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RITI NEGRIERI E FONDAMENTALISMI IDENTITARI DI FRONTE ALL’UMANISMO ED UNIVERSALISMO DELL’ISLAM

La religione mussulmana è messa da secoli alla prova, da una parte, dai cliché poco brillanti che le vengono attribuiti e, dall’altra, dalla rappresentazione che da sempre ne danno le autorità temporali e spirituali che si sono succedute nel mondo mussulmano ed i gruppi dominanti nelle società mussulmane. Le guerre dei crociati, la riconquista della Spagna, la distruzione dell’impero ottomanno, l’espansione coloniale, il conflitto israelo-arabo e l’irruzione del fondamentalismo jihadista sono tappe di un confronto tra civiltà e religioni nel quale, sempre di più e fino ad oggi, l’Occidente giudaico-cristiano si rivela essere il vincitore.
E in effetti la supremazia tecnologica, politica, economica e militare di cui l’Occidente gode ha assai largamente rafforzato la sua posizione di fronte al mondo mussulmano e all’Islam, entrambi spesso percepiti attraverso la mediatizzazione spinta di cliché made in Occidente. Quanto ai gruppi dominanti nelle società e negli Stati islamici, la loro rappresentazione dell’Islam si limita alla strumentalizzazione di questa religione per coprire di un velo di sacralità le loro pratiche ed i loro costumi e le loro tradizioni anti-islamiche, fatte di ingiustizie, schiavitù, razzismo, oppressione e tirannia…
Senza dubbio ci sono stati uomini, famiglie, tribù, gruppi o sette che si sono alternate al potere nei diversi Stati e società mussulmane dopo il rovesciamento del Califfato Rachideo, nell’anno 35 dell’Egira (il calendario islamico), da una fronda di Toulagha (i graziati) Koraichiti, ciò che ha segnato la rottura del carattere ortodossamente consensuale ed altamente morale dell’autorità mussulmana, come del principio fondamentale della  stretta osservanza del Corano e degli insegnamenti del Profeta Maometto (Pace e Salute a lui). Uno dei più evidenti simboli di questa rottura o reazione radicale è stata la vendetta dei Toulagha nei confronti del più stretto cerchio dei compagni più fedeli e più pii del Profeta, attraverso maltrattamenti ed umiliazioni pubbliche e le loro esecuzioni massicce e crudeli.
Ma fortunatamente non c’è bisogno di uno sforzo straordinario per saper distinguere tra i fondamenti della religione mussulmana e i grandi delinquenti della Oumma islamica (Uomini di Stato, Sultani, Re, Ulema ed Eruditi, guidati dalla loro avidità e al servizio dei più forti) che regnano in nome dell’Islam.
Molti popoli mussulmani nel mondo, come quelli che hanno vissuto e ancora vivono sul territorio che oggi si chiama Mauritania, praticavano guerre inter-mussulmane, una economia di razzie contro altri mussulmani per uccidere e nutrirsi; uccidere per vivere, semplicemente, come le bestie. Questo modo di vivere che ha consentito la nascita e l’espansione della schiavitù è stato, come la schiavitù, legittimato dalla quasi totalità degli eruditi e dottori mussulmani nel corso della storia. Peggio ancora, questi stessi ulema ed eruditi continuano a praticare e perpetuare la schiavitù prodotta da simili forme di banditismo. Gli aristocratici guerrieri che hanno messo in piedi questo sistema lo hanno fondato su delle leggi che riciclano i crimini più ignobili, una pratica di criminalità teologica inventata da un clero identitario e di classe. Va notato che ai giorni nostri questo clero è quello che oppone la resistenza maggiore contro ogni riforma abolizionista e i progressi democratici in questo paese.
La questione sulla quale vorrei maggiormente soffermarmi nel corso di questa conferenza stampa è l’azione posta in essere da taluni ambienti vicini all’Alto Consiglio di Stato e da loro appendici, Ulema schiavisti, clientele politiche e mafia degli sperperi. Questi hanno utilizzato un vostro collega del Quotidien de Nouakchott, ed altri scagnozzi che vengono infiltrati durante le preghiere in certe moschee della capitale, per attaccarmi personalmente e nella mia fede davanti ai fedeli.
I sostenitori del razzismo, della schiavitù e dell’oscurantismo si sono gettati su  questa campagna di menzogne per coprire la loro incapacità di smentire i numerosi episodi di violazioni gravi e massicce dei diritti umani commessi ogni giorno ai danni dei più umili di questo paese, alcuni dei quali sono legittimati dalla perniciosa strumentalizzazione ch’essi fanno della religione mussulmana.
E  in effetti io ho subito diversi tentativi di intimidazione da parte di quelle forze del male, particolarmente gli ideologi dell’assolutismo e dell’autoritarismo, mossi da interessi e privilegi materiali.
Interessi e privilegi che si sono trasmessi di padre in figlio in spregio della morale islamica e di ogni morale umana e con il martirio delle persone umili.
Senza alcun tentennamento e senza rimorso, io dichiaro la mia avversione perpetua verso questo clero dalle idee schiaviste e razziste, vivaio di sprechi e imbrattatore della fede. Faccio inoltre dichiarazione davanti a Dio e agli uomini di voler praticare, fermamente e senza concessioni, il sovvertimento delle idee dominanti  e dei sistemi ideologici e “religiosi” attraverso i quali alcuni uomini, alcune famiglie e alcuni gruppi vendono la fede, la libertà e la libertà di pensiero di pezzi interi della nostra società. Prendo dunque solennemente le distanze dalla versione locale del rito Malekita e da tutte le altre scuole del Sufismo, che esaltano le diseguaglianze e la schiavitù, pretendendo di interporsi tra il credente e Dio,  favoriscono la sottomissione ai tiranni ed all’avidità dei beni materiali. Ma insieme al rifiuto di questo rito negriero nelle sue varie forme, io rifiuto anche la versione etnicista e nazionalista che alcuni riformatori vorrebbero farci bere a colpi di “fatwa”, pretendendo a torto e falsamente che la loro connivenza di carattere identitario e di razza col tiranno Omar El Bechir (presidente del Sudan) sia di essenza fondamentalmente divina.
E’ ridicolo tentare di imballarci in un sistema di solidarietà Jahelita mentre noi sentiamo in tutte le sue dimensioni il senso di universalità della religione dell’Islam e del messaggio del profeta Maometto (Pace e Salute a lui). L’universalità di questa religione attraverso il caso del dramma delle popolazioni del Darfur, si collega in modo perfetto ad un’altra universalità che ci è cara: quella dei diritti umani.
A Dio non piace che noi accettiamo che l’Islam sia una rifugio, una muraglia di sicurezza per i criminali ed i responsabili di genocidio. Da ciò noi lavoriamo con tutte le reti di difesa dei diritti umani e di lotta contro l’impunità nel mondo perché tutti i torturatori, di casa nostra o altrove, siano giudicati dalla giustizia internazionale, per la giustizia, quella vera, la giustizia divina.


Nouakchott, 24 marzo 2009


Biram ould Dah ould Abeid