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Vendola, una favola per ricchi

Azazzello

 

Il diavoletto Azazzello ha letto le recenti dichiarazioni del redivivo Nichi Vendola sull'utero in affitto e vuole dire la sua...

 

 

Nichi Vendola col marito Ed e il figlio Tobia Antonio

 

Nicola Maria Vendola (dai genitori ribattezzato “Nichi” in onore del presidente Urss Nikita Krusciov) è stato un’icona della sinistra comunista, oggi in un “esilio auto-imposto a causa di un processo, quello sull’Ilva, che gli procura «dolore immane» a un cuore un po’ malconcio”.

A noi, che qui all’inferno abbiamo conosciuto molti veri militanti comunisti, tante volte poveri e maltrattati dalla sorte, ci ha dato piuttosto l’impressione di un signore agiato che si può permettere molto, e che pretende di permettersi tutto.

Così, almeno, leggendo l’articolo-intervista di Claudio Bozza pubblicato su “Sette", l’inserto illustrato del Corriere della Sera, del 15 aprile 2023, in cui Nichi scende in campo per difendere la pratica dell’utero in affitto… ops della “maternità surrogata”.

Si può permettere molto, dicevamo. Per esempio una casa a Roma… a Campo dei Fiori, che immaginiamo non costi poco. E un “marito”, Ed, il cui cuore di ventiquattrenne squattrinato Nichi - che di anni ne aveva 46, quasi il doppio - conquistò trionfalmente nel 2004.

Oggi progetta di ricandidarsi al Parlamento Europeo, anche se nega. Ma chiunque conosca il linguaggio del ceto politico capisce che, quando si evocano “tante persone” che gli “chiedono” di ricandidarsi, 98/100 si annuncia un prossimo ritorno in campo.

Intanto apprezza Elly Schlein (“Elly è una speranza vera”), che non ha detto una sola parola contro la guerra, ma è un’altra fortunata che si può permettere molto.

 

Unico neo di questa vita sinecura è il fatto di “patire” per “essere appeso da 10 anni a un processo che ritengo offensivo del senso della mia vita”.

Qui ha ragione, l’Italia è davvero uno Stato di polizia, e sono tante e tante le vittime di processi sommari e di carcerazioni ingiuste, per lo più gente che conta poco, quelli che Hillary Clinton chiamava i “miserabili”.

Ma non è di questa gente senza diritti e senza voce che il nostro si fa paladino in questo suo ritorno alla ribalta mediatica, dopo anni di silenzio. Quello che gli preme è piuttosto difendere l’utero in affitto… ops la “maternità surrogata”.

Perché, dicevamo, Nichi è uno che pretende di permettersi tutto. E lui voleva un figlio. “Avere un figlio – dice – è una esperienza, un desiderio, un progetto”. Uno qualsiasi, questo progetto lo mette in campo costruendo un rapporto difficile, faticoso e pieno di problemi con una donna. Ma Nicola Maria Vendola (dai genitori ribattezzato “Nichi” in onore del presidente Urss Nikita Krusciov) non è uno qualsiasi, è uno speciale. Quasi quanto San Giuseppe che, ci ricorda, anche lui "non era un padre biologico".

In breve, lui è suo marito sono andati in California, hanno trovato un ovulo e hanno affittato un utero che lo covasse per loro. Ne è nato un bel bambino, Tobia Antonio, che adesso ha 7 anni.

 

Quanto è costato? Boh, Nichi non se lo ricorda, come capita solo a chi ha tanti soldi. Certamente non poco: «Il ristoro di un anno di lavoro mancato per Sharline. Poi molto, in Usa, pesano le spese sanitarie e la clinica. Non le so dire, davvero. Abbiamo pagato molte cose, mai fatto un conto definitivo».

Ma quel che sarebbe interessante sapere è cosa ne è oggi del rapporto tra Sharline e Tobia Antonio. Di quella relazione così intima e speciale tra madre e feto, che segna lo sviluppo neurofisiologico e i primi apprendimenti, con conseguenze che non si limitano alla gestazione e non finiscono con il parto, ma possono durare per tutta la vita.  

Nichi non ne parla, se la cava con un aneddoto: «A un certo punto, gli (a Tobia Antonio) abbiamo raccontato che un bambino può nascere solo dalla pancia di una donna, ma che io ed Ed ci volevamo bene e avevamo bisogno di un uovo: così abbiamo chiesto a una donna di donarcelo e a un’altra di portarlo nella sua pancia».

Che meraviglia! Che favola disneyana in stile politically correct!

Pare comunque che abbia permesso a Sharline, l’utero affittato, di tenere in casa la foto di Tobia Antonio, il bambino che ha partorito, e che Tobia Antonio abbia fatto il paggetto al matrimonio di Britney (che ha “donato” l’ovulo).

 

Ma cosa succederà quando l’adolescente Tobia Antonio, alla ricerca della propria vera identità, sarà forse ossessionato dal rapporto negatogli con la madre? È normale che accada, accade in tutti i casi di adozione, accadrà anche qui.

Che cosa penserà di quei due uomini che lo hanno strappato alle sue radici e alla sua storia più intima? Si accontenterà allora della favola dei due pinguini tristi, cui viene regalato un uovo per alleviarne la noia?

 

Nichi se la prende, nel corso della trasmissione “Cartabianca”, con quei pubblici funzionari che, proibendo l’utero in affitto, “pretendono di entrare nella vita degli altri”. Possibile non capisca che l’adolescente Tobia Antonio lo accuserà forse un giorno, non solo di essere entrato nella sua vita con la prepotenza di chi mette mano al portafoglio, ma di averla pure radicalmente modificata in nome del “suo” bisogno di avere un figlio?

 

«Tobia – dice il nostro - è un bambino sereno, gioioso, socievole, curioso. Un giorno la cassiera di un bar gli ha detto: “Ti posso offrire un cioccolatino?”. Lui ha risposto che non gli piace la cioccolata. “Lo puoi portare alla tua mamma!”. E Tobia ridendo: “Ma io ho due papà, lo porto a loro”.

Due papà? Magari un papà e un nonno.

Ma quello che più ci inquieta è che non gli piaccia la cioccolata. Chissà quale dieta politicamente corretta i due “papà” hanno imposto a quel povero bambino.

 
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