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ProfileLe schede di ossin. 8 settembre 2019 - Sarebbe utilissimo, per un giovane politico ambizioso, commettere un crimine mostruoso e affidare le prove della sua colpevolezza ai potenti che tirano i fili. L'essere ricattabile è apprezzatissimo da chi costruisce luminose carriere ai burattini "fedeli" (nella foto, la marionetta John McCain)   

 

Unz Review, 29 luglio 2019 (trad.ossin)
 
Pravda statunitense. John McCain, Jeffrey Epstein e il Pizzagate
Ron Unz
 
Le nostre marionette politiche, che ballano tirati da fili invisibili
 
La "marionetta" John McCain
 
La morte del senatore John McCain, lo scorso agosto, ha evidenziato importanti verità su come funzionano i nostri media mainstream. 
 
La famiglia di McCain aveva diffuso la notizia del suo incurabile tumore al cervello diversi mesi prima, e la morte, all’età di 84 anni, era attesa da tempo, cosicché tutti i media, piccoli e grandi, hanno avuto tutto il tempo per produrre e affinare gli articoli che hanno poi pubblicato, e questo è apparso chiaro dalla quantità di testimonianze che sono riusciti a raccogliere. Il New York Times, che è ancora il nostro giornale nazionale di riferimento, ha dedicato più di tre pagine complete dell’edizione stampata al necrologio principale, cui si sono aggiunti molti altri articoli e riquadri. Non mi ricordo di alcuna personalità politica, salvo i presidenti, la cui morte sia stata coperta dai media con tale ampiezza, e forse anche qualche ex residente dello studio ovale non ha toccato questi livelli. Per quanto non mi sia certamente dato la pena di leggere tutte le decine di migliaia di parole del Times o dei miei altri giornali, il racconto della vita e della carriera di McCain mi è sembrato eccessivamente elogiativo nei media mainstream, sia liberali che conservatori, con una sola parola negativa apparsa però fuori dal campo politico.
 
A prima vista, un simile amore politico incondizionato per McCain può apparire un po’ strambo a chi ha seguito la sua attività nel corso dei due ultimi decenni. Dopo tutto, il Times e la gran parte dei leader del nostro firmamento mediatico si presentano come liberal estremamente critici nei confronti della nostra disastrosa guerra in Iraq e verso le altre nostre avventure militari, senza parlare della disastrosa possibilità di un attacco contro l’Iran. E McCain è sempre stato considerato da tutti come la punta di lancia del «Partito della guerra» statunitense, avendo sostenuto entusiasticamente tutte le imprese militari da farsi o già fatte, e avendo perfino fatto del suo slogan «Bomb, Bomb, Bomb, Bomb Iran» il dettaglio più ricordato della sua infruttuosa campagna presidenziale del 2008. Quindi, o i nostri principali media hanno in qualche modo trascurato certi aspetti tanto rilevanti di una questione assolutamente centrale, o le loro autentiche posizioni su certe questioni non sono quelle che sembrano essere.
 
Ancora più eclatanti sono i fatti controversi della storia di McCain che sono stati trascurati.
 
Insignito del premio Pulitzer e di due premi George Polk, il rimpianto Sydney Schanberg era unanimemente considerato uno dei più grandi corrispondenti di guerra statunitensi del XX secolo. I suoi exploit nel corso della nostra sfortunata guerra in Indocina sono stati posti a base del film premio Oscar, The Killing Fields, cosa che lo ha reso probabilmente il giornalista più celebre degli Stati Uniti dopo Woodward e Bernstein del Watergate, ed è stato anche editore del New York Times. Dieci anni fa, ha pubblicato il suo più grande scoop, fornendo una montagna di prove sul fatto che gli USA avevano deliberatamente abbandonato centinaia di prigionieri di guerra in Vietnam. E ha indicato John McCain, all’epoca candidato alla presidenza, come il principale responsabile dell’insabbiamento ufficiale di questo mostruoso tradimento. Il senatore dell’Arizona aveva strumentalizzato la sua reputazione nazionale di famoso ex prigioniero di guerra, per insabbiare la storia di questi prigionieri abbandonati, consentendo così all’establishment politico statunitense di sottrarsi a un grave imbarazzo. E’ così che il senatore McCain si è assicurato sontuose ricompense da parte delle nostre generose élite dirigenti, esattamente come il padre, l’ammiraglio John S. McCain, che aveva organizzato l’insabbiamento del deliberato attacco israeliano del 1967 contro l’USS Liberty, in  cui rimasero feriti o uccisi più di 200 soldati statunitensi.
 
Come editore della rivista The American Conservative, avevo pubblicato il rimarchevole articolo di Schanberg in prima pagina e, col passare degli anni, esso è stato certamente letto centinaia di migliaia di volte in diversi siti Web, con punte enormi in occasione della morte di McCain. Mi viene dunque difficile credere che i tanti giornalisti che hanno indagato sulla vita di McCain non disponessero di queste informazioni. Nessuno, però, di questi fatti è stato menzionato negli articoli apparsi nei più importanti media, come dimostra una ricerca internet con le parole chiave «McCain e Schanberg», fatta al momento della morte del sanatore.
 
John McCain e il POW Cover-Up
SYDNEY SCHANBERG • 25 MAGGIO 2010 • 8.200 PAROLE
 
Né è a dirsi che la statura giornalistica di Schanberg sia stata in qualche modo dimenticata dai suoi ex colleghi. Quando morì, il Times pubblicò un lungo articolo elogiativo e, qualche mese dopo, ho assistito alla cerimonia commemorativa di omaggio alla sua vita e alla sua carriera che si è svolta nella sede del New York Times, alla quale erano presenti centinaia di eminenti giornalisti, per lo più della sua stessa generazione, compresi quelli più in vista. Arthur Sulzberger Jr., editore del  Times, ha pronunciato un discorso nel quale ha detto che da ragazzo aveva tanto ammirato Schanberg ed era mortificato per le sfortunate circostanza che avevano provocato il suo allontanamento dal giornale di famiglia. L’ex redattore capo, Joseph Lelyveld, ha raccontato dei tanti anni che aveva lavorato a stretto contatto con l’uomo che considerava da tempo come il suo migliore amico e collega, una specie di fratello maggiore. Ma, in tutte le due ore di lodi e ricordi, non c’è stato alcun cenno pubblico alla celebre e gigantesca storia che aveva occupato i due ultimi decenni della carriera di Schanberg.
 
Una identica coltre di silenzio mediatico ha anche coperto le serissime accuse nei confronti dello stesso comportamento di McCain durante la guerra del Vietnam. Qualche anno fa, ho attinto al Times e ad altre fonti manstream per dimostrare che i racconti di McCain sulle torture subite quando era prigioniero di guerra erano probabilmente fasulle, inventate per servire da copertura e scusa alla sua realissima collaborazione, in tempo di guerra, coi suoi nemici comunisti. Infatti all’epoca i nostri media statunitensi lo presentavano come uno dei principali propagandisti dei nostro nemico nord-vietnamita, ma questi fatti furono poi del tutto dimenticati. Il padre di McCain era considerato all’epoca come uno dei migliori ufficiali degli Stati Uniti, e sembra probabile che un suo personale intervento politico abbia fatto in modo che la narrazione ufficiale degli stati di servizio di suo figlio in tempo di guerra si trasmutasse da quello di traditore a eroe di guerra, consentendo così al giovane McCain di lanciarsi poi in una fortunata carriera politica.
 
John McCain: When “Tokyo Rose” Ran for President
RON UNZ • MARZO 9, 2015 • 4,200 PAROLE
 
La storia dei prigionieri di guerra abbandonati in Vietnam e quella della collaborazione di McCain col nemico non esauriscono affatto il catalogo dei principali scheletri nell’armadio del senatore defunto. McCain è stato sempre descritto dai giornalisti come una testa calda dotata di un temperamento violento, ma la stampa nazionale ha lasciato ai media alternativi il compito di investigare sulle reali implicazioni di questi rilievi che la dicono già lunga di per sé.
 
In un articolo di Counterpunch del 1° settembre 2008, Alexander Cockburn riferiva che le interviste di due medici del pronto soccorso di Phoenix avevano rivelato che, all’epoca in cui McCain era stato risucchiato nel vortice dello scandalo politico Keating Five, sua moglie Cindy venne ricoverata in ospedale con un occhio nero, lividi facciali e graffi compatibili con una violenza fisica, e la stessa cosa è accaduta altre due volte, negli anni seguenti. Cockburn ha notato anche che vi sono stati diversi altri incidenti coniugali assai sospetti nel corso degli anni seguenti, compresa l’apparizione in pubblico della moglie del senatore con un polso e un braccio bendati, poco tempo dopo aver raggiunto il marito durante la campagna elettorale del 2008, una ferita presentata dai nostri cronisti politici singolarmente poco curiosi come dovuta ad una «stretta di mano eccessiva». E’ davvero strano che solo un minuscolo giornale di sinistra abbia rivelato fatti che sono totalmente sfuggiti a tutta la stampa nazionale. Se fossero circolate informazioni credibili che Melania Trump fosse stata ricoverata varie volte al Pronto Soccorso con un occhio nero e vari ecchimosi facciali, i nostri media mainstream sarebbero rimesti altrettanto inerti, evitando ogni approfondimento?
 
McCain è stato dapprima eletto al Congresso come rappresentante dell’Arizona nel 1982, poco dopo essersi trasferito in questo Stato, in virtù di una campagna elettorale finanziata coi soldi del suocero, un ricco distributore di birra, la cui eredità ha fatto poi della famiglia McCain una delle più ricche del Senato. Ma sebbene il senatore abbia trascorso il successivo quarto di secolo nella vita pubblica, e si sia anche irritato per la nomination alla presidenza di George W. Bush nel 2000, è stato solo nel 2008 che ho appreso dal Times che il monopolio di birra in questione, valutato circa $200 milioni, era appartenuto ad un uomo il cui socio in affari, Kemper Marley, è da sempre stato legato al crimine organizzato. Infatti alcuni suoi stretti collaboratori vennero condannati da un jury per l’assassinio con una autobomba di un giornalista di Phoenix, solo qualche anno prima dell’ingresso improvviso e trionfale di McCain in politica in Arizona. Ipotizzare una responsabilità in concorso sarebbe forse improprio, ma i nostri organi di stampa nazionali avrebbero mantenuto il silenzio se la fortuna personale del nostro attuale presidente si trovasse collocata solo a uno o due passi dagli assassini con autobomba di un giornalista curioso che è morto investigando su dei mafiosi ?
 
Mano a mano che venivo a conoscenza di tanti grossi problemi tenuti ben nascosti del passato di McCain, la mia prima reazione è stata di assoluta incredulità rispetto al fatto che un uomo dal passato tanto opaco, e per tante diverse ragioni, avesse potuto raggiungere un livello simile di potere politico negli Stati Uniti. Ma mentre i media continuavano a distogliere lo sguardo da questi fatti appena rivelati, perfino da quelli divulgati nelle stesse pagine del Times, ho progressivamente cominciato a vedere le cose sotto un’altra prospettiva. Forse l’elevazione di McCain a tanta potenza politica non è avvenuta nonostante i fatti devastanti che infangano il suo passato personale, ma piuttosto grazie ad essi.
 
Come scrivevo qualche anno fa:
 
" Oggi, quando consideriamo i più importanti paesi del mondo, constatiamo che, in molti casi, i leader ufficiali sono quelli che davvero dirigono: Vladimir Putin guida le operazioni in Russia, Xi Jinping e i suoi più importanti colleghi del Politburo fanno lo stesso in Cina, ecc. Negli USA, però, e negli altri paesi occidentali, sembra che questo sia sempre meno vero, dal momento che le personalità nazionali di primo piano sono solo degli uomini di paglia di bell’aspetto, scelti per la loro popolarità e la loro malleabilità politica, un’evoluzione dalle potenziali conseguenze disastrose per le nazioni che dirigono. A titolo di esempio estremo, un Boris Eltsin alcolizzato ha permesso il saccheggio di tutte le ricchezze nazionali della Russia da parte di un pugno di oligarchi che tiravano i fili, e questo ha provocato il totale impoverimento del popolo russo e un crollo demografico quasi senza precedenti, in tempo di pace, nella storia moderna.
 
Un problema evidente quando si collocano al potere delle marionette, è il rischio che esse tentino di tagliare i fili che li guidano, un po’ come Putin si è rapidamente reso autonomo e mandato in esilio l’oligarca che lo aveva aiutato, Boris Berezovsky. Un modo di minimizzare questi rischi è di scegliere marionette che siano tanto compromesse da non potersi mai liberare, consapevoli che fatti suscettibili di distruggerli politicamente, ben nascosti nel profondo del loro passato, potrebbero facilmente essere ripescati se cercassero di rendersi indipendenti. Ho talvolta scherzato coi miei amici, sostenendo che la migliore mossa per un giovane politico ambizioso sarebbe quella di commettere segretamente un crimine mostruoso e fare in modo che le prove tangibili della sua colpevolezza finiscano nelle mani di certe persone potenti, con ciò assicurandosi una rapida carriera politica  " .
 
In fisica, quando un oggetto si discosta dalla sua traiettoria prevista per ragioni inspiegabili, assumiamo che sia intervenuta una forza sconosciuta, e tracciarne il movimento può aiutare a comprendere le proprietà di questa forza. Col passare degli anni, sono stato sempre più consapevole di queste strane deviazioni ideologiche nella politica pubblica e, per quanto talune di queste siano facilmente spiegabili, altre suggeriscono l’esistenza di forze nascoste molto al di sotto della superficie del nostro mondo politico ufficiale. Questa stessa situazione potrebbe essersi prodotta nel corso di tutta la nostra storia e, talvolta, alcune decisioni politiche che hanno sconcertato i contemporanei, si sono alla fine chiarite solo decenni dopo.
 
 
In The Dark Side of Camelot, il famoso giornalista investigativo Seymour Hersh afferma che le prove segrete dei ricatti sulle avventure extraconiugali di JFK hanno probabilmente giocato un ruolo decisivo nel fatto che la sua amministrazione non abbia tenuto conto del parere unanime dei migliori consiglieri del Pentagono e abbia attribuito a General Dynamics, invece che a Boeing, il più importante contratto di acquisto militare mai concluso negli Stati Uniti, evitando in tal modo a questa società un probabile fallimento e agli azionisti provenienti dagli ambienti del crimine organizzato di subire perdite finanziarie catastrofiche. Hersh suggerisce anche che qualcosa del genere ha anche spinto JFK a cambiare idea all’ultimo momento sulla scelta del vice presidente, nominando Lyndon Johnson che poté quindi entrare alla Casa Bianca dopo il suo assassinio nel 1963.
 
Come ho ricordato recentemente, negli anni 1950, il senatore Estes Kefauver frenò la sua inchiesta sul crimine organizzato dopo che il Chicago Syndicate gli aveva mostrato le foto del suo incontro sessuale con due prostitute fornite dalla mafia. Dieci anni dopo, il procuratore generale della California, Stanley Mosk, subì la stessa sorte, per quanto questi fatti siano rimasti nascosti per più di venti anni.
 
Voci simili sono corse in relazione ad avvenimenti assai più vecchi, con talvolta enormi conseguenze. Fonti contemporanee bene informate hanno affermato che Samuel Untermyer, un ricco avvocato ebreo, ha acquistato la corrispondenza intercorsa tra Woodrow Wilson e la sua amante di lunga data, e che questa fonte di potenziale ricatto sia stato un fattore importante nell’ascesa straordinariamente rapida di Wilson dal posto di presidente di Princeton nel 1910 a quello di governatore del New Jersey nel 1911, poi alla presidenza degli Stati Uniti nel 1912. Una volta al potere, Wilson ha varato la controversa istituzione della Riserva federale e ha anche nominato Louis Brandeis come primo membro ebreo della Corte Suprema degli Stati Uniti, nonostante l’opposizione di quasi tutto il nostro establishment giuridico. Anche la rapida evoluzione del punto di vista di Wilson sulla partecipazione statunitense alla Prima Guerra Mondiale potrebbe essere stata influenzata da queste pressioni personali, piuttosto che determinata unicamente dalla sua percezione dell’interesse nazionale.
 
Senza fare nomi, è difficile non segnalare che, a partire dal 2011, uno dei sostenitori più zelanti e più impegnati della linea neocon su tutte le questioni di politica estera in Medio Oriente è stato un senatore repubblicano di primo piano di uno degli Stati del Sud più conservatori sul piano sociale, un uomo sulle cui inclinazioni personali circolavano da tempo varie notizie in Internet. Un improvviso e sconcertante mutamento di posizione di questa persona su una questione importante lascia spazio a simili sospetti. Ma vi sono stati anche diversi altri esempi di tal genere che hanno coinvolto eminenti repubblicani.
 
Ma considerate la situazione ben differente del deputato Barney Frank del Massachusetts che, nel 1987, è stato il primo membro del Congresso a dichiararsi spontaneamente omosessuale. Qualche tempo dopo scoppiò un famoso scandalo, quando venne rivelato che la sua abitazione di Washington era stata utilizzata da un ex amichetto come quartier generale di una rete di prostituzione maschile. Frank sostenne di non sapere nulla di questa sordida situazione, e i suoi elettori liberal del Massachusetts gli hanno creduto, tanto che è stato sempre rieletto e da 24 anni siede nel Congresso. Ma se Frank fosse stato un repubblicano di un distretto socialmente conservatore, chiunque avesse avuto la disponibilità di quelle prove avrebbe avuto il controllo totale della sua sopravvivenza politica e, avendo Frank ricoperto per diversi anni la presidenza del potentissimo House Financial Services Committee, il valore di una simile capacità di controllo sarebbe stato enorme.
 
Questo esempio dimostra la realtà indiscutibile che quello che costituisce un efficace strumento di ricatto può variare enormemente da un’epoca all’altra e da una regione all’altra. Oggi si ammette unanimemente che J. Edgar Hoover, a lungo direttore dello FBI, abbia vissuto un vita da omosessuale nascosto e sembrano esservi serie prove di una qualche ascendenza nera. Le prove segrete di questi fatti potrebbero forse spiegare perché egli si sia ostinato per decenni a negare l’esistenza del crimine organizzato statunitense. Ma, negli Stati Uniti di oggi, egli avrebbe certamente dichiarato con fierezza di essere omosessuale e di avere origini razziali nere, sulla prima pagina del New York Times Magazine, ritenendo a giusto titolo che ciò avrebbe rafforzato la sua invulnerabilità politica sulla scena nazionale. Si dice insistentemente che il Syndicat possedesse delle foto segrete di Hoover vestito da donna e con i tacchi a spillo, mentre qualche anno fa il deputato Mike Honda di San Jose ha messo disperatamente in mostra la figlia transessuale di otto anni nel tentativo abortito di farsi rieleggere.
 
 
Il mutare dei tempi ha certamente ridotto l’efficacia di molte forme di ricatto, ma la pedofilia resta un tabù ancora molto forte. Sembra vi siano molte prove che organizzazioni e individui potenti siano riusciti a tenere sotto silenzio accuse credibili di questa pratica per lunghissimi periodi di tempo, tanto a lungo che nessun media importante si è preoccupato di smascherare gli autori di queste pratiche.
 
L’esempio più evidente è quello della Chiesa cattolica, e gli scandali della sua gerarchia statunitense e internazionale hanno avuto spazio nelle prime pagine dei nostri principali giornali. Ma, fino all’inizio degli anni 2000 e fino al reportage rivoluzionario del Boston Globe, come raccontato nel film Spotlight che ha vinto un Oscar, la Chiesa li ha sempre tenuti nascosti.
 
Prendiamo anche il caso notevole di Sir Jimmy Savile, personalità della televisione britannica, una delle celebrità più ammirate del suo paese, nominato anche cavaliere per il suo servizio pubblico. Solo poco dopo la sua morte, avvenuta a 84 anni, la stampa ha cominciato a rivelare che egli aveva aggredito probabilmente centinaia di bambini nel corso della sua lunga carriera. Le accuse delle sue giovani vittime riguardano fatti di oltre quarant’anni fa, ma le sue attività criminali sembrano essere state protette dalla sua ricchezza e dalla sua celebrità, oltre che da molte complicità nei media.
 
C’è anche l’intrigante esempio di Dennis Hastert. E’ il presidente repubblicano della Camera dei Rappresentanti rimasto in carica per più tempo, dal 1999 al 2007, funzione la cui importanza si colloca al terzo posto dopo la presidenza della Repubblica, e Haster è stato in certi periodi il primo degli eletti repubblicani. Per quanto ho avuto modo di leggere sui giornali, mi era sempre sembrata una persona piuttosto insignificante e ordinaria, e talvolta gli stessi giornalisti hanno evocato la sua mediocrità, per quanto mi chiedessi a volte come fosse possibile che una persona così poco interessante abbia fatto una carriera politica tanto prestigiosa.
 
Poi, qualche anno fa, ha improvvisamente occupato le prime pagine dei giornali, è stato arrestato dallo FBI e accusato di crimini finanziari, sembra legati agli abusi perpetrati nel passato su alcuni ragazzini, uno dei quali almeno si è suicidato, e un giudice federale lo ha spedito in prigione per «pedofilia seriale». Io ho forse condotto una vita eccessivamente morigerata, ma ho l’impressione che solo un modesto numero di Statunitensi abbia un passato da pedofilo e, a parità di condizioni, sembra piuttosto improbabile che una persona che abbia un simile passato, e che non possieda alcun altro talento o competenza, possa ascendere al vertice assoluto del nostro sistema politico. Però, se vi sono delle persone potenti in possesso di prove tangibili che pongono un deputato sotto il loro controllo totale, impegnarsi per farlo diventare Presidente della Camera sarebbe un investimento molto accorto.
 
A volte la riluttanza dei nostri media nazionali nel vedere storie importanti, che pure sono sotto i loro occhi, tocca estremi ridicoli. Nell’estate del 2007, Internet era in fiamme per la rivelazione che il senatore John Edwards, finalista alle primarie presidenziali democratiche del 2004, aveva avuto un figlio dalla sua amante, e quei rapporti erano dimostrati da immagini che sembravano credibili, soprattutto foto che mostravano il senatore sposato con in braccio il suo bambino appena nato. E tuttavia, col passare dei giorni e delle settimane, nemmeno un soffio di questo scandalo salace ha raggiunto le pagine di uno dei miei giornali del mattino o del resto dei media mainstream, mentre era invece un argomento di conversazione frequente in tutti gli altri luoghi. Alla fine, il National Enquirer, un noto tabloid di gossip, ha fatto lo scoop ed è stato il primo a ottenere una nomination al Premio Pulitzer per aver pubblicato un articolo che nessun altro giornale sembrava disposto a pubblicare. I nostri media avrebbero distolto lo sguardo anche da un neonato Trump, nato dalla parte sbagliata del letto?
 
 
Col passare degli anni, mi è parso sempre più chiaro che quasi tutti i nostri media nazionali sono spesso disposti ad arruolarsi in una «cospirazione del silenzio» per minimizzare o ignorare completamente delle storie che pure presentano un enorme interesse potenziale per i loro lettori e che rivestono grande importanza per il pubblico. Avrei potuto facilmente raddoppiare o triplicare il numero di esempi. Inoltre, è abbastanza intrigante constatare che un gran numero di questi casi riguardi tipi di comportamento criminale o di abitudini sessuali, che sono ideali per ricattare individui potenti che sono meno vulnerabili rispetto ad altre vicende. E’ possibile quindi che molti dei nostri eletti, collocati al vertice del nostro sistema democratico, siano solo delle marionette politiche, manovrate da fili invisibili.
 
Pur essendo consapevole di questi sistematici comportamenti dei media, mi vergogno di ammettere che non avevo mai prestato quasi alcuna attenzione alla vicenda di Jeffrey Epstein, fin quando non ha riempito le prime pagine dei giornali nazionali agli inizi del mese ed è improvvisamente diventata una delle informazioni più importanti del paese.
 
Per molti anni, notizie su Epstein e la sua rete sessuale illegale sono regolarmente circolate in internet, con commentatori agitati che citavano il caso come prova dell’esistenza di forze oscure e maligne che controllano segretamente il nostro corrotto sistema politico. Ma io ho quasi del tutto ignorato queste discussioni, e non sono certo di avere cliccato una sola volta su un link che rinviava a questa vicenda.
 
Una delle ragioni per le quali ho prestato così poca attenzione a questa vicenda è, probabilmente, la natura eccezionalmente volgare delle affermazioni che venivano fatte. Epstein veniva presentato come un finanziere di Wall Street estremamente ricco, di origine e provenienza abbastanza misteriose, proprietario di un’isola privata e di un’immensa dimora a New York, entrambe sempre ben fornite di un harem di ragazzine minorenni destinate all’utilizzazione sessuale. Si frequentava con Bill Clinton, il principe Andrew, Alan Dershowitz di Harvard e molte altre personalità dell’élite internazionale, oltre che con una banda di miliardari più ordinari, che ospitava regolarmente nel suo aereo privato conosciuto come «Lolita Express», organizzava orge clandestine con ragazzine. Quando qualche blogger di destra in qualche oscuro sito web sosteneva che l’ex presidente Clinton, e la casa reale britannica, erano serviti sessualmente con ragazze minorenni da parte di un personaggio degno di un film di James Bond, ho semplicemente pensato che simili accuse fossero la forma più folle di esagerazione che si poteva trovare in Internet.
 
Inoltre questi scrittori arrabbiati lasciavano talvolta intendere che il bersaglio diabolico del loro odio era già stato incriminato in Florida, dove si era dichiarato colpevole di un solo reato sessuale ed era stato condannato a tredici mesi di reclusione, mitigati da disposizioni in tema di liberazione condizionale molto generose. Questa non sembrava certamente il genere di pena adeguata alle accuse fantastiche che gli venivano rivolte. Dal momento che Epstein era già stato incriminato e aveva subito una condanna degna di un assegno a vuoto, io consideravo assai poco probabile che potesse essere un Goldfinger o un Dr No, come gli attivisti di Internet tentavano di presentarlo.
 
Poi, queste stesse affermazioni fantasiose e non plausibili che comparivano nei commenti anonimi sono improvvisamente apparse anche sulla prima pagina del Times e di tutti i miei giornali del mattino, e l’ex procuratore federale che aveva dato solo uno schiaffetto sulla mano ad Epstein è stato costretto a dare le dimissioni dal Gabinetto di Trump. Si è scoperto che la cassaforte di Epstein conteneva un’enorme quantità di materiale pedopornografico e altri documenti assai sospetti, ed è quindi stato nuovamente arrestato con accuse che avrebbero potuto spedirlo in una prigione federale per decenni. Alcuni media prestigiosi hanno descritto Epstein come il cervello di una gigantesca rete di traffico sessuale, e moltissime vittime minorenni hanno cominciato a farsi avanti, raccontando come le aveva aggredite, violentate e costrette alla prostituzione. L’autore di una lunga biografia di Epstein, pubblicata nel 2003 da Vanity Fair, ha detto di aver personalmente parlato con centinaia delle sue vittime e inserito i loro racconti credibili nel suo articolo, ma che essi erano stati censurati e soppressi dai suoi timorosi redattori capo.
 
Per come presentata da questi media, anche l’ascesa personale di Epstein sembra abbastanza inesplicabile, a meno che non fosse inserito in una rete potente o altra organizzazione di questo tipo. Privo di qualsiasi titolo universitario, ha ottenuto un incarico di insegnamento in una delle scuole preparatorie più prestigiose della città di New York, poi è passato rapidamente a lavorare per una banca di investimento di primo piano, diventandone socio con una velocità sorprendente, fino a quando non è stato licenziato qualche anno dopo per attività illegali. Nonostante un passato così ambiguo, ha subito cominciato a gestire danaro di qualcuno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti, ricavandone tanto per se stesso, da diventare egli stesso miliardario. Secondo i giornali, la sua grande specialità era di «creare contatti tra le persone».
 
Con tutta evidenza, Epstein era un imbroglione finanziario spietatamente opportunista. Ma gli uomini molto ricchi sono inevitabilmente circondati da sciami di imbroglioni finanziari spietatamente opportunisti, e allora perché egli ha avuto molto più successo di tutti gli altri? Un indizio può venire forse dalla disinvolta osservazione del procuratore che gestì il caso Epstein in Florida, che diceva che gli avevano raccomandato di essere molto indulgente col trafficante sessuale, perché «apparteneva ai Servizi». La formula vaga di tale dichiarazione pone la questione se si tratti di “Servizi” statunitensi o meno.
 
Philip Giraldi, un ex funzionario molto rispettato della CIA, ha detto cose estremamente chiare quando ha suggerito che Epstein lavorasse probabilmente per il Mossad israeliano, organizzando «trappole sessuali» per ottenere elementi di ricatto nei confronti di tutti i ricchi e potenti individui che frequentava regolarmente, fornendo loro ragazzine minorenni. In effetti, un giornalista canadese molto esperto, Eric Margolis, ha raccontato la sua visita degli inizi degli anni 1990 nell’immensa residenza di Epstein a New York, raccontando che, appena entrato, una delle numerose ragazzine presenti gli ha offerto un «massaggio intimo», probabilmente in una camera da letto ben fornita di telecamere nascoste.
 
Tenuto conto del poco interesse personale che io nutro per la vicenda Epstein, sia all’epoca che adesso, è possibile che qualche dettaglio sia un po’ confuso, ma mi pare innegabile che Epstein sia del genere di quei grandi “cattivi” coi quali l’agente 007 deve vedersela nei film, e la verità emergerà verosimilmente nel corso del processo. O forse no. Non è certo infatti che giungerà vivo al processo, tenuto conto del considerevole numero di individui potenti che potrebbero preferire che le cose restino nascoste, e i giornali di venerdì hanno già scritto che Epstein è stato trovato ferito e in stato di incoscienza nella sua cella. (1)
 
 
Quando uno scandalo di pedofilia apparentemente inverosimile emerge improvvisamente dagli angoli oscuri di Internet, per approdare alle prime pagine dei nostri principali giornali, dovremmo naturalmente cominciare a chiederci se la stessa situazione possa verificarsi in altre vicende. E me ne viene subito in mente un’altra, che mi sembra molto meglio documentata delle vaghe accuse lanciate negli ultimi anni contro un ricco finanziere condannato a tredici mesi di reclusione in Florida un decennio prima.
 
Io non frequento molto i media sociali ma, verso la fine della campagna presidenziale del 2016, ho cominciato a vedere un numero progressivamente maggiore di partigiani di Trump parlare di qualcosa chiamata «Pizzagate», uno scandalo sessuale all’apice del suo clamore che, secondo loro, avrebbe potuto rovinare Hillary Clinton e diversi tra i più importanti leader del suo partito, e le voci si sono fatte ancora più pressanti dopo l’elezione. Per quanto ne so, tutta questa bizzarra teoria si è sviluppata nella frangia di estrema destra di internet, un intrigo fantastico che aveva a che fare con email rubate, una pizzeria di Washington DC e un cerchio di pedofili situati al vertice del Partito Democratico. Ma tante erano le altre storie strane e improbabili che avevo poco a poco scoperto della nostra storia nazionale, da non sembrarmi che questa storia dovesse essere necessariamente trascurata.
 
All’inizio di dicembre, un blogger di destra ha pubblicato una lunga esposizione delle accuse del Pizzagate, cosa che mi ha consentito di capire finalmente di che cosa si trattava, e io ho fatto immediatamente ripubblicare il suo articolo. Ha subito suscitato grande interesse e alcuni siti web lo hanno definito come la migliore introduzione allo scandalo per il grande pubblico.
 
Pizzagate
AEDON CASSIEL • 2 DICEMBRE 2016 • 3.100 PAROLE
 
Qualche settimana dopo, ho pubblicato un altro articolo dello stesso autore, a proposito di una lunga lista di scandali di pedofilia che avevano già scosso gli ambienti politici statunitensi ed europei. Per quanto quasi tutti ben documentati, nessuno di essi era stato minimamente menzionato nei nostri principali media. E se in un recente passato erano esistite simili reti politiche pedofile, non era improbabile che ve ne fosse un’altra, sotto la superficie, nell’attuale Washington DC.
 
Precedenti di Pizzagate
AEDON CASSIEL • 23 DICEMBRE 2016 • 6.200 PAROLE
 
Chi fosse interessato ai dettagli, può leggere questi articoli, specialmente il primo, ma ne farò comunque un breve riassunto.
 
John Podesta è stato a lungo un personaggio insostituibile degli ambienti politici di Washington, diventando capo di gabinetto del presidente Bill Clinton nel 1998 e restando anche dopo una delle figure più influenti dell’establishment del Partito democratico. Mentre dirigeva la campagna elettorale di Hillary Clinton nel 2016, per una sua imprudenza, il suo conto Gmail è stato piratato, e decine di migliaia di sue mail personali sono state pubblicate da WikiLeaks. Un gruppo di giovani militanti  anti-Clinton ha cominciati a perlustrare questo tesoro di informazioni semi confidenziali, alla ricerca di prove di corruzione e depravazione, ma hanno trovato invece delle comunicazioni molto strane, che sembravano scritte in codice.
 
Utilizzare un linguaggio in codice in mail private ritenute sicure, suscita una serie di sospetti sul reale oggetto delle comunicazioni, e la cosa più probabile è che si trattasse di droga o di sesso. Ma la gran parte dei riferimenti non sembrava corrispondete alla prima categoria e, nella nostra epoca tanto libertina, nella quale i candidati politici si disputano il diritto di fare il Grand Marshal in occasione della sfilata annuale del Gay Pride, una delle rare attività sessuali di cui ancora deve parlarsi a bassa voce sembra essere la pedofilia, e qualche strano accenno poteva lasciar intendere che questo fosse l’oggetto delle comunicazioni.
 
I ricercatori hanno quindi rapidamente scoperto che suo fratello Tony Podesta, uno dei lobbysti più ricchi e facoltosi di Washington, aveva gusti artistici molto strani. La sua vasta collezione personale ha per soggetto prevalente corpi torturati o assassinati, e uno dei suoi artisti preferiti è noto soprattutto per i suoi quadri di ragazzini tenuti in cattività, che giacciono morti, o gravemente sofferenti. Simili opere d’arte non sono evidentemente illegali, ma possono suscitare qualche sospetto. E curiosamente l’ultra-Democratico Podesta era da tempo un amico personale intimo dell’ex presidente del Partito Repubblicano della Camera dei Rappresentanti, condannato per pedofilia, Dennis Hastert, che ha curato di accogliere nuovamente nella società di Washington dopo la sua uscita di prigione.
 
Inoltre alcune mail di Podesta, formulate in termini piuttosto sospetti, facevano riferimento a fatti avvenuti in una pizzeria di Washington, molto apprezzata dall’élite del Partito Democratico, il cui proprietario era l’ex amichetto gay di David Brock, un attivista democratico di primo piano. L’account pubblico Instagram di questo pizzaiolo sembra contenesse molte immagini di bambini, talvolta legati, spesso con hashtag che, nel linguaggio gay, indicano i target sessuali minorenni. In alcune foto c’era un tale che aveva una maglietta con su scritto «J’aime les enfants» in francese e, per una strana coincidenza, il nome che si dava era foneticamente identico a questa frase in francese, proclamando così al mondo che «gli piacevano i bambini». Altri account Instagram collegati contenevano foto di bambini piccoli, talvolta ripresi tra pile di banconote di grande taglio, con domande sul valore economico di quei bambini. Niente di tutto questo sembra illegale, ma qualsiasi persona ragionevole considererebbe queste foto come estremamente sospette.
 
Washington DC viene talvolta descritta come la «città del potere», perché vi risiedono le persone che decidono le leggi del paese e governano la nostra società, e i giornalisti politici locali conoscono molto bene tutta questa gente. E’ strano quindi che GQ Magazine abbia collocato questo proprietario di pizzeria omosessuale, che ha una strana inclinazione per i bambini piccoli, tra le 50 persone più potenti della nostra capitale nazionale, più in alto in graduatoria di molti membri del Gabinetto, senatori, presidenti di Congresso, giudici della Corte Suprema, e i migliori lobbysti. La sua pizza era talmente deliziosa?
 
Questi pochi paragrafi forniscono solo un cenno degli elementi assai sospetti che circondano diverse figure potenti del vertice del mondo politico di Washington. Un’ampia nuvola di fumo fluttuante non è certamente la prova di un incendio, ma solo un imbecille potrebbe ignorarla completamente senza tentare di approfondire.
 
Io considero in genere i video come un cattivo mezzo di comunicazione per le informazioni serie, molto meno efficaci ed esaustivi della parola scritta. Ma la schiacciante maggioranza delle prove che sono alla base dell’ipotesi del Pizzagate è composta da immagini e foto, che si prestano naturalmente a comporre un video.
 
Alcuni dei migliori resoconti dell’affaire Pizzagate sono stati prodotti da un giovane britannico di nome Tara McCarthy, il cui lavoro è stato pubblicato col titolo «Reality Calls», e i suoi video sono stati visti centinaia di migliaia di volte. Nonostante che il suo canale YouTube sia stato alla fine bannato e i video censurati, alcune copie sono state poi caricate in altri account, tanto su YouTube che su BitChute. Alcuni mi sembrano piuttosto inoffensivi, altri scontano scarsa dimestichezza con la società e la cultura statunitense. Ma altri sono pieni di elementi fortemente sospetti, e io vi suggerisco di guardarli per farvene un’idea personale.
 
 
 
Mano a mano che prendevo confidenza con i dettagli del Pizzagate, il tema ha cominciato ad essere ospitato anche nei miei giornali del mattino, ma in modo abbastanza curioso. Gli articoli politici hanno cominciato a fare uno a due cenni alla «bufala del Pizzagate», descrivendola come una ridicola «teoria del complotto» di destra e omettendo di dare notizia dei dettagli più pertinenti. Ho avuto la strana sensazione che una mano invisibile avesse improvvisamente girato un interruttore, facendo sì che tutti i media mainstream affiggessero un identico cartello luminoso su cui era scritto «il Pizzagate è una bufala – Circolate, non c’è niente da vedere!». Non riesco a ricordare alcun esempio di una simile reazione mediatica ad una oscura controversia in Internet.
 
Sono apparsi improvvisamente anche articoli sul Washington Post e sul Los Angeles Times per denunciare tutti i media alternativi – di destra, di sinistra e libertarien – come siti di «infox» che si facevano megafono della propaganda russa, chiedendo anche che questi contenuti fossero bloccati da tutti i giganti patriottici di Internet, come Facebook, Twitter e Google. Prima di allora non avevo mai inteso l’espressione «infox» [Fake news, NdT], ma di colpo essa è diventata onnipresente nei media, come se una mano invisibile avesse improvvisamente azionato un interruttore.
 
Ho cominciato naturalmente a chiedermi se il sincronismo di questi due strani sviluppi fosse davvero solo una coincidenza. Forse il Pizzagate era vero e colpiva talmente al cuore il nostro sistema politico estremamente corrotto che il tentativo dei media di sopprimerlo sfiorava l’isteria.
 
Poco dopo, i bei video di Tara McCarthy sul Pizzagate sono stati censurati da YouTube. E’ stato uno dei primi casi di censura di contenuti video che pure non violavano alcuna delle direttive di YouTube, un’altra evoluzione estremamente sospetta.
 
Ho anche notato che la sola menzione del Pizzagate era diventata politicamente mortale. Donald Trump aveva nominato il tenente generale Michael Flynn, ex capo della Defense Intelligence Agency, come consigliere per la sicurezza anazionale, e il figlio di Flynn era capo di gabinetto di quest’ultimo. Il giovane Flynn ha twittato qualche link verso le storie del Pizzagate, evidenziando che le accuse non erano state ancora oggetto di un’inchiesta e nemmeno di una smentita. Poco dopo veniva cacciato dal gruppo di transizione di Trump, anticipando di qualche settimana il licenziamento del padre. Mi è parso sorprendente che qualche semplice tweet a proposito di una controversia in Internet potesse avere un tale impatto sulla vita reale del vertice del nostro governo.
 
I media hanno continuato a battere il tamburo dicendo unanimemente che «il Pizzagate è stato demistificato», ma non ci hanno mai spiegato come e da parte di chi, e io non sono certo il solo a notare la stranezza di simili affermazioni. Un premiato giornalista investigativo, Ben Swann, di una stazione CBS di Atlanta, ha trasmetto un breve sunto televisivo della controversia e, avendo posto in evidenza che – al contrario di quanto affermavano i media – il Pizzagate non era stato oggetto né di una inchiesta né di una smentita, il signor Swann è stato quasi immediatamente cacciato dalla CBS, ma una copia della sua trasmissione resta disponibile in internet.
 
 
C’è un vecchio proverbio di guerra che dice che, più il bersaglio è importante, più i tiri nemici sono furiosi, e l’ondata davvero furiosa di attacchi e censura contro chiunque abbordi il tema del Pizzagate sembra sollevare ogni sorta di sospetti. Infatti, le ondate simultanee di attacchi contro tutti i media alternativi accusati di essere «media di propaganda russa» hanno posto le basi del regime di censura dei media sociali che caratterizza il mondo attuale.
 
Il Pizzagate può essere vero o meno, ma la repressione in corso in Internet ha riguardato anche argomenti simili, ma documentati in modo ben più solido. Per quanto io non utilizzi Twitter, ho riscontrato le conseguenze evidenti di questa nuova politica di censura dopo la morte di McCain nello scorso agosto. Il senatore è morto a mezzogiorno di un sabato, e il numero di lettori della lunga biografia di Sydney Schanberg si sono rapidamente moltiplicati, con molte persone che hanno twittato la storia. Si è andati avanti così fino alla mattina del giorno dopo, quando l’enorme afflusso di tweet è continuato ad aumentare, ma improvvisamente tutto il traffico di Twitter è definitivamente sparito, senza dubbio perché una «censura nascosta» aveva reso tutti quei tweet invisibili. Il mio stesso articolo sulla controversa esperienza di guerra di McCain ha subito la stessa sorte, come molti altri articoli di natura controversa che abbiamo pubblicato dopo, in quella stessa settimana.
 
Forse questa decisione di censura è stata presa da un giovane stagista ignorante di Twitter, che ha deciso a casaccio di vietare e considerare «discorso di odio» o «infox» un racconto estremamente documentato di 8 400 parole scritto da uno dei giornalisti statunitensi più eminenti, un ex redattore capo del New York Times, insignito del Premio Pulitzer.
 
O forse alcuni burattinai di politici che hanno controllato per decenni questo controverso senatore dell’’Arizona hanno cercato di mantenere invisibili i fili di questa marionetta, anche dopo la sua morte.
 
Nota del traduttore:
 
(1) Jeffrey Epstein si sarebbe davvero (o sarebbe stato) suicidato il 10 agosto 2019 nel carcere di Manhattan dove era detenuto. Leggi in proposito:
 
Epstein, il pedofilo agente del Mossad israeliano, si è (o è stato) suicidato