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Palestine Solidarité, 13 settembre 2014 (trad. ossin)



Dell’oriente e delle sue identità assassine

Fida Dakroub


E’ tardi oramai per riprendere le mie vecchie analisi. Che cosa importa come era il Medio oriente nel IX° secolo o nel XIX° secolo, quando, nel XXI° secolo, tutte le novità, diventate quotidiane, portano con loro un così gran numero di morti, di feriti, di miserie e di sciagure? Tutto ancora si deve conoscere, dopo così tante pubblicazioni sulle guerre in Medio oriente, e tutto deve essere cambiato, dalla mia partenza del 1997. Il ritiro dell’esercito israeliano dalla “zona di sicurezza” del Libano del sud nel 2000; l’invasione dell’Iraq nel 2003; la seconda guerra del Libano nel 2006; le sedicenti “primavere arabe” del 2011 e tutto quello che è venuto dopo; la fuga disonorevole, ma tanto intelligente, di Ben Ali; il selvaggio linciaggio di Gheddafi; la caduta di Ramses Hosni Mubarak, l’ultimo faraone d’Egitto; la guerra in Siria; la guerra in Iraq; e da ultimo la dichiarazione dello Stato Islamico in Iraq e in Siria; gli jihadisti islamisti che sono nemici e terroristi in Iraq, amici ed alleati in Siria; Le nuove campagne a breve termine del presidente USA Barack Obama in Medio Oriente; alla fine, quattordici anni tanto fecondi di avvenimenti sono riusciti ad alterare la sostanza come la forma delle cose, e forse le mie note sull’Oriente di Amin Maalouf saranno lette volentieri solo da persone alle quali l’attualità dominante avrà lasciato qualche gusto per i vecchi e buoni ricordi.

Devo dire però che, se ancora si trova un Oriente ribelle alle disgrazie dei secoli, ostinatamente resistente all’invasione della cultura occidentale, che conserva la sua antica fisionomia e il suo carattere quasi immutabile in mezzo alle vicissitudini del mondo, questo è l’Oriente di Amin Maalouf. I costumi, come le tradizioni, frutto del clima, si perpetuano sotto il regno di questa grande natura orientale; e Omero, dopo tremila anni, lo si può ancora ritrovare in tutte le sue descrizioni. Non credo dunque che, a partire da lontano, le mie osservazioni siano del tutto prive di una certa verità attuale; molte cose sono ancora, e resteranno a lungo, come le ho viste io; i monumenti fenici, greci, romani e bizantini; le vecchie moschee arabe e mamelucche, le cittadelle che si susseguono; gli hammam ottomani; i vecchi suk di Damasco, di Sidone, di Byblos nel Machreq, di Sidi Bou Said e di Bab Bhar nel Maghreb. D’altronde io sono nata subito dopo la Guerra dei Sei Giorni, e immagino che vi sarà qualche interesse a capire come i racconti dei miei genitori a proposito di questa guerra abbiano sconvolto il mondo nel quale vivevo e le appartenenze identitarie con le quali mi identificavo. Una volta distrutte questo mondo e queste appartenenze, io mi sono imbarcata in una nuova Odissea della quale resto, fino ad oggi, l’eroe principale. Giunta nel Nuovo Mondo, ho cominciato a cercare delle nuove identità, nuove appartenenze che, avuto riguardo al contesto dei conflitti e delle guerre in Medio Oriente, non potevano che essere identità assassine, come spiega bene Amin Maalouf nel suo saggio “Le identità assassine”:

“Riguardo a quelle persone che sono portatrici di appartenenze che, attualmente, si scontrano violentemente; persone in qualche modo di frontiera, attraversate da linee di frattura etniche, religiose o di altro tipo. Proprio a causa di questa situazione, che non oso definire “privilegiata”, essi hanno un ruolo da giocare per tessere legami, dissipare i malintesi, rendere ragionevoli gli uni, mitigare gli altri, appianare, ricucire… Hanno come vocazione di essere dei trait d’union, dei ponti, dei mediatori tra le diverse comunità, le diverse culture” (Maalouf, “Les Identités….”, 11)

Ebbene in Medio oriente tre identità religiose, forse tre gruppi, si ammazzano tra di loro fin dall’inizio del XX° secolo – per non andare troppo lontano -: gli ebrei, i cristiani e i mussulmani. Oggi, grazie alla sedicente “Primavera araba”, l’odio e l’animosità imperversano dovunque. Le informazioni che ci vengono dal Medio Oriente sono, per noi, orrende e terrificanti e fanno stato di una grave crescita della violenza: Curdi contro Arabi, Arabi contro Ebrei, Persiani contro Turchi, Arabi ed Ebrei; mussulmani contro ebrei e cristiani; e perfino in seno a ciascun gruppo – come è il caso dell’islam – sciiti contro sunniti. Niente può, al momento, fermare la corsa e la crescita di questa valanga di ferro, fuoco e sangue.

Sento il bisogno di dichiarare, prima di chiudere, che mi sono volontariamente astenuta dal trattare qualsiasi argomento politico nei miei articoli sull’Oriente di Amin Maalouf. Tuttavia, con questa crescita dei cicli di violenza, nuove identità e appartenenze assassine stanno apparendo: ho voluto dunque aggiornare le mie note e i miei appunti sull’Oriente in generale e sull’Oriente di Amon Maalouf in particolare. Inoltre il rigido La Bruyère ha detto: “Si apre un libro di devozione e si viene toccati; se ne apre un altro che è galante, e fa la sua impressione. Si può dire che solo il cuore sa conciliare le cose contrarie e ammettere quelle incompatibili?” (La Bruyère, “Le caractères…”,83). Ed è quindi per questo che, nonostante la cupa realtà delle cose in medio oriente, ho deciso di approfondire, qui e con voi, quei trait d’union tracciati da Amon Maalouf tra le identità assassine.

A questo proposito, alcune persone che hanno potuto leggere in anteprima qualche frammento delle mie ricerche, hanno trovato che io abbia cercato di imitare troppo Amin Maalouf… Se ci fossi davvero riuscita, prenderei sul serio questo appunto e non desidererei altro tipo di elogio. Fosse mai che, in mancanza delle grandi intuizioni che vengono dal cuore e che Zeus Crono dona a dei rari geni, fossi riuscita a rubare ad Amin Maalouf, quando camminavo sulle sue tracce a Beirut, Sidone, a Tiro, a Biblo e a Baalbek, ed egli mi avesse lasciato una piccola parte del suo mantello? Non oso vantarmi di un simile onore; e ripeto ciò che Virgilio disse due mila anni e passa fa: haud equidem tali me dignor honore,  certamente non mi sento degno di un simile onore (Virgilio, Eneide, libro I, v. 335)