Haiti Liberté – vol.4 n. 18 (dal 17 al 23 novembre 2010)

Haiti: Manifestazioni contro le forze di occupazione
di Hervé Jean Michel

Lunedì 15 novembre 2010 la città di Cap Haitien, la seconda di Haiti, è stata scossa da forti manifestazioni  contro le forze di occupazione del paese, la Minustah, accusata di essere all’origine della propagazione dell’epidemia di colera nel paese

Migliaia di manifestanti in collera sono scesi in strada, dopo che il numero dei morti per l’epidemia di colera ha raggiunto il numero di 200. I manifestanti, che erano armati di pietre e bottiglie, hanno tentato di assalire due basi delle forze di occupazione: una cilena e l’altra nepalese, secondo le informazioni diffuse dall’Agence Haitienne de Presse (AHP) lunedì 15 novembre 2010. I cittadini scesi in piazza hanno anche manifestato contro il governo haitiano e la sua cattiva gestione dell’epidemia. Sono state lanciate pietre e bottiglie contro gli acquartieramenti dei Cileni e dei Nepalesi, che hanno risposto con tiri di armi automatiche. Se la manifestazione di Cap Haitien ha monopolizzato l’attenzione della stampa e sollevato le maggiori preoccupazioni, bisogna registrare che anche altre città, La Grande Rivère du Nord, Limbé e Hinche hanno manifestato contro la Minustah, chiedendone l’allontanamento dal territorio nazionale.
Il bilancio della manifestazione riportato da AHP è di 16 feriti da arma da fuoco e 2 morti dalla parte dei manifestanti, 6 soldati nepalesi feriti da colpi di pietra e 2 sottocommissariati della Barrière Bouteille e di Pont Neuf incendiati. Nella città sono state erette barricate e sono stati incendiati degli pneumatici, provocando un totale deterioramento della situazione ed il blocco di ogni attività. I manifestanti hanno anche assalito e saccheggiato un deposito di cibo del Programma Alimentare Mondiale (PAM) che si trova a sud-est della città di Cap Haitien.
La manifestazione, secondo le dichiarazioni di uno dei promotori, Stanley Jean Mary, è stata profondamente politica, nella misura in cui ha espresso l’esasperazione di una popolazione che dice di averne abbastanza delle autorità di governo e della loro gestione del paese. “E’ ora che se ne vadano”, ha dichiarato Stanley Jean Mary a Radio Kiskeya.
Commentando gli avvenimenti, un portavoce della Minustah, Vincenzo Pugliese, ha dichiarato che i feriti sono stati colpiti da pietre e da cocci di bottiglia. In un secondo momento, nel corso di una intervista rilasciata ad una radio cittadina, ha riconosciuto che sono stati dei poliziotti nazionali ad avere aperto il fuoco. Queste due testimonianze provenienti da una stessa persona autorizzata a parlare a nome della Minustah dimostrano che costoro non dicono la verità, ma al contrario sono interessati a dissimulare i fatti per meglio mantenere la confusione e confermare la menzogna. All’accusa rivolta agli agenti della PNH (Polizia nazionale haitiana) di avere aperto il fuoco sui manifestanti, il direttore dipartimentale di Polizia, Caneus Joaney, ha dichiarato all’AHP che agli agenti erano state impartite istruzioni perché non fosse fatto cattivo uso delle armi di Stato. E tuttavia questo responsabile non ha precisato da dove sono partiti i colpi che hanno ucciso e ferito dei manifestanti. Come il portavoce della Minustah, nemmeno Caneus Joaney ha rivelato la verità dei fatti, in modo che i colpevoli di atti di aggressione e di assassinio contro il popolo possano essere ricercati, incolpati e giudicati.
“Si è riconosciuto che si è sparato per legittima difesa su uno dei uomini morti”, ha riconosciuto l’ONU, secondo un articolo de Le Monde Diplomatique. Ecco dunque l’ONU che parla di legittima difesa, quando i suoi soldati armati fino ai denti sparano su delle persone che lottano per la sopravvivenza in un paese, il loro paese, dove sono emarginati, minacciati di estinzione da una malattia che uccide a velocità accelerata. Contrariamente alla legittima difesa evocata dall’ONU, è piuttosto il popolo haitiano che, senza alcuna ambizione di colonizzare altri popoli del pianeta, lottando con tutte le sue forze contro gli sfruttatori locali e stranieri,  si trova in stato di legittima difesa. Il popolo haitiano non può dimenticare la catastrofica avventura della colonizzazione dell’America e dei caraibi, quando alla fine del 15° secolo, precisamente nel 1492, degli assassini sono sbarcati alla ricerca di spezie, di oro e di altri metalli preziosi per soddisfare la loro ingordigia. Questo conflitto è sfociato, in tempo di record, nella estinzione delle popolazioni autoctone che popolavano l’attuale territorio dove oggi viviamo noi.
Se in quei tempi i conquistatori potevano utilizzare armi da guerra e virus portatori di epidemie mortali per annientare quelle popolazioni e impadronirsi del loro territorio, perché non potrebbero farlo oggi, sei secoli dopo?
Una cosa é certa, i sei anni di attuale colonizzazione di Haiti, a partire dal colpo di stato imperialista del 29 febbraio 2004, proseguono  instancabilmente l’opera neoliberale cominciata nel 1982, di distruzione dell’economia di sopravvivenza di Haiti: l’ecatombe dei maiali creoli, la distruzione dell’industria di riso dell’Artibonite, la disarticolazione dell’economia alimentare del paese, il malthusianesimo economico applicato all’industria sostituiva dell’importazione, l’aggiustamento strutturale applicato all’amministrazione pubblica, la privatizzazione delle imprese di stato; tutto ciò per distruggere il popolo haitiano e impossessarsi del suo spazio vitale.
A Hinche, nel Plateau Central, una regione del paese che si è sempre tenuta fuori dall’attualità socio-politica, l’epidemia di colera ha risvegliato la coscienza degli abitanti. Centinaia sono scesi in piazza, lunedì 15 novembre, per chiedere che la Minustah se ne andasse, accusandola di essere l’agente propagatore del “vibrione colerico”, il bacillo del colera. Secondo HPN, scambi di pietre si sono registrati tra i manifestanti e i soldati nepalesi acquartierati a Meille, nel comune di Mirebalais. I soldati hanno sparato con armi automatiche, provocando più di una quindicina di feriti.
Tra le forze di occupazione ONU, 6 soldati sono rimasti feriti da colpi di pietra e due sotto commissariati sono stati incendiati. Gli abitanti di Hinche si sono mostrati determinati a lottare per ottenere l’allontanamento dei soldati di occupazione, che sono causa della loro sofferenza, di miseria e di morte. A Port-au-Prince, gli animi sono sovreccitati, la gente si vuole lanciare nella lotta per ottenere la liberazione del territorio nazionale. Mercoledì 17 e giovedì 18 novembre, alcune organizzazioni popolari hanno indetto delle manifestazioni per rivendicare i legittimi interessi della maggioranza nazionale.
Le condizioni vita ad Haiti si sono aggravate a un punto tale che è quasi impossibile prevedere cosa succederà nei prossimi giorni. L’epidemia di colera è in una fase di netta recrudescenza: sono stati finora registrati 1034 decessi, una cifra che oltrepassa di 117 le ultime statistiche. Sono state ospedalizzate 16779 persone, 2157 in più delle ultime statistiche. Bisogna notare che, tenuto conto delle abitudini e dei costumi haitiani in materia di cure sanitarie, tali cifre potrebbero essere irrealistiche. Ma una cosa è certa, l’epidemia assume proporzioni sempre più ampie, minacciando la popolazione nella sua stessa sopravvivenza.    
Le prossime manifestazioni saranno eminentemente politiche, perché si può immaginare che le rivendicazioni popolari non avranno alcuna risposta soddisfacente. La questione della sovranità nazionale e di un governo schiettamente nazionalista, che si faccia carico delle più importanti rivendicazioni del popolo, è all’ordine del giorno. Gli imperialisti e i loro lacchè non saranno lasciati in pace e saranno costretti a prendere delle misure o per mantenere la colonizzazione o per fare fagotto.
Il popolo haitiano è costretto a fondare la sua lotta sull’evidente alternativa: costruire il futuro o morire in un paese condannato al colonialismo e al neocolonialismo.   
 



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