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Jeune Afrique, 4-10 gennaio 2009


Israele: Silenzio, si uccide


di Patrick Seale


Le confuse giustificazioni di Tel Aviv per il diluvio di fuoco su Gaza confermano quanto era già del tutto evidente: lo Stato ebraico preferisce vivere in guerra piuttosto che fare le concessioni necessarie alla pace


La guerra di Israele a Gaza è una pura follia politica. E’ il prodotto di una società sconvolta nel profondo, incapace di porre freni alla sua arroganza militare, e di tenere sotto controllo la sua costante paranoia. Le conseguenze a lungo termine per Israele saranno certamente dolorose.
Provocando la radicalizzazione dei Palestinesi, esacerbando la collera del mondo arabo e mussulmano, questa guerra selvaggia distrugge qualunque possibilità di integrazione di Israele nella regione, almeno nel futuro prossimo.  Ma forse è proprio questo il suo cinico obiettivo, nella misura in cui non è la coesistenza pacifica che si propone, ma la dominazione.
Mentre gli F16 compiono la loro missione di morte, il messaggio inviato al mondo è chiaro: Israele continuerà a vivere nella guerra, come sempre negli ultimi sessanta anni, piuttosto che assumersi il rischio di fare le concessioni ed i compromessi necessari ad una pace negoziata.  Questa comporterebbe di dover cedere i territori, mentre Israele mira ad estendersi ancora. Come dimostra il saccheggio della Cisgiordania, l’insediamento delle colonie, la distruzione delle case arabe, il muro, le strade riservate ai coloni, lo strangolamento dell’economia palestinese a causa degli oltre seicento check-points ed una quantità di altre vessazioni.


2000 morti in 3 anni
La pace è la principale vittima di questa guerra. E’ morta come i corpi sparpagliati a Gaza. La soluzione dei due Stati ha ricevuto il colpo di grazia. I timidi pourparler israelo-siriani si sono interrotti. Il piano di pace arabo, che offriva ad Israele la pace oltre che la normalizzazione dei rapporti con i ventidue Stati arabi, se fosse rientrata nelle frontiere del 1967, è rimasto sepolto tra le macerie. Uno degli obiettivi dell’operazione è stato certamente di impedire alla nuova amministrazione nord americana di rilanciare un processo di pace moribondo. Ci vorranno mesi per sgombrare le macerie. E, per quello che concerne l’amministrazione uscente, le menzogne di Condoleeza Rice, che considera Hamas il solo responsabile della guerra, serviranno da schiacciante epitaffio per la più inefficace segretaria di Stato nordamericana dei tempi moderni.
Israele non ha mai amato i Palestinesi moderati, per la buona ragione che sarebbe stato possibile accordare loro delle concessioni. Per evitare di dover negoziare, lo Stato ebraico ha sempre preferito i radicali – e quando non se ne trovavano ha fatto di tutto per crearli. “Come si può negoziare con qualcuno che ti vuole uccidere?” è un familiare refrain israeliano. E’ possibile che questa guerra sia stata decisa proprio perché Hamas ha di recente fornito segnali di moderazione. I suoi principali portavoce, tra cui Khaled Mechaal, capo dell’ufficio politico, hanno espresso la volontà di accettare uno Stato palestinese all’interno delle frontiere del 1967. Con grande sgomento di Israele, hanno avviato un processo di presa di distanza dalla carta del loro movimento, che è datata 1987 e si propone la distruzione dello Stato ebraico.
I razzi Qassam sono stati molto imbarazzanti per Tel Aviv, incapace di fermarli se non attraverso un accordo di tregua. Essi hanno irritato una popolazione cieca ad ogni sofferenza che non sia la propria. Ma in realtà questi razzi null’altro erano se non delle esasperanti punture di spillo. Le cifre parlano da sole.  Meno di 20 israeliani sono stati uccisi dal momento in cui lo Stato ebraico si è ritirato da Gaza nel 2005. Nello stesso periodo di tempo Israele, facendo mostra di uno stupefacente disprezzo per le vite arabe, ha liquidato più di 2000 Palestinesi.  Lo Stato ebraico non ha mai accettato questa tregua con Hamas ed ha deciso di non rispettarla.  Invece di allentare il blocco, come sarebbe stata tenuta a fare, lo ha rafforzato, riducendo alla miseria la striscia di Gaza. Poi ha interrotto unilateralmente la tregua, il 4 novembre, con un’incursione armata che è costata la vita a diversi militanti di Hamas. Retrospettivamente questo intervento appare come una provocazione destinata a suscitare una risposta violenta e fornire un casus belli.

Stratagemma elettorale?
Il principale obiettivo di questo attacco a tutto campo è stato di riaffermare la supremazia militare di Israele sui suoi vicini – supremazia di cui ha sempre beneficiato fin dalla sua creazione nel 1948. La guerra è un avvertimento alla Hezbollah libanese, alla Siria ed all’Iran, che potrebbero subire anch’essi la punizione devastatrice che oggi patisce Gaza. La dissuasione è l’asse portante della strategia di sicurezza di Israele, che pretende di avere la libertà totale di colpire senza mai essere colpita per reazione. Che può fare uso della forza bruta per proteggersi e che si è sempre opposta ad un equilibrio regionale delle forze che l’obbligherebbe a moderare le sue azioni.
E tuttavia nel corso degli ultimi anni, la capacità dissuasiva di Israele è stata messa in  forse  da Hezbollah, l’Iran ed Hamas. Hezbollah ha tenuto in scacco lo Stato ebraico durante la guerra del Libano del 2006, mentre i razzi di Hamas l’hanno costretta a firmare un accordo di tregua. Più grave ancora, dal punto di vista israeliano, gli Stati Uniti hanno resistito alle pressioni ultimative di fare guerra all’Iran, il cui programma nucleare viene   descritto come una “minaccia esistenziale”. Se la Repubblica islamica pervenisse un giorno a dotarsi della bomba, Israele non potrebbe più colpire i suoi vicini.
Durante la tregua con Hamas, cominciata sei mesi fa, il 19 giugno, il ministro della difesa Ehoud Barak si è impegnato alla pianificazione della guerra. L’ultima cosa che Israele potrebbe accettare è che Hamas acquisisca una sia pur minima capacità di dissuasione. E’ ciò che voleva dire Barak quando ha dichiarato che il suo obiettivo era di “cambiare totalmente le regole del gioco”. Resistere ad Israele, quale che sia il modo in cui si fa, non sarà più consentito. Hamas deve essere allo stesso tempo distrutto ed estirpato da Gaza.
Il 10 febbraio, fra qualche settimana, gli israeliani saranno chiamati alle urne.  Il risultato delle guerra dirà se Barak, l’architetto assassino dell’operazione contro Gaza, ed il Partito laburista potranno ricavarne vantaggi a spese del Partito Kadima di Livni e del Likoud di Netanyahou.  E’ legittimo il sospetto che la guerra sia stato un cinico stratagemma elettorale della Livni e di Barak per aumentare i loro consensi, a danno di Netanyahou.  Sta di fatto che tutti i leader politici israeliani, di ogni tendenza, hanno appoggiato questa guerra. Sono tutti ebbri di potenza militare.  Tutti si rallegrano del crescente numero di vittime palestinesi. Nessuno sembra voler prendere in considerazione le implicazioni di una pace vera. Forse sanno i crimini di Israele non saranno un giorno dimenticati o perdonati e dunque non vedono alcuna altra soluzione se non quella di continuare ad uccidere.

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