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Le Grand Soir – 4 novembre 2010

I redditi di cento milioni di cittadini USA sono inferiori a quelli dei loro genitori alla stessa età

Obama: la disillusione
di José Fort

Gli Americani sono reduci da due avvenimenti: a Sud, l’elezione di Dilma Roussef alla presidenza del Brasile col 56% dei voti, che succederà a Luiz Ignacio da Silva il prossimo gennaio, a Nord il rovescio elettorale subito da Barack Obama nelle elezioni di metà mandato

In Brasile, lo scorso week end, la maggioranza degli elettori ha espresso la sua gioia, anche se alcuni temono una possibile “deriva” per colpa della crisi, mentre mercoledì negli Stati Uniti le peggiori forze reazionarie e razziste urlavano la loro soddisfazione per la “batosta” che avevano inferto a Barack Obama e al partito democratico, che ha perso la maggioranza nella Camera dei rappresentati e la conserva solo al Senato. I prossimi tre anni rischiano di essere movimentati per l’attuale inquilino della Casa Bianca.
Noi abbiamo – e questo ci è stato talvolta rimproverato – salutato con entusiasmo la personalità e le promesse di Barack Obama, abbiamo applaudito ai cambiamenti annunciati col suo arrivo al Potere dopo i calamitosi anni di Bush (padre e figlio), abbiamo sperato di veder nascere degli Stati uniti dalle mani tese verso i più deboli, tolleranti col mondo, capaci di giocare un ruolo emancipatore.
Perché, due anni e mezzo dopo, una simile sconfitta elettorale? La ragione sta in quattro fattori: gli elettori neri, giovani, cittadini e della classe media hanno disertato il voto democratico rifugiandosi nell’astensione, aprendo così le porte all’elettorato più retrogrado e soprattutto ignorante. Molti giovani di Chicago, per esempio, la roccaforte di Obama strappata dai repubblicani, non sono andati a votare restandosene a casa. “Sono deluso – dichiarava qualche giorno fa ad una radio uno studente di questa città – Due anni e mezzo fa, con gli amici davanti al televisore, urlavo di gioia vedendo Barack Obama che prestava giuramento il giorno della sua investitura. Con quale risultato? Le nostre condizioni di vita non sono cambiate, anzi si sono aggravate…”
E’ vero. Barack Obama ha dovuto scontrarsi con le lobbie, con le multinazionali (farmaceutiche, per esempio, nel caso dell’aiuto medico ai più poveri), con le diverse pressioni dirette ad annacquare la sua azione. Ma di compromesso in compromesso coi suoi avversari, ha lasciato ai margini molti di quelli che avevano avuto fiducia in lui. Alcune cifre confermano questa dura realtà.
Secondo Arianna Huffigton, scrittrice e polemista di fama intervistata da Annick Cojean per “Le Monde magazine”, cento milioni di cittadini USA vivono con redditi inferiori a quelli dei loro genitori alla stessa età. La classe media, l’artefice della crescita economica di questo paese, è una specie in via di estinzione.”
La signora Huffigton traccia un bilancio dell’esempio americano. 8,4 milioni di posti di lavoro perduti dalla fine del 2007, un americano su 5 senza lavoro o sottoimpiegato, uno su 8 che vive dei buoni alimentari, un mutuo su cinque che si chiude col sequestro, tagli netti ai servizi vitali per i più deboli in molti Stati, il 30% dei liceali che lascia la scuola senza aver conseguito il diploma… Per la sig. Huffington “Obama ha perso l’occasione, non ha osato. Non ha saputo avere l’audacia, l’indipendenza e il carisma di Roosvelt che, in piena depressione, aveva lanciato un gigantesco programma di lavori, di cui ancora oggi si sentono i benefici. Per decine di milioni di americani il sogno si è rotto. Il principio fondativo, “un uomo un voto”, è stato sostituito dall’aritmetica della politica dei gruppi di interesse. Le lobbie e i loro torrenti di dollari hanno invaso Washington. Una vera presa del potere. Il governo fissa le sue priorità in mezzo a questo bazar di traffici di influenze.
Per molti Americani la paura del declino si trasforma spesso in collera che si rivolge contro Obama, vero capro espiatorio. Alcuni piccoli partiti di estrema destra ci mangiano su questa disillusione. Presto rientreranno nella grande casa repubblicana.
Il voto degli Americani è sempre influenzato dai problemi economici interni. Le vicende del mondo interessano solo la frangia istruita della popolazione, Ora, Obama non ha vinto nemmeno le sue scommesse internazionali. Nessun risultato nei negoziati israelo-palestinesi, impantanamento in Afghanistan, ancora uccisioni in Iraq.
Quale futuro per Obama? Due possibilità gli si offrono: continuare a venire a patti con le lobbie, le multinazionali, il campo repubblicano o cominciare a dare realizzazione alle sue promesse elettorali. Se sceglierà la prima ipotesi e non saprà ritrovare l’entusiasmo del 2007, si può scommettere che non sarà rieletto.