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ProfileAnalisi, 12 marzo 2023 - Con la mediazione cinese, Arabia Saudita e Iran hanno raggiunto un accordo per riprendere le relazioni diplomatiche (nella foto, la stretta di mano il 10 marzo 2023)   

 

Indian Punchline, 11 marzo 2023 (trad.ossin)
 
La Cina si fa avanti, è iniziata una nuova era nella politica mondiale
Mk Bhadrakumar
 
L'accordo annunciato venerdì a Pechino sulla normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Iran e la riapertura delle rispettive ambasciate è un evento storico. Va ben oltre una questione di relazioni saudite-iraniane. La mediazione della Cina significa che stiamo assistendo a un profondo spostamento delle placche tettoniche nella geopolitica del 21° secolo
 
Con la mediazione cinese, Arabia Saudita e Iran hanno raggiunto un accordo per riprendere le relazioni diplomatiche, Pechino, 10 marzo 2023
 
Il comunicato congiunto diffuso venerdì a Pechino esordisce affermando che l'accordo saudita-iraniano è stato raggiunto "in risposta alla nobile iniziativa del presidente Xi Jinping". Il tono enfatico prosegue affermando che l'Arabia Saudita e l'Iran hanno espresso "apprezzamento e gratitudine" a Xi Jinping e al governo cinese "per aver ospitato e sponsorizzato i colloqui e per l’impegno profuso perché avessero successo"
 
Il comunicato congiunto ha anche ricordato che l'Iraq e l'Oman hanno promosso il dialogo saudita-iraniano tra il 2021 e il 2022. Ma la cosa saliente è che gli Stati Uniti, che sono stati tradizionalmente la potenza dominante nella politica dell'Asia occidentale per quasi otto decenni, non sono nemmeno menzionati.
 
Eppure si tratta della riconciliazione tra le due maggiori   potenze regionali nella regione del Golfo Persico. Il ridimensionamento degli Stati Uniti segnala un colossale fallimento della diplomazia statunitense. Rimarrà un segno nero nell'eredità della politica estera del presidente Biden. 
 
Ma Biden deve assumersene la colpa. Un fallimento così catastrofico è in gran parte riconducibile al suo fervore nell'imporre i suoi dogmi neoconservatori in aggiunta alla potenza militare statunitense, e alla frequente insistenza di Biden sul fatto che il destino dell'umanità dipende dall'esito di una lotta cosmica tra democrazia e autocrazia. 
 
La Cina ha dimostrato che l'iperbole di Biden è delirante e non ha nulla a che vedere con la realtà. Se la retorica moralistica e sconsiderata di Biden ha allontanato l'Arabia Saudita, i suoi tentativi di sopprimere l'Iran hanno incontrato l'ostinata resistenza di Teheran. E, in ultima analisi, Biden ha letteralmente spinto sia Riyadh che Teheran a rivolgersi a forze contrarie che le aiutassero a respingere il suo   atteggiamento oppressivo e prepotente.
 
L'umiliante esclusione degli Stati Uniti dal centro della scena politica dell'Asia occidentale costituisce un "momento Suez" per la superpotenza, paragonabile alla crisi vissuta dal Regno Unito nel 1956, che obbligò i Britannici a capire che il loro progetto imperiale era giunto a un punto morto e il vecchio modo di fare le cose - mettere in riga le nazioni più deboli in ossequio alla leadership globale - non avrebbe più funzionato e avrebbe portato solo a una resa dei conti disastrosa. 
 
La cosa sbalorditiva qui è che la Cina ha messo in campo, per superare in astuzia gli Stati Uniti, solo ragionamenti, risorse intellettuali e "soft power". Gli Stati Uniti hanno almeno 30 basi militari nell'Asia occidentale - cinque nella sola Arabia Saudita - ma hanno perso il mantello della leadership. A pensarci bene, l'Arabia Saudita, l'Iran e la Cina hanno fatto il loro annuncio storico lo stesso giorno in cui Xi Jinping è stato eletto presidente per un terzo mandato. 
 
Quello che stiamo vedendo è una nuova Cina sotto la guida di Xi Jinping che trotterella sull'alta collina. Tuttavia, sta adottando un atteggiamento schivo che non rivendica allori per se stesso. Non c'è alcun segno della "sindrome del Regno di Mezzo", contro la quale i propagandisti statunitensi avevano messo in guardia. 
 
Al contrario, per il pubblico mondiale - in particolare paesi come India o Vietnam, Turchia, Brasile o Sud Africa - la Cina ha presentato un esempio salutare di come un mondo multipolare democratizzato potrà funzionare in futuro - come sia possibile ancorare la diplomazia delle grandi potenze ad una politica consensuale e conciliante, a commercio e interdipendenza, e come sia possibile promuovere un risultato 'win-win'. 
 
Vi è qui, implicito, un altro enorme messaggio: la Cina come fattore di equilibrio e stabilità globale. Non riguarda solo l'Asia-Pacifico e l'Asia occidentale. È rivolto anche all'Africa e all'America Latina, in effetti l'intero mondo non occidentale che costituisce la grande maggioranza della comunità mondiale conosciuta come il Sud del mondo. 
 
Ciò che la pandemia e la crisi ucraina hanno portato in superficie è la realtà geopolitica latente che il Sud del mondo rifiuta le politiche di neo-mercantilismo perseguite dall'Occidente ammantate di "internazionalismo liberale". 
 
L'Occidente persegue un ordine internazionale gerarchico. Nientemeno che il capo della politica estera dell'UE Josep Borrell se lo è fatto di recente sfuggire in un momento di distrazione, con una sfumatura di razzismo, quando ha detto pubblicamente che "L'Europa è un giardino". Il resto del mondo è una giungla, e la giungla potrebbe invadere il giardino.'
 
Domani, la Cina potrebbe anche sfidare l'egemonia statunitense nell'emisfero occidentale. Il recente documento del ministero degli Esteri cinese intitolato " L'egemonia statunitense e i suoi pericoli " ci dice che Pechino non sarà più sulla difensiva. 
 
Nel frattempo, è in atto un riallineamento delle forze sulla scena mondiale con Cina e Russia da una parte e Stati Uniti dall'altra. Non trasmette un grande messaggio il fatto che, proprio alla vigilia dello storico annuncio di venerdì a Pechino, il ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita, il principe Faisal bin Farhan Al Saud, sia atterrato improvvisamente a Mosca per una "visita di lavoro" e abbia avuto una riunione con il Ministro degli Esteri Sergey Lavrov che era visibilmente felice? ( quiqui  e   qui  ) 
 
Naturalmente, non sapremo mai quale ruolo abbia svolto Mosca dietro le quinte in coordinamento con Pechino per costruire ponti tra Riyadh e Teheran. Tutti sappiamo che Russia e Cina coordinano attivamente le loro mosse di politica estera. È interessante notare che il 6 marzo il presidente Putin ha avuto una conversazione telefonica con il presidente iraniano Ebrahim Raisi.  
 
Speranze audaci
 
A dire il vero, la geopolitica dell'Asia occidentale non sarà più la stessa. Ad essere realisti, possiamo dire che è apparsa la prima rondine di primavera, ma il ghiaccio si è sciolto solo in prossimità della riva. Tuttavia, i raggi del sole danno speranza, nell’aspettativa di giorni futuri più caldi. 
 
Presumibilmente, Riyadh si terrà lontana dai diabolici complotti orditi a Washington e Tel Aviv per resuscitare un'alleanza anti-Iran nell'Asia occidentale. Né è possibile che l'Arabia Saudita partecipi a qualsiasi attacco USA-Israele contro l'Iran. 
 
Questo isola gravemente Israele nella regione e lascia gli Stati Uniti senza denti. In termini sostanziali, rende inutili tutti i febbrili tentativi che l’amministrazione Biden ha messo ultimamente in campo per convincere Riyadh ad aderire agli Accordi di Abramo
 
Tuttavia, in modo significativo, un commento sul Global Times ha osservato, in qualche modo audacemente, che l'accordo saudita-iraniano “ha costituito un esempio positivo per altre questioni regionali, come il raffreddamento e la soluzione del conflitto israelo-palestinese. E in futuro, la Cina potrebbe svolgere un ruolo importante nella costruzione di un ponte affinché i Paesi risolvano annose questioni spinose in Medio Oriente, proprio come ha fatto questa volta». 
 
In effetti, il comunicato congiunto emesso a Pechino afferma: "I tre paesi [Arabia Saudita, Iran e Cina] hanno espresso il loro entusiasmo nell’impegno per migliorare la pace e la sicurezza regionali e internazionali". La Cina ci sta provando gusto al ruolo di guida? Il tempo lo dirà.
 
Per il momento, però, il riavvicinamento saudita-iraniano avrà sicuramente ricadute positive sugli sforzi per una soluzione negoziata in Yemen e Siria, nonché sull'instabilità politica in Libano.
 
Inoltre, il comunicato congiunto sottolinea che l'Arabia Saudita e l'Iran intendono rilanciare l'Accordo generale del 1998 per la cooperazione nei settori dell'economia, del commercio, degli investimenti, della tecnologia, della scienza, della cultura, dello sport e della gioventù. In definitiva, la strategia di massima pressione dell'amministrazione Biden nei confronti dell'Iran è crollata, e le sanzioni dell'Occidente contro l'Iran sono state rese inefficaci. Le opzioni politiche degli Stati Uniti sull'Iran si sono ridotte. In altre parole, l'Iran guadagna profondità strategica per negoziare con gli Stati Uniti. 
 
La punta di diamante delle sanzioni statunitensi è data dalle restrizioni al commercio di petrolio iraniano e all'accesso alle banche occidentali. È prevedibile l’avvio di un processo di sterilizzazione delle sanzioni, mentre Russia, Iran e Arabia Saudita, tre dei principali paesi produttori di petrolio e gas, iniziano ad accelerare la loro ricerca di meccanismi di pagamento che aggirano il dollaro statunitense. 
 
La Cina sta già discutendo un simile accordo con l'Arabia Saudita e l'Iran. Le transazioni economiche e commerciali Cina-Russia non utilizzano più il dollaro statunitense per i pagamenti. È ben noto che qualsiasi erosione significativa dello status del dollaro come "moneta mondiale" non solo segnerà la rovina dell'economia USA, ma paralizzerà la capacità degli Stati Uniti di condurre "guerre eterne" all'estero e di imporre la propria egemonia globale. 
 
La linea di fondo è che la riconciliazione tra Arabia Saudita e Iran è anche una condizione per la loro ammissione come membri BRICS in un prossimo futuro. A dire il vero, c'è già un'intesa russo-cinese su questo punto. L'adesione ai BRICS dell'Arabia Saudita e dell'Iran modificherà radicalmente la dinamica del potere nel sistema internazionale.
 
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