Stampa

Analisi, ottobre 2014 - Casa Saud crede di poter rovesciare enormi quantità di petrolio sul mercato con cascate di chiacchiere, per dare l’illusione che i Sauditi controllano i prezzi del petrolio. Non è così. E’ una strategia destinata a fallire e Pechino offre una uscita di sicurezza. Effettuare transazioni in altre divise stabilizza i prezzi. I soli perdenti, alla fine, saranno quelli che si ostineranno a negoziare in dollari USA



 

The vineyard of the saker, 17 ottobre 2014 (trad. Ossin)


La guerra del petrolio dei Sauditi contro la Russia, l’Iran e gli USA

Pepe Escobar


Il vice presidente di Rosneft, Mikhail Leontyev (1), ha dichiarato: “I prezzi possono essere manipolati (…) L’Arabia Saudita ha cominciato ad accordare grossi sconti sul petrolio. Si tratta di una manipolazione politica e l’Arabia Saudita si fa manipolare, la cosa potrebbe finire male”.

Una correzione si impone. I Sauditi non si fanno manipolare. La casa dei Saud lancia infatti missili Tomahawk di chiacchiere, ripetendo che ad essa sta bene il petrolio a 90 US dollari al barile, col petrolio a 80 US dollari al barile nei prossimi due anni, e perfino (2) con un prezzo del barile oscillante tra i 50 e i 60 US dollari per i suoi clienti asiatici e nord americani.

La realtà è che il prezzo del brut Brent è già al di sotto di 90 US dollari al barile perché l’economia della Cina e di tutta l’Asia ha cominciato a rallentare, per quanto ad un livello minore che in Occidente. La produzione è rimasta tuttavia elevata, soprattutto in Arabia saudita e in Kuwait, e ciò nonostante la ridottissima quantità di petrolio libico e siriano presente sul mercato, e il fatto che l’Iran è stato costretto a ridurre le esportazioni di un milione di barili al giorno a causa della guerra economica che gli Stati Uniti gli fanno a colpi di sanzioni.

Casa Saud ricorre a una strategia di fissazione dei prezzi da predatore, che si concreta nel ridurre la quota di mercato dei suoi concorrenti a medio e lungo termine. In teoria essa potrebbe danneggiare parecchi, compresi gli USA (dove la produzione di energia, la fratturazione idraulica e le trivellazioni in alto mare diventeranno troppo costose) e i produttori di brut pesante e corrosivo, come l’Iran e il Venezuela. Ma non vi è dubbio che nel mirino vi sia soprattutto la Russia.

E’ forte dunque la tentazione di vedere, in questa strategia che danneggia simultaneamente l’Iran, l’Iraq, il Venezuela, l’Ecuador e la Russia, un gioco di potere dell’Impero del Caos, un accordo concluso tra Washington e Riyadh. Da una parte, il bombardamento dell’IS/ISIS/Daech del califfo Ibrahim viene considerato come il preludio al bombardamento delle forze di Bachar al-Assad. In cambio, i Sauditi comprimono il prezzo del petrolio per danneggiare i nemici dell’Impero del Caos.

In realtà le cose sono assai più complesse


Rancore contro Washington
 
Il bilancio del 2015 della Russia si fonda su un prezzo del petrolio non inferiore a 100 US dollari al barile. Il debito del Cremlino nei confronti degli abituali investitori esteri nel 2015 non supera tuttavia i 7 miliardi di US dollari, cui si aggiunge il prestito interno pari a 27,2 miliardi di US dollari. Nulla che possa provocare un terremoto economico.

Inoltre il rublo si è già svalutato del 14% rispetto al dollaro USA. Detto en passant, le divise dei maggiori paesi del BRICS si sono svalutate nella misura seguente: il 7,8% il real brasiliano, l’1,6% la rupia indiana. La Russia non è in bolletta, come durante l’era Eltsin. Le sue riserve di divise straniere ammontano a più di 455 miliardi di US dollari.

L’obiettivo di casa Saud, che è di tentare di sostituirsi alla Russia come principale fornitore di petrolio dell’Unione Europea, è solo una chimera. Per realizzarlo occorrerebbe che le raffinerie dell’Unione Europea venissero ristrutturate in modo da poter lavorare il brut leggero saudita, cosa che costerebbe una fortuna.

Sul piano geopolitico, le cose sono più complesse in quanto la strategia di casa Saud è ispirata da un sentimento di rancore verso Washington, che non ha onorato la promessa che “Assad se ne deve andare” e che non ha compiaciuto l’ossessione neo conservatrice di bombardare l’Iran. Peggio ancora (per i Sauditi), Washington sembra per il momento più determinata a far cadere il califfo Ibrahim che Bachar al-Assad, e si accinge anche a firmare un accordo sul nucleare con Teheran il 24 novembre, nell’ambito dei negoziati dei paesi del P5+1.

Sul piano energetico il timore peggiore di casa Saud è che l’Iran e l’Iraq vengano presto posti in condizione di sottrarle il ruolo di principale produttore di supporto del mondo. Di qui la volontà saudita di privare questi due paesi delle tanto desiderate rendite petrolifere. La tattica potrebbe funzionare, perché rende ancora più pesanti le sanzioni imposte contro Teheran. Salvo che, per compensare, Teheran potrebbe vendere ancor più idrocarburi all’Asia.

Quel che bisogna considerare è che un’Arabia Saudita allo stremo crede che, vendendo il proprio petrolio ad un prezzo inferiore a quello di mercato, potrebbe costringere Mosca a smettere di sostenere Assad, e Washington a non concludere l’accordo con Teheran.  Si intravvede una manovra disperata. Perfino un barcamenarsi o un chiaro sabotaggio nei confronti della coalizione dei vigliacchi insignificanti nella campagna contro i bruti del califfo.

Si aggiunga a questo che l’Unione Europea dovrebbe riuscire ben o male a superare l’inverno, anche se vi sarà qualche problema di approvvigionamento di gas a causa dell’Ucraina, salvo che il petrolio al ribasso dei Sauditi non la salverà dalla quarta recessione in sei anni che l’attende al varco.


Russia, volgiti a est

Nel frattempo, la Russia si volge lentamente ma inesorabilmente verso est. Il vice primo ministro cinese, Wang Yang, riassume con chiarezza la situazione: “La Cina è pronta a esportare in Russia prodotti concorrenziali, come prodotti agricoli e impianti petroliferi e di gas, ed è anche pronta a importare prodotti dell’ingegneria russa”. Aggiungendo a questo l’aumento delle importazioni agricole dall’America Latina, difficilmente si potrebbe concludere che la Russia è alle corde.

A capo di una importante delegazione, il Primo Ministro Li Keqiang ha appena firmato a Mosca una serie di accordi di cooperazione che riguardano molti settori, come l’energia, le finanze, la navigazione satellitare e i collegamenti ferroviari ad alta velocità. Secondo la Cina che, nel 2011, ha superato la Germania come primo partner commerciale della Russia, le due parti hanno entrambe tratto grandi vantaggi (3).

Anche le banche centrali cinese e russa hanno firmato un accordo di scambi bilaterali delle loro divise nazionali che raggiunge i 150 miliardi di yuan, per una durata di tre anni. Esso è tuttavia prorogabile, La City di Londra brontola (4), ma è quello che fa sempre.

L’elemento cruciale di questo nuovo accordo, è che esso fa a meno del dollaro USA. Non meraviglia dunque che sia diventato un punto cruciale della guerra economica per procura che si fanno gli USA e l’Asia, dove tutti i colpi sono permessi. Per Mosca si tratta di un balsamo contro molti degli effetti secondari della strategia saudita.

Il partenariato strategico Russia-Cina continua la sua corsa dopo la conclusione, in maggio, dell’accordo sul gas del secolo (5) di 400 miliardi di US dollari scaglionati in trenta anni (che “farà epoca”, disse Putin). Le ripercussioni economiche non dovrebbero fermarsi lì.

Ne conseguirà necessariamente una armonizzazione tra le nuove vie della seta pianificate dalla Cina (6) e una nuova ferrovia transiberiana restaurata. Durante il vertice dell’Organizzazione di cooperazione di Shangai (OCS) a Dušanbe (Tagikistan), il presidente Putin ha sottolineato “l’immenso potenziale” offerto dalla realizzazione di una “rete di trasporti comune dell’OCS” che unisca “la ferrovia transiberiana e quella Bajkal-Amur” alle rotte della seta cinese, dalla quale “trarrebbero vantaggi tutti i paesi dell’Eurasia”.

Mosca leva progressivamente le restrizioni e offre attualmente a Pechino una profusione di possibilità d’investimento. Di modo che, poco a poco, viene facilitato l’accesso di quest’ultima alle tanto ambite materie prime russe e alle tecnologia di punta e alle armi sofisticate.

Pechino riceverà dei sistemi di missili S-400 e dei caccia SU-35 già nel primo trimestre del 2015. Poco dopo anche i nuovissimo sottomarino russo Amour 1650 e componenti di satelliti a propulsione nucleare.


Una strada lastricata di yuan

I presidenti Putin e Xi, che si sono già incontrati nove volte dopo la nomina di quest’ultimo l’anno scorso, fanno davvero venire la tremarella all’Impero del Caos. A ben ragione, perché la loro priorità è di minare l’egemonia del dollaro USA, più specificamente del petro-dollaro, nel sistema finanziario mondiale.

Lo yuan si negozia alla Borsa di Mosca, che è la prima Borsa fuori dalla Cina a negoziare questa divisa in un mercato regolamentato. Il valore delle transazioni si aggira ancora intorno a non più di 1,1 miliardi di dollari (in settembre). Gli importatori russi pagano l’8% dei loro acquisti di beni cinesi in yuan piuttosto che in dollari USA, ma la crescita è rapida. Ci si attende d’altronde una crescita esponenziale quando Mosca si deciderà alla fine ad accettare lo yuan nell’ambito del contratto di gas del secolo di 400 miliardi di dollari USA con Gazprom.

Così va il mondo multipolare. Casa Saud sfodera l’arma del petro-dollaro? Si risponde con un aumento delle transazioni commerciali in altre divise. Mosca manda anche un messaggio all’Unione Europea, i cui scambi commerciali con la Russia si sono molto ridotti dopo il varo delle sanzioni controproducenti che la spingono più rapidamente in una nuova recessione. La guerra economica si fa in due.

Casa Saud crede di poter rovesciare enormi quantità di petrolio sul mercato con cascate di chiacchiere, per dare l’illusione che i Sauditi controllano i prezzi del petrolio. Non è così. E’ una strategia destinata a fallire e Pechino offre una uscita di sicurezza. Effettuare transazioni in altre divise stabilizza i prezzi. I soli perdenti, alla fine, saranno quelli che si ostineranno a negoziare in dollari USA.


Note:

[1] Oil Surplus in World Market Temporary : Rosneft Vice President, Ria Novosti, 12-10-2014

[2] Saudi Arabia to pressure Russia, Iran with price of oil, Anadolu Agency, 10-10-2014

[3] High speed rail part of deals worth $10 b, China Daily, 14-10-2014

[4] China leaders grow wary of Russia, Financial Times, 12-10-2014

[5] Russia and China may agree on Western gas pipeline in 2015 — Medvedev, Russia Today, 13-10-2014

 [6] Alliance Beijing-Moscou-Berlin : la Chine et la Russie peuvent-elles extirper Washington de l’Eurasie ?, Le Saker français, 09-10-2014