Siria, luglio 2012 - Anche la Cina, come la Russia, ha opposto il veto in Consiglio di Sicurezza contro le manovre aggressive di alcuni paesi occidentali e arabi, per una soluzione pacifica della crisi siriana. Pubblichiamo un articolo sulla situazione in Siria apparso sul Quotidiano del Popolo, si tratta del punto di vista cinese sulla questione (di fianco, il Quotidiano del popolo, organo del partito comunista cinese)

 






Le Quotidien du peuple (Pechino), 18 luglio 2012 (trad.Ossin)



Si vuole riprodurre in Siria il “modello libico”?
Ren Yaqiu


Mentre la crisi siriana si aggrava giorno dopo giorno, il Presidente russo Vladimir Putin ha, durante una riunione degli ambasciatori russi che si è tenuta il 9 luglio, pronunciato un discorso di grande fermezza, dicendo che è fuori discussione che il “modello libico” possa ripetersi in Siria. Le parole pronunciate dall’uomo forte di Mosca suonano forti e chiare. Occorre ricordare en passant l’invio nel Mediterraneo di una piccola squadra di sei navi da guerra, provenienti dalle flotte del Nord, del Baltico e del mar Nero, per una “missione di addestramento”. Sapendo che anche due navi da guerra della US Navy incrociano nel Mediterraneo per “esercitazioni” e che la destinazione delle basi russe è la base navale siriana di Tartus, si comprenderà facilmente che non c’è da scherzare. E’ chiaro che queste esercitazioni, fatte in cooperazione con la Siria e cominciate il 7 luglio, sono un modo per la Russia di mostrare i muscoli.


E’ noto che non molto tempo fa una molto mediatizzata Assemblea Generale degli Amici della Siria si è svolta a Parigi, alla quale hanno partecipato un centinaio di paesi e di organizzazioni regionali. Durante la riunione, la Segretaria di Stato USA Hillary Clinton non ha mancato di riproporre il ritornello trito e ritrito di “Bachar el Assad deve andarsene”, e minacciato senza vergogna la Russia e la Cina, dicendo che “quelli che resteranno al fianco del regime siriano dovranno pagarne il prezzo”. Non si sarebbe potuti essere più chiari nel manifestare il proprio desiderio di egemonia.


Ma, un po’ dappertutto nel mondo, sono molti quelli che si rifiutano di mangiare quel pane. Anche il portavoce del Ministero degli affari esteri cinese ha affermato la propria opposizione alle dichiarazioni della signora Clinton, e da parte sua Vladimir Putin si è mostrato estremamente critico verso i metodi dell’Occidente, praticati dagli Stati Uniti, di “esportare la democrazia” a colpi di bombe e missili. E, in risposta alle dichiarazioni del Segretario di Stato USA, la Russia ha inviato delle navi da guerra nel Mediterraneo, avvertendo i paesi occidentali e i loro agenti di non agire in modo troppo sconsiderato.


Oggi alcuni paesi occidentali, nella speranza di forgiare la comunità internazionale a propria immagine, gridano alto e forte nel mondo che l’unica soluzione alla crisi siriana è l’allontanamento di Bachar el-Assad e la presa del potere da parte dell’opposizione. E che quelli che non saranno d’accordo o vi si opporranno si renderanno colpevoli del crimine di lesa-maestà. Come se il semplice fatto che Bachar el-Assad se ne vada dovesse riuscire a risolvere tutti i problemi. E’ evidente che si cerca di riprodurre il “modello libico” in Siria. Ma le cose sono altrettanto semplici? Sarebbe il caso di aprire gli occhi e guardare un po’ più dappresso la situazione attuale in Libia, dove i fumi di guerra si sono appena dispersi. La Nazione libica è tuttora immersa in una situazione inquietante, segnata da rivalità tribali, lotte di fazione e conflitti di ogni genere che minacciano l’ordine pubblico. Il caos è tale che perfino il famoso gruppo petrolifero Shell Petroleum ha annunziato il suo ritiro dal paese alla fine del mese di maggio. Quale sarebbe la situazione in Siria se Bachar e-Assad fosse finalmente costretto ad andarsene sotto la pressione delle bombe e dei missili? Tutto quello che si può dire è che le conseguenze sarebbero disastrose.


La Siria è situata nella parte occidentale dell’Asia, con la Turchia alla frontiera nord, l’Iraq alla frontiera est, la Giordania a sud, senza dimenticare il Libano e la Palestina a sud-ovest e, a ovest, il mar Mediterraneo e l’isola di Cipro. Vale a dire una localizzazione strategica. E, sul piano interno, la Siria è anche un paese etnicamente e religiosamente molto frammentato. Vale a dire che la situazione è molto più complicata che in Libia. In altri termini, se questo paese piombasse nel caos, sarebbe come accendere la miccia di un gigantesco barile di dinamite, la cui esplosione produrrebbe effetti disastrosi nei paesi vicini e la regione, e forse delle rivolte. Il lungo periodo di guerra civile che ha colpito la Siria è già costato la vita a 17.000 persone, ne ha spinto 100.000 alla fuga nei paesi vicini e ha lasciato un altro milione e mezzo in attesa di aiuti umanitari. Se Bachar el-Assad abbandonasse la presidenza in forme non legittime, ne seguirebbe un vuoto di potere, che determinerebbero disordini ancora peggiori. E il disastro umanitario si approfondirebbe. No, decisamente il “modello libico” non deve ripetersi.


Tuttavia un altro problema si pone: e se il “modello libico” dovesse effettivamente ripetersi in Siria? Io penso che non accadrà. La prima ragione è che il popolo siriano non lo vuole. Mai permetterà ad un altro paese di imporgli un potere politico. E’ il popolo siriano, e lui solo, che ha il potere di scegliere chi lo governerà. Inoltre l’esercito regolare siriano non ha niente a che vedere con quello di Gheddafi. Possiede equipaggiamenti molto più moderni, come missili guidati precisi ed aerei moderni. E si può anche aggiungere senza tema di errore che l’esercito siriano è molto agguerrito e di grande efficacia nel combattimento. Non dimentichiamo che ha affrontato due volte l’esercito israeliano sul Golan nel 1967 e 1973, e che ha sempre fatto una buona figura. Costituiva anche nello stesso periodo una gran parte della forza araba di dissuasione in Libano. E anche recentemente, in vista di possibili  ingerenze straniere, l’esercito siriano ha cominciato delle esercitazioni militari su grande scala, dimostrando un morale particolarmente solido.


La seconda ragione è che la Russia non lo vuole. In nome di che cosa i suoi interessi e l’unica base militare all’estero che le rimane dovrebbero essere minacciati? Inoltre i legami diplomatici, militari ed economici che uniscono la Russia e la Siria da molti anni fanno sì che la prima non abbandonerà un vecchio amico in periodo di crisi.


Vi è inoltre un’altra grande potenza regionale che non sarebbe d’accordo, l’Iran. I due paesi hanno solide relazioni di amicizia e di cooperazione. L’Iran è governato da un potere sciita, e il Presidente Bachar el-Assad è un Alauita, una branca dello Sciismo. Questi legami religiosi fanno sì che l’Iran non resterebbe insensibile di fronte a dei fratelli in difficoltà. Un’altra cosa di cui bisogna tener conto di più è l’interdipendenza. Se l’Iran perdesse quell’ alleato affidabile che per lui è Bachar el-Assad o un regime filo-USA si istallasse nella regione in Siria, l’Iran sarebbe isolato, cosa che faciliterebbe moltissimo i disegni dei paesi occidentali nella regione. Quindi non smetterà di appoggiare l’attuale regime siriano. Occorre ancora ricordare che anche in Iraq il potere è oggi nelle mani degli Sciiti. Grande potenza regionale, non vi è alcun dubbio che anche l’Iraq incoraggi una soluzione politica al problema.


E infine vi sono gli altri paesi e popoli desiderosi di giustizia che non lo vogliono. La Cina, la Russia e altri paesi sostengono che la soluzione del problema siriano passi per una soluzione politica fondata sulla “proposta di cessate il fuoco in 6 punti” dell’inviato speciale congiunto delle Nazioni Unite e della Lega araba, Kofi Annan. La Russia e altri paesi sostengono questa soluzione con l’obiettivo di mantenere la pace e la stabilità in Medio Oriente, e vi sono ragioni ancora più profonde. Tutti oramai sappiamo che, sotto il bel nome dell’umanitarismo occidentale guidato dagli Stati Uniti si nasconde in realtà una nuova forma di intervento attivo. La sua logica è semplice, colui che si oppone ad essi rischia di vedersi cacciato con la forza. E ciò anche, eventualmente, senza ricorrere alle procedura di approvazione delle Nazioni Unite. E quanto alle conseguenze di un intervento, ebbene poco importa.

La Cina e la Russia si sono sempre opposte a questo genere di pratiche, perché questo comportamento irresponsabile non può che dare luogo ad un ordine internazionale molto instabile e minacciare gravemente la pace nel mondo. E’ per questa ragione che essi hanno sempre rifiutato di cedere alle pressioni occidentali.


Infatti, dal punto di vista dell’opinione pubblica araba, l’allontanamento di Bachar el-Assad non è una opzione condivisa. E’ l’Occidente che cerca di dare questa impressione, con l’obiettivo di pescare nel torbido. La prova migliore è quello che è successo durante un dibattito alla televisione giordana, dove i due invitati avevano punti di vista diversi: sono volati insulti e la discussione è finita a pugni. Anche da ciò possiamo constatare che molti Arabi sostengono il legittimo regime siriano. E sono in molti a sostenere una soluzione politica del problema siriano.


Dunque io consiglio quelli che vorrebbero ripetere il “modello libico” di rinunciare a questa idea finché sono in tempo, tanto una iniziativa del genere sarebbe male accolta. Perché sia chiaro il mio pensiero, io non voglio dire con ciò che sostengo in qualche modo il Governo siriano. Penso solo che i Siriani siano gli unici a poter decidere ciò che deve accadere in Siria. Gli stranieri non hanno alcun diritto di interferire. Se alcuni paesi occidentali lo facessero malgrado tutto, perderebbero la faccia agli occhi del mondo intero. E alla fine sarebbero loro a pagarne il prezzo, non gli altri paesi. 

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