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Strategic Culture, 10 luglio 2017 (trad.ossin)
 
Stati Uniti : Prove tecniche di separazione
Wayne Madsen
 
Chiedete alla maggior parte dei costituzionalisti e vi dirà che la Costituzione vieta agli Stati degli USA di separarsi. D'altronde è stata la Guerra civile a risolvere la questione della secessione, nei fatti oltre che in diritto. Ma nessun principio costituzionale vieta di procedere ad ampie deleghe del potere centrale di Washington DC ai singoli Stati, e anche alle metropoli
 
 
Per effetto delle politiche autoritarie di Donald Trump, gli Stati Uniti stanno sperimentando la stessa decentralizzazione che ha caratterizzato già altre federazioni che hanno finito per dissolversi. Certo, gli Stati Uniti non hanno gli stessi problemi di fondo, come le differenze etniche, di lingua o religione, che hanno contribuito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, della Jugoslavia e della Cecoslovacchia, ma le iniziative unilaterali del governo federale allontanano sistematicamente gli Stati degli USA dal centro di Washington DC.
 
Trump e i suoi consiglieri, che hanno cavalcato gli slogan sui «diritti degli Stati» verso la Casa Bianca, tendono però a non tenere troppo in conto né questi ultimi, né i loro rappresentanti a Washington, incarnati dal Congresso, a beneficio di un esecutivo centrale forte. Il movimento degli Stati verso una maggiore indipendenza nei confronti del centro, e il parallelo tentativo dell'amministrazione Trump di sostituirsi agli interessi degli Stati, sono forieri di grandi pericoli.
 
Le strutture federali hanno successo solo quando si riesca a stabilire un continuo dialogo tra il governo nazionale e quelli locali. Quando questo dialogo lascia il posto a prescrizioni unilaterali provenienti dal centro, i governi locali manifestano la loro opposizione cominciando a ignorare le prescrizioni dettate dal governo nazionale. E' stata l'impopolare (imposta forfettaria sulle locazioni) del Primo Ministro britannico Margaret Thatcher negli anni 1980 che ha contribuito alla devoluzione del potere centrale da Londra ai governi regionali novellamente formatisi in Scozia, nei paesi del Galles e in Irlanda del Nord. . La devoluzione dei poteri in Scozia ha aperto la strada al predominio del partito nazionale scozzese e al referendum sull'indipendenza scozzese.  La progressiva atrofia dei governi belgi ha portato direttamente ad un Belgio federale dove sono stati trasferiti poteri sostanziali alla Fiandra fiamminga, alla Vallonia francofona e alla Regione di Bruxelles-Capitale, ciascuna coi suoi propri Parlamenti e Governi.
 
Per quanto sia illegale per gli Stati negli USA pensare di separarsi, come dimostra la disfatta militare della Confederazione nella Guerra civile, altre forme di autonomia locale possono essere il risultato finale del disprezzo, nella pratica, dimostrato dall'amministrazione Trump verso il federalismo, come delineato dalla Costituzione degli Stati Uniti.
 
L’impulso verso una maggiore autonomia degli Stati nei confronti di Washington è influenzata da un certo numero di politiche adottate dall’amministrazione Trump, come quelle in materia ambientale, di uso di droghe, di assistenza sanitaria, di dati personali di identità, delle relazioni con Cuba, dell’immigrazione e del commercio estero. Per quanto vi siano altri temi che fanno registrare frizioni tra l’amministrazione Trump e i suoi sostenitori repubblicani nel Congresso, sono le citate «sette grandi» questioni politiche che fanno attualmente da catalizzatori per la spinta che vede molti Stati cercare di portare avanti proprie linee politiche, sfuggendo all’interferenza di Washington.
 
La decisione di Trump di ritirare gli Stati Uniti dall’Accordo sul clima di Parigi ha provocato la creazione di una «United States Climate Alliance», un gruppo di Stati che restano fedeli agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, a prescindere dalle decisioni di Washington. I tre primi Stati che hanno dichiarato la propria scelta di indipendenza da Trump e dalle sue politiche in tema ambientale sono stati la California, Washington e New York. Il Connecticut si è subito associato. I governatori repubblicani del Massachusetts e del Vermont hanno anch’essi aderito, smentendo la critica che considerava l’alleanza climatica come una invenzione del partito democratico. Hanno poi aderito Rhode Island, l’Oregon, Hawai, la Virginia, il Minnesota e il Delaware. Altri Stati che sono rimasti fedeli agli impegni dell’Accordo di Parigi, pur senza ufficialmente aderire all’alleanza climatica, sono il Colorado, il Maryland, il Montana, la Carolina del Nord, l’Ohio, la Pennsylvania, il Nuovo Messico, l’Illinois, lo Iowa e il Maine. Il Distretto di Columbia e il Commonwealth di Porto Rico, che non sono Stati, hanno ugualmente aderito all’Accordo di Parigi.
 
L’Alleanza per il clima è servita come modello a certi governatori che hanno effettuato discussioni bilaterali con statisti stranieri, non solo in materia ambientale, ma anche sull’immigrazione. Il governatore di Washington, Jay Inslee, ha incontrato il Primo Ministro canadese Justin Trudeau a Seattle e hanno congiuntamente dichiarato di sostenere l’Accordo di Parigi. Inslee ha anche discusso del problema degli immigrati messicani del suo Stato col presidente messicano Enrique Pena Nieto a Città del Messico. Il governatore della California, Jerry Brown, è andato a Pechino per incontrare il presidente cinese Xi Jinping. I due hanno ribadito il loro sostegno all’Accordo di Parigi e hanno discusso degli interessi economici bilaterali. Si trattava di questioni commerciali tra la Cina e la California di fronte alle minacce di Trump di scatenare una guerra commerciale mondiale.
 
Quando si tratta di pestare i piedi a Washington e all’amministrazione Trump, gli Stati della costa del Pacifico – che stanno diventando una sorta di sotto-alleanza degli Stati del Pacifico – sono in prima fila. Washington, l’Oregon e la California hanno respinto le minacce del procuratore generale degli Stati Uniti, Jeff Sessions, di applicare le leggi federali sulla marijuana. Questi tre Stati hanno legalizzato la marijuana per fini medici e ricreativi. Ad essi da poco si è aggiunto il Nevada. Intanto Washington e il Colorado, anche quest’ultimo avendo legalizzato la marijuana per uso medico e ricreativo, hanno scoperto che le entrate fiscali provenienti da questo nuovo commercio li hanno aiutati ad evitare il fallimento. I funzionari di Trump non hanno offerto alcuna compensazione federale per la perdita dei proventi fiscali della marijuana, e allora gli Stati hanno in sostanza detto a Trump, a Jeff Sessions e ai Servizi antidroga che intendono essere loro ad occuparsi dell’applicazione delle leggi federali in tema di droga nei loro Stati. Agli Stati citati si sono poi aggiunti l’Alaska, il Massachusetts e il Distretto di Columbia.
 
Un altro gruppo di Stati ha dichiarato di voler continuare a estendere l’area degli  assistiti da Medicaid, in base alla legge Affordable Care Act (ACA) dell’amministrazione Obama, e hanno respinto i tagli a Medicaid, Medicare e le prestazioni sanitarie ai veterani, decise dai Repubblicani del Congresso e dal governo Trump. Ancora una volta, tra gli Stati che offrono il Medicaid allargato per coprire i salariati più poveri, si trovano i tre principali Stati anti-Trump del Pacifico: California,  Oregon e Washington, cui si sono aggiunti l’Alaska, Hawai, il Nevada, l’Arizona, il Nuovo Messico e il Colorado. Altri Stati favorevoli all’ampliamento di Medicaid sono il Montana, il Dakota del Nord, il Minnesota, lo Iowa, l’Arkansas, l’Illinois, la Louisiana, il Michigan, l’Indiana, il Kentucky, la Virginia-Occidentale, la Pennsylvania, il New Jersey, il Maryland, il Delaware, Rhode Island, New York, il Connecticut, il Massachusetts, il Vermont, e il New Hampshire.
 
Negli Stati Uniti si sta sviluppando un modello di devolution precoce. Lo si vede anche in altri ambiti politici. Una schiacciante maggioranza di 44 Stati (su 50) ha respinto una richiesta della Commissione del Presidente per la trasparenza delle elezioni – voluta dal presidente Trump -  di registrazione dei dati personali di identità, conosciuta anche come «Commissione Kobach», dal nome del vice-presidente, il Segretario di Stato del Kansas, Kris Kobach. La commissione è una trovata per ridurre l’ambito dei votanti, nello spirito dell’ex Commissione per la sovranità del Mississippi, un organismo finanziato dallo Stato e incaricato dal governatore del Mississippi di sopprimere i diritti civili degli Afro-Americani nello Stato. Con un  tweet, Trump ha chiesto «che cosa [gli Stati] intendevano nascondere». La risposta è semplicemente che non vogliono nascondere niente, salvo proteggere i dati personali conformemente alle leggi dello Stato. E’ sorprendente come Trump non comprenda le leggi fondamentali statali e federali in tema di riservatezza dei dati.
 
Il segretario di Stato della California, Alex Padilla, ha sfidato la Commissione Kobach dichiarando: «Non fornirò informazioni sensibili sugli elettori ad una commissione che ha già giudicato in modo sbagliato che milioni di Californiani hanno votato illegalmente». Il segretario di Stato repubblicano del Mississippi, Delbert Hosemann, ha detto alla commissione Kobach di «buttarsi nel golfo del Messico e che il Mississippi è un eccellente trampolino».
 
Anche la decisione di Trump di rivede gli accordi economici e turistici con Cuba, firmati dall’amministrazione Obama, ha provocato una ribellione tra gli Stati che ritengono vantaggiosi gli scambi commerciali e la possibilità di viaggiare verso Cuba.
 
Essa è stata contestata dal Minnesota. Il governatore aggiunto di questo Stato, appartenente al partito democratico, ha guidato una delegazione commerciale bipartisan a Cuba che ha espresso il proprio appoggio alla ripresa dei rapporti, voluta da Obama, tra Stati Uniti e Cuba. Il governatore democratico della Louisiana, John Bel Edwards, e il commissario all’agricoltura dello Stato, Mike Strain, repubblicano, hanno dichiarato che le sanzioni di Trump contro Cuba non avrebbero inciso sul commercio agricolo della Louisiana col paese vicino. Essi intendono incrementare il commercio con Cuba e non ridurlo, indipendentemente dalle iniziative di Trump.
 
L’altra questione che spinge gli Stati a contestare l’autorità di Trump è l’immigrazione. Il primo aspetto è il divieto di ingresso, decretato da quest’ultimo, che riguarda il rilascio dei visti di rifugiato ordinari e speciali alle persone provenienti da sei paesi mussulmani: l’Iran, la Siria, il Sudan, lo Yemen, la Libia e la Somalia. L’Iraq in un secondo momento è stato escluso dalla lista. Tra gli Stati che hanno avviato dei ricorsi federali contro l’applicazione di questo decreto da parte del governo federale, vi sono gli Stati ribelli del Pacifico, Washington e l’Oregon.
 
Il secondo aspetto della politica di immigrazione di Trump è l’attività di concentramento degli immigrati illegali da parte del ministero degli Interni e la loro deportazione nei paesi di origine. La California sta per diventare uno «Stato santuario», vale a dire uno Stato che non coopererà con le autorità federali per l’applicazione della legge sulla detenzione degli immigrati illegali.
 
Il commercio estero potrebbe essere il catalizzatore di un allontanamento di alcuni Stati dal governo federale nell’ambito di una resa dei conti costituzionale. Hawai, Stato multiculturale, che manifesta il desiderio di separarsi completamente dalle politiche di Trump, sostenuto da un movimento indipendentista autoctono molto attivo, è stato l’unico Stato a sollevare la questione della costituzionalità del decreto che vieta il rilascio dei visti. Hawai si considera come la porta degli Stati Uniti verso il Pacifico e l’Asia e, in questa ottica, considera la libertà di viaggiare come fondamentale. Hawai non parteciperà volentieri ad una guerra commerciale di Trump, come dimostrano gli attivissimi uffici commerciali dello Stato a Pechino e a Taipei.
 
Altri Stati, in particolare I ribelli del Pacifico, non è probabile che adotteranno le politiche di guerra commercial dell’amministrazione Trump. La Costituzione degli Stati Uniti affida al governo federale la responsabilità del commercio estero e saranno problemi commerciali a creare le prime fratture tra Washington e gli Stati. La California ha un importante ufficio commercial a Pechino. Lo Stato di Washington e l’Oregon hanno uffici commerciali a Shanghai. Taluni rappresentanti del commercio di questi Stati si vedono riconosciuti dai paesi ospiti lo stesso statuto diplomatico dei consoli. Gli Stati non rinunceranno alle loro potenzialità di commercio estero per soddisfare i capricci di un megalomane degli affari come Trump.
 
Le forze che spingono per un ampio decentramento negli Stati Uniti, stimolate dagli inquietanti sussulti di accaparramento del potere da parte dell’amministrazione Trump, sono importanti perché in gran parte bipartisan  e in gran parte transcontinentali – ad eccezione di alcuni Stati retrogradi del Sud e qualche Stato delle praterie e dell’Ovest montagnoso – e non mostrano alcun segno di ripensamento. Se questa è la situazione che si è creata dopo soli sei mesi di amministrazione Trump, i politologi si chiedono se vi saranno ancora gli «Stati Uniti» alla fine del mandato di Trump, specialmente se questo arriverà fino al gennaio 2025.