un'arma biologica, un'arma biologica cinese, ma le respingono, considerandole una "follia". Data la natura spesso inconsistente di tali affermazioni, questo approccio è abbastanza comprensibile, ma esclude automaticamente anche qualsiasi considerazione che il Covid possa aver avuto origini statunitensi.
 
Anche solo sollevare questa possibilità avrebbe ovviamente richiesto una trattazione così lunga e analitica da stravolgere la struttura del testo. Dobbiamo anche riconoscere che Chan è una giovane ricercatrice agli esordi della carriera scientifica, che ha già subito critiche feroci l'anno scorso quando ha sfidato il dogma ufficiale del virus naturale, e pensiamo sia poco propensa a suggerire che un'arma biologica statunitense illegale possa avere ucciso 20 milioni di persone in tutto il mondo. Tuttavia, ignorare completamente questa possibilità può compromette la complessiva attendibilità del libro.
 
Ad esempio, il primo articolo scientifico che discute la struttura genetica del virus è stato pubblicato alla fine di gennaio da un gruppo di ricercatori del laboratorio di Wuhan e gli autori considerano estremamente strano e sospetto che questi esperti virologi abbiano ignorato gli aspetti straordinariamente insoliti della struttura genetica che sembrano evocare un'origine artificiale. Ma, in quel momento, la pericolosa malattia virale si stava già diffondendo in altre parti del loro paese e minacciava di diventare un'epidemia nazionale incontrollabile, quindi ipotizzare che fosse stata bioingegnerizzata sarebbe stato come affermare che la Cina era sotto un attacco mortale di guerra biologica, e questa è ovviamente una decisione di enorme rilevanza che deve essere riservata ai massimi leader politici cinesi.
 
Esaminiamo la questione in una prospettiva più ampia. Gli autori di tutti questi libri e numerosi altri osservatori scientifici occidentali hanno ripetutamente sottolineato il comportamento ritenuto sospetto dei ricercatori cinesi e del loro governo, sostenendo che i cinesi non sono stati sufficientemente disposti ad aprire le porte di tutte le loro strutture di ricerca e a rendere disponibili tutte le informazioni riservate di cui dispongono sull'epidemia di Covid.
 
Ma supponiamo che le prove che il virus sia artificiale siano in realtà così forti come sostiene la maggior parte di questi analisti. I cinesi saprebbero benissimo che i loro laboratori non hanno creato il virus e che, quindi, un attacco di guerra biologica sarebbe l'unica spiegazione possibile, un palese atto di guerra i cui autori più sospetti sono ovviamente gli Stati Uniti. Tuttavia, l'Occidente domina totalmente il panorama dei media globali, quindi lanciare accuse così incendiarie senza prove solide probabilmente non otterrebbe alcun risultato e sarebbe piuttosto pericoloso e controproducente, cosicché la cosa più saggia è restare in silenzio. Ma sarebbe razionale per un paese che sa di aver subito un attacco di guerra biologica potenzialmente devastante aprire tutte le proprie installazioni scientifiche a squadre di investigatori e agenti dell'intelligence del paese che probabilmente ha lanciato quell'attacco mortale?
 
Numerose questioni sconcertanti trovano possibili risposte se si accetta questo scenario di guerra biologica. L'evidenza mutazionale ed epidemiologica suggerisce fortemente che il paziente zero dell'epidemia di Wuhan sia stato probabilmente infettato durante il periodo da metà ottobre a metà novembre 2019. Gli autori notano che il database pubblico dei virus del laboratorio di Wuhan è stato messo offline il 12 settembre, e considerano il fatto piuttosto sospetto, forse un indizio che si era appena verificata una perdita di laboratorio. La spiegazione ufficiale fornita dai Cinesi è che il database era stato ripetutamente attaccato dagli hacker, ma gli autori la respingono come non plausibile: perché gli hacker avrebbero preso di mira il database mesi prima che il mondo venisse a conoscenza di un'epidemia? Tuttavia, un tale tentativo di hacking avrebbe perfettamente senso nel contesto di un imminente attacco di guerra biologica contro la Cina, la cui colpa avrebbe dovuto ricadere sul laboratorio di Wuhan. Essendo scienziati e giornalisti scientifici, Chan e Ridley non riescono a considerare gli eventi attraverso gli occhi di agenti dell'intelligence o militari.
 
Ho trovato un'altra omissione molto più grave. Basandosi quasi interamente su prove circostanziali e speculazioni, i due autori hanno costruito una storia impalpabile secondo cui il laboratorio di Wuhan avrebbe creato segretamente il virus Covid, che è poi sfuggito accidentalmente a causa delle scadenti condizioni di sicurezza del laboratorio. Eppure esiste un testimone oculare occidentale altamente credibile che contraddice direttamente tutte queste affermazioni. Il 27 giugno Bloomberg ha pubblicato una lunga intervista all'esperta virologa australiana Danielle Anderson, che in realtà stava lavorando al laboratorio di Wuhan proprio nel periodo in questione.
 
Virologist Danielle Anderson paints a very different picture of the Wuhan Institute
Michelle Fay Cortez Bloomberg • 27 giugno 2021 • 2.200 parole
 
Contrariamente alle affermazioni del libro, la dott.ssa Anderson ha descritto i protocolli di sicurezza del laboratorio di Wuhan come eccezionali, così buoni che ha effettivamente raccomandato di adottarli nella sua stessa struttura. Inoltre, non ha sentito alcuna voce o altre indicazioni di eventuali perdite di laboratorio, né alcuna prova che il virus Covid fosse stato creato nella struttura, e si è detta certa che qualcosa almeno le sarebbe giunta all'orecchio, se ciò fosse accaduto mentre lavorava lì. Alcuni elementi dell'intelligence dell'amministrazione Trump hanno sostenuto che diversi dipendenti del laboratorio sarebbero stati infettati da Covid durante il 2019, ma la dottoressa Anderson ha affermato che in realtà non è successo nulla del genere.
 
L'industria dell'editoria libraria comporta lunghi tempi di produzione e, sebbene la cruciale intervista ad Anderson fosse apparsa quasi cinque mesi prima dell'uscita del libro, forse il manoscritto non poteva essere facilmente modificato per aggiornarlo alla luce di quelle importanti nuove informazioni. Ma ho anche cercato su Google il nome di Anderson insieme a quelli di Chan o Ridley, e non ho trovato alcuna indicazione che questi ultimi abbiano mai riconosciuto l'esistenza della testimonianza oculare della prima, tanto potenzialmente dannosa per la tesi da loro sostenuta. Eppure una simile lacuna appanna l’attendibilità del libro.
 
Anche altre omissioni sono piuttosto gravi, anche se forse più comprensibili. Nel descrivere la diffusione globale dell'epidemia, scrivono “L'Italia è stata devastata dal virus. Presto seguiranno Iran e Stati Uniti”.
 
Ma questo non è vero, o è almeno estremamente fuorviante. I focolai iraniani e italiani si sono verificati nello stesso periodo, mentre l’epidemia è apparsa negli Stati Uniti solo alcune settimane dopo, e i caratteri dell'epidemia iraniana sono estremamente insoliti. Come ho scritto l'anno scorso:
 
Quando il coronavirus iniziò gradualmente a diffondersi oltre i confini della Cina, notai un’altra cosa che moltiplicò notevolmente i miei sospetti. La maggior parte dei primi casi si è verificata esattamente dove c’era da aspettarselo, nei paesi dell'Asia orientale che confinano con la Cina. Ma, alla fine di febbraio, il secondo epicentro dell’epidemia globale era diventato l'Iran. Ancora più sorprendentemente, i più colpiti in questo paese sono stati gli esponenti della sua élite politica, con un 10% pieno dell'intero Parlamento iraniano contagiato e almeno una dozzina dei suoi funzionari e politici, alcuni dei quali piuttosto anziani, morti a causa della malattia. In effetti, gli attivisti Neocon su Twitter hanno iniziato a segnalare con gioia che i loro acerrimi nemici iraniani stavano morendo come mosche.
 
Consideriamo le implicazioni di questi fatti. In tutto il mondo, le uniche élite politiche che hanno subito perdite umane significative sono state quelle iraniane, e sono morte in una fase molto precoce, prima ancora che si verificassero focolai significativi in qualsiasi altra parte del mondo oltre i confini della Cina. Quindi, abbiamo gli USA che assassinano il massimo comandante militare dell'Iran il 2 gennaio e poi, solo poche settimane dopo, gran parte della élite al potere in Iran viene infettata da un nuovo virus misterioso e mortale, con molti di loro che non sopravvivono. Un individuo razionale potrebbe forse considerare questo come una semplice coincidenza?
 
L'epidemia dell'Italia settentrionale è iniziata con scarso preavviso da parte dei media in una regione abitata da 300.000 lavoratori cinesi, molti dei quali erano recentemente tornati dai viaggi del capodanno lunare nel loro paese d'origine, compresa la città di Wuhan. Nel frattempo, l'epidemia iraniana scoppiava nella Città Santa di Qom, in cui ci sono pochissimi cinesi, e si è diffusa soprattutto tra le élite politiche di più alto profilo del Paese, tanto da guadagnarsi presto l’attenzione di tutto il mondo.
 
Queste circostanze molto strane hanno suscitato notevoli sospetti in Iran e hanno spinto alcuni dei suoi massimi leader politici e militari a dichiarare pubblicamente di sospettare che il Covid fosse un attacco di guerra biologica statunitense contro il proprio paese e la Cina, tanto che il loro ex presidente ha persino presentato una denuncia formale alle Nazioni Unite.
 
Sebbene all'epoca sia stato ampiamente raccontata dai nostri principali media, quell'epidemia iraniana estremamente precoce e altamente sospetta è però da tempo sepolta nel buco della memoria dei media. Giacché entrambi gli autori sono esperti di questioni scientifiche piuttosto che di geopolitica, sembra abbastanza possibile che non siano a conoscenza di quei fatti, che comunque rientrerebbero in quella “follia” della guerra biologica che hanno esplicitamente escluso. Eppure la prima sezione del loro Prologo è intitolata "L'importanza di trovare l'origine di Covid-19", e la prima frase è: "Come è iniziata la pandemia di Covid-19 potrebbe essere il mistero più acuto della nostra vita". La guerra biologica può essere un argomento spaventoso che incoraggia accuse inconsulte, ma escludere completamente tutte queste discussioni può rendere il mistero insolubile.
 
 
Dobbiamo collocare l'importante lavoro di Chan e Ridley nel suo contesto appropriato. Sia la microbiologia virale che le questioni di sicurezza nazionale sono materie altamente tecniche che richiedono una grande esperienza, e le persone che trattano l’una possono naturalmente tendere ad evitare l'altra, il che va bene fintanto che le consideriamo questioni separate e non comunicanti. Tuttavia, la prima e più importante domanda sul virus Covid è se provenga dalla natura o da un laboratorio umano e, una volta che i microbiologi hanno detto la loro sul tema di loro pertinenza, l’importanza del loro contributo tende a scemare. Potrebbero forse ancora affermare che alcune delle prove scientifiche puntano verso un particolare laboratorio piuttosto che un altro, ma si può essere certi che, se qualcuno avesse pianificato una guerra biologica, avrebbe fatto di tutto per nasconderne le origini, o addirittura potrebbe aver creato false piste.
 
I migliori virologi statunitensi hanno a lungo intrattenuto stretti rapporti di collaborazione con le loro controparti del laboratorio di Wuhan. I nostri principali esperti di guerra biologica hanno regolarmente effettuato visite amichevoli e il governo statunitense ha finanziato alcune delle ricerche più importanti del laboratorio, quindi sicuramente ottenere alcuni campioni virali di Wuhan nel corso degli anni non sarebbe stato difficile. E i nostri sviluppatori di guerra biologica potrebbero quindi aver deciso di progettare il Covid da uno di quei virus cinesi come mezzo ideale per gettare i sospetti in una direzione diversa.
 
Il rilevante programma di lunga data statunitense di guerra biologica rimane l'elefante nella cristalleria per la copertura mediatica della nostra epidemia globale di Covid, e quasi nessun giornalista o autore è disposto a riconoscere la sua presenza, figuriamoci ad indicarlo come il principale sospettato. Questo istintivo crime stop orwelliano è davvero notevole, anche se a volte qualche accenno a simili pensieri pericolosi e sommersi riesce a farsi strada.
 
La recensione del Wall Street Journal di questi libri sulle origini del Covid sembra la discussione più completa che sia mai apparsa sui principali media. E sebbene il testo non contenga assolutamente alcun suggerimento che il Covid possa essere stato progettato come arma biologica, appena sopra il titolo della versione stampata appare la curiosa citazione di inquadratura "Ogni volta che hai un nuovo focolaio, potrebbe essere un'arma biologica...". È una frase di Robert Kadlec, un individuo il cui nome non compare da nessuna parte nel corpo della recensione e nemmeno in nessuno dei libri in discussione. Quindi, a quanto pare, qualche editore del Journal sa molto di più sull'argomento di quanto non ci sia nei libri recensiti. E come ho sottolineato nei miei scritti, le attività di Kadlec negli ultimi anni sollevano certamente ogni sorta di domande:
 
Ad esempio, nel 2017 Trump ha portato Robert Kadlec, che dagli anni 1990 era stato uno dei principali sostenitori della guerra biologica, negli USA. L'anno successivo, nel 2018, una misteriosa epidemia virale ha colpito l'industria avicola cinese e, nel 2019, un'altra misteriosa epidemia virale ha devastato l'industria della carne suina cinese...
 
Fin dai primi giorni, i principali collaboratori di Trump hanno considerato la Cina come l'avversario geopolitico più formidabile degli USA e hanno avviato una politica di scontro. Da gennaio ad agosto 2019, il dipartimento di Kadlec ha svolto l’esercitazione di simulazione “Crimson Contagion” (Contagio cremisi), avente ad oggetto l'ipotetica epidemia di una pericolosa malattia virale respiratoria in Cina che alla fine si diffonde negli Stati Uniti, e i partecipanti dovevano individuare le misure necessarie per controllarla. Nella sua qualità di grande esperto statunitense di guerra biologica, Kadlec aveva sottolineato l'efficacia unica delle armi biologiche fin dalla fine degli anni '90, e ha dimostrato una notevole preveggenza quando ha organizzato un’importante esercitazione di epidemia virale nel 2019, tanto straordinariamente simile a quella che sarebbe comparsa nel mondo reale solo pochi mesi dopo.
 
Con i principali collaboratori di Trump tanto innamorati della guerra biologica, ferocemente ostili alla Cina ed impegnati in simulazioni su larga scala, nel 2019, sulle conseguenze di una misteriosa epidemia virale in quel paese, sembra del tutto irragionevole ignorare completamente la possibilità che piani così estremamente sconsiderati possano essere stati discussi in privato ed eventualmente attuati, anche se probabilmente senza l'autorizzazione presidenziale.
 
Nessuno di questi libri sulle origini del Covid sembra destinato a raggiungere un pubblico di massa se non verrà sostenuto da una adeguata copertura mediatica. Tuttavia, un recente bestseller di grande successo, scritto da un personaggio di grande fama nazionale, ha un destino diverso. In questi giorni, Robert F. Kennedy, Jr. è notissimo come uno dei principali critici dei nostri programmi di vaccinazione, ma il suo bestseller numero 1 su Amazon The Real Anthony Fauci dedica uno dei suoi capitoli più lunghi alla storia dei programmi di guerra biologica statunitensi e ai suoi stretti legami con l'epidemia di Covid, e Kadlec è una delle figure centrali della sua trattazione. Quando Kennedy è stato recentemente intervistato da Tucker Carlson, ha indicato quel capitolo sulla guerra biologica come il più importante del suo libro.
 
 
 
 
L' edizione Kindle di questo lavoro importantissimo costa solo $ 2,99, ma coloro che cercano una discussione più breve possono leggere la mia recente recensione:
 
Ron Unzwww.ossin.org • 5 gennaio 2022
 
 
Degni di nota sono anche diversi altri libri, ad integrazione di quelli già discussi.
 
Jeremy Farrar è stato direttore del Wellcome Trust britannico, uno dei maggiori finanziatori al mondo di progetti di sanità pubblica, e ha svolto un ruolo cruciale nell'organizzazione delle misure immediate adottate per contenere l'epidemia di Covid. Spike, scritto con la giornalista Anjana Ahuja, è il suo breve resoconto narrativo di quegli importanti eventi iniziati negli ultimi giorni del 2019, e fornisce la prospettiva utile di un insider di spicco. Ha anche sollecitato il mio interesse scoprire che il presidente di Wellcome era l'ex capo dell'MI-5, l'agenzia di intelligence interna britannica, che potrebbe aver contribuito a fornire all'autore alcune importanti intuizioni su determinate questioni.
 
Nel suo resoconto, Farrar ha ripetutamente sottolineato che l'epidemia di Covid ha colpito la Cina nel momento peggiore in assoluto, apparendo alla vigilia del capodanno lunare cinese, quando 450 milioni di cinesi si mettono in viaggio. Sembrava probabile che questo avrebbe diffuso la malattia in ogni angolo dell'enorme paese e quel disastro gigantesco e incombente è stato evitato solo da un blocco immediato per motivi sanitari senza precedenti in tutta la storia umana.
 
Farrar è esponente dell'establishment più rispettabile, e sono rimasto sorpreso quando ho scoperto che, nei primi giorni dell'epidemia, lui e la sua cerchia di massimi esperti scientifici discutevano liberamente se il virus fosse stato bioingegnerizzato, e alcuni di loro pensavano che fosse probabile, e lui ha anche menzionato l’ipotesi che avrebbe potuto trattarsi di un'arma biologica, rilasciata deliberatamente. Ma quando le esigenze pratiche della terribile crisi sanitaria che la Gran Bretagna e il resto dell'Occidente stavano affrontando iniziarono ad assorbire tutte le sue energie, questi problemi teorici comprensibilmente furono messi da parte.
 
Josh Rogin è un editorialista di politica estera del Washington Post, che sembra intensamente ostile alla Cina e al suo governo e ha svelato alcune storie relative al Covid basate su fughe di informazioni, che possono o meno essere affidabili. Ho trovato il suo libro Chaos Under Heaven un resoconto piuttosto pettegolo di tutte le lotte tra fazioni dell'amministrazione Trump a proposito dei rapporti con la Cina, e solo l'ultimo capitolo si è concentrato sull'epidemia di Covid. La maggior parte di quel materiale sembrava simile per tono e contenuto a quello che appare nei libri di Becker e Markson.
 
Se vogliamo dare credito al suo racconto, Trump è stato un presidente poco attento, come anche altri hanno affermato, con i suoi migliori consiglieri che spesso ignoravano cosa effettivamente pensava o cercavano di far passare le loro personali idee. Ciò accrescerebbe notevolmente la possibilità che alle sue spalle siano state organizzate “operazioni canaglia” di natura potenzialmente epocale.
 
 
Is COVID-19 a Bioweapon? (Il COVID-19 è un'arma biologica?) ha attirato la mia attenzione perché lo stile della copertina è identico a quello del libro di Kennedy, di cui condivide l'editore. Dal momento che compariva anche un giudizio positivo di un importante anti-vax, ho erroneamente pensato che l'autore Dr. Richard M. Fleming fosse in qualche modo legato a Kennedy. Sfortunatamente, ho trovato questo libro molto breve, molto gonfiato e in gran parte inutile, con un terzo delle pagine stampate con sovvenzioni governative.
 
Nonostante il tono "cospiratorio", l'autore sembra stranamente rifuggire da qualsiasi analisi dei programmi di guerra biologica degli Stati Uniti, quindi l'"arma biologica" enfatizzata nel titolo deve essere necessariamente cinese.
 
 
Ideologicamente agli antipodi di molti dei libri già discussi è When China Sneezes, una raccolta di saggi Internet, pubblicata alla fine del 2020 e curata da Cynthia McKinney, ex membro del Congresso e candidata presidenziale del Partito dei Verdi nel 2008.
 
La maggior parte dei suoi collaboratori è assai diffidente nei confronti delle politiche statunitensi, se non addirittura esplicitamente ostile al nostro governo. Molti dei pezzi si concentrano sulle origini dell'epidemia, comprese le affermazioni secondo cui l'epidemia di Covid è stata un attacco di guerra biologica statunitense, sebbene gli argomenti forniti siano di qualità molto mista e talvolta siano stati superati da eventi successivi. Ad esempio, si suggerisce che il Covid sia stato progettato per essere mortale solo per gli asiatici, e i cinesi in particolare, mentre i caucasici sarebbero in gran parte immuni, ipotesi inizialmente abbastanza diffusa, ma presto scomparsa, quando i caucasici sono diventati la stragrande maggioranza delle vittime in tutto il mondo.
 
Tra i saggi, raccomanderei in particolare l'importante discussione della giornalista investigativa Whitney Webb sulla storia dei programmi statunitensi di guerra biologica, che abbiamo pubblicato sul nostro sito web, e gli avvincenti resoconti di prima mano del disperato sforzo della Cina per controllare l'improvvisa epidemia di malattia, di Larry Romanoff e di altri residenti locali cinesi.
 
 
Per ragioni sconosciute, alcune di quelle che considero le prove più forti che coinvolgono gli USA nell'epidemia di Covid sono state quasi totalmente ignorate al di fuori della mia serie di articoli, che ha iniziato a trattare questi temi nell'aprile 2020, e continua a farlo da allora.
 
Come già accennato, le élite al potere in Iran sono state colpite da Covid così rapidamente dopo che il virus era apparso per la prima volta in Cina, che i leader politici del paese hanno accusato pubblicamente gli USA di un attacco di guerra biologica, ma quella storia importante è completamente scomparsa dalla nostra memoria mediatica.
 
Inoltre, nell'aprile 2020 diverse fonti statunitensi hanno inavvertitamente divulgato informazioni cruciali che ho più volte evidenziato nei miei scritti, rivelazioni che alcuni hanno considerato la prova “pistola fumante” di un ruolo statunitense:
 
Ma quando sono cominciate ad apparire evidenti le orribili conseguenze della nostra successiva inazione governativa, fonti all'interno delle nostre agenzie di intelligence hanno cercato di dimostrare che queste ultime non erano rimaste inattive. All'inizio di questo mese, una storia di ABC News ha citato quattro fonti governative separate per rivelare che, alla fine di novembre, una speciale unità di intelligence medica all'interno della nostra agenzia di intelligence di difesa aveva prodotto un rapporto che rivelava un'epidemia fuori controllo che si stava diffondendo nell'area di Wuhan in Cina, e ha distribuito quel documento a tutti i vertici del nostro governo, avvertendo che si dovevano prendere delle misure per proteggere le forze statunitensi con sede in Asia. Dopo che la storia è andata in onda, un portavoce del Pentagono ha negato ufficialmente l'esistenza di quel rapporto di novembre, mentre vari altri funzionari di alto livello del governo e dell'intelligence hanno rifiutato di commentare. Ma pochi giorni dopo, la televisione israeliana ha rivelato che, a novembre, l'intelligence statunitense aveva effettivamente condiviso un simile rapporto sull'epidemia di Wuhan con i suoi alleati NATO e israeliani, sembrando così confermare in modo indipendente la completa accuratezza della storia originale della ABC e delle sue varie fonti governative.
 
Sembra quindi che alcuni elementi della Defense Intelligence Agency fossero a conoscenza del micidiale scoppio virale di Wuhan più di un mese prima di qualsiasi funzionario del governo cinese stesso. A meno che le nostre agenzie di intelligence non siano pioniere della tecnologia della precognizione, penso che ciò potrebbe essere accaduto per lo stesso motivo per cui i piromani sono informati in anticipo dei futuri incendi.
 
Secondo diversi resoconti di vari media mainstream, entro “la seconda settimana di novembre” la nostra Defense Intelligence Agency stava già preparando un rapporto segreto che avvertiva di un focolaio di malattia “catastrofico” in corso a Wuhan. Ma in quel momento, forse non più di un paio di dozzine di persone erano state infettate in quella città di 11 milioni di abitanti, e solo una piccola parte di essi presentava sintomi gravi. Le implicazioni sono piuttosto ovvie.
 
Pubblicata negli ultimi diciotto mesi, la mia serie Covid è ora composta da più di una dozzina di articoli e rubriche, ed è stata vista in totale quasi 400.000 volte, attirando più di 10.000 commenti, per un totale di oltre 1,5 milioni di parole.
 
Gli articoli più sostanziosi della serie sono stati anche raccolti insieme in un eBook, comodamente scaricabile sia in formato EPub che Mobi/Kindle, e penso che questo costituisca un utilissimo supplemento sia ai libri mainstream che alternativi sulle origini del Covid che sono stati discussi sopra.
 
Dato il rilevante numero di lettori e il tempo trascorso dall'inizio della serie, è difficile credere che essi siano sfuggiti a chi si è interessato alle origini dell'epidemia di Covid. Eppure le menzioni, anche critiche magari, sono state rarissime.
 
Nel nostro mondo sempre più orwelliano, qualsiasi accenno a certi pensieri può a volte essere considerato un errore fatale, e un noto analista di politica mi ha detto categoricamente che, anche solo criticare la mia analisi, potrebbe avere nefaste conseguenze per la sua carriera.
 
Tali preoccupazioni sono difficilmente plausibili. Alcuni anni fa, quando Razib Khan era un blogger del nostro sito Web, venne assunto come opinionista dal New York Times, e poi licenziato meno di 24 ore dopo che un giornalista ostile di Slate aveva rivelato che Khan una volta aveva pubblicato un lungo commento critico sul sito VDare, dimostrando così fatalmente che era a conoscenza della sua esistenza e talvolta lo leggeva. E un paio di anni dopo, lo scrittore che lo aveva denunciato, Jamelle Bouie, divenne editorialista del Times al suo posto.
 
Questa situazione è sicuramente peggiorata nell'attuale clima di deplatforming. Chi non resta all’interno di taluni particolari confini rischia di essere bandito dai servizi Internet più basilari, e questo accresce notevolmente la necessità del crime stop. Giorni dopo aver pubblicato il mio primo articolo sul Covid, il nostro intero sito Web è stato bandito da Facebook e tutte le sue pagine declassate da Google, e ciò ha ridotto il nostro traffico di ricerca su Google di circa il 99%.
 
In queste difficili condizioni, anche gli scrittori e gli analisti più audaci devono necessariamente fare attenzione, evitando il rischio di sperperare la loro influenza e la loro credibilità affrontando questioni in cui hanno poche possibilità di prevalere. Ma sospetto che, se e quando si presentasse un'apertura, sarebbero pienamente preparati ad approfittarne.
 
Penso ad esempio a Glenn Greenwald, uno dei giornalisti investigativi più coraggiosi al mondo, che ha abbandonato la sua posizione ai vertici di Intercept a causa del suo rifiuto di piegarsi alla linea del partito democratico sul Russiagate e sulle elezioni presidenziali del 2020.
 
Ron Unz www.ossin.org • 9 dicembre 2021
 
Pochi giorni dopo la pubblicazione della recensione del Journal sulle origini di Covid, Greenwald ha pubblicato una colonna di 4.100 parole che criticava aspramente il Times, il Post e altri pilastri dei media mainstream per il loro continuo ricorso ad argomenti disonesti a sostegno della loro battaglia di retroguardia sull’origine naturale del Covid, un punto di vista sempre più messo in discussione da nuove divulgazioni e documenti declassificati. Ma sebbene il titolo e il testo si concentrino esclusivamente sulla "teoria della perdita di laboratorio" come unica alternativa, Greenwald deve sicuramente essere consapevole che esiste anche una terza possibilità, una possibilità molto più probabile ma anche molto più pericolosa da trattare.
 
Glenn Greenwald • Substack • 5 dicembre 2021 • 4.100 parole
 
Non sono certo l’unico a pensare che nessun evento dalla fine della seconda guerra mondiale ha avuto un impatto globale maggiore dell'epidemia di Covid, che continua a rimodellare sia i destini nazionali che le vite personali, e dunque sfidare la narrativa accettata di eventi così enormi può rivelarsi un'impresa rischiosa.
 
Ad esempio, più di vent'anni dopo l'inizio della seconda guerra mondiale, AJP Taylor ha scritto un racconto classico che ha analizzato attentamente le origini di quel conflitto e questo ha avuto conseguenze spiacevoli per la sua carriera, come ho sostenuto un paio di anni fa:
 
Eppure, rivisitando lo studio pionieristico di Taylor, ho fatto una scoperta notevole. Nonostante tutte le vendite internazionali e il plauso della critica, le tesi contenute nel libro hanno presto suscitato una tremenda ostilità in alcuni ambienti. Le lezioni di Taylor a Oxford sono state enormemente popolari per un quarto di secolo ma, a causa di quell’ostilità, "lo storico vivente più importante della Gran Bretagna" venne sommariamente epurato dalla facoltà non molto tempo dopo. All'inizio del suo primo capitolo, Taylor chiarisce fino a che punto trovasse strano che, più di vent'anni dopo l'inizio della guerra più catastrofica del mondo, non fosse stata prodotta alcuna analisi seria delle cause immediate. Forse le ritorsioni che ha dovuto in seguito subire lo hanno poi aiutato a capirne le ragioni.
 
 
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