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Nel blog di Stephen J. Walt, uno degli autori, insieme a John J. Mearsheimer del libro”La Israel Lobby e la politica estera americana”, é uscito questo articolo. Evidenzia le manovre della propaganda israeliana in USA nello stile usuale.


UN ALTRO INVITO PERSO NELLA POSTA


Questa mattina stavo per scrivere sul blog in merito alla storia del Times secondo cui il Dottor Human Khalil Abu Mulal al-Balawi—il doppio agente che uccise 8 agenti statunitensi in un attacco suicida la scorsa settimana—fu  spinto, si dice, dalla rabbia per il duro attacco di Israele contro Gaza l’anno passato (parliamo della guerra che il Presidente Bush non ha cercato di prevenire, la guerra su cui il Presidente Obama ha taciuto, e la guerra che a quanto pare è stata ritenuta giusta dal Congresso degli Stati Uniti). Parliamo delle conseguenze sulla popolazione civile. Ma Phil Weiss e Glen Greenwald lavorano al caso e potete leggere loro invece che me.
Piuttosto, vorrei condividere con voi un invito che mi è stato inoltrato da un amico (per qualche inspiegabile ragione non l’ho ricevuto io direttamente). Nella email lo si invitava a partecipare  a “Spotlight Iran”, un workshop speciale sponsorizzato dall’Israel Project.  Eccone il contenuto:

“Unitevi a noi per un ampio programma di formazione per i gruppi di pressione della società civile.
Israel Advocacy Training Institute: Spotlight Iran
Non perdete questo Istituto in cui gli attivisti Israeliani verranno educati alla partecipazione attiva e riceveranno briefings speciali da parte di alti ufficiali americani e israeliani sulle questioni vitali dell’Iran e i gruppi di pressione popolari. Acquistate nuovi strumenti e imparate come far uso in modo efficiente ed effettivo del vostro tempo e delle vostre risorse per sostenere Israele nelle sale di governo, pagine di giornali, frequenze radio, e nei siti internet dei nuovi mezzi di comunicazione.”


Qualche commento:
In primo luogo, se qualcuno ancora dubita che i gruppi di pressione israeliani non siano fortemente impegnati nell’influenzare i pubblici discorsi sugli affari del Medio Oriente…è tempo per mettere da parte queste perplessità. Oltre ad ingigantire la minaccia dell’Iran, l’obiettivo evidente di questo workshop è di insegnare alla gente come scrivere articoli giornalistici, messaggi su twitter, blogs ecc, che possono promuovere l’agenda  presumibilmente “pro-Israele” dell’Istituto di formazione israeliano (inutile dire che la sua agenda sull’Iran consiste nello spingere gli Stati Uniti a fare qualsiasi cosa serva ad evitare che l’Iran domini l’intero ciclo di ‘combustione’, compreso l’uso della forza).
In secondo luogo, non c’è nulla di sbagliato in un gruppo di Americani che si uniscono per stimolare le loro idee politiche, è così che il nostro sistema di governo funziona. Ciò non è in principio differente dai Cubani-Americani  che si organizzano per preservare l’assurdo embargo al regime di Castro, dai membri della NRA che si incontrano per elaborare nuovi strumenti volti ad ostacolare il controllo delle armi, dai contadini che fanno pressioni al fine di ricevere maggiori sussidi per l’agricoltura, da quelli che si incontrano dinanzi ad un tè per lamentarsi dei loro piccoli fastidi ricorrenti, o dagli incontri dei birthers che in modo goffo parlano del patrimonio di Obama. Si tratta semplicemente della buona vecchia politica di gruppo tanto cara agli americani.
Tuttavia, va evidenziato che l’evento in questione prevede la partecipazione di un rappresentante dell’AIPAC (The American Israel Public Affairs Committee), un diplomatico israeliano ed apparentemente una serie di assistenti in campo legislativo del Congresso dei quali non vengono riportati i nomi. Si suppone che gli ultimi siano ufficiali pubblici; noi comprendiamo che sono soggetti a pressione da parte di gruppi di potere ma in questo caso sembra che si stiano attivamente adoperando per aiutarne uno. A causa dell’ importante ruolo ricoperto da un rappresentante ufficiale di un governo straniero e a causa della partecipazione di alcuni assistenti del congresso, questo evento sembra offuscare la linea di confine tra l’essere un mero gruppo interno di pressione e qualcos’altro. Non è forse eccessivo avere un diplomatico ufficialmente accreditato che indirizzi i lavori di un convegno il cui scopo dichiarato è di insegnare agli americani come agire per conto del paese del diplomatico stesso?
In terzo luogo, la questione principale consiste nel chiarire chi stia effettivamente spingendo per la guerra con l’Iran e chi non. Gli Israeliani e altri gruppi con gusti affini vogliono che gli Stati Uniti affrontino l’Iran, ed il motivo principale di questa scelta è quello di proteggere Israele da quello che loro stessi ritengono (a mio avviso erroneamente) una terribile minaccia (io penso che le iniziative dell’Iran siano una preoccupazione legittima, ma non un pericolo apocalittico come molti israeliani sembrano pensare). Tuttavia, è pienamente loro diritto sostenere quelle posizioni, e lavorare col sistema politico americano al fine di provare a far passare la loro linea dura. Se vogliono organizzare seminari per raccogliere consenso su tali posizioni e formare persone su come sostenere questa linea, per me va bene. Va bene anche che altre persone con idee e programmi simili vogliano intervenire.
E bisogna essere chiari su un’ulteriore cosa. La guerra con l’Iran non è un progetto sostenuto da tutti gli ebrei-americani, o solo dagli ebrei americani. Lo stesso vale per la guerra in Iraq, voluta dai neo-conservatori e spinta dai gruppi chiave appartenenti alla lobby israeliana, ma non dagli ebrei americani.
Difatti, nel momento in cui gli Stati Uniti entrarono in guerra nel 2003, i sondaggi mostrarono come gli ebrei americani fossero meno propensi dell’intera popolazione statunitense a sostenere la guerra.
Ma come nei confronti dell’Iraq, molti dei maggiori sostenitori di una “risposta cinetica” all’Iran sono individui o organizzazioni appartenenti alla lobby israeliana (inclusi quei buffamente bellicosi dei cristiani sionisti), e come viene indicato da questo invito, non si mostrano molto timidi nel fare conoscere le loro preferenze politiche. Così nel caso in cui gli Stati Uniti arrivino ad una guerra con l’Iran in un futuro non molto distante, e questa guerra ci conduca ad una situazione peggiore della precedente, spero almeno che tali individui non inizino a negare di avere avuto qualcosa a che fare con il conflitto, o a stigmatizzare come bigotte quelle persone che discutono sul loro ruolo.