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ProfileIntervento, 29 novembre 2023 - Chirac a Netanyahu: “Non credo a una parola di quello che esce dalla tua bocca”          

 

Le Grand Soir, 25 novembre 2023 (trad.ossin)
 
Se lascio la mia casa, lascio Gaza e lascio la Palestina
Guy Chapouillie*
 
Chirac a Netanyahu: “Non credo a una parola di quello che esce dalla tua bocca”
 
 
 
 
È l'inferno a Gaza e mi sembra di essere come l’uomo che fugge dalla luce artificiale dei media impazziti, che mi prendono di mira senza preavviso con frasi che fanno rabbrividire come quella di Pascal Perri, "c'è un antisemitismo couscous" (31 ottobre su LCI), trasmesso da una serie di comunicati di guerra israeliani destinati a spaventare e terrorizzare. E guai a voi se non accettate la linea della NATO che sta ignominiosamente alimentando il fuoco che consuma Gaza.
 
È in questo concerto che suona la sconfitta del pensiero, che Gérald Darmanin intraprende un'azione legale contro le osservazioni della parlamentare Danièle Obono su Hamas, senza dire nulla quando il cantante Enrico Macias dichiara al CNEW, a proposito di coloro che manifestano il loro sostegno ai palestinesi, "che bisogna annientarli"... "anche fisicamente", ha aggiunto di fronte alla reazione di un giornalista stupito: ecco un appello all'omicidio contrario a tutti i valori che hanno fondato la nostra Repubblica, dove non c’è posto per i due pesi e le due misure.
 
Il 31 luglio 1914, poco prima del suo assassinio, Jean Jaurès sentiva la guerra imminente e pensava che il pericolo più grande del momento fosse nel nervosismo che dilagava, nell'ansia che dilagava, negli impulsi improvvisi che nascono dalla paura, dall'incertezza acuta, dall’ansia prolungata. Rileggiamolo attentamente, perché qualcosa di simile rischia di farci perdere la ragione e di offuscare la nostra capacità di comprendere e di criticare.
 
Davvero faccio ancora parte di questo mondo che non sa più dare un nome alle cose, anzi le denomina o le soprannomina fino alla nausea? Un mondo che criminalizza il dibattito e ti costringe a scegliere da che parte stare, mentre io mi sento così simile a tutti coloro che non se la sentono di accettare una simile scelta criminale. Ho a cuore la verità, la verità complessa, spesso irraggiungibile, alla quale bisogna avvicinarsi con sincerità, saggezza, una verità che va guardata negli occhi, per quanto oscura possa essere, e non la versione imperialista della verità, la verità di quelli che affermano che le cose che loro capiscono sono le uniche cose degne di essere comprese e insegnano a tutti il modo più efficace per diventare ciechi come loro, fanatici.
 
Tuttavia, dove cresce la disperazione, può crescere anche la speranza per un altro approccio alla verità. C’è la protesta dello storico israeliano Ilan Pappé che il 16 novembre 2023 ha dichiarato che è difficile scrivere qualcosa che non sia diretta ad informare sul genocidio in corso e ad aggiungere la nostra voce a coloro che fanno di tutto per porre fine ad esso. È stata poi l'inchiesta di un giornalista del quotidiano israeliano Haaretz a riferire che "i comandanti sul posto hanno preso la decisione di bombardare le case di un kibbutz e i loro occupanti per eliminare i terroristi e allo stesso tempo gli ostaggi". Poi, a loro volta, i giornalisti della BBC hanno dichiarato di non aver trovato nulla che assomigli alla proiezione 3D di un’installazione della leadership di Hamas sotto l’ospedale Al-Shifa, divulgata in tutto il mondo dall’esercito israeliano. 
 
Nessuno nega che vi sia stato l’attacco di Hamas, ma la narrativa del governo israeliano si sta sgretolando e ricordo ciò che disse Jacques Chirac durante un incontro faccia a faccia con Netanyahu, guardandolo negli occhi: “Non credo a una parola che esce dalla tua bocca. Tutta la vostra politica è quella di provocare i Palestinesi”. Un giudizio ripreso in una confidenza di Nicolas Sarkozy a Barack Obama, catturata da un microfono indiscreto: "Netanyahu, mente continuamente... ne ho le palle piene". Il 20 ottobre, su Europa n°1, Jacques Attali è andato oltre descrivendo Benjamin Netanyahu come un criminale di guerra, “è più dannoso dei più terribili avversari”, poiché ritiene che tutti gli abitanti di Gaza siano terroristi o simpatizzanti dei terroristi, o addirittura scudi umani, e sono quindi obiettivi legittimi. In una parola, uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi! Sono al culmine della nausea, mi sento impotente.
 
Ma questa non è tutta la storia, mentre i nostri occhi sono puntati su Gaza, la colonizzazione delle terre palestinesi continua in Cisgiordania dove i coloni radicali fanno della pulizia etnica la loro vita quotidiana, sotto la protezione dell’esercito israeliano. Stanno sfrattando spietatamente intere famiglie dalle loro case, dalla loro terra, tutto secondo il programma del governo di Benjamin Netanyahu che afferma chiaramente che il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e inalienabile sulla terra di Israele. Il governo espanderà gli insediamenti ovunque, comprese la Giudea e la Samaria, cioè la Cisgiordania. Si tratta puramente e semplicemente di una colonizzazione di popolamento, indubbiamente un modo di aggiustare il mondo, o meglio di riorganizzare il proprio. Una modalità nata più di settant'anni fa con i massacri delle popolazioni dei villaggi palestinesi per terrorizzare i vivi che partivano in gran numero per un esodo ancora senza ritorno, e il cui nome risuona come una catastrofe “la Nakba”.
 
Il 9 aprile 1948, secondo la stampa e vari commentatori dell’epoca, 120 combattenti dell’Irgun e del Lehie massacrarono 254 persone.
 
Il 9 ottobre 1956, uomini di Magav, la polizia di frontiera israeliana, uccisero a sangue freddo 51 civili, tra cui 15 donne e 11 bambini di età compresa tra 8 e 15 anni, vicino al villaggio di Kafr Qassem.
 
Il 26 ottobre 2014, il presidente israeliano Rivlin Reuven si è recato a Kafr Qassem per collocarvi una targa commemorativa dello spregevole crimine. Ha condannato fermamente il massacro che ha definito “un crimine terribile che grava pesantemente sulla coscienza collettiva di Israele”.
 
Riconoscere i fatti ma continuare comunque la colonizzazione nella metà del 21° secolo, dove i paesi ex colonizzatori si rodono ancora nel rimorso, significa prendersi gioco del mondo.
 
Quindi, quando la violenza risponde alla violenza perché tutte le altre strade sono state interrotte, perché quella dell’oppressore dovrebbe essere meno condannabile di quella degli oppressi? E quando ci viene detto che gli oppressi vogliono la scomparsa dell’oppressore mentre concretamente, davanti ai nostri occhi, è il governo di Benjamin Netanyahu che distrugge metodicamente il popolo palestinese al punto da presentare all’ONU una carta del Medio Oriente senza la minima traccia della Palestina, cosa possiamo dire se non che stiamo assistendo a un genocidio o qualcosa di simile? 
 
È vero, 2,3 milioni di persone hanno una pessima prognosi di vita. La storia registrerà che eravamo consapevoli e che abbiamo lasciato che ciò accadesse, a volte scoraggiati, come dice questa lettera finale di Craig Mokhiber:
 
Signor Alto Commissario, stiamo fallendo ancora.
 
A Gaza case, scuole, chiese, moschee e strutture sanitarie vengono attaccate senza motivo e migliaia di civili vengono massacrati. In Cisgiordania, inclusa Gerusalemme occupata, le case vengono sequestrate e riattribuite esclusivamente in base a criteri di razza. Inoltre, i violenti pogrom perpetrati dai coloni sono assecondati da unità militari israeliane. L’apartheid regna in tutto il paese.
 
Questa sarà la mia ultima comunicazione ufficiale in qualità di Direttore dell'Ufficio di New York dell'Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR).
 
Israele dovrà negoziare e ci saranno scambi di prigionieri, il che non è poi così male, anche se nulla ci dirà della sorte riservata alle migliaia di Palestinesi detenuti amministrativamente, senza motivo dichiarato, senza processo, veri ostaggi! E poi, come evitare che si ripeta quella devastazione di cui il generale de Gaulle ha descritto il meccanismo, che vede Israele organizzare, sui territori conquistati, un'occupazione che non può prescindere da oppressione, repressione, espulsioni e, quando si manifesta contro di essa una qualche forma di resistenza, la definisce come terrorismo?
 
Di fronte a questa inquietante osservazione, Ziad Meddoukh, residente a Gaza, risponde con ragione, ma non senza gentilezza e determinazione.
 
Buonasera da Gaza sotto le bombe
 
Sono le 20:30 di questo martedì 31 ottobre 2023
 
25 giorni di orrore assoluto e sta ancora continuando
 
Ma riesco a sopravvivere su questa terra bruciata
 
Mi sento impotente di fronte a questa ingiustizia e questa oppressione
 
Ma io non ho odio
 
sopporto l'insopportabile
 
In una regione devastata e abbandonata al suo destino.
 
Sono libero nonostante l'occupazione
 
Non lascerò mai che la disperazione mi domini
 
Se lascio la mia casa, lascio Gaza e lascio la Palestina.
 
 
*Direttore, fondatore dell'ESAV (Ecole Supérieure d'Audiovisuel) di Tolosa, che ha diretto fino al 2010.
 
 
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