Stampa

 

ProfileIntervento, 27 aprile 2018 - L’alcol e le droghe, da sole, non possono fare alcun male. Perché diventino dannose occorre qualcosa di più, occorre un ulteriore gesto essenziale: bisogna che qualcuno le consumi e ne abusi (nella foto, la manifestazione a Napoli "contro alcol e droga")   

 

Corriere del Mezzogiorno, 27 aprile 2018

 

Responsabilità sociale

Nicola Quatrano

 

Nei giorni scorsi, una cinquantina di persone sono state viste sfilare da piazza Matteotti a Palazzo San Giacomo. Dire “sono state viste sfilare”, tenuto conto dei numeri, forse è eccessivo, più che altro sfilava solo un grande striscione su cui era stampato: “Genitori in piazza contro alcool e droga”. I giornali hanno poi spiegato che si trattava delle madri e delle zie di ragazzi che cercano lo sballo durante la movida, talvolta con conseguenze tragiche, come nel caso del povero Nico precipitato in un burrone dopo una serata di bagordi. Più acutamente, Adolfo Scotto di Luzio vi ha scorto, sul Mattino di sabato, segni di un tentativo dei genitori di riappropriarsi di un ruolo familiare totalmente espropriato dal mercato dei consumi, che oggi regola indisturbato l’intera esistenza dei nostri adolescenti.

 

La manifestazione a Napoli "contro alcol e droga"

 

Va bene, ma ancora non riesco a capire che senso possa avere una manifestazione “contro alcol e droga”. L’alcol e le droghe, da sole, non possono fare alcun male. Perché diventino dannose occorre qualcosa di più, occorre un ulteriore gesto essenziale: bisogna che qualcuno le consumi e ne abusi. E allora che cos’era questa manifestazione? Era forse contro i propri figli e nipoti che si ubriacano e si drogano?

 

Evidentemente no. Più verosimilmente ha prevalso la scusa delle “cattive compagnie”, dei “cattivi maestri”, e di tutti i mostri astratti cui è comodo attribuire la colpa di qualcosa che non si ha voglia di esplorare fino in fondo. Vecchio discorso! Che però oggi sembra trovare sempre maggiore spazio, in un mondo nel quale si sta perdendo sempre di più il senso della responsabilità sociale.

 

Il “nemico”, il “mostro” è il male assoluto, e chi lo incrocia è “vittima”, dunque per definizione esente da ogni colpa. Ma è davvero così? E’ certamente male che i gestori dei “baretti” servano alcol ai minorenni, è male anche che ci sia qualcuno che vende droghe durante la movida, ma forse i genitori farebbero meglio a chiedere ai loro figli comportamenti più giudiziosi, invece di organizzare manifestazioni inutili e rivendicazioni indecifrabili.

 

Chi commette reati deve essere punito, ma si può anche pretendere un po’ più di prudenza e sobrietà da parte delle “vittime”? E allora, la ragazzina che decide di mandare al fidanzatino un video nel quale si spoglia e fa anche di peggio, lo sa bene (tutti lo sanno, specie i più giovani) che prima o poi diventerà “virale”. E quando lo diventa davvero, e la vergogna si rivela insopportabile, si può risolvere tutto gettando la croce su chi ne ha approfittato? Si punisca chi ha violato le regole ma, per favore, qualcuno si preoccupi pure di spiegare alla “vittima” che è meglio stare alla larga da certi comportamenti pericolosi. Potrà evitarle altre spiacevoli esperienze, aiutarla a crescere, e anche a farsi una ragione di quanto le è accaduto.

 

Gli studenti bulli che umiliano il professore, con una sequenza impressionante di insulti e intimidazioni, devono subire una giusta punizione. Ci auguriamo che sia davvero giusta e non un gesto di rivalsa contro perdita di prestigio e un trattamento salariale iniquo. Ma sappiamo anche che, se il professore avesse (comprensibilmente) reagito, magari con uno schiaffo bene assestato, le immagini che inevitabilmente sarebbero circolate nei media sociali avrebbe bollato lui come “mostro” e gli studenti come “vittime”. E’ così che succede quando la verità nasce e finisce nello spazio di un video postato su Youtube.

 

Dicendo questo, non intendo minimamente sminuire la colpa di chi viola le regole o magari commette dei reati, né pretendo di mescolare, in un unico calderone, i loro gesti inescusabili con le imprudenze delle vittime. E tuttavia mi sembra urgente che si affermi, specie tra i più giovani, un concetto di responsabilità sociale, la consapevolezza che non si può fare tutto, ma proprio tutto. Salvo ad accettarne le conseguenze, anche sgradevoli. Sono queste le regole di una società matura, e la logica fuorviante del mostro/vittima non aiuta a costruirla.