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Sayed7asan, 17 luglio 2015 (trad.ossin)

 

Accordo sul nucleare iraniano: il trionfo della Repubblica Islamica

Perché Israele deve preoccuparsi

 

Mentre tutto il mondo, tranne Israele e l’Arabia Saudita, celebra una “vittoria della diplomazia internazionale” che dovrà mettere fine a decenni di sanzioni e scongiurare il rischio di una guerra nella regione, sono utili alcune precisazioni sulle vere motivazioni dell’amministrazione statunitense e sulla politica estera di Teheran

 

L’accordo di Vienna, concluso il 14 luglio 2014 tra l’Iran e i “P5+1” (i cinque componenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU – Cina, Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia – più la Germania), pone fine a 12 anni di negoziati sul dossier nucleare iraniano. Formulate per la prima volta nel 2003 dall’amministrazione Bush (lo stesso anno dell’invasione dell’Iraq), le accuse rivolte all’Iran, di avere un programma nucleare militare clandestino e di aspirare alla bomba atomica, erano completamente infondate, almeno quanto quelle sbandierate a proposito delle pretese armi di distruzione di massa dell’Iraq. Smentite da tutti i dati obiettivi e da tutti gli osservatori internazionali, esse erano solo il pretesto per una aggressione che avrebbe dovuto segnare l’ultimo atto del progetto di Nuovo Medio Oriente ridisegnato secondo i desiderata di Washington. Un Medio Oriente nel quale non vi sarebbe stato posto per nessuno Stato e nessuna forza che potesse rappresentare un pericolo per l’egemonia statunitense e per il suo controllo delle risorse e degli assi strategici della regione.

 

L’Iran, come la Siria, costituiva un grave ostacolo alla realizzazione di questo progetto, e avrebbe dovuto subire la stessa sorte dell’Iraq, la cui invasione era solo un preludio. Era già stata pianificata la sua aggressione, che è stata spesso presentata come imminente, ma il fallimento statunitense in Afghanistan e in Iraq, la sconfitta israelo-statunitense da parte di Hezbollah nel 2006 e l’emergere di nuovi poli intorno alle potenze emergenti, quali la Russia e la Cina, in partenariato con l’America Latina, l’Africa del Sud ed altre potenze euroasiatiche, hanno delineato una prospettiva geostrategica di un mondo multipolare, nel quale gli Stati Uniti potrebbero, non solo perdere la loro influenza esclusiva, ma la loro stessa rilevanza. Di qui la volontà statunitense di ritrovare una certa presenza – e per l’amministrazione Obama di poter vantare dei “successi” diplomatici – concludendo degli accordi “storici” con Cuba e poi con l’Iran, due nazioni costrette da decenni ad un assedio senza precedenti, a causa della loro politica indipendente, antimperialista ed internazionalista, e che non si sono piegate, nonostante la spietata guerra economica, diplomatica e mediatica (e talvolta militare) cui sono state sottoposte. Al contrario, sia Cuba che l’Iran, erano riuscite a esercitare una influenza regionale importante e, checché ne dica la propaganda occidentale, gli accordi conclusi rappresentano per loro una vittoria eclatante, e un riconoscimento di fallimento cocente per Washington e i suoi vassalli, che oramai possono solo vantare successi illusori, strombazzati e enfatizzati per nasconderne l’inconsistenza.

 

E così Barack Obama ha dovuto ripescare una fatwa di Sayed Ali Khamenei, Guida Suprema della Rivoluzione Islamica, che vieta la produzione, il possesso e l’uso di armi nucleari, presentandola come un risultato ottenuto dalle pressioni esercitate dalla sua amministrazione. Ma la verità è che tale divieto era stato decretato dall’imam Khomeini fin dal 1984, e in piena guerra Iraq-Iran, quando l’Iran subiva gli attacchi chimici di Saddam Hussein – con l’attiva complicità dell’Occidente. Nonostante la minaccia esistenziale che gravava all’epoca sulla Repubblica Islamica, e le richieste pressanti che gli venivano rivolte in questo senso dalle élite politiche e militari iraniane, l’imam Khomeini vietò categoricamente ogni ricerca sulle armi chimiche, biologiche o nucleari – e di conseguenza ogni possibilità di possesso di simili armi. La sua autorità resta talmente alta, che risulta inconcepibile pensare che tale divieto religioso – e non solo politico – possa essere trasgredito da chiunque nella Repubblica Islamica, o anche da Hezbollah, come ha esplicitamente sottolineato Hassan Nasrallah (leader di Hezbollah, ndt). Del resto, lo stesso Sayed Ali Khamenei ha anch’egli emesso una esplicita fatwa in questo senso, a metà degli anni 1990, resa pubblica nel 2004. Essa è stata segnalata dall’Iran, nel 2005, all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), i cui rapporti hanno sempre attestato che non vi è il minimo indizio del perseguimento di un programma nucleare militare da parte dell’Iran, e che tutti i dati provano il contrario. Ma può darsi che il Grande Fratello impieghi tante di quelle risorse per lo spionaggio delle conversazioni dei suoi vassalli, da dimenticarsi di prendere conoscenza delle dichiarazioni e dei rapporti ufficiali dei suoi antagonisti, e perfino delle sue stesse agenzie di intelligence, e perfino di quelle di Israele, che confermano tutte il carattere puramente civile del programma nucleare iraniano.

 

Lo stesso Mahmoud Ahmadinejad, a suo tempo caricaturizzato fino all’inverosimile in Occidente come un provocatore genocida, tutto preso dalla preparazione delle masse all’aggressione che si andava preparando (mentre non aveva nemmeno l’apparenza di un “mullah”, a differenza di Hassan Rouhani; i codici occidentali sono volubili) aveva ricordato questo principio intangibile fin dal discorso di investitura. Infine l’Iran è restato uno dei massimi sostenitori della Conferenza internazionale per il disarmo nucleare, finalizzata allo smantellamento di tutte le armi di distruzione di massa in Medio Oriente, con lo slogan: “L’energia nucleare per tutti, l’arma nucleare per nessuno”.

 

Come ha sottolineato Vladimir Putin, che fa sempre riferimento al diritto internazionale e che, anche lui, considera questo accordo come una grande vittoria, questo movimento non può che rafforzarsi, e l’Iran è destinato a giocare un ruolo di primo piano in Medio Oriente. Così, solo le masse credule, condizionate dai media agli ordini, potevano credere che esistesse davvero un pericolo di costruzione dell’arma nucleare da parte dell’Iran. Sottolineiamo che la palma dall’inconsistenza deve essere attribuita all’inenarrabile François Hollande, che ha osato dichiarare, rispondendo alla domanda di prospettiva formulata da una gazzettiera prezzolata (“Ci si può fidare del regime dei mullah?”): “La mia preoccupazione era di evitare la proliferazione nucleare, di evitare che l’Iran potesse accedere all’arma nucleare. Se l’Iran si dotasse di armi nucleari, l’Arabia Saudita, Israele e altri paesi vorrebbero fare altrettanto. E questo comporterebbe un rischio per l’intero pianeta”. Indubbiamente un Israele con la bomba atomica sarebbe un rischio per tutto il pianeta – e lo è effettivamente, dal momento che questo paese è uno dei pochi a possedere centinaia di ogive nucleari senza avere ratificato il Trattato di non proliferazione, e senza autorizzare la benché minima ispezione dei suoi siti da parte dell’AEIA. Simili contorcimenti dialettici la dicono lunga sul grado di sottomissione della Francia agli interessi di USA e Israele.

 

Le accuse rivolte contro Teheran sono sempre state delle vergognose menzogne miranti a ostacolare il suo sviluppo e a contenere la sua potenza e la sua sovranità, cosa di cui i leader e il popolo iraniano hanno piena coscienza, contrariamente a quanto possano lasciare intendere certi analisti. Le sanzioni occidentali imposte all’Iran devono essere levate progressivamente nel corso dei prossimi mesi, e ciò porrà termine ad una crisi artificiale e “fabbricata pezzo su pezzo” – per riprendere l’espressione di Mohammad Javad Zarif, il ministro degli affari esteri iraniano -  con gran scorno di Israele. Benjamin Netanyahu (nella foto sotto), che aveva impostato la sua campagna elettorale soprattutto sulla sua intransigenza nella questione del nucleare iraniano, in nome della quale ha messo in gioco addirittura le relazioni con la Casa Bianca, attraverso una ingerenza senza precedenti nella politica statunitense, ha infatti condannato questo accordo nei termini più espliciti. Il suo breve discorso merita di essere citato e commentato.

 

Il mondo oggi è un posto molto più pericoloso di quanto non lo fosse ieri.

Le più grandi potenze internazionali hanno puntato il nostro futuro collettivo su un accordo concluso col principale sostenitore del terrorismo internazionale. Hanno scommesso che, nello spazio di dieci anni, il regime terrorista dell’Iran possa cambiare, pur ritirando tutte le pressioni che potevano indurlo a farlo. Di fatto l’accordo fornisce all’Iran tutte le ragioni per non cambiare.

Nel corso del prossimo decennio, l’accordo porterà all’Iran, al regime terrorista di Teheran, centinaia di miliardi di dollari. Questo fantastico bottino alimenterà il terrorismo iraniano in tutto il mondo, la sua aggressione nella regione e il suo impegno per distruggere Israele, che sono già in atto.

Sbalorditivamente, questo pessimo accordo non richiede che l’Iran ponga in qualche modo termine ai suoi comportamenti aggressivi. E proprio venerdì scorso, questa aggressione era visibile a tutti.

Mentre i negoziatori davano gli ultimi ritocchi all’accordo di Vienna, il presidente sedicente moderato dell’Iran ha deciso di partecipare ad una manifestazione a Teheran e, nel corso di essa, una folla scatenata ha dato fuoco a delle bandiere USA e israeliane e scandito: “Morte agli USA, morte a Israele!”

Questo non è accaduto 4 anni fa, è successo 4 giorni fa.

La Guida Suprema dell’Iran, l’ayatollah Khamenei, ha dichiarato il 21 marzo che l’accordo non pone limiti all’aggressione da parte dell’Iran. Ha dichiarato: “I negoziati con gli Stati Uniti riguarderanno la questione nucleare e niente altro”.

E tre giorni fa lo ha ricordato con chiarezza: “Gli Stati Uniti – ha detto – incarnano l’arroganza mondiale, e la lotta contro di loro proseguirà senza tregua, anche dopo la conclusione dell’accordo nucleare.

Ed ecco cosa Hassan Nasrallah, capo del gruppo terrorista Hezbollah, satellite dell’Iran, ha dichiarato a proposito della riduzione delle sanzioni, che è un elemento chiave dell’accordo. Ha dichiarato: “Un Iran ricco e forte sarà in grado di sostenere i suoi alleati e amici nella regione più che in qualsiasi altro momento del passato”.

Traduzione: il sostegno dell’Iran al terrorismo e alla sovversione aumenterà dopo l’accordo. (Segue un parallelo con la Corea del Nord che sarebbe riuscita a dotarsi dell’arma nucleare nonostante gli impegni assunti e le ispezioni internazionali).

La linea di fondo di questo pessimo accordo è esattamente quello che ha dichiarato oggi il presidente dell’Iran Rouhani: “La comunità internazionale leva le sue sanzioni e l’Iran mantiene il suo programma nucleare”.

Non smantellando il programma nucleare dell’Iran, per un decennio, questo accordo darà a un regime terrorista non riformato, impenitente e molto più ricco, la capacità di produrre diverse bombe nucleari, di fatto un intero arsenale nucleare coi mezzi per lanciarlo.

E’ un errore storico colossale!

Israele non è tenuta al rispetto di questo accordo con l’Iran, e Israele non è tenuta a rispettare questo accordo con l’Iran perché l’Iran continua a volere la nostra distruzione.

Noi ci difenderemo sempre.

Grazie

 

Bisogna vedere in questo discorso solo un effetto sonoro, una di quelle dichiarazioni grottesche e impudenti alle quali ci ha abituato, alla stregua dello “schema” – tratto tutto intero dai disegni animati di Looney Tunes – che ha agitato davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2012? Al di là delle stravaganze abituali sul carattere militare del progetto nucleare iraniano, e il flagrante ribaltamento dei dati realizzato, imputando all’Iran, nazione che non ha commesso alcuna aggressione dal XVIII° secolo, un preteso militarismo e una politica espansionista (è piuttosto il ritratto fedele di Israele, dalla sua creazione ai giorni nostri), conviene sottolineare che molte dichiarazioni di Netanyahu sono fondate, salvo a sostituire le espressioni “Terrorismo” e “aggressione” con quelle più appropriate di “resistenza” e “internazionalismo”.

 

Sì, il mondo è cambiato, e quell’Israele che terrorizzava la regione e imponeva la sua legge per decenni ha adesso paura, ed ha molte buone ragioni per avere paura. E’ uno spettacolo piuttosto piacevole che merita di essere osservato più da vicino.

 

Dopo la caduta dello scià nel 1979, il regime iraniano è passato dal rango di principale alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente, in linea con le altre autocrazie medioevali filo-statunitensi – e più dello stesso Israele, col quale intratteneva strette relazioni - a quello del suo oppositore più risoluto. Una delle prime decisioni dell’imam Khomeini fu quella di chiudere l’ambasciata di Israele e di sostituirla con la prima ambasciata al mondo della Palestina; quanto all’ambasciata USA, anch’essa venne chiusa dopo il sequestro del personale durato più di un anno, finalizzato ad ottenere l’estradizione dello scià, esule negli Stati Uniti, per consentirne il processo e la punizione per i suoi crimini. Se l’Iran non ha più relazioni diplomatiche dirette con gli Stati Uniti, considerati ufficialmente come “il Grande Satana” e il “centro dell’arroganza mondiale”, non riconosce neppure l’esistenza di Israele (per non parlare della sua legittimità), il “Piccolo Satana”, descritto dall’imam Khomeini come “un tumore canceroso che deve sparire”, fin dal 1979.

 

L’imam Khomeini ha consacrato l’ultimo venerdì del mese di Ramadan come la Giornata internazionale di Al Quds (Gerusalemme), durante la quale milioni di mussulmani sfilano in Iran (e in tutto il mondo) al grido di “Morte agli USA”, che significa “Morte all’imperialismo USA”, e “Morte a Israele”, che è un appello alla sparizione pura e semplice di Israele, e non alla sparizione di questo o quel regime, di questa o quella politica. Ed effettivamente, come sottolinea Netanyahu, Hassan Rouhani stesso partecipa a queste manifestazioni, nel corso delle quali vengono bruciate le bandiere USA e di Israele – anche se alcuni media mainstream mettono una volta tanto in dubbio l’autenticità delle accuse di Netanyahu, laddove, in altri tempi, avevano sempre preso per oro colato le dichiarazioni israeliane; ciò prova che il padrone è ben Washington, prima di Tel Aviv. Del resto, gli slogan “Morte agli USA” e “Morte a Israele” accompagnano ogni discorso di Sayed Khameney, dal momento che l’ostilità verso Israele e la politica estera degli USA ha profonde radici nei sentimenti della società iraniana, che è assai colta e sveglia, e anche molto raffinata.

 

Questa ostilità dell’Iran verso l’egemonia USA e il militarismo di Israele non è solo politica e diplomatica, ma anche economica e militare: fin dal 1979, le fazioni della Resistenza palestinese, poi libanese, hanno trovato in Teheran un alleato di prima categoria, che forniva denaro, addestramento e armi, con prodigalità ad Hezbollah e all’OLP, poi ad Hamas e al Jihad islamico, senza condizioni. In un primo momento clandestino, questo sostegno non viene più tenuto nascosto dall’Iran e dai suoi alleati, che lo riconoscono a voce alta e forte. E’ grazie a questo sostegno che Israele è stata costretta alla ritirata in Libano e ha fallito a Gaza. L’Iran afferma di fare tutto il possibile per armare le fazioni della Resistenza, ed ha sempre risposto alle minacce USA-israeliane, rilanciando:

 

“No, non siamo coinvolti in Bahrein. Dovunque siamo presenti, noi lo dichiariamo esplicitamente. Noi ci siamo impegnati nella lotta contro Israele, e questo ha consentito le vittorie nella guerra dei 33 giorni (Libano, 2006) e dei 22 giorni (Gaza, 2008-2009). E da adesso, dovunque una nazione o un gruppo combatterà l’entità sionista, noi lo sosterremo e gli forniremo il nostro aiuto, e non abbiamo paura di dichiararlo apertamente. E’ una realtà”. Sayed Ali Khamenei, 3 febbraio 2012.

 

 

Questo è l’atteggiamento e la voce ufficiale della Repubblica Islamica dell’Iran, e di tutti i suoi leader e rappresentanti, che si tratti di Sayed Khamenei o di Hassan Rouhani, dei loro alleati siriani o di Hezbollah, che la stampa occidentale lo scriva a grandi titoli o che lo passi sotto un pietoso – e docile – silenzio per consentire ai suoi padroni di vantare qualche pretesa vittoria diplomatica. Questa è stata la politica dell’Iran dal 1979, inalterata nonostante tutte le tensioni, attraverso la guerra Iraq-Iran che ha sconvolto il paese, e al culmine delle sanzioni occidentali e delle minacce di aggressione USA-israeliane. La fine delle sanzioni contro l’Iran si tradurrà dunque inevitabilmente in un maggiore sostegno ai movimenti di Resistenza in Medio Oriente, come teme Netanyahu, e annuncia nuove sconfitte per Israele.

 

E’ dunque agevole comprendere la rabbia del Primo Ministro israeliano che, dopo aver cercato di ottenere il via libera statunitense per attaccare l’Iran, poi di far fallire i negoziati sul nucleare e infine, come ultima risorsa, di fare includere il riconoscimento dell’esistenza di Israele nell’accordo finale (che la Repubblica islamica dell’Iran ha respinto e che non accetterà mai) si ritrova umiliato e completamente isolato. Certamente, per lo Stato terrorista, razzista e colonialista di Israele, l’Iran costituisce una minaccia esistenziale. Non perché minacci il suo popolo di genocidio, ovviamente. Sayed Khamenei (nella foto sotto) ha spiegato cosa intenda quando parla di sparizione dell’entità sionista, e conviene ascoltarlo:

 

“L’entità sionista è una entità che si è proposta come obiettivo di scatenare una estrema violenza fin dai primi momenti della sua nascita illegittima. Essa non nega questa violenza. Si è posta come obiettivo di assumere il controllo della regione con mano di ferro. Lo dichiara dappertutto e ne va fiera. E’ questa la sua politica.

Dal 1948 – quando questa entità illegittima è ufficialmente nata – fino ad oggi, hanno perseguito questa politica. Sono ad oggi 66 anni che perseguono questa politica. Certamente avevano commesso molti crimini in Palestina prima ancora di essere ufficialmente riconosciuti e ancor prima che i colonialisti avessero imposto questa entità al mondo e alla regione. Ma nel corso di questi 66 anni, hanno fatto tutto il possibile, sia come governo che come sistema politico. Hanno commesso tutti gli atti immaginabili di violenza che un governo può infliggere a un popolo. E non hanno provato il minimo scrupolo. Questa è la natura dell’entità sionista.

Non esiste altro rimedio a questa situazione, se non l’annientamento di questa entità. Annientare l’entità sionista non significa per niente massacrare gli ebrei che vivono nella regione. La sensata dichiarazione del nostro Imam magnanimo (Khomeini), che Dio lo santifichi, che Israele debba essere annientata, si fonda su un principio umanista. Noi abbiamo presentato al mondo la soluzione pratica perché ciò accada e nessuno ha potuto contestarne la razionalità. Noi abbiamo sostenuto che si debba realizzare un sondaggio e un referendum nel quale la gente che vive nella regione, che provenga da essa e vi appartenga (i rifugiati, ecc) stabilisca autonomamente chi debba governarla. Noi abbiamo sostenuto che è il popolo che deve risolvere il problema.

Questo è il significato dell’annientamento dell’entità sionista, Questa è la soluzione. E’ una soluzione comprensibile e coerente coi principi accettati nel mondo. E’ una soluzione pratica. Noi abbiamo anche proposto all’Organizzazione delle Nazioni Unite e ad un certo numero di organizzazioni internazionali di farsi carico di questa questione. E questa proposta è stata oggetto di dibattito al loro interno.

Non v’è rimedio al problema che questa entità selvaggia e vorace – la cui politica è di comportarsi con la gente con un pugno di ferro, con crudeltà e ferocia e che non esita affatto ad uccidere civili e bambini, di attaccare diverse regioni e portarvi distruzione – ha creato, se non la sua distruzione e il suo annientamento. Se per grazia di dio, questo giorno verrà ed essa sarà annientata, non potremmo che felicitarci. Ma quale è il rimedio finché questa entità usurpatrice perdura? Il rimedio è una resistenza militare attiva e risoluta contro di essa.

I Palestinesi devono mostrare la loro forza di fronte all’entità sionista. Nessuno deve pensare che, se non vi fossero stati i lanci dei razzi da Gaza, l’entità sionista avrebbe cessato le sue incursioni. Non è così. Pensate a quel che fanno in Cisgiordania. Agiscono allo stesso modo, anche se non ci sono razzi, non ci sono armi da guerra o da difesa in Cisgiordania. Le sole armi che la gente possiede laggiù sono le pietre. Guardate quello che l’entità sionista sta facendo laggiù. Fa tutto il male possibile. Distrugge le case della gente, distrugge i loro campi, distrugge le loro vite e li umilia e disprezza. Tolgono loro l’acqua e l’elettricità a loro piacimento.

I sionisti non potevano accettare qualcuno come Yasser Arafat, che pure aveva negoziato e concluso dei compromessi (estremi e inaccettabili) con loro. Lo hanno stretto d’assedio, umiliato, avvelenato e distrutto. E’ sbagliato pensare che se dimostriamo meno determinazione di fronte ai sionisti, essi saranno più tolleranti e daranno prova di misericordia per le persone e rispetteranno i loro diritti. Non è affatto così. L’unico rimedio che esiste prima che l’entità sionista venga annientata è che i Palestinesi riescano ad agire in modo efficace, a dimostrare la loro forza.

Se dimostreranno la loro forza, è possibile che la controparte – che è questa entità violenta e vorace – si ritiri, perché essi desiderano una tregua adesso (a Gaza), nonostante tutta la loro possanza. Ciò che significa che sono disperati. Uccidono civili e bambini e danno prova di una crudeltà senza limiti. Ma sono anche disperati. Si trovano in una situazione disperata ed è per questo che cercano una tregua.

Di conseguenza, noi riteniamo fermamente che la Cisgiordania debba armarsi come Gaza. E’ necessario che dimostri la propria forza. Tutti coloro che sono interessati alla sorte dei Palestinesi devono fare tutto il possibile per questo. Ecco cosa si deve fare: anche il popolo della Cisgiordania deve essere armato. L’unica cosa che può alleviare le disgrazie dei Palestinesi è di dimostrare la loro forza e la loro potenza, Sennò, se si agisce in modo docile, sottomesso e servile, la situazione dei Palestinesi non migliorerà per niente e la violenza esercitata da questa creatura violenta, malefica e vorace non diminuirà” Sayed Ali Khamenei, 23 luglio 2014.

 

Questo è l’Iran. L’Iran è determinato ad armare il popolo palestinese e tutto il movimento di Resistenza per la loro legittima difesa nei confronti della politica di terrore dell’occupante. E al culmine dell’aggressione israeliana contro Gaza, mentre tutti parlavano solo di pace, esso dichiarava al mondo che si proponeva di rafforzare la sua politica internazionalista di armamento delle fazioni della Resistenza (la sua politica di “aggressione”, direbbe Netanyahu) ed estenderla alla Cisgiordania. Secondo l’Iran, non solo è questa l’unica strada per migliorare la sorte dei Palestinesi, come ha dimostrato Hezbollah in Libano, ma è anche una tappa verso la sparizione definitiva dell’entità sionista dalla carta del Medio Oriente. A questo proposito, non fu proprio l’internazionalismo cubano in Congo e poi in Angola che diede il colpo fatale al regime razzista e colonialista dell’Africa del Sud? L’analogia non è certo perfetta, ma diversi paralleli possono farsi tra La Havana e Teheran – due Stati sovrani, antimperialisti e coraggiosi, autenticamente al servizio del loro popolo e degli oppressi, mossi nella loro politica estera da sole considerazioni umanitarie, senza la minima velleità espansionista. Cuba sta normalizzando le proprie relazioni con Washington, che ha irrimediabilmente perso l’America Latina, ma per Teheran i giochi non sono ancora fatti.

 

Questa è la visione iraniana. Che si consideri il progetto iraniano di risoluzione della questione israelo-palestinese come possibile, auspicabile o impensabile, non è questo il problema (per quanto sarà interessante esaminarlo sul piano della morale, del diritto internazionale, del pragmatismo; si può fin d’ora segnalare il caso della fine dell’Algeria francese); ciò che importa è che questa è la posizione ufficiale e ufficiosa dell’Iran, e che l’Iran è determinato a lavorare senza tregua e a mobilitare tutte le sue risorse per questo obiettivo. E quel che è chiaro, è che il Medio oriente sta rimodellandosi, con l’Iran come principale potenza regionale, chiamato a giocare un ruolo di potenza mondiale. L’asse della Resistenza (Iran, Siria, Hezbollah) potrà solo uscirne rafforzato, mentre Israele e l’Arabia Saudita, oltre ai loro alleati regionali (Turchia, Egitto, paesi del Golfo, ecc) non potranno che vedere la loro potenza declinare. Avendo fallito il progetto di ostacolare lo sviluppo dell’Iran e di piegare questa politica estera iraniana internazionalista, la vera preoccupazione statunitense, Washington è stata costretta a negoziare esclusivamente sulla questione nucleare, e di cedere alle richieste dell’Iran.

 

Di fronte a questa vittoria spettacolare della Repubblica islamica, che ha visto tutte le sue condizioni accolte senza alcuna concessione veramente significativa da parte sua, Barack Obama si è inutilmente auto-congratulato, presentando questo accordo come “una dimostrazione di forza della diplomazia e della leadership statunitensi”. Ha comunque riconosciuto che “noi continueremo ad avere profonde divergenze con l’Iran… (che) anche senza l’arma nucleare, continua a rappresentare una sfida per i nostri interessi e i nostri valori… Israele prova delle inquietudini legittime per la sua sicurezza nei confronti dell’Iran. E’ un paese molto grande, con un esercito potente, che ha proclamato che Israele non dovrebbe esistere… che ha finanziato Hezbollah, e che dei missili puntati su Tel Aviv.. Stiamo tentando di invitarli a impegnarsi su una strada più costruttiva? Certo. Ma abbiamo poche speranze di successo”. Assolutamente, Signor Terrorista in capo.