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Il Manifesto, 30 maggio 2010

Tracciabilità atomica
di Tommaso Di Francesco e Manlio Dinucci

La Conferenza Onu a New York: «Israele deve aderire al Tnp», un Medio Oriente libero dalle armi nucleari
La creazione in Medio Oriente di una zona libera da armi nucleari e da tutte le altre armi di distruzione di massa: lo chiede la dichiarazione finale della Conferenza sulla revisione del Trattato di non-proliferazione (Tnp), sottoscritta a New York il 28 maggio dai rappresentanti di 189 stati. A tale scopo essi danno mandato al segretario generale dell'Onu perché convochi nel 2012 una conferenza degli stati della regione. Contemporaneamente, invitano Israele ad aderire al Tnp e a permettere ispezioni dei propri siti nucleari da parte dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica. E' così scoppiata a New York una bomba politica: una conferenza che, nelle intenzioni di Washington, avrebbe dovuto mettere sotto accusa l'Iran, ha invece puntato il dito sull'unico stato della regione in possesso di armi nucleari, Israele.

Sì di Obama, Israele «rigetta»
Mentre l'Iran si è detto favorevole alla conferenza del 2012, Israele ha immediatamente respinto la proposta, definendo «ipocrita» la dichiarazione della Conferenza sul Tnp, la quale «ignora le reali minacce che pesano sulla regione e il mondo intero». Né appare possibile che Washington prema su Israele per costringerlo ad aderire al Tnp, ammettendo così di essere l'unito stato della regione in possesso di armi nucleari. Il consigliere della Casa bianca per la sicurezza nazionale, gen. James Jones, aveva già «deplorato» il fatto che fosse stato nominato Israele, dichiarando che ciò metteva «in dubbio» la conferenza del 2012. Dopo però la Casa bianca ha ammorbidito la posizione. Il presidente Obama ha dichiarato: «Gli Stati uniti salutano un accordo che comporta tappe equilibrate e realistiche». Ha aggiunto però, confermando la posizione del gen. Jones, di essere «fortemente contrario» al fatto che nella dichiarazione sia evidenziato Israele. Si preannuncia quindi un'altra lunga battaglia diplomatica. Non va però dimenticato che, per quanto importante essa sia (come lo è la dichiarazione della Conferenza di New York), ciò che contano non sono le parole ma i fatti.

La «corsa» prosegue
I fatti dimostrano che gli stati in possesso di armi nucleari (Stati uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina, Israele, India, Pakistan, Corea del Nord) non intendono rinunciarvi ma, pur contenendone il numero, continuano a modernizzarle. Emblematico è il nuovo trattato Start tra Usa e Russia. Esso non limita il numero delle testate nucleari utilizzabili nei due arsenali, ma solo le «testate nucleari dispiegate», ossia pronte al lancio su vettori strategici con gittata superiore ai 5.500 km: il tetto viene stabilito in 1.550 per parte, ma è in realtà superiore poiché ciascun bombardiere pesante viene contato come una singola testata anche se ne trasporta venti o più. Siamo ben lungi dal disarmo nucleare. Ciascuna delle due parti non solo manterrà pronto al lancio un numero di testate nucleari in grado di spazzare via la specie umana dalla faccia della Terra, ma potrà continuare a potenziare qualitativamente le proprie forze nucleari.
A tale scopo si sviluppano vettori sempre più sofisticati per il lancio delle armi nucleari. E' in questo campo che si sta sempre più spostando la corsa agli armamenti. Nel Nuclear Posture Review Report 2010 il Pentagono conferma che sta sviluppando nuovi tipi di vettori strategici (non limitati dal nuovo Start con la Russia). E mentre nella nuova strategia di sicurezza nazionale il presidente Obama ripudia la dottrina Bush, il Pentagono compie un decisivo passo avanti in uno dei capisaldi della dottrina Bush: la militarizzazione dello spazio.

Dalla terra allo spazio
La U.S. Air Force annuncia che l'X-51 Waverider, un velivolo senza pilota spinto da un motore ramjet a combustione che brucia l'ossigeno atmosferico, ha appena effettuato uno «storico volo ipersonico», raggiungendo Mach 5 (cinque volte la velocità del suono). Tale risultato, sottolinea il responsabile del programma, equivale a quello che fu il passaggio dagli aerei a elica ai jet. Esso fornisce agli Stati uniti la tecnologia necessaria «al futuro accesso allo spazio e alle armi ipersoniche». Poco prima, la U.S. Air Force ha lanciato l'X-37B, un aereo spaziale realizzato dalla Boeing, simile allo Shuttle ma completamente robotizzato, in grado di rientrare alla base dopo la missione. L'X-37B sarà usato per varie missioni: può mettere in orbita rapidamente piccoli satelliti militari per determinate azioni belliche; può «ispezionare, agganciare e togliere dall'orbita satelliti, sia amici che avversari» (accecando così il nemico prima dell'attacco); può lanciare dallo spazio i «dardi di Dio», armi che distruggono l'obiettivo con l'impatto cinetico simile a quello di un meteorite; può allo stesso tempo lanciare dallo spazio testate nucleari.
Queste e altre armi spaziali, che si stanno sperimentando, sono a disposizione del «Global Strike Command», il comando dell'aeronautica per l'attacco globale, attivato dall'amministrazione Obama nell'agosto 2009, due mesi prima che lo stesso Obama ricevesse il Premio Nobel per la Pace. Esso unifica sotto un comando unico i bombardieri da attacco nucleare e i missili balistici intercontinentali a testata nucleare. La sua missione è assicurare agli Stati uniti la capacità di «attaccare ovunque in qualsiasi momento, con una rapidità e una precisione maggiori che mai». Tale capacità sarà potenziata dagli aerei spaziali e le armi ipersoniche, che in prospettiva potrebbero rendere obsoleti gli stessi bombardieri e missili intercontinentali. Ciò fa saltare le basi stesse del nuovo Start e dello stesso Trattato di non-proliferazione. Poiché Russia, Cina e altri paesi sono in grado di seguire gli Stati uniti, pur a distanza, si apre la corsa alla militarizzazione dello spazio, che brucerà altre enormi risorse economiche necessarie a migliorare la vita sul pianeta Terra.