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Alternative News, 6 febbraio 2012



Una legge israeliana per legalizzare il trasferimento forzato dei Beduini
Dr. Yeela Raanan


Il controverso Piano Prawer sta per essere trasformato in legge. Se la Knesset approverà, Israele potrà proseguire sulla strada del trasferimento dei beduini del Negev e della loro deportazione in miserabili baraccopoli. Un progetto di legge totalmente ignorato dai media locali e internazionali.


I Beduini si oppongono al Piano Prawer che si propone di sradicare 30.000 o 40.000 Beduini dalla loro terra e risistemarli in nuovi agglomerati. Il Governo israeliano ha approvato il piano Prawer nel settembre 2011.
 
Il 3 gennaio il governo israeliano ha pubblicato un disegno di legge dal titolo “Disciplina per l’insediamento di Beduini nel Negev”, che prevede una procedura per la deportazione della maggior parte dei residenti di villaggi non riconosciuti del Negev e per la confisca di circa i due terzi delle terre in loro possesso.


Come è evidente, il governo israeliano ha messo in conto che questo progetto di legge incontrerà resistenze e ha dunque previsto anche misure violente per assicurarne la realizzazione. Il progetto sta seguendo il suo iter alla Knesset e diverrà presto legge.


Chiediamo a tutti i nostri amici e sostenitori di aiutarci ad impedire alla Knesset e al governo di approvare una legge tanto disastrosa.


Ecco una breve cronistoria e una breve esposizione della stessa legge, che ne evidenzi  gli aspetti più pericolosi.

(il progetto di legge può essere trovato a questo indirizzo (solo in Ebraico:
http://www.tazkirim.gov.il/Tazkirim_Attachments/41151_x_AttachFile.doc


Una breve sintesi della situazione attuale
Urbanizzazione forzata: Israele conduce politiche distruttive nei confronti della minoranza beduina da decenni. I risultati di tali politiche sono immediatamente visibili nelle sette città beduine, che sono da sempre al primo posto nella classifica dei comuni più poveri d’Israele, con una grave disgregazione sociale, un elevato tasso di disoccupazione e l’assenza di un qualsiasi ruolo positivo tradizionale o moderno per le donne della comunità. Israele ha creato queste città senza alcun rispetto  per le tradizioni e i bisogni delle comunità, avendo come unico obiettivo quello di ridurre la superficie di terra a loro disposizione. Nel secolo scorso,  Israele è riuscita a “installare” la metà della comunità beduina in queste innumerevoli  città-accampamenti.


Politica di non riconoscimento dei loro villaggi: L’altra metà della comunità beduina non ha voluto rinunciare alle sue terre tradizionali ed alla sua cultura e il governo ha fatto loro pagare un prezzo alto, non fornendo i servizi e le infrastrutture di prima necessità, come conseguenza della politica di non riconoscimento. Quarantacinque villaggi, da mille a 10mila abitanti ciascuno, non sono riconosciuti, e questo costringe gli abitanti a vivere senza strade, senza elettricità, senza acqua corrente, senza fogne, con servizi sanitari e scolastici minimi e, ancora peggio, senza un’amministrazione cui chiedere il rilascio dei  permessi di costruzione, facendo sì che tutte le abitazioni siano “illegali” e quindi destinate alla demolizione.


Occupazione della terra: Prima del 1948, i 90mila beduini erano i quasi unici abitanti del Negev. Nel 1952 non ne restavano che 12mila: gli altri, in un modo o in un altro, erano stati persuasi a lasciare il paese. Oggi vi sono circa 200mila arabi-beduini, che costituiscono un terzo dell’intera popolazione del Negev e che occupano 320mila dunam (1 dunam = 1 km²)di terra , dei 13 milioni di dunam della regione. La nuova legge ridurrà ancora di più la terra a loro disposizione, portandola a meno di 150mila dunam.


Per fare un confronto: i contadini ebrei del Negev hanno a disposizione un milione di dunam di terra coltivabile, mentre quelli beduini solo 195mila, e la nuova legge la ridurrà praticamente a zero. E, dall’altra parte, sono molte di più le persone che vivono di agricoltura nelle comunità beduine di quelle delle comunità ebraiche del Negev. Inutile ricordate che la nuova legge renderà le comunità beduine ancora più povere e dipendenti dal governo di quanto non lo siano già; e questo decimerà ancora di più la comunità.


La legge
Il progetto di legge si apre con un appello a tutti i Beduini, perché inoltrino richiesta di ratifica dei loro titoli di proprietà sulla terra, nel caso in cui il nonno o il padre abbiano già presentato richiesta di riconoscimento della proprietà della terra al governo israeliano negli anni Settanta. Poi si procede alla indicazione dei requisiti richiesti: l’antenato occupava o coltivava la terra negli anni Settanta? La terra è utilizzata oggi dai suo discendenti? Tutti i fratelli e i cugini hanno chiesto la ratifica del loro titolo di proprietà? E ancora altre condizioni. Se si realizzano tutti i requisiti, il governo assicura al richiedente l’assegnazione di un terreno corrispondente al massimo alla metà di quello cui accetta di rinunciare. Tuttavia il governo manterrà la sua promessa solo se il beduino in questione ripulirà egli stesso la terra che attualmente occupa da tutte le costruzioni, le persone, gli animali e gli alberi su richiesta del governo stesso; inoltre la terra che egli riceverà come indennizzo sarà situata nel luogo che lo stesso governo sceglierà.


Le minacce per la comunità  beduina: La legge ha come obiettivo la confisca della terra. Come si è detto prima, il disegno di legge riduce l’accessibilità dei Beduini alla terra coltivabile, che costituisce la risorsa maggiore per gli abitanti dei villaggi beduini, che vivono ancora principalmente di agricoltura. E la cosa è tanto più eclatante dal momento che i Beduini sono riconosciuti dalle Nazioni Unite come popolazione autoctona ed hanno diritto, come tali, ad una compensazione equivalente di terra (tra le altre compensazioni) – ed è dunque vietato spogliarli delle loro terre.


Accresce il potere del governo: Gli articoli 71 e 73 attribuiscono all’Autorità per il Trasferimento dei Beduini (su richiesta del primo ministro) il potere di ordinare l’evacuazione immediata di un’area, la demolizione di costruzioni e l’evacuazione immediata di tutti i suoi occupanti, senza il bisogno di un’ingiunzione del tribunale, come previsto dall’attuale legislazione. Inoltre il disegno di legge limita i poteri dei tribunali ed il loro controllo di legalità. Tutti i villaggi beduini devono subire la stessa sorte.


Provoca inutili litigi familiari: Gli articoli 42 e 43 prevedono che la percentuale di terra che una persona riceverà come compenso dipende dalla percentuale del titolo iniziale di proprietà che è stato ratificato. Ciò significa che, se tutti i cugini (nel caso in cui il richiedente sia il nonno) entrano nel procedimento, allora – in presenza di tutti gli altri requisiti – essi  potranno ricevere un compensazione in terra (che I Beduini preferiscono a quella in denaro) fino ad un massimo del  50% della superficie di terra della quale rivendicano la proprietà. Per contro, se un cugino decide di non presentare richiesta, allora gli altri cugini riceveranno ancora meno terra come compensazione. Questa disposizione mira  a far sì che siano gli stessi parenti a convincere tutti i discendenti di colui che ha avviato una procedura di ratifica a entrare nella procedura ea rinunciare ai loro diritti sulla terra. I conflitti che questa misura provocherà in molte famiglie beduine del Negev contribuiranno a distruggere ancora di più quello che resta del sistema sociale beduino, già fortemente deteriorato dall’urbanizzazione e dai trasferimenti forzati. È inimmaginabile pensare che un governo possa approvare una legge tanto distruttiva dei rapporti familiari, nell’unico intento di spingere le persone a rinunciare a un po’ più dei loro storici diritti sulla terra.


Riduce la protezione giudiziaria dei Beduini: Il disegno di legge prevede, che in caso di conflitto con altre leggi, prevalga la nuova legislazione, riducendo così la possibilità per i membri delle comunità beduine  di ottenere giustizia dinanzi ai tribunali.

Un’altra misura palesemente razzista della nuova legge è che il beduino non possa ricevere in compensazione delle terre che si trovino ad Ovest della Strada numero 40, ma solo in una determinata area prevista dalla legge stessa, vera e propria reminiscenza delle riserve indiane o dei “bantustan” sudafricani.


Nessuna preoccupazione di pianificazione urbanistica: La cosa peggiore è che la legge non prevede alcuna procedura per il riconoscimento dei villaggi esistenti, né per la pianificazione di nuovi villaggi, né la possibilità per le persone della comunità di scegliere il luogo di residenza  o il carattere del loro nuovo insediamento. Così quando l’evacuazione descritta negli articoli 71-73 sarà realizzata, solo il governo deciderà dove saranno trasferite decine di migliaia di persone.


Impedita la partecipazione dei beduini al processo decisionale: Il governo ha assegnato al ministro Beni Begin il compito di occuparsi dei reclami dei beduini e di attuare cambiamenti alla legge tenendo conto dei loro bisogni e desideri. Tuttavia, ascoltando i discorsi del ministro Begin, abbiamo capito sfortunatamente che non ha né l’abilità né la voglia di stare ad ascoltare le comunità beduine. Piuttosto, lo abbiamo visto come eloquente emissario del governo con il compito di convincere i membri delle comunità ad accettare senza proteste un disegno di legge distruttivo.


L’attuazione di questa legge provocherà grandi sofferenze: Non crediamo che essa non debba essere applicata dato che il suo obiettivo – l’ulteriore riduzione della proprietà delle terre beduine ancestrali – è un abominio per i membri della comunità beduina. Tuttavia, se la legge passerà e se ci sarà il tentativo di applicarla, la comunità ne soffrirà gravemente: i bulldozer distruggeranno i villaggi, le terre saranno confiscate con la forza, molti verranno arrestati per essersi rifiutati di rinunciare alla propria terra, e se la legge realizzerà il suo obiettivo,  si assisterà alla totale urbanizzazione e alla perdita di terre come risorsa economica della popolazione beduina ed infine alla distruzione della sua cultura.


Migliaia di beduini hanno manifestato a Beer Sheva e a Gerusalemme, per protestare contro il progetto di legge. I media israeliani, in collaborazione con il governo, hanno totalmente ignorato queste manifestazioni.