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IN ISRAELE C’E’ L’APARTHEID 
di Shulamit Aloni (ministro dell’educazione nel governo di Yitzhak Rabin, lavora in Yediot Aharonot, il più grande quotidiano israeliano. Questo articolo è stato pubblicato l’8 gennaio 2007 dal Ynet in ebraico, ma non dal Ynetnews in lingua inglese. E’ stato tradotto in inglese da Sol Salbe, giornalista australiano, i cui commenti sono tra parentesi)


Il nostro autocompiacimento di ebrei è talmente forte che non riusciamo a vedere neppure quello che succede sotto i nostri occhi. Consideriamo semplicemente inconcepibile che le vittime assolute, gli ebrei, possano commettere cattive azioni. E tuttavia lo Stato di Israele pratica una sua particolare forma di apartheid, assai violenta, nei confronti della popolazione autoctona palestinese.
L’attacco mosso dalla lobby ebraica nord americana contro l’ex presidente Jimmy Carter è perché ha avuto l’audacia di dire una verità da tutti conosciuta: col suo esercito, il governo israeliano pratica una forma brutale di apartheid nei territori occupati. Il suo esercito ha trasformato tutte le città e i villaggi palestinesi in campi di detenzione chiusi e recintati da reti metalliche. Tutto ciò per tenere d’occhio i movimenti della popolazione e renderle la vita difficile. Israele impone anche un coprifuoco totale tutte le volte che i coloni, che si sono illegalmente impossessati delle terre dei Palestinesi, celebrano i loro giorni di festa e fanno le loro sfilate. E come se non fosse sufficiente, i generali comandanti della regione emanano con frequenza ordini, regolamenti, istruzioni e regole (si sa, sono i “signori della terra”).


RISERVATO AGLI EBREI

Ad oggi hanno requisito nuove terre per costruire strade “riservate agli ebrei”. Strade bellissime, strade larghe, strade bene asfaltate, illuminate tutta la notte: Tutto ciò sulle terre rubate. Quando un Palestinese imbocca una di queste strade, il suo veicolo viene confiscato e lui cacciato. In una occasione sono stato io stesso testimone dell’incontro tra un autista e un soldato che ne controllava le generalità prima di sequestrare il veicolo e mandare via il suo proprietario. “Perché?”, ho domandato al soldato. “E’ un ordine, questa è una strada riservata agli ebrei”, ha risposto. Gli ho chiesto dove fossero i cartelli stradali con questa indicazione. La sua risposta è stata stupefacente: “E’ nella responsabilità (del conducente non ebreo) di saperlo. Inoltre che cosa vuole che facciamo? Mettere un cartello e lasciare che un reporter o un giornalista più o meno antisemita faccia una foto che dimostri al mondo che qui c’è l’apartheid?”
Perché sì, qui c’è l’apartheid. E il nostro esercito non è affatto “l’esercito più morale del mondo”, come dicono i comandanti. Per provarlo basta solo dire che ogni città, ogni villaggio è diventato un centro di detenzione, che ogni via di accesso è stata chiusa, bloccando le strade principali. E come se non fosse sufficiente vietare ai Palestinesi di circolare sulle strade asfaltate “riservate agli ebrei” ma costruite sulle loro terre, i comandi militari hanno ritenuto necessario infliggere un nuovo colpo agli autoctoni sul loro proprio territorio con una nuova regola ingegnosa: i militanti per i diritti dell’uomo non potranno più trasportare i Palestinesi.
Il maggiore generale Naveh, considerato un patriota ineguagliabile, ha emesso un nuovo ordine, con decorrenza 19 gennaio, che vieta di trasportare i Palestinesi senza autorizzazione. L’ordine specifica che gli israeliani non sono autorizzati a portare Palestinesi in un veicolo israeliano, salvo esplicita autorizzazione relativa sia all’autista che al passeggero palestinese. Naturalmente questo ordine non si applica a coloro che lavorano per i coloni, ad essi sono concesse tutte le autorizzazioni perché possano continuare a servire i “signori della terra”, i coloni.


CAMPAGNA INGIURIOSA

Possibile che quell’uomo di pace che è il presidente Carter si sia veramente sbagliato quando ha affermato che in Israele vige l’apartheid? Forse ha esagerato? I dirigenti della comunità ebraica nord americana non conoscono la Convenzione internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 7 marzo 1966, firmata anche da Israele? Gli ebrei nord americani, che hanno lanciato una grande campagna di ingiurie contro Carter per avere – secondo loro – diffamato il carattere di Israele e la sua natura democratica e umanista, non conoscono la Convenzione internazionale per la soppressione e la punizione del delitto di apartheid del 30 novembre 1973?
L’apartheid vi è definito come un delitto internazionale che si realizza, tra l’altro, attraverso l’utilizzazione di diversi strumenti giuridici per dominare differenti gruppi razziali, che siano tali da privare le persone dei loro diritti umani. La libertà di movimento non è forse uno di questi diritti?
Nel passato i dirigenti della comunità ebraica nord americana erano ben consapevoli del significato di queste convenzioni. Attualmente, non si capisce per quale ragione, si sono convinti che Israele sia autorizzata a violarle. Che sia accettabile uccidere civili, donne e bambini, vecchi e genitori coi loro figli. Che sia permesso di rubare la terra ad una intera popolazione, distruggere i suoi raccolti e metterla in gabbia come animali in uno zoo.
D’ora in poi gli israeliani e i volontari delle organizzazioni umanitarie internazionali non potranno più aiutare una donna palestinese in pericolo di vita e trasportarla in ospedale. I volontari di Yesh Din (un gruppo israeliano che difende i diritti dell’uomo, ndt) non potranno accompagnare al commissariato di polizia un palestinese che sia stato derubato e picchiato per sporgere denuncia. (I commissariati di polizia si trovano al centro degli insediamenti dei coloni).
C’è qualcuno che può pensare che questo non sia apartheid? Jimmy Carter non ha certo bisogno di me per difendere la sua reputazione che i responsabili della comunità filo-israeliana hanno tentato di insozzare. La difficoltà sta nel fatto che la loro infatuazione per Israele ne deforma i giudizi e impedisce loro di vedere quello che succede sotto i loro occhi. Israele è una potenza occupante che opprime da 40 anni una popolazione autoctona che avrebbe invece diritto alla propria sovranità ed indipendenza, vivendo in pace con noi.


PUNIZIONE COLLETTIVA

Dovremmo ricordarci che abbiamo anche noi realizzato violentissimi atti terroristici contro un governo straniero quando anche noi volevamo costruire il nostro stato. E la lista delle vittime è considerevole. Noi ci limitiamo a non riconoscere al popolo palestinese i diritti dell’uomo. Non solo gli rubiamo la libertà, la terra e l’acqua, ma infliggiamo una punizione collettiva a milioni di persone ed anche, con una frenesia dettata dalla vendetta, distruggiamo le centrali elettriche che servono un milione e mezzo di civili. Che restino dunque al buio e muoiano pure di fame!
Gli impiegati non possono ricevere il salario perché Israele trattiene 500 milioni di shekels che appartengono ai Palestinesi. E dopo tutto questo, restiamo “candidi come la neve”. Perché è chiaro che non c’è alcuna colpa nelle nostre azioni, non c’è alcuna discriminazione sociale, non c’è alcun apartheid. E’ una invenzione dei nemici di Israele. Bravi i nostri fratelli e sorelle degli Stati Uniti! La vostra abnegazione è molto apprezzata. Ci avete lavato questa brutta macchia. Ora possiamo avanzare con passo più spedito, mentre maltrattiamo in tutta sicurezza la popolazione palestinese, utilizzando “l’esercito più morale del mondo”.